Sentenza n. 31 del 2022

SENTENZA N. 31

ANNO 2022

Commento alla decisione di

Federico Sorrentino

Legislazione anticovid e rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale

per g.c. di Corti Supreme e Salute

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 4-ter, della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), dell’art. 5 della legge 28 aprile 2016, n. 57 (Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace), dell’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», degli artt. 42, comma 2, 83, 87, 119 e 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, degli artt. 1 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, dell’art. 3 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, degli artt. 14, commi 1 e 4, e 263 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, degli artt. da 1 a 33 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), della delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili) e dell’ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630 (Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), promosso dal Giudice di pace di Lanciano nel procedimento vertente tra A. C. e altro e l’Azienda nazionale autonoma delle strade (ANAS spa) e altro, con ordinanza del 28 maggio 2020, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti l’atto di costituzione di V.E. D.M., nonché gli atti di intervento di M. C. e altri e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’11 gennaio 2022 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi gli avvocati Francesco Visco e Vincenzo Enrico De Michele per V.E. D.M., entrambi in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021 e l’avvocato dello Stato Angelo Vitale per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza in data 28 maggio 2020, il Giudice di pace di Lanciano ha sollevato questioni di legittimità costituzionale:

  1. a) della delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 10 febbraio 2020, dell’ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630 (Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2020, dell’art. 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. l8 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 e dell’art. 14, commi l e 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, nella parte in cui mediante tali disposizioni, nel periodo dal 1° febbraio 2020 al 31 gennaio 2021, il Governo si sarebbe sostituito alle Regioni e al Ministero della salute nella gestione del Servizio sanitario nazionale e al Ministero della giustizia nella gestione dell’attività giudiziaria, “creando”, ad avviso del giudice rimettente, una situazione di emergenza sanitaria nazionale di tipo pandemico, con sospensione dell’attività giurisdizionale in sede civile e penale al di fuori di ogni ambito di competenza costituzionale e istituzionale e degli stessi presupposti fattuali per l’esercizio dei poteri sostitutivi, così violando, secondo quanto prospettato, gli 32, 76, 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, 117, terzo comma, e 120 nonché l’art. 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, «e/o» all’art. 168 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, in combinato disposto con l’art. 12, paragrafo 1, lettera a), della decisione 1182/20137UE [recte: 1183/2013/UE] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE, e con gli artt. 12 e 43 del Regolamento sanitario internazionale, adottato dalla cinquantottesima Assemblea mondiale della sanità del 23 maggio 2005 ed entrato in vigore il 15 giugno 2007;
  2. b) degli artt. 42, comma 2, 83 e 87 del l. n. 18 del 2020, come convertito, nonché degli artt. 1 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, dell’art. 3 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 263 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, nella parte in cui tali disposizioni, “paralizzando” la giustizia civile e penale dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021, avrebbero leso i principi del “giusto processo” e dell’“indipendenza” del giudice sotto il profilo oggettivo, così violando gli artt. 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 47 CDFUE;
  3. c) degli artt. da 1 a 33 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. l16 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), nella parte in cui tali disposizioni sono estese ai giudici di pace già in servizio alla data di entrata in vigore del decreto; dell’art. 5 della legge 28 aprile 2016, n. 57 (Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace), laddove affida il coordinamento dell’ufficio del Giudice di pace al presidente del tribunale; dell’art. 11, comma 4-ter, della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), nella parte in cui stabilisce che l’importo di euro 72.000 lordi annui costituisca il tetto massimo e non la retribuzione lorda annuale comunque spettante al giudice di pace in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 116 del 2017; dell’art. 119 del l. n. 18 del 2020, come convertito, nella parte in cui riconosce ai magistrati onorari un contributo economico inadeguato per il periodo di sospensione dell’attività giudiziaria nei mesi di marzo-maggio 2020; dell’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», laddove non estende anche ai giudici di pace la procedura di stabilizzazione e di superamento del precariato prevista per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in regime di rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato; degli artt. 42, comma 2, e 83 del d.l. n. 18 del 2020, dell’art. 3 del d.l. n. 28 del 2020, dell’art. 14, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertiti, in combinato disposto, nella parte in cui «hanno paralizzato e paralizzano l’attività giurisdizionale di questo giudice di pace» nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021, privandolo di ogni fonte di reddito e ledendone l’indipendenza sotto il profilo soggettivo e quindi il “giusto processo”, senza assicurare neanche la tutela previdenziale ed assicurativa, in caso di disoccupazione, prevista per gli altri lavoratori dipendenti del Ministero della giustizia, in quanto il complesso di tali disposizioni normative sarebbe suscettibile di violare gli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE, alle clausole 1, 4 e 5 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 18 marzo 1999, sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, nonché in relazione agli artt. 1, 2, 4, 12, 24 ed E della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30.

1.1.– Il giudice rimettente premette, in punto di fatto e di rilevanza, che è incardinata dinanzi a sé una causa per il risarcimento dei danni correlati ad un sinistro stradale promossa da A. C. nei confronti dell’Azienda nazionale autonoma delle strade (ANAS spa) e della Provincia di Chieti e che, sussistendo un contrasto tra le parti sulla ricostruzione dei fatti, erano state ammesse prove testimoniali che dovevano essere assunte all’udienza del 4 maggio 2020, poi rinviata a quella del 1° giugno 2020.

Prosegue quindi l’ordinanza di rimessione ripercorrendo diffusamente, innanzi tutto, le vicende che hanno dato luogo alla dichiarazione dello stato di emergenza per il dilagare della pandemia da COVID-19 e all’assunzione di una serie di provvedimenti normativi da parte del Governo che hanno reso impossibile l’esercizio dell’attività giurisdizionale, anche dopo la data del 12 maggio 2020, almeno negli uffici che, come il Giudice di pace di Lanciano, non dispongono degli strumenti necessari per svolgere le udienze a distanza, con conseguente pregiudizio per la ritardata definizione del giudizio per «[l]e parti di questo processo e tutte le parti delle cause civili e penali pendenti davanti a questo giudice».

Nell’ordinanza di rimessione, per altro verso, il giudice a quo censura, ancora più diffusamente, le norme che disciplinano lo status e l’attività dei giudici di pace nel nostro sistema processuale, ponendo in evidenza l’aggravamento della situazione della categoria, che riceve un compenso in base al numero delle udienze svolte e dei provvedimenti adottati, a fronte della generalizzata sospensione dell’attività giurisdizionale durante l’emergenza pandemica.

Di qui il Giudice di pace di Lanciano assume la violazione da parte delle norme censurate di plurimi parametri costituzionali, anche in relazione al diritto dell’Unione europea.

A quest’ultimo riguardo, il giudice a quo precisa di aver pressoché contestualmente proposto, in relazione allo stesso giudizio e rispetto alle medesime questioni, con ordinanza in data 18 maggio 2020 – in virtù dei principi espressi dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla sentenza n. 269 del 2017 – ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea avente ad oggetto l’interpretazione di alcune delle disposizioni censurate, ritenendole suscettibili di violare il diritto dell’Unione europea.

Il giudice a quo dà atto, infine, dell’intervento ad adiuvandum ex art. 105, secondo comma, del codice di procedura civile nel giudizio risarcitorio, svolto da V.E. D.M.

2.– Con atto depositato il 19 gennaio 2021, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, evidenziando, in premessa, la manifesta inammissibilità di tutte le questioni sollevate dal giudice rimettente, chiamato a decidere su una domanda avente ad oggetto i danni derivanti da un sinistro stradale, per evidente insussistenza di un nesso tra le predette questioni e la risoluzione di quelle controverse in causa.

Inoltre, secondo l’Avvocatura, la motivazione dell’ordinanza di rimessione è carente e complessivamente insufficiente.

Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce la non fondatezza di tutte le questioni sollevate.

Quanto al primo gruppo di questioni, si sottolinea l’inammissibilità delle censure di atti normativi di rango non primario (quali la delibera del Consiglio dei ministri del 30 gennaio 2020 e l’ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 630 del 2020). Nel resto ne rileva la non fondatezza atteso, per un verso, che la declaratoria di uno stato di emergenza è rimessa al legislatore nazionale che soltanto può ponderare come, rispetto al caso di quella epidemiologica da COVID-19, la tutela del diritto alla salute possa rendere recessiva quella della salvaguardia di alcune libertà, in un’attività di bilanciamento che, come chiarito dalla stessa giurisprudenza costituzionale (viene citata l’ordinanza n. 4 del 2021), rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera q), Cost. e, per un altro, che tutte le determinazioni, anche con delibere di rango secondario, sono state assunte dal Governo previo parere dei Ministri competenti.

Con riferimento al secondo gruppo di questioni, il Presidente del Consiglio dei ministri ne rileva in primo luogo l’inammissibilità per la lacunosa ricostruzione del quadro normativo di riferimento, rispetto al complesso delle prescrizioni dettate dal legislatore “emergenziale” per lo svolgimento delle attività giurisdizionali a partire dall’art. 83, comma 7, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito. Deduce inoltre che il giudice rimettente non motiva, se non in modo generico, sulla rilevanza, in quanto non chiarisce perché non avrebbe potuto nel caso specifico trattare la controversia pendente con gli strumenti previsti per il periodo considerato (maggio 2020), come la stessa udienza in presenza, attraverso lo scambio di note scritte o da remoto, ovvero in videoconferenza.

Inoltre, le questioni sarebbero, secondo la prospettazione del Presidente del Consiglio dei ministri, comunque non fondate, in quanto la normativa emergenziale sullo svolgimento dei processi civili e penali si è caratterizzata per aver compiuto, anche mediante le successive ponderazioni con l’evolversi dell’emergenza pandemica, un costante e ragionevole bilanciamento tra i valori in gioco.

Con riguardo al terzo gruppo di censure, l’Avvocatura generale dello Stato ne deduce, in primo luogo, la manifesta inammissibilità per difetto di rilevanza, sottolineando la mancanza di un collegamento con la risoluzione della controversia pendente nel giudizio a quo, riguardante una domanda risarcitoria per i danni subiti in un sinistro stradale.

Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri assume la manifesta infondatezza delle questioni poiché, se può esservi un’assimilazione funzionale tra l’attività del giudice di pace e quella del giudice togato, tuttavia sul piano strutturale si tratta di funzioni non equiparabili, in quanto solo il secondo svolge un’attività lavorativa in via esclusiva per lo Stato a seguito del superamento di un pubblico concorso, in virtù della regola generale sancita dall’art. 106, primo comma, Cost., a presidio dell’indipendenza della magistratura.

3.– Con atto del 19 gennaio 2021, si è costituito in giudizio l’interventore volontario nel giudizio principale, aderendo alle prospettazioni dell’ordinanza di rimessione.

4.– Con memoria del 19 gennaio 2021, sono intervenuti in giudizio i giudici di pace M. C., M.F. D.G., A.G. P., A. P., R. T., R. O., nonché – anche ai sensi dell’art. 4-ter delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale, vigente ratione temporis, quali amici curiae – l’Unione nazionale giudici di pace (UNAGIPA), l’Associazione nazionale dei giudici di pace (ANGdP), l’Unione nazionale italiana magistrati onorari (UNIMO) e la Federazione magistrati onorari di tribunale (FederMOT), aderendo alle prospettazioni dell’ordinanza di rimessione e richiamando, a supporto delle stesse, le precisazioni compiute, in ordine allo status e alla natura del rapporto di lavoro, dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, 16 luglio 2020, in causa C-658/18, UX, nonché dalla sentenza n. 267 del 2020 di questa Corte in ordine all’assimilabilità, almeno sul piano funzionale, dell’attività dei giudici di pace a quella dei giudici togati.

5.– Con decreto presidenziale del 7 dicembre 2021, è stata disposta l’ammissione delle opinioni, quali amici curiae, dell’UNAGIPA, dell’ANGdP, dell’UNIMO e della FederMOT.

6.– Con memoria del 20 dicembre 2021, a fronte dell’ammissione delle predette opinioni, gli intervenienti di cui al punto 4 hanno rinunciato al proprio atto di intervento.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza del 28 maggio 2020 indicata in epigrafe, il Giudice di pace di Lanciano ha sollevato le seguenti questioni di legittimità costituzionale:

  1. a) della delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 26 del 10 febbraio 2020, dell’ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630 (Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2020, dell’art. 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27 e dell’art. 14, commi l e 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, nella parte in cui, mediante tali disposizioni, nel periodo dal 1° febbraio 2020 al 31 gennaio 2021, il Governo si sarebbe sostituito alle Regioni e al Ministero della salute nella gestione del servizio sanitario nazionale e al Ministero della giustizia nella gestione dell’attività giudiziaria, “creando”, ad avviso del rimettente, una situazione di emergenza sanitaria nazionale di tipo pandemico, con sospensione dell’attività giurisdizionale in sede civile e penale, al di fuori di ogni ambito di competenza costituzionale e istituzionale e degli stessi presupposti fattuali per l’esercizio dei poteri sostitutivi, così violando, secondo quanto prospettato, gli artt. 32, 76, 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, 117, terzo comma, 120 nonché l’art. 117, comma primo, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 «e/o» all’art. 168 del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, in combinato disposto con l’art. 12, paragrafo 1, lettera a), della decisione n. 1182/2013/UE [recte: 1183/2013/UE] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE, e con gli artt. l2 e 43 del Regolamento sanitario internazionale (RSI), adottato dalla cinquantottesima Assemblea mondiale della sanità del 23 maggio 2005 ed entrato in vigore il 15 giugno 2007;
  2. b) degli artt. 42, comma 2, 83 e 87 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, nonché degli artt. 1 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, dell’art. 3 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 263 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, nella parte in cui tali disposizioni “paralizzando” la giustizia civile e penale dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021 avrebbero leso i principi del giusto processo e dell’indipendenza del giudice sotto il profilo oggettivo, così violando gli artt. 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 47 CDFUE;
  3. c) degli artt. da 1 a 33 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. l16 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), nella parte in cui tali disposizioni sono estese ai giudici di pace già in servizio alla data di entrata in vigore del decreto; dell’art. 5 della legge 28 aprile 2016, n. 57 (Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace), laddove affida il coordinamento dell’ufficio del Giudice di pace al presidente del Tribunale; dell’art. 11, comma 4-ter, della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), nella parte in cui stabilisce che l’importo di euro 72.000 lordi annui costituisca il tetto massimo e non la retribuzione lorda annuale comunque spettante al giudice di pace in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 116 del 2017; dell’art. 119 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, nella parte in cui riconosce ai magistrati onorari un contributo economico inadeguato per il periodo di sospensione dell’attività giudiziaria nei mesi di marzo-maggio 2020; dell’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», laddove non estende anche ai Giudici di pace la procedura di stabilizzazione e di superamento del precariato prevista per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in regime di rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato; degli artt. 42, comma 2, e 83 del d.l. n. 18 del 2020, dell’art. 3 del d.l. n. 28 del 2020, dell’art. 14, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertiti, in combinato disposto, nella parte in cui «hanno paralizzato e paralizzano l’attività giurisdizionale di questo giudice di pace» nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021, privandolo di ogni fonte di reddito e ledendo la sua indipendenza e quindi il giusto processo, senza assicurare neanche la tutela previdenziale ed assicurativa in caso di disoccupazione prevista per gli altri lavoratori dipendenti del Ministero della giustizia, in quanto il complesso di tali disposizioni normative sarebbe suscettibile di violare gli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE, alle clausole 1, 4 e 5 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 18 marzo 1999, sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, nonché in relazione agli artt. 1, 2, 4, 12, 24 ed E della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30.

1.1.– In punto di fatto e di rilevanza, il giudice a quo si limita ad indicare che è incardinata dinanzi a sé una causa avente ad oggetto il risarcimento dei danni correlati ad un sinistro stradale, causa nella quale all’udienza del 1° giugno 2020 avrebbero dovuto essere assunte le prove testimoniali.

Ciò posto, l’ordinanza di rimessione ripercorre diffusamente le vicende che hanno dato luogo alla dichiarazione dello stato di emergenza a fronte della pandemia da COVID-19 e all’emanazione di una serie di provvedimenti da parte del Governo che hanno reso impossibile l’esercizio dell’attività giurisdizionale, anche dopo il 12 maggio 2020, negli uffici che, come il Giudice di pace di Lanciano, non dispongono degli strumenti necessari per svolgere le udienze a distanza, con conseguente pregiudizio, in danno delle parti, per la ritardata definizione della controversia.

Nell’ordinanza di rimessione il giudice a quo censura, ancora più diffusamente, le norme che disciplinano lo status e l’attività dei giudici di pace nel nostro sistema processuale, ponendo in evidenza l’aggravarsi della situazione della categoria, che riceve un compenso parametrato al numero delle udienze e dei provvedimenti, a fronte della generalizzata sospensione dell’attività giurisdizionale durante l’udienza pandemica.

In conseguenza di ciò, il Giudice di pace di Lanciano assume la violazione da parte delle norme censurate dei (sopra richiamati) numerosi parametri costituzionali, anche in riferimento al diritto dell’Unione europea (pure indicati), precisando di aver proposto – in virtù dei principi espressi sul cosiddetto doppio rinvio dalla giurisprudenza costituzionale a partire dalla sentenza n. 269 del 2017 – ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in relazione allo stesso giudizio e rispetto alle medesime questioni.

2.– In via preliminare deve essere dichiarata l’inammissibilità degli interventi dei giudici di pace M. C., M.F. D.G., A.G. P., A. P., R. T., R. O., nonché dell’Unione nazionale giudici di pace (UNAGIPA), dell’Associazione nazionale dei giudici di pace (ANGdP), dell’Unione nazionale italiana magistrati onorari (UNIMO) e della Federazione magistrati onorari di tribunale (FederMOT).

Infatti, l’art. 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale vigente ratione temporis stabilisce che «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio». Tale disposizione recepisce la costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze allegate alle sentenze n. 239 del 2021, n. 158 del 2020, n. 221 del 2019, n. 16 del 2017, n. 82 del 2013, n. 272 del 2012, n. 349 del 2007, n. 279 del 2006 e n. 291 del 2001), secondo cui la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo; in questo ambito, è ammesso l’intervento soltanto di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di censura. 

Nella specie, è di tutta evidenza che gli intervenienti non vantano alcun interesse qualificato che consenta il loro intervento nel giudizio incidentale davanti a questa Corte, non essendo neppure dedotta una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale.

La sopravvenuta rinuncia all’intervento da parte di tutti gli intervenienti non fa venir meno la rilevata ragione di inammissibilità dello stesso.

3.– Ancora in via preliminare, si ha che comune a tutte le sollevate questioni di legittimità costituzionale è la circostanza che il giudice rimettente ha proposto, contestualmente all’incidente di legittimità costituzionale, anche rinvio pregiudiziale interpretativo, definito in data 10 dicembre 2020 con ordinanza di manifesta irricevibilità della decima sezione della Corte di giustizia dell’Unione europea.

Ma, in disparte ogni possibile valutazione sull’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, anche in riferimento ai parametri interposti del diritto dell’Unione europea, contestualmente al rinvio pregiudiziale interpretativo, vi sono ragioni assorbenti di inammissibilità, anche manifesta, di ciascuna delle questioni stesse.

Può, infatti, in generale, prendersi in considerazione per prima una questione, preliminare o di merito, sulla base del criterio della “ragione più liquida”, che comporti l’assorbimento di altre questioni (sentenze n. 120 del 2019 e n. 188 del 2018).

4.– Il primo gruppo di questioni sollevate dal Giudice di pace di Lanciano è manifestamente inammissibile.

Innanzitutto, con essa vengono censurate dal giudice rimettente anche disposizioni di rango normativo non primario, ossia la delibera del 31 gennaio 2020 del Consiglio dei ministri e l’ordinanza del 3 febbraio 2020, n. 630, del Capo dipartimento della Protezione civile. Come noto, ai sensi dell’art. 134 Cost., il sindacato di questa Corte può riguardare esclusivamente leggi e atti aventi forza di legge e non già la normativa di rango non primario.

Per il resto, quanto alle censurate plurime disposizioni con forza di legge, le questioni sono del pari manifestamente inammissibili per difetto di rilevanza.

Il processo pendente innanzi al giudice a quo ha infatti ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni derivanti da un sinistro stradale. A fronte di ciò, il giudice rimettente interroga questa Corte sulla possibilità per il legislatore statale e per il Presidente del Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria.

Le questioni sollevate sono, all’evidenza, prive di qualsivoglia collegamento con la decisione della controversia demandata al giudice a quo, il quale, peraltro, neppure argomenta in proposito.

Per costante giurisprudenza di questa Corte, essenziale a conferire rilevanza alla questione prospettata è che il giudice debba effettivamente applicare la disposizione della cui legittimità costituzionale dubita nel procedimento pendente avanti a sé (ex plurimis, sentenze n. 202 e n. 15 del 2021, n. 253 del 2019 e n. 20 del 2018), con conseguente manifesta inammissibilità di questioni che attengono a norme che non devono essere applicate nel giudizio a quo (sentenza n. 217 del 2019; ordinanza n. 259 del 2016).

5.– Il terzo gruppo di questioni sollevate dal Giudice di pace di Lanciano è manifestamente inammissibile.

Il giudice rimettente censura plurime disposizioni sullo status dei giudici di pace nel nostro ordinamento, anche alla luce della riforma della magistratura onoraria, nonché della disciplina speciale dettata per il superamento del precariato nel lavoro pubblico; disposizioni le quali tutte non hanno collegamento con l’oggetto del giudizio principale, costituito da una pretesa risarcitoria di un danno da circolazione stradale. Né lo stesso giudice rimettente ne indica alcuno.

Le questioni difettano, all’evidenza, di rilevanza e quindi anch’esse vanno dichiarate manifestamente inammissibili.

6.– Il secondo gruppo di questioni sollevate dal Giudice di pace di Lanciano riguarda la legittimità costituzionale della disciplina limitativa dello svolgimento delle udienze, anche nel settore civile, dettata dal legislatore a seguito della diffusione della pandemia da COVID-19, onde contenere i gravi rischi per la salute, a partire dall’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito.

Le questioni sono rilevanti nella misura in cui l’impossibilità di svolgere le udienze da remoto, stante l’inadeguatezza degli strumenti a disposizione, avrebbe impedito al rimettente di celebrare l’udienza istruttoria già fissata nel giudizio principale per la data del 1° giugno 2020, in quanto la stessa avrebbe dovuto svolgersi “in presenza”, con i rischi sanitari a ciò correlati. Di tal ché il giudice a quo, applicando la censurata disciplina processuale emergenziale, dovrebbe rinviare tale udienza istruttoria.

Tuttavia, la motivazione dell’ordinanza in ordine alla ricostruzione del quadro normativo di riferimento è lacunosa e frammentaria, nonché confusa e contraddittoria, sicché le sollevate questioni di legittimità costituzionale sono comunque inammissibili.

Il Giudice di pace di Lanciano, infatti, non dà adeguatamente conto dell’evoluzione della disciplina dello svolgimento delle udienze civili tra la “prima” e la “seconda” fase dell’emergenza pandemica, limitandosi a riferire in maniera generica, nonostante gli articolati provvedimenti organizzativi del presidente del Tribunale, l’impossibilità di svolgere l’udienza istruttoria nel giudizio principale per la sola ragione della mancanza di appositi strumenti informatici nell’ufficio.

6.1.– Va considerato che, per affrontare sul piano giudiziario l’emergenza epidemiologica da COVID-19, il Governo, con i citati decreti-legge, ha, in un primo momento, disposto la sospensione dal 9 marzo e fino all’11 maggio 2020 di udienze, attività e termini processuali (la cosiddetta prima fase); cessato il periodo di sospensione generalizzata, è stato attribuito ai dirigenti degli uffici giudiziari il compito di adottare misure organizzative ritenute necessarie in considerazione delle emergenze epidemiologiche certificate nel territorio di riferimento (la cosiddetta seconda fase).

La disciplina degli istituti processuali speciali che hanno trovato applicazione durante le prime due fasi, sia nei giudizi civili, sia in quelli penali, è stata dettata dal censurato art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, poi modificato dal d.l. n. 28 del 2020, come convertito.

Durante la cosiddetta prima fase, la più importante misura adottata dal legislatore per evitare la presenza di più persone nello stesso luogo fisico è stata il rinvio generalizzato – salvo per alcune controversie individuate nel comma 3 – delle udienze, dapprima nel periodo dal 9 marzo al 15 aprile 2020 (art. 83, comma 1, del d.l. n. 18 del 2020) e, quindi, sino all’11 maggio 2020 (ex art. 36, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali», convertito, con modificazioni, dalla legge 5 giugno 220, n. 40).

Per il periodo successivo – che è quello in cui è stata pronunciata l’ordinanza di rimessione – ricompreso tra le date dell’11 maggio e del 30 giugno 2020, è stato invece affidato ai capi degli uffici giudiziari il compito di adottare una serie di misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, ritenute più idonee ad affrontare i rischi derivanti dal contagio epidemiologico in atto. In particolare, le misure organizzative che potevano essere assunte per la celebrazione delle udienze consentivano differenti e variegate possibilità: la celebrazione delle udienze a porte chiuse; la trattazione da remoto delle udienze civili, quando non fosse richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice; il rinvio a data successiva al 30 giugno 2020 delle udienze dei procedimenti civili e penali, con esclusione di quelle relative ai procedimenti di cui al comma 3 dell’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020; la celebrazione delle udienze che non richiedevano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, mediante scambio documentale e deposito del provvedimento fuori udienza (cosiddetta udienza cartolare).

6.2.– In tale contesto normativo, rispetto a un’udienza istruttoria, come quella che avrebbe dovuto svolgersi il 1° giugno 2020 nel giudizio a quo, il Giudice di pace di Lanciano ha finito per focalizzare le proprie argomentazioni sulla impossibilità di svolgere udienze da remoto in mancanza di adeguati strumenti telematici nel proprio ufficio, senza tener conto del più articolato quadro normativo della disciplina emergenziale del processo civile e delle possibili opzioni.

Il rimettente, in definitiva, si limita ad assumere la necessità di rinviare l’udienza istruttoria per i rischi alla salute che ne sarebbero conseguiti ove fosse stata celebrata “in presenza”, senza dare atto né della mancanza di misure organizzative adeguate ad evitare il concretarsi di tali rischi, né – soprattutto – chiarire per quale motivo una causa per il risarcimento dei danni derivanti da un sinistro stradale, avente un valore rientrante nella competenza del giudice di pace, non avrebbe potuto essere rinviata a una data successiva, pur non rientrando evidentemente la stessa nell’ambito delle controversie in senso lato “urgenti”, indicate dal predetto art. 83, comma 3, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito.

La carente e contraddittoria descrizione del quadro normativo di riferimento determina l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 114 del 2021; ordinanze n. 40 del 2020, n. 59 del 2019, n. 136 del 2018, n. 88 del 2017 e n. 92 del 2015).

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili gli interventi dei giudici di pace M. C., M.F. D.G., A.G. P., A. P., R. T., R. O., nonché dell’Unione nazionale giudici di pace (UNAGIPA), dell’Associazione nazionale dei giudici di pace (ANGdP), dell’Unione nazionale italiana magistrati onorari (UNIMO) e della Federazione magistrati onorari di tribunale (FederMOT);

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale della delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 26 del 10 febbraio 2020, e dell’ordinanza del Capo dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630 (Primi interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili), pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2020, nonché dell’art. 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e dell’art. 14, commi 1 e 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, sollevata, in riferimento agli artt. 32, 76, 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111, primo e secondo comma, 117, terzo comma, 120 nonché all’art. 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione all’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, «e/o» all’art. 168 del Trattato per il funzionamento dell’Unione europea, come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, in combinato disposto con l’art. 12, paragrafo 1, lettera a), della decisione l183/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013 relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE, e con gli artt. 12 e 43 del Regolamento sanitario internazionale, adottato dalla cinquantottesima Assemblea mondiale della sanità del 23 maggio 2005 ed entrato in vigore il 15 giugno 2007 – dal Giudice di pace di Lanciano con l’ordinanza in epigrafe;

3) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. da 1 a 33 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57), dell’art. 5 della legge 28 aprile 2016, n. 57 (Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace), dell’art. 11, comma 4-ter, della legge 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), dell’art. 119 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, dell’art. 20 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»; degli artt. 42, comma 2, e 83 del d.l. n. 18 del 2020, dell’art. 3 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19), dell’art. 14, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertiti, sollevate, con riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost. – quest’ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE, alle clausole 1, 4 e 5 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 18 marzo 1999, sul lavoro a tempo determinato, recepito dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, nonché in relazione agli artt. 1, 2, 4, 12, 24 ed E della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30 – dal Giudice di pace di Lanciano, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

4) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 42, comma 2, 83 e 87 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, nonché degli artt. 1 e 4 del d.l. 25 marzo 2020, n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, dell’art. 3 del d.l. n. 28 del 2020, come convertito, e dell’art. 263 del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, sollevate, con riferimento agli artt. 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 47 CDFUE, dal Giudice di pace di Lanciano con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 gennaio 2022.

F.to:

Giuliano AMATO, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2022.