Sentenza n. 26 del 2022

SENTENZA N. 26

ANNO 2022

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO;

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dei pareri della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna 8 aprile 2021, prot. n. 11997-P, 15 aprile 2021, prot. n. 13167-P, e 28 maggio 2021, prot. n. 19529, e della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro 11 maggio 2021, prot. n. 6889-P, e 19 maggio 2021, prot. n. 7466-P e prot. n. 7467-P, promosso dalla Regione autonoma Sardegna con ricorso notificato il 7-10 giugno 2021, depositato in cancelleria il 21 giugno 2021, iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell’udienza pubblica del 30 novembre 2021 la Giudice relatrice Daria de Pretis;

uditi gli avvocati Benedetto Ballero e Mattia Pani per la Regione autonoma Sardegna e l’avvocato dello Stato Chiarina Aiello per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 30 novembre 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 7-10 giugno 2021 e depositato il 21 giugno 2021, la Regione autonoma Sardegna ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della cultura al fine di ottenere la sospensiva e l’annullamento – previa declaratoria di non spettanza allo Stato – dei pareri espressi dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna dell’8 aprile 2021, prot. 11997-P, del 15 aprile 2021, prot. 13167-P, e del 28 maggio 2021, prot. 19529, nonché dei pareri espressi dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro dell’11 maggio 2021, prot. 6889-P, e del 19 maggio 2021, prot. 7466-P e prot. 7467-P, e «degli ulteriori provvedimenti (circa una decina o più) non meglio identificati […] ove e nella misura in cui siano dotati di contenuto lesivo per la Regione», per violazione degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), degli artt. 116, 117, secondo comma, lettera s)127, 134 e 136 della Costituzione e dell’art. 6 del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna).

1.1.– In punto di fatto, la ricorrente riferisce di essere «recentemente venuta a conoscenza» della «condotta contraria alle potestà legislative attribuite dallo statuto speciale alla Sardegna», tenuta dalle Soprintendenze indicate, «evidentemente con l’avallo ed il coordinamento del Ministero della cultura», le quali avrebbero disposto «in modo sistematico» la non applicazione della legge della Regione Sardegna 18 gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16 del 2017), modificativa della legge della Regione Sardegna 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio). In particolare, la disapplicazione di questa normativa sarebbe avvenuta sul presupposto della sua impugnazione dinanzi a questa Corte ad opera del Governo, senza che l’efficacia della legge sia mai stata sospesa.

Secondo la Regione autonoma, questo comportamento delle suddette Soprintendenze sarebbe reso ancora più grave dal fatto che, mediante la disapplicazione, sarebbe stata affermata «la potestà legislativa univoca e sola dello Stato in materia di tutela paesaggistico-ambientale, pure con riferimento alla Sardegna, contestando quindi che alla stessa sia attribuita, in tale materia, la potestà legislativa esclusiva secondo quanto previsto dall’art. 6, del D.P.R. 480/1975, sebbene con il rispetto dei limiti dell’art. 3 dello Statuto Speciale».

La ricorrente esamina, quindi, i provvedimenti impugnati, tutti concernenti richieste di incremento volumetrico ai sensi della citata legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, precisando che essi hanno un contenuto sostanzialmente analogo e sottolineando come le due Soprintendenze abbiano «scientemente» avviato un «percorso di menomazione della potestà legislativa regionale», sull’assunto che le leggi urbanistiche regionali non siano suscettibili di modificare, eludere o derogare alla disciplina contenuta nel Piano paesaggistico vigente, se non a costo di violare gli artt. 135, 143, 145 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Queste disposizioni recherebbero norme fondamentali di riforma economico-sociale, interposte rispetto agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., applicabili alla Regione autonoma Sardegna in ragione dell’art. 3 del suo statuto. In virtù di quanto appena detto, secondo la ricorrente, le due Soprintendenze avrebbero «avoca[to] il potere di disapplicare direttamente […] la legge regionale vigente» e avrebbero espresso parere negativo prescindendo del tutto dalla normativa regionale ritenuta inapplicabile.

La Regione autonoma Sardegna stigmatizza, poi, il tono utilizzato dalle Soprintendenze, che avrebbero rivolto agli uffici comunali competenti «l’ammonimento […] di aver commesso, nell’applicare la legge regionale, un grave reato (pur non espressamente qualificato, ma ben evincibile)», e avrebbero trasmesso i primi due dei cinque pareri impugnati anche al Nucleo tutela del patrimonio culturale della Sardegna dell’Arma dei carabinieri.

Le Soprintendenze avrebbero motivato i loro provvedimenti di diniego facendo riferimento a decisioni di questa Corte che renderebbero inammissibili gli interventi di ampliamento oggetto dei pareri (sono richiamate le sentenze n. 178 del 2018 e n. 189 del 2016). Al riguardo, la ricorrente precisa che, in questi provvedimenti, sarebbero stati formulati «anche alcuni marginali rilievi di merito sull’impatto paesaggistico dell’intervento urbanistico/edilizio proposto», ma «il basilare motivo di rigetto [sarebbe] costituito dalla espressa disapplicazione delle leggi regionali», in ragione della loro illegittimità «per l’avvenuta impugnazione da parte del Governo».

La Regione autonoma Sardegna aggiunge che quelle impugnate non sarebbero «decisioni occasionali ed estemporanee», trattandosi, piuttosto di «una iniziativa strutturata e metodica, avallata dal Ministero, con il presumibile e concreto rischio che verrà certamente replicata nel tempo, per rafforzare l’invito a non presentare nuove pratiche in base alla legge regionale vigente, così bloccando non solo la concreta applicazione delle due leggi regionali, una delle quali peraltro, la legge regionale n. 8/2015, mai impugnata e da tutti sinora regolarmente applicata, ma la stessa potestà legislativa in tali materie da parte di una Regione Speciale qual è appunto la Sardegna».

1.2.– In punto di diritto, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 3 e 4 dello statuto reg. Sardegna, dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, degli artt. 116, 117, 127, 134 e 136 Cost. e dell’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975.

Il contrasto con gli anzidetti parametri discenderebbe dalla mancata applicazione della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 e della legge reg. Sardegna n. 8 del 2015, la prima delle quali impugnata dal Governo dinanzi a questa Corte. Secondo la Regione, la disapplicazione di una legge regionale «anche in un solo caso» costituirebbe «una lesione del potere legislativo regionale» (è richiamata la sentenza n. 285 del 1990 di questa Corte).

Nel caso di specie, la competenza legislativa della Regione autonoma troverebbe fondamento negli artt. 116 e 117 Cost., nell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, negli artt. 3 e 4 dello statuto reg. Sardegna e nella norma di attuazione statutaria di cui all’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975, con la conseguenza che la soprintendenza, quale organo dello Stato competente a rilasciare i pareri in materia di tutela del paesaggio, «deve sempre e comunque applicare la legislazione regionale vigente (pur se la ritenesse non legittima, dato che non compete alla stessa un tale giudizio finale), […] non potendosi sostituire a codesta Ecc.ma Corte in valutazioni “anticipatorie” di giudizi di costituzionalità». Né potrebbe essere utilizzata la «formula di stile della interpretazione costituzionalmente ammissibile» al fine di anticipare una pronuncia del giudice delle leggi.

1.3.– In particolare, la ricorrente contesta le argomentazioni addotte dalle Soprintendenze della Sardegna per giustificare la disapplicazione della legge regionale, consistenti: a) nella necessità di una co-pianificazione paesaggistica Stato-Regione «non solo generalizzata (ed illimitata) ma addirittura ben più ampia di quella prevista per le Regioni Ordinarie»; b) nella totale insussistenza di una qualsivoglia potestà legislativa esclusiva della Regione autonoma Sardegna in materia di tutela del paesaggio.

Queste affermazioni si porrebbero, infatti, in contrasto con le norme costituzionali sulle potestà legislative della citata Regione.

1.3.1.– Quanto alla necessità di una co-pianificazione paesaggistica Stato-Regione, la ricorrente richiama l’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975, secondo cui sono trasferite alla Regione autonoma Sardegna la redazione e l’approvazione dei piani territoriali paesistici. La difesa regionale sottolinea, altresì, come, in base al terzo comma di tale disposizione, la ricorrente possa (e non debba) avvalersi, per la redazione dei predetti piani, della collaborazione degli organi statali preposti alla tutela delle bellezze naturali e panoramiche. In particolare, ciò sarebbe avvenuto in occasione dell’approvazione del piano paesaggistico regionale del 2006, che non sarebbe frutto di una co-pianificazione con il Ministero.

Pertanto, non sussisterebbe per la Regione autonoma Sardegna un obbligo di co-pianificazione con lo Stato, spettando piuttosto alla prima una competenza esclusiva in base all’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975.

In subordine, qualora questa Corte ritenesse sussistente anche per la Regione autonoma Sardegna l’obbligo di co-pianificazione, la ricorrente chiede che esso sia limitato, per i profili paesaggistici, alle sole aree di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), del d.lgs. n. 42 del 2004.

1.3.2.– Quanto alla competenza legislativa della Regione autonoma Sardegna in materia di tutela paesaggistico-ambientale, la ricorrente ricorda di essere titolare, in base all’art. 3, primo comma, lettera f), del suo statuto, della potestà legislativa esclusiva in materia di edilizia ed urbanistica, «che deve considerarsi estesa, alla luce della previsione dell’art. 6 del DPR 480/1975, anche alla tutela del paesaggio, disponendo […] del relativo potere di approvazione in via esclusiva dei piani paesaggistici».

La difesa regionale chiede, quindi, a questa Corte di affermare che la competenza esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio (di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) «non può operare in Sardegna in termini assoluti ed automatici».

Peraltro, aggiunge la ricorrente, se questa Corte negasse l’esistenza di un obbligo di co-pianificazione per la Regione autonoma Sardegna, quest’ultimo non potrebbe neppure operare come limite, ai sensi dell’art. 3, primo comma, lettera f), dello statuto reg. Sardegna, per l’esercizio dell’anzidetta potestà legislativa regionale.

1.4.– La ricorrente formula, inoltre, istanza di sospensione dell’efficacia degli atti impugnati, rinviando, quanto al fumus boni iuris, alle argomentazioni sopra sintetizzate.

Il pregiudizio grave e irreparabile e le «gravi ragioni» richieste dall’art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), sarebbero, invece, ravvisabili a causa della «estrema gravità per l’ordinamento costituzionale che un organo amministrativo si arroghi il potere di disapplicare leggi vigenti della Regione».

Ciò potrebbe portare a una «sistematica disapplicazione della legge da parte delle due Soprintendenze, creandosi incertezza anche in tutti i funzionari comunali e regionali che debbono adottare atti in materia di urbanistica e di paesaggio e che non saprebbero se e come rispettare la volontà sovrana della Regione, senza vedersi segnalati al Giudice penale, sia pur arbitrariamente, come ha fatto la Soprintendenza di Cagliari».

La ricorrente osserva, inoltre, che l’ammissibilità di molti degli interventi consentiti dalla legge reg. Sardegna n. 8 del 2015 e dalla legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 sarebbe limitata sino alla data del 31 dicembre 2023.

1.5.– Per le ragioni anzidette la Regione ricorrente chiede che questa Corte dichiari che non spettava allo Stato e, per esso, alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna, e a quella per le Province di Sassari e Nuoro, disapplicare le leggi reg. Sardegna n. 8 del 2015 e n. 1 del 2021, e, per l’effetto, annulli i provvedimenti sopra indicati e ogni altro atto allo stato non conosciuto.

La ricorrente chiede, altresì, che sia riconosciuta la sua competenza esclusiva per l’elaborazione e l’approvazione della programmazione paesistica, potendosi (e non dovendosi) essa avvalere della collaborazione degli organi decentrati ministeriali; in subordine, che l’obbligo di co-pianificazione sia limitato, per i profili paesaggistici, alle aree di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1 dell’art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004; che sia riconosciuta la titolarità, in capo alla Regione autonoma Sardegna, della potestà legislativa esclusiva in materia di urbanistica ed edilizia, estesa anche ai connessi profili di tutela del paesaggio, con il rispetto dei soli limiti indicati all’art. 3 dello statuto reg. Sardegna, ivi compreso – nell’ipotesi subordinata sopra indicata – come norma fondamentale di riforma economico-sociale, l’obbligo di co-pianificazione per i profili paesaggistici nelle materie suindicate; e che, qualora sia ritenuto non sussistente l’obbligo di co-pianificazione, sia riconosciuta la sua non operatività come limite dell’attività legislativa.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio, chiedendo che il ricorso per conflitto sia dichiarato inammissibile o infondato.

2.1.– La difesa erariale ricorda in premessa che la legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri dinanzi a questa Corte con ricorso non ancora deciso (reg. ric. n. 22 del 2021).

Sempre in via preliminare, l’Avvocatura generale, dopo aver richiamato il quadro normativo statale rilevante, sottolinea come gli interventi in relazione ai quali le due Soprintendenze hanno espresso parere negativo riguardano: l’aumento di volumetria di un’unità immobiliare in area interessata da plurimi vincoli ai sensi degli artt. 142, comma 1, lettera c), e 143, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 42 del 2004; l’ampliamento di una struttura turistica ricettiva per la realizzazione di servizi aggiuntivi in zona sottoposta a plurimi vincoli ai sensi degli artt. 136, comma 1, lettera d), e 143, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 42 del 2004; l’ampliamento volumetrico e il recupero di seminterrati di un immobile inserito in zona agricola; due ampliamenti di immobile in zona agricola, in un lotto di dimensioni non specificate e individuato nel piano paesaggistico regionale come area ad assetto ambientale seminaturale.

Pertanto, osserva il resistente, le Soprintendenze avrebbero espresso parere negativo in ragione dell’impatto degli interventi urbanistici proposti sul paesaggio; infatti, l’applicazione della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, consentendo aumenti volumetrici in aree paesaggistiche, avrebbe portato «all’elusione della disciplina cogente derivante dal d.lgs. 42/2004 e dal connesso piano paesaggistico della Sardegna».

Le Soprintendenze avrebbero, quindi, preso atto che «le leggi urbanistiche regionali non possono derogare al piano paesaggistico, sospendendone l’efficacia, atteso che […] è il piano paesaggistico e non la legge regionale l’unico strumento attraverso il quale pianificare le trasformazioni del territorio e stabilire le specifiche regole per la sua corretta destinazione d’uso».

2.2.– In punto di ammissibilità, l’Avvocatura generale ritiene che la Regione abbia impugnato i provvedimenti delle due Soprintendenze «per vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, come è noto riservati al giudizio davanti al Giudice Amministrativo».

La ricorrente avrebbe, quindi, «travest[ito] i predetti motivi in vizi di legittimità costituzionale»; di qui l’inammissibilità del ricorso.

2.3.– Nel merito, il ricorso non sarebbe comunque fondato.

Al riguardo, il resistente afferma l’esistenza di tre livelli di competenza, individuabili: il primo, nella competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio e di vincoli paesaggistici (derivante dall’art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), che assicurerebbe una «tutela primaria, distinta e presupposta dalla pianificazione regionale o dalla copianificazione congiunta in materia di adozione del piano paesaggistico», costituenti il secondo livello di competenza; infine, il terzo, rinvenibile nella normativa regionale sul cosiddetto “Piano casa”, di cui alla legge reg. Sardegna n. 1 del 2021.

Ciò premesso, la potestà legislativa esclusiva regionale in materia di urbanistica ed edilizia deve comunque essere esercitata in armonia con la Costituzione e con i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica, tra i quali rientrerebbero le previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, dettate dallo Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. e cita, a tale proposito, la sentenza n. 178 del 2018 di questa Corte.

Dunque, aggiunge l’Avvocatura generale, se è vero che l’art. 6, comma 2, del d.P.R. n. 480 del 1975 attribuisce alla Regione autonoma Sardegna la redazione dei piani territoriali paesaggistici, «ciò non muta la linea di confine delle competenze legislative, non intacca la competenza esclusiva in materia di paesaggio da sempre appartenente allo Stato». La tutela del paesaggio deve, quindi, restare distinta dal governo del territorio, pur avendo, queste materie, «ambiti in comune per quanto riguarda la pianificazione».

In particolare, il resistente richiama la giurisprudenza di questa Corte che avrebbe riconosciuto da tempo «la prevalenza dell’impronta unitaria della tutela del paesaggio, rimarcando […] la separatezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato e tutela paesaggistica dall’altro». La competenza regionale in questione sarebbe, pertanto, «una competenza “cedevole” rispetto alle istanze unitarie di tutela del paesaggio imputate dall’art. 9 della Costituzione unitariamente alla Repubblica, e dall’art. 117 c. 2 lett. s) affidate principalmente allo Stato».

In definitiva, secondo la difesa statale, la Regione autonoma Sardegna sarebbe incorsa in un equivoco, «scambia[ndo] per disapplicazione della normativa regionale l’esito negativo dell’istruttoria condotta dalle Soprintendenze, basata esclusivamente sul giudizio di compatibilità paesaggistica degli interventi disciplinato dall’art. 146 del Codice e rimesso all’organo di tutela statale».

Gli interventi edilizi, oggetto degli impugnati pareri delle Soprintendenze, non avrebbero potuto quindi essere realizzati perché in deroga rispetto alla legislazione statale sui vincoli paesaggistici, oltre che allo stesso piano paesaggistico regionale; ciò, in ragione della prevalenza degli stessi piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici e dunque anche sulla normativa recata dalla legge reg. Sardegna n. 1 del 2021.

Peraltro, rileva l’Avvocatura regionale, l’art. 30, comma 2, di quest’ultima prevede la cogenza, l’immediata applicazione e la prevalenza delle disposizioni della medesima legge non solo «sugli atti di pianificazione, anche settoriale, [e] sugli strumenti urbanistici generali e attuativi», ma anche «sulle altre vigenti disposizioni normative regionali», lasciando quindi intendere che sarebbero consentite soltanto deroghe alla normativa regionale e non anche a quella statale.

Per queste ragioni, la difesa statale conclude chiedendo, previo rigetto dell’istanza cautelare, che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto nel merito.

3.– Il 26 luglio 2021, l’Associazione ecologista Gruppo d’intervento giuridico onlus (GrIG) ha depositato un’opinione, in qualità di amicus curiae, chiedendo che il ricorso sia respinto nel merito. Con decreto del Presidente di questa Corte del 9 settembre 2021, l’opinione è stata ammessa nel giudizio.

4.– In prossimità della data fissata per l’udienza, la Regione autonoma Sardegna ha depositato una memoria nella quale replica ai rilievi del Presidente del Consiglio dei ministri e insiste nelle domande già formulate nel ricorso.

In particolare, la ricorrente sottolinea come il d.lgs. n. 42 del 2004, ai sensi del suo art. 8, sia applicabile alla Regione autonoma Sardegna solo in relazione a quelle disposizioni che non si pongono in contrasto con lo statuto speciale e con le sue norme di attuazione (è richiamata, sul punto, la sentenza n. 51 del 2006 di questa Corte).

4.1.– Quanto alla richiesta di un provvedimento cautelare di sospensione, la ricorrente ne ribadisce la necessità, anche al fine di consentire di «riavviare l’economia agricola e turistica dell’isola». Al riguardo, la difesa regionale dà conto di un ulteriore atto di diniego assunto dalla Soprintendenza di Cagliari in data 29 settembre 2021, dopo la proposta istruttoria positiva della Regione. Anche quest’ultimo provvedimento «disattende[rebbe] del tutto la legge regionale, che non applica, operando come se non esistesse».

Da ultimo, la ricorrente si dichiara disponibile a rinunciare alla richiesta di sospensiva, confidando in una tempestiva decisione nel merito.

4.2.– Quanto all’eccezione di inammissibilità sollevata da parte avversa, la difesa regionale ne contesta la fondatezza, sostenendo «che è incontestabile che la Regione non aveva e non ha alcun interesse ad impugnare gli atti in esame davanti ai Giudici Amministrativi». La ricorrente precisa, piuttosto, di non poter consentire che le soprintendenze «provveda[no] pregiudizialmente ad affermare la non applicabilità della legge regionale considerandola costituzionalmente illegittima, solo perché impugnata dal Governo davanti alla Corte Costituzionale».

La Regione autonoma aggiunge che, se anche fosse ravvisabile un vizio di legittimità degli atti in contestazione, ciò non precluderebbe l’ammissibilità del conflitto di attribuzione. Infatti, in presenza di un atto illegittimo lesivo di competenze regionali costituzionalmente garantite, il ricorso al giudice amministrativo è certamente proponibile dai soggetti lesi, «che verosimilmente nel caso in esame potrebbero averlo proposto», ma non dalla Regione, «dato che non si trattava e non si tratta di tutelare un proprio interesse legittimo». Quest’ultima può invece far rispettare le proprie attribuzioni costituzionali mediante ricorso per conflitto.

4.3.– Nel merito, la ricorrente ribadisce quanto già affermato nell’atto introduttivo, sottolineando come il presupposto dei provvedimenti impugnati sia costituito dall’assunto per cui le leggi urbanistiche regionali non sono suscettibili di modificare, eludere o derogare alla disciplina del piano paesaggistico vigente. Ciò, senza peraltro considerare che, anche ammettendo la necessità di una co-pianificazione tra Stato e Regione, questa deve ritenersi limitata alle sole aree di cui all’art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), del d.lgs. n. 42 del 2004.

4.4.– Infine, la Regione autonoma Sardegna ritiene che quanto esposto a sostegno dell’accoglimento del ricorso valga a confutare anche il contenuto dell’opinione depositata dal Gruppo di intervento giuridico, in qualità di amicus curiae.

Considerato in diritto

1.– La Regione autonoma Sardegna ha promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della cultura al fine di ottenere la sospensiva e l’annullamento – previa declaratoria di non spettanza allo Stato – dei pareri espressi dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna dell’8 aprile 2021, prot. 11997-P, del 15 aprile 2021, prot. 13167-P, e del 28 maggio 2021, prot. 19529, nonché dei pareri espressi dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro dell’11 maggio 2021, prot. 6889-P, e del 19 maggio 2021, prot. 7466-P e prot. 7467-P, e «degli ulteriori provvedimenti (circa una decina o più) non meglio identificati […] ove e nella misura in cui siano dotati di contenuto lesivo per la Regione», per violazione degli artt. 3 e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), degli artt. 116, 117, secondo comma, lettera s), 127, 134 e 136 della Costituzione e dell’art. 6 del d.P.R. 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della regione autonoma della Sardegna).

La ricorrente si duole della condotta tenuta dalle Soprintendenze di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, e di Sassari e Nuoro, le quali avrebbero disposto «in modo sistematico» la non applicazione della legge della Regione Sardegna 18 gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16 del 2017), modificativa della legge della Regione Sardegna 23 aprile 2015, n. 8 (Norme per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia e per il miglioramento del patrimonio edilizio). In particolare, la disapplicazione della legge regionale sarebbe avvenuta sul presupposto della sua impugnazione dinanzi a questa Corte ad opera del Governo, senza che l’efficacia della legge stessa sia mai stata sospesa, con conseguente violazione degli artt. 127, 134 e 136 Cost.

Secondo la ricorrente, le Soprintendenze di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, e di Sassari e Nuoro avrebbero, mediante la disapplicazione della normativa regionale sopra richiamata, affermato la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela paesaggistica, negando, di conseguenza, le competenze legislative della Regione autonoma Sardegna secondo quanto previsto dagli artt. 3 e 4 dello statuto reg. Sardegna e dall’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975, in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 e agli artt. 116 e 117 Cost., con conseguente violazione di tutte queste disposizioni di rango costituzionale.

2.– Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità prospettata dal resistente, il quale ritiene che la ricorrente abbia impugnato i provvedimenti delle due Soprintendenze «per vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, come è noto riservati al giudizio davanti al Giudice Amministrativo», e si sia limitata, con il suo ricorso, a “travestire” i predetti motivi in vizi di legittimità costituzionale.

2.1.– L’eccezione non è fondata, poiché, diversamente da quanto sostiene il resistente, il conflitto promosso dalla Regione autonoma Sardegna presenta specifico tono costituzionale.

Come questa Corte ha ribadito anche di recente, ciò che rileva, per stabilire se ricorra questo requisito, è che «il ricorrente non lamenti una lesione qualsiasi, ma una lesione delle proprie attribuzioni costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2018, n. 87 del 2015 e n. 52 del 2013)», e ciò «[i]n disparte la possibilità che l’atto oggetto del conflitto possa essere altresì impugnato in sede giurisdizionale» (sentenza n. 22 del 2020). Sicché «per conferire tono costituzionale a un conflitto serve essenzialmente prospettare l’esercizio effettivo di un potere, non avente base legale, “in concreto incidente sulle prerogative costituzionali della ricorrente” (fra le altre, vedi sentenze n. 260 e n. 104 del 2016)» (sentenza n. 259 del 2019; negli stessi termini, n. 255 del 2019, n. 10 del 2017, n. 260, n. 104 e n. 77 del 2016, e n. 235 del 2015; sul necessario tono costituzionale del conflitto, tra le più recenti, sentenze n. 224 e n. 57 del 2019, n. 87 del 2015 e n. 137 del 2014).

D’altra parte, questa Corte ha ritenuto atto idoneo a innescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione «qualsiasi comportamento significante, imputabile allo Stato o alla Regione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna e che – anche se preparatorio o non definitivo – sia comunque diretto, in ogni caso, “‘ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilità di esercizio della medesima’ (sentenza n. 332 del 2011; nello stesso senso, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e n. 771 del 1988)”» (sentenza n. 22 del 2020, e negli stessi termini ordinanza n. 175 del 2020).

Nel presente giudizio, le doglianze della Regione autonoma Sardegna non hanno ad oggetto «erronee interpretazioni di legge» o l’«errata individuazione della normativa da applicare nel caso concreto» (sentenza n. 285 del 1990) da parte delle Soprintendenze di Cagliari e di Sassari, ma la dichiarata volontà di queste ultime di non dare applicazione a leggi regionali, fra le quali, in particolare, la legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, volontà che la ricorrente desume dal tenore degli stessi atti contestati, nei quali si affermerebbero l’impossibilità per la Regione autonoma di derogare con propria legge alla disciplina paesaggistica definita dallo Stato e la necessità per tutte la amministrazioni di non fare applicazione della legge regionale nelle more del giudizio di legittimità costituzionale su di essa promosso dallo Stato. E, in effetti, nei contestati pareri: si afferma che la Regione autonoma Sardegna, dovendo rispettare la competenza esclusiva statale in materia di tutela paesaggistica, «non può assumere unilateralmente statuizioni derogatorie o sottrarre a tale tutela porzioni di territorio» (pareri della Soprintendenza di Sassari dell’11 maggio 2021, prot. 6889-P, e del 19 maggio 2021, prot. 7466-P e prot. 7467-P); si sottolinea l’intervenuta impugnazione della citata legge davanti a questa Corte, e si ricorda che «quindi» l’intervento richiesto non sarebbe ammissibile (sempre gli stessi pareri della Soprintendenza di Sassari); ancora, si afferma che «la scelta operata dall’Ufficio tutela del paesaggio del comune di Villasimius di applicazione della legge urbanistica n. 1/2021 […] conduce all’attribuzione di vantaggi» in elusione della normativa statale e del piano paesaggistico, e che su tale circostanza vi è l’obbligo di informare l’autorità giudiziaria (parere della Soprintendenza di Cagliari dell’8 aprile 2021, prot. 11997-P, ma in termini analoghi anche parere della stessa Soprintendenza del 15 aprile 2021, prot. 13167-P).

Su questi presupposti, si deve riconoscere che ciò che la ricorrente prospetta è la negazione della propria prerogativa costituzionale di ente titolare del potere di adottare leggi, che, ancorché in ipotesi illegittime, producono necessariamente i propri effetti fintanto che non vengano dichiarate tali. La Regione autonoma si duole, dunque, proprio del fatto che le anzidette amministrazioni statali, «pur avendo ritenuto riferibili alla fattispecie le citate leggi regionali, le abbia[no] espressamente disapplicate […] e più ancora che, in base ad una valutazione di incostituzionalità delle anzidette leggi […], sia[no] pervenut[e] direttamente alla disapplicazione delle medesime» (sentenza n. 285 del 1990). Anche nel caso del presente conflitto, invero, l’errore contestato alle Soprintendenze «è consistito, secondo la ricorrente, nell’erroneo convincimento che [le] ha indott[e] […] ad esercitare un potere che non […] compete [loro]. Ed è proprio l’esercizio di tale potere di disapplicazione delle leggi che costituisce l’oggetto del presente conflitto» (ancora, sentenza n. 285 del 1990).

Ricostruite in questi termini le ragioni di censura, ne consegue che correttamente la Regione autonoma Sardegna ha promosso conflitto di attribuzione, prospettando la lesione delle sue competenze costituzionali derivante dalla denunciata disapplicazione da parte delle Soprintendenze di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, e di Sassari e Nuoro della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale proposto avverso tale legge.

3.– Nel merito, il ricorso deve essere accolto.

3.1.– Sebbene l’odierno conflitto si inserisca in un più ampio contenzioso tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna, relativo alla definizione del riparto di competenze legislative in materia di tutela paesaggistica, il ricorso promosso in via principale dalla ricorrente non investe tale specifico profilo.

Come già ampiamente riferito sopra trattando dell’ammissibilità del conflitto, ciò che la Regione autonoma Sardegna innanzitutto contesta con il suo ricorso è «la mancata applicazione di una legge regionale vigente». La scelta delle Soprintendenze di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, e di Sassari e Nuoro, chiamate a esprimere il loro parere su interventi da realizzare in zone paesaggisticamente vincolate, di non applicare la legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 (a sua volta impugnata dal Governo con il ricorso iscritto al n. 22 reg. ric. 2021), lederebbe le attribuzioni costituzionali della Regione, in violazione, tra gli altri, degli artt. 127, 134 e 136 Cost. La legge regionale citata consente la realizzazione di interventi edilizi anche in zone vincolate e, fra gli altri, interventi comportanti incrementi volumetrici.

3.2.– Ai fini della risoluzione del presente conflitto, questa Corte è dunque chiamata a decidere se la condotta posta in essere dalle Soprintendenze di Cagliari e di Sassari, concretatasi nell’espressione dei pareri negativi impugnati, sia effettivamente qualificabile in termini di disapplicazione della legge reg. Sardegna n. 1 del 2021 e, in caso affermativo, se le citate Soprintendenze siano legittimate, nelle more del giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Governo nei confronti della richiamata normativa regionale, a operare tale disapplicazione.

3.2.1.– Per rispondere al primo quesito si deve fare riferimento al contenuto dei provvedimenti oggetto di contestazione e, in particolare, a quanto già segnalato sopra in sede di valutazione del tono costituzionale del conflitto ai fini della sua ammissibilità. Dal complessivo contenuto dei pareri, emerge con sufficiente chiarezza l’intenzione delle Soprintendenze di non dare applicazione alla legge reg. Sardegna n. 1 del 2021, della quale viene riconosciuta la vigenza, ma della quale viene contestata la legittimità e, soprattutto, sottolineata l’intervenuta impugnazione davanti a questa Corte come elemento sostanzialmente legittimante la sua mancata applicazione.

La conclusione negativa delle due Soprintendenze sulla realizzabilità dei richiesti interventi non costituisce semplicemente l’esito di una ricostruzione del quadro normativo, ma è invece espressione del consapevole intendimento di non applicare una legge regionale ritenuta illegittima, in quanto lesiva di rilevanti interessi paesaggistici, e sottoposta al vaglio di questa Corte. Lo confermano, in particolare, sia la reiterata sottolineatura, nei pareri, della pendenza di un giudizio costituzionale sulla citata legge regionale sia l’espressa censura della scelta dell’amministrazione comunale, coinvolta nel procedimento autorizzatorio de quo, di applicare la stessa legge regionale, censura per giunta accompagnata dalla menzione di un obbligo di informazione all’autorità giudiziaria.

Non può essere condiviso, invece, il rilievo mosso dal resistente, secondo cui le Soprintendenze si sarebbero espresse negativamente in ragione dell’impatto sul paesaggio degli interventi urbanistici proposti. Se è vero che alcuni dei provvedimenti contestati – i pareri della Soprintendenza di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna – contengono anche considerazioni di natura sostanziale sull’impatto negativo degli interventi, proprio l’accentuazione della necessità che la legge regionale non venga applicata – e addirittura dell’illiceità del comportamento delle autorità amministrative che la applichino – conferma che è preciso intendimento dell’amministrazione negare efficacia a un atto legislativo regionale.

3.2.2.– Chiarito che si è in presenza di una voluta disapplicazione, da parte di autorità amministrative statali, di una legge regionale su cui il Governo ha promosso questione di legittimità costituzionale, ne consegue che gli atti contestati violano le norme costituzionali richiamate dalla ricorrente, e precisamente gli artt. 127, 134 e 136 Cost.

Tali disposizioni delineano – dopo le modifiche dell’art. 127 Cost. operate dalla legge cost. n. 3 del 2001 – un modello di impugnativa delle leggi regionali basato su un loro controllo successivo, tale da non escluderne l’efficacia, e quindi l’applicazione, anche laddove esse vengano contestate e fintantoché questa Corte non ne abbia dichiarato l’illegittimità costituzionale. Solo quest’ultima declaratoria comporta la cessazione dell’efficacia (art. 136 Cost.) della norma impugnata, che di conseguenza non potrà avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»).

In questo quadro si inserisce la previsione dell’art. 35 della legge n. 87 del 1953, che, richiamando l’art. 40 della stessa legge, prevede la possibilità di sospendere l’efficacia della legge impugnata, qualora vi sia «il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini». In assenza di sospensione, la legge impugnata continua ad avere efficacia e deve essere applicata.

3.3.– Per le ragioni anzidette, il ricorso deve essere accolto in riferimento ai parametri sopra indicati, in quanto non spettava alle Soprintendenze di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, e di Sassari e Nuoro disapplicare la normativa regionale nelle more del giudizio di legittimità costituzionale pendente dinanzi a questa Corte, quale che possa esserne l’esito.

Conseguentemente devono essere annullati i provvedimenti impugnati.

4.– L’accoglimento del ricorso in relazione ai parametri costituzionali indicati comporta l’assorbimento delle censure promosse con riferimento agli artt. 3 e 4 della legge cost. n. 3 del 1948, all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, agli artt. 116 e 117, secondo comma, lettera s), Cost. e all’art. 6 del d.P.R. n. 480 del 1975.

Resta parimenti assorbita l’istanza di sospensione degli atti impugnati.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Cagliari e le Province di Oristano e Sud Sardegna esprimere i pareri dell’8 aprile 2021, prot. 11997-P, del 15 aprile 2021, prot. 13167-P, e del 28 maggio 2021, prot. 19529, e annulla, per l’effetto, i suddetti pareri;

2) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, alla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro esprimere i pareri dell’11 maggio 2021, prot. 6889-P, e del 19 maggio 2021, prot. 7466-P e prot. 7467-P, e annulla, per l’effetto, i suddetti pareri.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Daria de PRETIS, Redattrice

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2022.