Sentenza n. 236 del 2021

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SENTENZA N. 236

ANNO 2021

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, come modificato dall’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21, promossi dal Tribunale ordinario di Napoli con due ordinanze del 4 e 5 gennaio 2021, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, con due ordinanze del 31 marzo 2021 e dal Tribunale ordinario di Benevento con ordinanza del 25 marzo 2021, iscritte, rispettivamente, ai numeri 82, 89, 98, 99 e 153 del registro ordinanze 2021 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 24, 25, 27 e 41, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti gli atti di costituzione della Casa di Cura Villa S. Anna spa e della Coloplast spa, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

uditi l’avvocato Raffaele Izzo per la Casa di Cura Villa S. Anna spa e l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica e nella camera di consiglio del 24 novembre 2021 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 24 novembre 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 4 gennaio 2021, iscritta al n. 82 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

Il Tribunale espone di operare quale giudice dell’esecuzione in una procedura espropriativa a carico dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale A. Cardarelli, instaurata con pignoramento notificato nel luglio 2019 ad istanza di P. F. in forza di una sentenza di condanna emessa nel febbraio 2018 avente ad oggetto il risarcimento del danno da lui sofferto per la morte di un congiunto.

1.1.– Il rimettente aggiunge di dover emettere ordinanza di assegnazione della somma, avendo il terzo pignorato, tesoriere dell’Azienda, reso dichiarazione positiva di quantità a norma dell’art. 547 del codice di procedura civile e non risultando attivo il vincolo di impignorabilità previsto dall’art. l del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993, n. 67.

Tuttavia, ad avviso del giudice a quo, l’ordinanza di assegnazione non potrebbe essere emanata per la sopravvenienza della disposizione censurata, poiché questa, nel contesto delle misure urgenti di gestione dell’emergenza sanitaria da COVID-19, ha previsto la sospensione delle procedure esecutive e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2020.

1.2.– Il Tribunale sospetta che la disposizione censurata violi l’art. 24 Cost., «atteso che il “sacrificio” posto a carico dei creditori degli enti del servizio sanitario nazionale (sotto forma di improcedibilità delle azioni esecutive dagli stessi già promosse) non appare “bilanciato” con la previsione di un sistema di effettiva tutela equivalente».

Sarebbe violato anche l’art. 111 Cost. «con riguardo al concetto della “parità delle armi”, atteso che, con la disposizione censurata, il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare che – pur originata da comprensibili preoccupazioni legate all’emergenza epidemiologica in corso – ha determinato uno sbilanciamento fra due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite».

1.3.– Richiamata la giurisprudenza costituzionale sulle condizioni di legittimità delle previsioni di “blocco” delle azioni esecutive, e segnatamente il precedente di cui alla sentenza n. 186 del 2013, il rimettente considera mancante, in particolare, un adeguato bilanciamento sostanziale del sacrificio processuale imposto ai creditori.

Tale a suo avviso non potrebbe considerarsi la mera facoltà contestualmente riconosciuta alle Regioni di chiedere anticipazioni di liquidità alla Cassa depositi e prestiti, peraltro in funzione del pagamento dei soli debiti di natura commerciale, estranei alla fattispecie risarcitoria del giudizio principale.

1.4.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate.

Secondo l’Avvocatura, la norma censurata, in quanto volta al recupero di liquidità per il miglior funzionamento del servizio sanitario nella fase dell’emergenza pandemica, è «giustificata, sul piano della ragionevolezza e della proporzionalità, dalla tutela del bene della salute collettiva», di cui agli artt. 2 e 32 Cost.

La gravità dell’emergenza sanitaria renderebbe la fattispecie imparagonabile con quella oggetto della sentenza n. 186 del 2013, quest’ultima connotata peraltro da un’assai più lunga durata del “blocco” delle esecuzioni e dall’assenza di misure compensative.

Riguardo a tali misure, l’Avvocatura osserva che la Regione Campania, con deliberazione di Giunta n. 332 del 30 giugno 2020, ha autorizzato il ricorso all’anticipazione di liquidità prevista dal d.l. n. 34 del 2020, in tal modo rendendo possibile a P. F. di ottenere il pagamento del suo credito per via alternativa all’azione esecutiva, «il che incide non solo sulla fondatezza ma anche sulla rilevanza delle sollevate questioni di costituzionalità».

1.5.– È intervenuto in giudizio, con atto denominato «[m]emoria ad adiuvandum», F. M., il quale, senza chiarire a che titolo sia interessato alla vicenda, ha chiesto dichiararsi l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, «nella parte in cui non prevede che le risorse destinate al finanziamento dell’emergenza Covid-19 siano inserite fra quelle assolutamente impignorabili di cui al [d]ecreto [m]inisteriale di individuazione dei servizi indispensabili all’ente».

1.6.– L’Associazione Coordinamento Ospedalità Privata (ACOP), ente rappresentativo di strutture sanitarie accreditate presso il Servizio sanitario nazionale, ha depositato un’opinione scritta, in qualità di amicus curiae.

L’opinione – ammessa con decreto presidenziale del 6 ottobre 2021 – evoca anch’essa la sentenza n. 186 del 2013, assumendo che la disposizione censurata, per essere analoga a quella dichiarata costituzionalmente illegittima da detta pronuncia, integri «una patente elusione del giudicato costituzionale».

2.– Con ordinanza del 5 gennaio 2021, iscritta al n. 89 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, sempre in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., nella procedura espropriativa a carico dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli l Centro, instaurata con pignoramento notificato nel febbraio 2020 ad istanza della DiaSorin spa in forza di un decreto ingiuntivo emesso nel giugno 2019 per il corrispettivo di forniture di laboratorio.

Il giudice a quo riferisce che il terzo pignorato, tesoriere dell’ente, non ha reso la dichiarazione di quantità e che occorrerebbe quindi disporsi il prosieguo agli effetti della ficta confessio prevista dall’art. 548 cod. proc. civ., al che osta la censurata disposizione.

2.1.– Gli argomenti addotti ricalcano quelli dell’ordinanza n. 82 del reg. ord. 2021, con l’aggiunta di uno specifico riferimento alla durata del “blocco” delle esecuzioni, che – essendo stata prorogata fino al 31 dicembre 2021 dall’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21 – si è estesa per «un periodo di oltre un anno e mezzo, con significativa compressione del diritto dei creditori di procedere esecutivamente».

2.2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate, spiegando difese analoghe a quelle contrapposte all’ordinanza n. 82 del reg. ord. 2021.

Evidenziata la necessità della proroga del “blocco” «in considerazione del protrarsi delle condizioni straordinarie legate all’emergenza sanitaria», l’Avvocatura aggiunge che la natura commerciale del credito della DiaSorin spa ne assicura il pagamento tramite l’anticipazione di liquidità oggetto della delibera della Giunta regionale campana n. 332 del 30 giugno 2020.

3.– Con ordinanza del 31 marzo 2021, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 2021, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, modificato dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, Cost.

Il rimettente espone di essere investito del giudizio instaurato dalla Casa di Cura Villa S. Anna spa per l’ottemperanza al giudicato formatosi su decreto ingiuntivo dalla stessa ottenuto nel febbraio 2019 verso l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria per il corrispettivo di prestazioni erogate in regime di accreditamento negli anni 2016 e 2017.

3.1.– Richiamata la prima ordinanza di rimessione del Tribunale di Napoli, il TAR Calabria ne fa propri gli argomenti, declinandoli con specifico riguardo alla proroga dell’efficacia della disposizione censurata, che avrebbe determinato «l’aggravamento del margine di incertezza in ordine all’an e al quando del soddisfacimento delle legittime ragioni creditorie».

Per effetto della proroga, il “blocco” dell’azione esecutiva avrebbe ecceduto «i canoni della proporzionalità e della ragionevolezza», anche perché, non essendo stato in corrispondenza prorogato il termine entro il quale le Regioni avrebbero potuto chiedere l’anticipazione di liquidità in funzione del pagamento dei debiti commerciali, sarebbe stato reso «ancor più insoddisfacente e inadeguato il supposto e pur parziale meccanismo compensativo».

3.2.– Il rimettente evoca il parametro di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., oltre che sotto il profilo dell’alterazione della “parità delle armi” tra parte pubblica e parte privata, anche per la negativa incidenza che il “blocco” spiega sulla ragionevole durata del processo esecutivo.

Con particolare riguardo alla disposizione di proroga, il giudice a quo denuncia altresì la violazione dell’art. 3 Cost., in quanto la misura in favore degli enti sanitari sarebbe stata irragionevolmente protratta oltre il termine finale dello stato di emergenza e comunque oltre quello stabilito per analoghe fattispecie (segnatamente, per «i locatori titolari di uno sfratto esecutivo»), ciò, contraddittoriamente, «anche in danno dei soggetti creditori a loro volta coinvolti, come nel caso di specie, nella gestione dell’emergenza sanitaria».

3.3.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate, spiegando difese analoghe a quelle contrapposte alle ordinanze n. 82 e n. 89 del reg. ord. 2021 (al netto del riferimento alla delibera della Giunta regionale campana).

Sul tema della ragionevolezza della proroga, l’interveniente ne assume la corrispondenza all’imprevedibile sviluppo della pandemia, che avrebbe reso necessaria, a tutela dell’«ottimale funzionamento delle strutture sanitarie», una durata del “blocco” delle esecuzioni più ampia, sia in termini assoluti, che in raffronto ad altre fattispecie (segnatamente, quella delle esecuzioni per rilascio di immobili ad uso abitativo).

3.4.– Si è costituita in giudizio la Casa di Cura Villa S. Anna spa, che ha chiesto accogliersi le questioni.

A sostegno delle proprie conclusioni, la parte evoca la sentenza di questa Corte n. 128 del 2021, che nel frattempo ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della seconda proroga della sospensione delle procedure esecutive inerenti l’abitazione principale del debitore, anch’essa disposta come misura di contenimento dell’emergenza epidemiologica.

La società aggiunge di essere un concessionario di pubblico servizio, quale gestore di una casa di cura accreditata, chiamata ad erogare prestazioni sanitarie essenziali, sicché la mancata remunerazione determinata dalla paralisi dell’esecuzione forzata illogicamente si sarebbe tradotta «in un vulnus nel funzionamento del servizio sanitario pubblico, ovvero dello stesso oggetto dichiarato dalla norma indubbiata».

Sarebbe poi irragionevole che il “blocco” delle esecuzioni nei confronti degli enti sanitari sia stato prorogato per un anno senza alcuna modulazione, né vaglio giudiziale, e nemmeno la riapertura del termine per le istanze regionali di anticipazione di liquidità.

4.– Con ordinanza del 31 marzo 2021, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 2021, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale analoghe per oggetto e parametri a quelle formulate in pari data dallo stesso giudice.

Il rimettente espone di essere investito del ricorso di A. B. per l’ottemperanza al giudicato su sentenza pronunciata nel dicembre 2018 recante condanna dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria al pagamento di differenze retributive.

4.1.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate, con difese analoghe a quelle contrapposte all’ordinanza n. 98 del reg. ord. 2021.

5.– Con ordinanza del 25 marzo 2021, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Benevento ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, in riferimento agli artt. 24, 111 e 136 Cost.

Quale giudice dell’esecuzione in una procedura espropriativa a carico dell’Azienda sanitaria locale di Benevento, instaurata dalla Coloplast spa in forza di un decreto ingiuntivo per il corrispettivo di forniture di materiale ospedaliero, il rimettente espone che, pur avendo il tesoriere dell’ente reso la dichiarazione di quantità, non è stato possibile emettere l’ordinanza di assegnazione della somma, in ragione della censurata disposizione.

5.1.– Il Tribunale di Benevento fa propri gli argomenti esposti nelle ordinanze di rimessione del Tribunale di Napoli, alle quali si richiama; aggiunge tuttavia l’evocazione del parametro di cui all’art. 136 Cost., per avere la norma censurata sostanzialmente riprodotto quella dichiarata costituzionalmente illegittima dalla citata sentenza n. 186 del 2013.

5.2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate.

L’interveniente spiega difese analoghe a quelle illustrate negli altri giudizi incidentali, pur senza fare riferimento alla delibera assunta il 30 giugno 2020 dalla Giunta regionale campana in ordine all’anticipazione di liquidità.

Al fine di contrastare la denuncia ex art. 136 Cost., l’Avvocatura insiste sugli aspetti differenziali della fattispecie qui dedotta rispetto a quella oggetto della sentenza n. 186 del 2013.

5.3.– Si è costituita in giudizio la Coloplast spa, aderendo per intero agli argomenti del rimettente.

Considerato in diritto

1.– Con due distinte ordinanze (reg. ord. n. 82 e n. 89 del 2021), il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.

Quale giudice dell’esecuzione instaurata da pignoramenti a carico di enti sanitari – l’uno per risarcimento del danno da morte di un paziente (reg. ord. n. 82 del 2021) e l’altro per corrispettivo di forniture medicali (reg. ord. n. 89 del 2021) –, il rimettente denuncia di non poter procedere per la sopravvenienza della disposizione censurata, che, nel contesto delle misure urgenti di gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, ha previsto la sospensione delle esecuzioni e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale.

1.1.– Il rimettente sospetta che la disposizione censurata violi l’art. 24 Cost., poiché impone ai creditori degli enti sanitari un sacrificio sotto forma di improcedibilità delle azioni esecutive non bilanciato dalla predisposizione di idonei mezzi di tutela sostitutiva; sarebbe altresì violato l’art. 111 Cost., per l’alterazione della “parità delle armi” in danno dell’esecutante privato e a favore dell’esecutato pubblico.

L’ordinanza n. 89 del reg. ord. 2021, lamentando la violazione dei medesimi parametri sopra indicati, aggiunge uno specifico riferimento all’eccessiva durata del “blocco”, prorogata – mediante modifica all’indicato art. 117, comma 4 – dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 ad opera dell’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21.

2.– Con due distinte ordinanze (reg. ord. n. 98 e n. 99 del 2021), il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, modificato dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, Cost.

Il rimettente, in veste di giudice dell’ottemperanza al giudicato formatosi su decreti ingiuntivi per il corrispettivo di prestazioni d’opera verso enti sanitari, fa propri gli argomenti esposti nell’ordinanza n. 82 del reg. ord. 2021, declinandoli con particolare riguardo alla proroga della disposizione censurata, ritenuta irragionevole e sproporzionata.

2.1.– Il giudice a quo evoca il parametro di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., oltre che sotto il profilo dell’alterazione della “parità delle armi” tra parte pubblica e parte privata, anche per la negativa incidenza che il “blocco” spiega sulla ragionevole durata del processo esecutivo.

Quanto alla proroga della misura, il rimettente denuncia altresì la violazione dell’art. 3 Cost., poiché sarebbe stato irragionevolmente superato lo stesso termine finale dello stato di emergenza e comunque quello stabilito per analoghe fattispecie di sospensione delle esecuzioni, ciò peraltro, contraddittoriamente, anche in danno di creditori partecipi dello sforzo collettivo di contrasto alla pandemia.

3.– Il Tribunale ordinario di Benevento (reg. ord. n. 153 del 2021) ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, in riferimento agli artt. 24, 111 e 136 Cost.

Il rimettente espone di operare quale giudice dell’esecuzione instaurata con pignoramento in forza di un decreto ingiuntivo per il corrispettivo di forniture di materiale ospedaliero, procedura sospesa per effetto della disposizione oggetto di censura.

3.1.– Fatti propri gli argomenti delle ordinanze di rimessione del Tribunale di Napoli, il Tribunale di Benevento evoca altresì il parametro di cui all’art. 136 Cost., denunciando che la norma censurata ha sostanzialmente riprodotto quella dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza n. 186 del 2013.

4.– Le questioni sollevate dalle cinque ordinanze di rimessione sono in larga parte coincidenti, sicché i giudizi vanno riuniti, per essere definiti con unica decisione.

5.– Nel giudizio di cui all’ordinanza n. 82 del reg. ord. 2021 è intervenuto ad adiuvandum F. M., senza tuttavia chiarire a che titolo egli sia interessato dall’espropriazione forzata oggetto del giudizio principale, nel quale creditore pignoratizio è P. F.

L’art. 4, comma 7, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale – nel testo applicabile ratione temporis – stabilisce che «[n]ei giudizi in via incidentale possono intervenire i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio», sicché l’ammissibilità dell’intervento presuppone che l’incidenza sulla posizione soggettiva dell’interveniente sia conseguenza immediata e diretta dell’effetto che la pronuncia della Corte determina sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio a quo (da ultimo, sentenza n. 180 del 2021 e allegata ordinanza letta all’udienza del 23 giugno 2021, sentenze n. 128 e n. 46 del 2021).

Il silenzio tenuto da F. M. sulla consistenza del proprio interesse preclude ogni verifica sulla natura qualificata dello stesso, cioè sulla sua diretta e immediata inerenza al rapporto dedotto nel giudizio a quo, sicché l’intervento va dichiarato inammissibile.

6.– Nel giudizio di cui all’ordinanza n. 153 del reg. ord. 2021 si è costituita la Coloplast spa, con memoria depositata il 2 novembre 2021, sulla base della procura al difensore rilasciata per il giudizio a quo, nel quale la società è parte; la procura speciale per il giudizio innanzi a questa Corte è stata depositata solo in data 3 novembre 2021.

Ai sensi dell’art. 3 delle Norme integrative – nel testo applicabile ratione temporis –, la costituzione delle parti deve avvenire nel termine di venti giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale, mediante deposito in cancelleria della procura speciale, apposta in calce o a margine dell’originale delle deduzioni.

Per giurisprudenza costante, questo termine ha carattere perentorio (da ultimo, sentenze n. 75 del 2021, n. 135 e n. 40 del 2020, n. 222 del 2018), ed è violato anche se la parte deposita tardivamente la procura speciale, trattandosi di un adempimento essenziale per la rituale costituzione in giudizio (sentenza n. 126 del 2018).

Nella specie, l’ordinanza di rimessione è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 13 ottobre 2021, e quindi la Coloplast spa avrebbe dovuto costituirsi con deduzioni e procura speciale entro il 2 novembre 2021: il deposito di quest’ultima in data 3 novembre 2021 risulta tardivo, sicché la costituzione va dichiarata inammissibile.

7.– Intervenendo nei cinque giudizi incidentali, il Presidente del Consiglio dei ministri ha prospettato l’inammissibilità delle questioni per difetto di motivazione sulla rilevanza, poiché i rimettenti non avrebbero considerato che i creditori potrebbero ottenere il soddisfacimento dei loro diritti per una via alternativa all’esecuzione forzata, segnatamente in virtù dell’anticipazione di liquidità cui le Regioni possono accedere presso la Cassa depositi e prestiti, a norma dello stesso d.l. n. 34 del 2020.

7.1.– L’art. 115, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020 ha previsto l’istituzione di un «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», distinto in due sezioni, con separate dotazioni, l’una «per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari» e l’altra per i debiti degli «enti del Servizio Sanitario Nazionale».

A norma del successivo art. 116, commi 1 e 4, gli enti locali e le Regioni che, per carenza di liquidità, anche a seguito della situazione straordinaria derivante dall’epidemia da COVID-19, non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, possono chiedere alla Cassa depositi e prestiti un’anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti, a valere sulla sezione per i debiti diversi da quelli finanziari e sanitari.

Analoga anticipazione possono chiedere, a norma del successivo art. 117, comma 5, le Regioni i cui enti sanitari, per la situazione straordinaria derivante dalla pandemia, non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, e in tal caso l’anticipazione vale sulle risorse della sezione per i debiti degli enti sanitari.

7.2.– I rimettenti non hanno ignorato l’esistenza del mezzo di tutela alternativa correlato a tale anticipazione di liquidità, ma l’hanno giudicato inidoneo, poiché la richiesta di provvista è solo in facoltà della singola Regione, oltre ad essere funzionale al pagamento dei soli debiti commerciali.

Trattasi di una motivazione non implausibile, che supera il controllo “esterno” di ammissibilità demandato a questa Corte (da ultimo, sentenze n. 207, n. 181, n. 59 e n. 32 del 2021).

7.3.– Anche qualora la singola Regione abbia esercitato in concreto la facoltà di chiedere l’anticipazione di liquidità – ciò che l’Avvocatura deduce nei giudizi promossi dal Tribunale di Napoli –, non si può dubitare della rilevanza delle questioni, giacché essa concerne l’applicazione della disposizione censurata e la pregiudizialità rispetto alla definizione del processo principale (ex multis, sentenze n. 85 del 2020, n. 160 del 2019 e n. 105 del 2018), non necessariamente gli effetti concreti di un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale per le parti in causa (ex plurimis, sentenze n. 172 del 2021, n. 253 e n. 170 del 2019, n. 20 del 2016).

8.– Nel merito, va innanzitutto esaminata la denuncia di violazione, da parte dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, del giudicato di cui all’art. 136 Cost., questione prioritaria in senso logico-giuridico (tra molte, sentenze n. 256 e n. 231 del 2020, n. 57 del 2019 e n. 101 del 2018).

8.1.– La questione non è fondata.

Il giudicato eluso risiederebbe, ad avviso del Tribunale di Benevento, nella sentenza n. 186 del 2013, poiché la disposizione ora in scrutinio riprodurrebbe quella dichiarata costituzionalmente illegittima da tale sentenza.

È sufficiente constatare tuttavia che oggetto della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 186 del 2013 è stata una previsione normativa di sospensione delle azioni esecutive e inefficacia dei pignoramenti – in corso di giudizio trasformata dal legislatore in una previsione di estinzione dei pignoramenti medesimi –, finalizzata ad assicurare il regolare pagamento dei debiti oggetto di ricognizione per le Regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari.

La sentenza n. 186 del 2013 ha riguardato quindi una misura solo esteriormente analoga all’odierna (almeno nella versione anteriore alla “estremizzazione” da misura sospensiva ad estintiva), ma sostanzialmente diversa nei presupposti applicativi e nella dimensione temporale, giacché determinata da storicizzate esigenze di rientro del disavanzo sanitario, del tutto estranee a quelle imposte dall’emergenza pandemica da COVID-19.

È quindi da escludere la violazione del giudicato ai sensi dell’art. 136 Cost., che si ha solo quando la nuova disposizione mantiene in vita o ripristina gli effetti della medesima struttura normativa oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale (ex multis, sentenze n. 272 e n. 256 del 2020, n. 101 del 2018, n. 231 del 2017 e n. 72 del 2013).

9.– Sono viceversa fondate le questioni sollevate da tutti i rimettenti in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., limitatamente alla proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021, di cui all’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020.

9.1.– Non influisce sul thema decidendum la circostanza che l’ordinanza n. 82 del reg. ord. 2021 – a differenza delle altre – non contenga richiami specifici alla disposizione di proroga.

Questa è intervenuta dopo la data di deliberazione di detta ordinanza (20 dicembre 2020), e quindi costituisce, rispetto ad essa, ius superveniens, che ha tuttavia aggravato, non certo ridimensionato, il vulnus denunciato dal rimettente.

Pertanto, come questa Corte ha affermato nella sentenza n. 213 del 2021 riguardo ad analoga fattispecie, le questioni possono essere riferite, negli stessi termini, anche alla disposizione sopravvenuta, comunque oggetto delle censure degli altri giudici a quibus.

Occorre quindi verificare se l’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020 violi i parametri di cui agli artt. 24 e 111 Cost. nell’estensione cronologica determinata dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020.

9.2.– Come anticipato, l’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020 stabilisce che, «[a]l fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 nonché per assicurare al Servizio sanitario nazionale la liquidità necessaria allo svolgimento delle attività legate alla citata emergenza, compreso un tempestivo pagamento dei debiti commerciali», nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale «non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive» (primo periodo); «[i] pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta data e non vincolano gli enti del Servizio sanitario regionale e i tesorieri», i quali possono quindi disporre delle relative somme per le finalità di gestione dell’emergenza sanitaria e il pagamento dei debiti (secondo periodo); «[l]e disposizioni del presente comma si applicano fino al 31 dicembre 2021» (terzo periodo).

Su quest’ultimo periodo ha inciso la modifica apportata dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, che alla scadenza originaria del 31 dicembre 2020 ha sostituito quella del 31 dicembre 2021.

9.3.– Questa Corte si è già pronunciata sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni di sospensione delle procedure esecutive, emanate nell’ambito della legislazione emergenziale seguita al diffondersi della pandemia da COVID-19.

9.3.1.– Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost., dell’art. 13, comma 14, del d.l. n. 183 del 2020 – recante la proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 della sospensione delle procedure aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore –, la sentenza n. 128 del 2021 ha ribadito che la tutela in executivis è componente essenziale del diritto di accesso al giudice, sicché la sospensione delle procedure esecutive deve costituire un evento eccezionale, sorretto da un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto.

Tale sentenza ha rimarcato che, se l’irrompere dell’emergenza pandemica da COVID-19 può aver giustificato in una prima fase il sacrificio dei creditori procedenti sulla base di un criterio applicativo «a maglie larghe», la proroga della misura nelle fasi successive avrebbe richiesto da parte del legislatore una riedizione e un affinamento del bilanciamento sotteso alla misura, poiché la sua invarianza cristallizza un pregiudizio individuale che dovrebbe essere invece strettamente limitato nel tempo.

9.3.2.– Il differente esito del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 13, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, e dell’art. 40-quater del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69 – recanti la proroga al 30 giugno 2021 e poi al 31 dicembre 2021 della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo – è stato motivato dalla sentenza n. 213 del 2021 appunto in ragione della «progressiva e differenziata riduzione dell’ambito di applicazione della misura in esame, in simmetria con l’allentamento dell’emergenza sanitaria».

Infatti, la restrizione della prima proroga alla sospensione dell’esecuzione dei soli provvedimenti di rilascio per morosità e la graduazione dell’ulteriore proroga in rapporto alla data di adozione del provvedimento medesimo hanno identificato ragionevoli punti di caduta di «un progressivo adattamento della misura emergenziale».

9.4.– Evocata da tutti gli odierni rimettenti, dall’Avvocatura dello Stato, dalla parte ritualmente costituita e dallo stesso amicus curiae, la sentenza n. 186 del 2013 ha affermato che uno svuotamento legislativo degli effetti di un titolo esecutivo giudiziale non è compatibile con l’art. 24 Cost. se non è limitato ad un ristretto periodo temporale ovvero controbilanciato da disposizioni di carattere sostanziale che garantiscano per altra via l’effettiva realizzazione del diritto di credito.

In difetto di queste cautele, la disposizione legislativa vulnera il diritto di azione e si risolve altresì – come osserva la medesima sentenza n. 186 del 2013 – in uno «ius singulare che determina lo sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parità delle parti di cui all’art. 111 Cost.».

9.5.– L’originaria durata del “blocco” delle esecuzioni e dell’inefficacia dei pignoramenti disposti dall’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020 era contenuta in poco più di sette mesi, dall’entrata in vigore del 19 maggio 2020 fino al 31 dicembre dello stesso anno.

La misura si esauriva quindi nella prima fase dell’emergenza pandemica da COVID-19 – quella più acuta e destabilizzante –, allorché una sospensione indistinta e generalizzata delle procedure esecutive nei confronti degli enti sanitari poteva dirsi ragionevole e proporzionata, «per agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti», come si esprime la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del d.l. n. 34 del 2020.

10.– Sono pertanto non fondate le questioni di legittimità costituzionale concernenti l’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, nella sua formulazione originaria.

11.– Nonostante l’evoluzione dell’emergenza sanitaria e la possibilità di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, l’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell’esecutato pubblico.

In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del “blocco” delle esecuzioni sono stati lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato.

Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura è divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost. nonché, al contempo, la parità delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo.

11.1.– Il protratto sacrificio imposto ai creditori sul piano della tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformità con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una tutela alternativa di contenuto sostanziale.

Se è dubbio che questa potesse rinvenirsi nell’anticipazione di liquidità prevista dall’art. 117, comma 5, del d.l. n. 34 del 2020, considerato che l’accesso ad essa era rimesso ad un’opzione volontaria del debitore regionale, certo è che il termine per la richiesta di provvista è scaduto il 7 luglio 2020, e non è stato riaperto, cosicché, seppure un meccanismo compensativo sussisteva, esso è venuto meno in regime di proroga.

12.– Deve essere quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., con assorbimento della questione di cui all’art. 3 Cost.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara inammissibile l’intervento di F. M. nel giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Napoli con l’ordinanza iscritta al n. 82 del registro ordinanze 2021;

2) dichiara inammissibile la costituzione della Coloplast spa nel giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Benevento con l’ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21;

4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, sollevata dal Tribunale ordinario di Benevento, in riferimento all’art. 136 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

5) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, nella sua formulazione originaria, sollevate dal Tribunale ordinario di Napoli e dal Tribunale ordinario di Benevento in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., e dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, in riferimento agli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 2021.

F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 7 dicembre 2021.