Ordinanza n. 184 del 2021

ORDINANZA N. 184

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO;

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso dal Tribunale ordinario di Bologna, nel procedimento penale a carico di P. C., con ordinanza del 14 gennaio 2019, iscritta al n. 122 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 2021 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2021.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Bologna, con ordinanza del 14 gennaio 2019 (r. o. n. 122 del 2020), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevedono «l’applicazione della medesima sanzione accessoria della revoca quinquennale della patente di guida a fronte di condanne per reati a condotte diverse sotto il profilo della colpa, della offensività e della pericolosità»;

che il rimettente premette di procedere nei confronti di P. C., imputato del reato di cui agli artt. 590-bis, primo comma, e 583, primo comma, numero 1), del codice penale, perché alla guida di un’autovettura, per colpa generica, consistita in imprudenza, e per colpa specifica, consistita nella violazione dell’art. 191, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992, cagionava lesioni personali gravi al pedone V. R. e, in particolare, una malattia ed una incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore a 40 giorni;

che, in punto di rilevanza, il rimettente afferma che in caso di condanna, ai sensi delle disposizioni censurate, all’imputato dovrebbe essere inevitabilmente comminata la sanzione accessoria della revoca della patente di guida con divieto di conseguirla nuovamente prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca stessa;

che l’applicazione automatica della sanzione accessoria costituisce diretta conseguenza dell’introduzione del reato di omicidio stradale e di lesioni personali stradali per effetto della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274);

che, ad avviso del giudice a quo, il legislatore, ha previsto una sanzione accessoria eccessivamente grave in relazione a condotte che sul piano dell’offensività e del grado della colpa si differenziano da «altre più biasimevoli», con ciò disattendendo i criteri di ragionevolezza e di proporzione delle pene;

che, in particolare, la sanzione amministrativa della revoca della patente è applicata in modo indistinto «tanto a chi abbia semplicemente arrecato una lesione personale grave, con semplice violazione delle norme del codice della strada, quanto a chi abbia causato tale situazione con una condotta più grave»;

che, dunque, l’applicazione della stessa sanzione accessoria per reati diversi per gravità, determinerebbe una punizione eccessiva, che lederebbe il principio di proporzionalità della pena rispetto al fatto commesso e che sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.

Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte con la sentenza n. 88 del 2019 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sua sospensione ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’art. 222 del d.lgs. n. 285 del 1992 (d’ora in avanti: cod. strada), allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.;

che, quindi, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, è divenuta priva di oggetto ed è pertanto manifestamente inammissibile (ex multis, ordinanze n. 203 e n. 91 del 2019, n. 137, n. 38 e n. 34 del 2017, n. 181 e n. 4 del 2016);

che manifestamente inammissibile è anche la questione avente ad oggetto l’art. 222, comma 3-ter, cod. strada, per difetto di rilevanza, atteso che nel giudizio a quo non vengono in rilievo i presupposti perché il condannato possa chiedere una nuova patente di guida dopo la sua revoca in ipotesi applicata dal giudice penale;

che, infatti, come già ritenuto da questa Corte (ancora sentenza n. 88 del 2019 e ordinanza n. 203 del 2019), il giudice a quo, in caso di pronuncia di condanna per il reato di lesioni personali stradali gravi, è chiamato solo ad applicare la sanzione amministrativa della revoca della patente, non determinando il periodo di tempo necessario per conseguire una nuova patente di guida che è, invece, predeterminato dalla legge;

che, dunque, soltanto in sede di eventuale contestazione, innanzi al giudice competente, della legittimità dell’eventuale diniego del provvedimento autorizzatorio, perché richiesto prima del decorso dei cinque anni, può aver ingresso la questione di legittimità costituzionale della norma che tale periodo prevede;

che, in conclusione, le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Bologna, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 3-ter, cod. strada, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., dal Tribunale di Bologna, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2021.