Sentenza n. 62 del 2021

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SENTENZA N. 62

ANNO 2021

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), promosso dal Giudice di pace di Genova nel procedimento vertente tra N.D. H. e la Prefettura di Genova, con ordinanza del 22 novembre 2019, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 marzo 2021 il Giudice relatore Stefano Petitti;

deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2021.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 22 novembre 2019, iscritta al reg. ord. n. 60 del 2020, il Giudice di pace di Genova ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella parte in cui non prevede un istituto o una prestazione che consenta alle persone incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, di poter beneficiare della riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, parimenti a quanto previsto per le ipotesi di cui alle successive lettere b) e c) dello stesso comma, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione e con l’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

2.– L’ordinanza di rimessione è stata pronunciata nel corso di un giudizio di cui all’art. 6 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), promosso da N.D. H. avverso un’ordinanza del Prefetto di Genova che ha irrogato nei suoi confronti la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per tre mesi in conseguenza della violazione dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, come modificato dall’art. 33, comma 1, lettera a), punto 1), della legge n. 120 del 2010.

2.1.– Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale del comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, in quanto, mentre esso prevede la possibilità di sostituire le pene stabilite dal comma 2, lettere b) e c), con il «lavoro di pubblica utilità», al cui svolgimento positivo consegue il beneficio della riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente di guida, nessun istituto analogo è contemplato per l’ipotesi di cui alla lettera a), più lieve e punita soltanto con sanzione amministrativa pecuniaria e sanzione accessoria della sospensione della patente.

2.2.– Ad avviso del Giudice di pace di Genova, la mancata previsione nel comma 9-bis di un istituto che consenta al trasgressore di ottenere il beneficio della riduzione alla metà del periodo di sospensione della patente di guida contrasterebbe con gli evocati parametri, perché «creerebbe diseguaglianza» tra le persone incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, e quelle incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettere b) e c), cod. strada. Le ipotesi più gravi di cui alle lettere b) e c), costituenti reato, consentono, invero, la possibilità di accedere all’istituto dei «lavori di pubblica utilità», con il conseguente beneficio di ottenere la riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, mentre al trasgressore della fattispecie di cui alla lettera a) non è permesso di servirsi dello stesso, o di analogo istituto o di analoga prestazione, per conseguire parimenti la riduzione della sospensione della patente di guida. Così si determinerebbe una disparità di trattamento sanzionatorio tra l’ipotesi più lieve e quelle più gravi della medesima condotta illecita: infatti, nel caso di cui alla lettera b), con l’esito positivo dello svolgimento dei lavori di pubblica utilità, la sospensione della patente potrebbe venire ridotta a tre mesi, nella stessa misura minima di sospensione prevista nel caso meno grave punito alla lettera a). Il rimettente esclude, peraltro, che il beneficio sia in relazione con il complesso delle sanzioni stabilite per le fattispecie di reato, in quanto la diversità tra le sanzioni penali e quella amministrativa dipende dalla differente qualificazione delle condotte che il legislatore ha voluto prevedere.

3.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni parzialmente inammissibili e, in subordine, non fondate.

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, innanzitutto il richiamo all’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è inidoneo a individuare un autonomo parametro di costituzionalità della disposizione censurata, trattandosi di fonte di diritto internazionale invocabile per il tramite del riferimento all’art. 117, primo comma, Cost.

Sarebbe poi palesemente infondata la denuncia per violazione dell’art. 3 Cost., in quanto la mancata previsione, nell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, di un istituto che consenta ai soggetti incorsi nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettera a), dello stesso codice, di ottenere il beneficio della riduzione alla metà della durata della sospensione della patente, non creerebbe alcuna irragionevole disparità di trattamento rispetto ai soggetti che siano invece incorsi nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettere b) e c), cod. strada, atteso che queste ultime sanzionano vere e proprie ipotesi di reato, e perciò consentono l’accesso all’istituto del lavoro di pubblica utilità, la cui applicazione comporta la fruizione del beneficio della riduzione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

Il Presidente del Consiglio dei ministri sottolinea infine l’eterogeneità delle condotte penalmente sanzionate rispetto a quella sanzionata solo in via amministrativa, apparendo ragionevole che solo con riferimento alle prime sia previsto un meccanismo premiale che consente al condannato, in caso di mancata opposizione al decreto penale di condanna, di beneficiare di una serie di effetti favorevoli, tra i quali la riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida.

Considerato in diritto

1.– Il Giudice di pace di Genova ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella parte in cui non prevede un istituto o una prestazione che consenta alle persone incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, di beneficiare della riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, parimenti a quanto previsto per le ipotesi di cui alle successive lettere b) e c) dello stesso comma, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione e con l’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

1.1.– Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata contrasterebbe con gli evocati parametri, in quanto «creerebbe diseguaglianza» tra le persone incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, e quelle incorse nella violazione dell’art. 186, comma 2, lettere b) e c), cod. strada. Soltanto le ipotesi più gravi di cui alle lettere b) e c), costituenti reato, consentono infatti di accedere all’istituto del lavoro di pubblica utilità, con il conseguente beneficio della riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, mentre al trasgressore della fattispecie di cui alla lettera a) non è permesso avvalersi dello stesso o di analogo istituto, o rendere analoga prestazione, per conseguire la riduzione della sospensione della patente di guida.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha eccepito l’inammissibilità della questione riferita all’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e comunque, in subordine, la non fondatezza delle questioni tutte.

3.– L’eccezione è fondata.

Il rimettente ha evocato l’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo come un riferimento immediato e non quale norma interposta in rapporto al primo comma dell’art. 117 Cost. A prescindere dalla questione se la Dichiarazione faccia sorgere o esprima veri e propri obblighi che vincolano gli Stati dal punto di vista del diritto internazionale, questa Corte ha più volte affermato che gli stessi trattati internazionali sui diritti umani, come la generalità del diritto internazionale pattizio, vincolano il potere legislativo statale e regionale ai sensi e nei limiti di cui all’art. 117, primo comma, Cost., secondo le note scansioni enucleate dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, potendo altrimenti essere utilizzati soltanto quali strumenti interpretativi delle corrispondenti garanzie costituzionali (sentenze n. 102 del 2020 e n. 120 del 2018).

4.– Anche la questione sollevata in riferimento all’art. 3 Cost. è inammissibile, sia per l’omessa ricostruzione del contesto normativo entro il quale la disposizione censurata è ricompresa, sia per la natura indebitamente manipolativa e creativa della pronuncia da lui richiesta.

4.1.– L’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, è stato introdotto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge n. 120 del 2010 nell’ambito di un intervento organico, modificativo delle disposizioni del codice della strada relative alla guida sotto l’influenza dell’alcool e in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti. Con tale intervento è stata, tra l’altro, depenalizzata l’ipotesi più lieve di guida in stato di ebbrezza disciplinata dall’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada; è stato innalzato da tre a sei mesi il minimo edittale della pena detentiva nel caso più grave di accertamento del tasso alcolemico; ed è stata, infine, prevista, al comma 9-bis, la possibilità per il giudice di sostituire, nei casi tuttora costituenti reato e sempre che la fattispecie non sia aggravata dal fatto di aver cagionato un incidente stradale, la pena detentiva e quella pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità: misura, questa, consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività, da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze. È stato poi previsto che, all’esito dello svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e revoca la confisca del veicolo sequestrato.

4.2.– La disciplina posta dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada è stata già oggetto di diverse pronunce di questa Corte.

L’ordinanza n. 247 del 2013 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., con riguardo alla scelta del legislatore di negare la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria irrogata per il reato di guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilità allorché la fattispecie risulti aggravata dal fatto di aver cagionato un incidente stradale, giacché spetta al legislatore fissare i limiti dell’applicazione delle sanzioni sostitutive.

E ancora, con la sentenza n. 198 del 2015, è stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame, censurata, in riferimento all’art. 3 Cost., laddove non prevede, per il caso di svolgimento con esito positivo del lavoro di pubblica utilità, che la riduzione alla metà della sanzione accessoria della sospensione della patente – già irrogata, con la sentenza di condanna, in misura doppia per essere risultato il veicolo, condotto in stato di ebbrezza, appartenente a terzi estranei al reato – possa essere operata senza tener conto dell’indicato raddoppio. In tale decisione si è rilevato che la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica utilità avvia una vera e propria procedura di tipo “premiale”, giacché, in considerazione degli esiti positivi della prestazione offerta dal soggetto condannato, il giudice assume nei confronti di quest’ultimo una serie di provvedimenti favorevoli, fra cui il dimezzamento della durata della sospensione della patente di guida (in tal senso, anche la sentenza n. 75 del 2020).

Al riguardo, si è evidenziato, peraltro, che, nel valutare la denunciata irragionevolezza del trattamento sanzionatorio riservato dalla legge alle due condotte poste in comparazione (la guida in stato di ebbrezza commessa dal proprietario del veicolo e quella avvenuta con veicolo di proprietà di terzi, cui si riferiscono, rispettivamente, la sospensione “semplice” e quella “raddoppiata”), occorreva un puntuale ragguaglio non soltanto delle posizioni “finali”, risultanti all’esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, ma anche delle sanzioni di partenza, diverse per ragioni obiettivamente rilevanti. Nella citata sentenza si è quindi precisato che la riduzione premiale del trattamento sanzionatorio trova giustificazione in una condotta diversa da quella illecita, e cioè nella efficace e diligente prestazione del lavoro di pubblica utilità, senza, però, che tale fattore di premialità possa di per sé condurre a ritenere omologabili sanzioni in origine ragionevolmente differenziate.

La sentenza n. 179 del 2020 ha, da ultimo, affermato che il lavoro di pubblica utilità, disposto quale sanzione sostitutiva per la contravvenzione di cui all’art. 186 cod. strada, «comporta per il condannato un percorso che implica lo svolgimento di un’attività in favore della collettività, e dunque esprime una meritevolezza maggiore – in caso di svolgimento positivo dell’attività – rispetto a quella espressa da chi si limiti a concordare la propria pena con il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di condanna, beneficiando per ciò stesso della non menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati». La stessa sentenza ha evidenziato come il positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità «testimonia il percorso rieducativo compiuto dal condannato».

5.– L’ordinanza del Giudice di pace di Genova, oltre a mancare di un’adeguata considerazione dell’articolato contesto normativo entro il quale la disposizione censurata è ricompresa, non ravvisa comunque alcuna irragionevolezza del trattamento sanzionatorio “di partenza” riservato dalla lettera a) del comma 2 dell’art. 186 cod. strada alla condotta della guida in stato di ebbrezza corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro (trattamento consistente nella sanzione amministrativa pecuniaria da euro 543 ad euro 2170, nonché nella sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi), in comparazione con le condotte sanzionate penalmente nelle lettere b) e c) dello stesso comma.

Il giudice a quo si duole, piuttosto, dell’incongruenza tra la posizione finale del trasgressore della fattispecie di cui alla lettera a), sanzionato in ogni caso con la sospensione della patente di guida da tre a sei mesi, e la posizione finale del trasgressore della più grave fattispecie punita alla lettera b), come risultante all’esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, che comporta, beneficiando della riduzione alla metà, una identica misura minima di tre mesi di sospensione della patente.

5.1.– Deve allora osservarsi che, ferma l’obiettiva diversità della rilevanza delle violazioni e delle correlate sanzioni di partenza stabilite per le differenti ipotesi previste dal comma 2 dell’art. 186 cod. strada, non può censurarsi l’incongruenza della misura della sospensione della patente fissata per l’illecito amministrativo di cui alla lettera a), utilizzando quale elemento di comparazione la misura della medesima sospensione che residua allorché alle sanzioni stabilite per le violazioni costituenti reato sia stata apportata la riduzione premiale che consegue soltanto all’efficace e diligente prestazione del lavoro di pubblica utilità, e dunque ad una condotta del tutto diversa da quella illecita.

5.2.– L’ordinanza di rimessione auspica, in sostanza, l’introduzione, anche per la condotta costituente illecito amministrativo, di un fattore di premialità comune a quello invece garantito per le condotte di rilevanza penale, addebitando alla irriducibilità della misura minima della sospensione della patente inflitta per la violazione di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 186 cod. strada, l’effetto censurabile di omologare tale sanzione a quella fissata per le condotte di rilevanza penale, sebbene in origine ragionevolmente differenziate.

Il giudice a quo non considera, tuttavia, che l’istituto delle sanzioni sostitutive, della cui mancata estensione all’ipotesi di illecito amministrativo previsto dall’art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada, egli si duole sia pure ai soli fini della riduzione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, trova attualmente la propria applicazione elettiva nell’ambito penale. La possibilità di sostituzione della pena, invero, è prevista per i soli illeciti penali e tra questi unicamente per quelli per i quali il legislatore stabilisce una pena detentiva, sola o congiunta ad una pena pecuniaria. Depongono in tal senso sia l’art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il quale prevede la sostituzione delle pene detentive brevi, sia, e soprattutto, l’art. 52 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), il quale, da un lato, dispone che ai reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti (comma 1), e, dall’altro, modula le sanzioni sostitutive – tra le quali il lavoro di pubblica utilità, che può essere applicato solo su richiesta dell’imputato – esclusivamente con riguardo alle pene detentive.

La procedura di tipo “premiale” disciplinata dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, non può, dunque, assumersi come tertium comparationis, né, tanto meno, come soluzione che possa applicarsi allo scopo di ridurre la misura della sospensione della patente conseguente alla violazione prevista dalla lettera a) del comma 2 dell’art. 186 cod. strada, giacché, come già da questa Corte affermato nei richiamati precedenti, essa ha un evidente carattere speciale, culmina nella irrogazione di una pena sostitutiva ed è intimamente correlata alla natura degli illeciti penali cui la misura accede. Pertanto, l’invocazione di una generalizzazione di tale fattore di premialità anche nella ipotesi che viene perseguita soltanto con sanzione amministrativa trascura la particolare finalità rieducativa che l’art. 186, comma 9-bis, cod. strada riconnette alla prestazione del lavoro di pubblica utilità in sostituzione della pena pecuniaria, sola o congiunta a quella detentiva.

5.3.– È costante, d’altra parte, nella giurisprudenza di questa Corte, l’orientamento per cui rientra nella discrezionalità del legislatore, sindacabile solo in caso di manifesta irragionevolezza o di arbitrarietà della scelta in concreto effettuata, la configurazione degli illeciti penali e amministrativi e la individuazione del relativo trattamento sanzionatorio, nonché degli istituti che possono incidere sulla determinazione in concreto della sanzione da applicare (ex plurimis, sentenze n. 212, n. 115, n. 112 e n. 88 del 2019).

Orbene, l’ordinanza del Giudice di pace di Genova sollecita una pronuncia additivo-manipolativa (finalizzata ad individuare un istituto o una prestazione che estenda il beneficio della riduzione della sospensione della patente), la quale sarebbe, peraltro, tanto penetrante quanto indeterminata nelle sue coordinate da invadere lo spazio riservato alla discrezionalità legislativa. Ciò, per costante giurisprudenza di questa Corte, preclude l’esame nel merito della questione, determinandone l’inammissibilità (ex plurimis, sentenze n. 153, n. 21 e n. 7 del 2020, n. 239 del 2019; ordinanza n. 261 del 2020).

6.– Alla luce delle considerazioni che precedono, le questioni devono essere dichiarate inammissibili.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione e all’art. 29, secondo comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, dal Giudice di pace di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2021.

F.to:

Giancarlo CORAGGIO, Presidente

Stefano PETITTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria l'8 aprile 2021.