Sentenza n. 251 del 2020

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SENTENZA N. 251

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

 

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 4 ottobre 2019, n. 34 (Provvedimenti urgenti per garantire l’erogazione dei servizi sanitari in ambito regionale), e, in particolare, degli artt. 1, 2, 3 e 4 della medesima legge, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 3-9 dicembre 2019, depositato in cancelleria il 10 dicembre 2019, iscritto al n. 113 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Udito nella udienza pubblica del 21 ottobre 2020 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

 

udito l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri;

 

deliberato nella camera di consiglio del 22 ottobre 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ricorso notificato il 3-9 dicembre 2019 e depositato in cancelleria il 10 dicembre 2019 (reg. ric. n. 113 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Calabria 4 ottobre 2019, n. 34 (Provvedimenti urgenti per garantire l’erogazione dei servizi sanitari in ambito regionale), in riferimento agli artt. 81 e 120, secondo comma, della Costituzione, nonché, in particolare, l’art. 1, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e gli artt. 2, 3 e 4, in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost.

 

Il ricorrente premette l’esposizione dei contenuti della legge regionale impugnata: l’art. 1 stabilisce: «[a]l fine di garantire il diritto alla salute e l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, per i contratti a tempo determinato o flessibile del personale che presta servizio presso le Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Calabria, compresi i rapporti di lavoro cessati nell’ultimo periodo, è disposto il rinnovo fino al 31 dicembre 2019»; l’art. 2 dispone: «[e]ntro il 31 dicembre 2019, sulla base dei fabbisogni di personale di ciascuna Azienda sanitaria e ospedaliera, gli organi competenti provvedono a concludere le procedure già avviate per l’assunzione a tempo indeterminato, nonché a procedere allo scorrimento delle graduatorie in corso di validità fino al loro esaurimento»; l’art. 3 prevede: «[s]ulla base dei propri fabbisogni di personale, ciascuna Azienda sanitaria e ospedaliera è autorizzata a concludere le procedure di internalizzazione secondo le norme ed i criteri contenuti nel Protocollo d’intesa di cui alla Delib. G.R. della Calabria numero 196 del 3 marzo 2008, recante: “Approvazione protocollo d’intesa per la stabilizzazione del personale precario del comparto e direttiva alle Aziende”, relativamente al personale già riqualificato quale operatore socio sanitario in virtù del medesimo Protocollo, nel rispetto della normativa vigente in materia»; infine l’art. 4 prevede che «[d]all’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale».

 

1.1.– Ad avviso del ricorrente le disposizioni recate dai predetti articoli, nonché l’intera legge regionale, in considerazione del suo carattere normativo omogeneo e della mancanza di copertura finanziaria del provvedimento normativo, presentano vari profili di illegittimità costituzionale.

 

In via preliminare la difesa dello Stato rappresenta che il 17 dicembre 2009 la Regione Calabria ha firmato l’Accordo per il piano di rientro dal disavanzo per la spesa sanitaria e, con delibera del Consiglio dei ministri del 30 luglio 2010, la Regione è stata commissariata ai sensi dell’art. 4, comma l, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222, in attuazione dell’art. 120, secondo comma, Cost.

 

Richiamata la sentenza n. 200 del 2019 della Corte costituzionale in tema di commissariamento del servizio sanitario della Regione Calabria, il ricorrente prosegue riferendo che «[c]on delibera del Consiglio dei Ministri del 19 luglio 2019 il gen. Saverio Cotticelli è stato riconfermato nell’incarico di Commissario ad acta per l’attuazione del vigente Piano di rientro dai disavanzi del SSR calabrese, con l’incarico prioritario di proseguire nell’attuazione dei Programmi operativi 2016-2018, nonché di tutti gli interventi necessari a garantire, in maniera uniforme sul territorio regionale, l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza, appropriatezza, sicurezza e qualità» e che rientra tra le prerogative del commissario la definizione degli interventi relativi al personale. Ciò in quanto il «punto 8 della lettera b) della delibera del Consiglio dei Ministri del 7 dicembre 2018, di nomina dell’attuale struttura commissariale, assegna al solo Commissario ad acta, e non anche al Presidente della Regione, il compito di razionalizzare e contenere la spesa del personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno in applicazione della normativa vigente in materia».

 

1.2.– Ad avviso del ricorrente le previsioni di cui agli artt. l, 2 e 3 della legge reg. Calabria n. 34 del 2019, nel disciplinare i rapporti di lavoro del personale sanitario regionale, violano, pertanto, l’art. 120, secondo comma, Cost., avendo la Corte costituzionale costantemente affermato che il divieto di interferenza con le funzioni commissariali si traduce in un «effetto interdittivo di qualsiasi disposizione incompatibile con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale (sentenza n. 51 del 2013), potendo essa intervenire in maniera disarmonica rispetto alle scelte commissariali e, dunque, indirettamente ostacolare l’unitarietà dell’intervento (sentenza n. 266 del 2016)» (è richiamata la sentenza n. 106 del 2017).

 

La difesa statale rappresenta, inoltre, che «nel corso della riunione di verifica del Piano di rientro del 10 agosto 2019», è emerso che «sull’anno 2019 si sta prospettando una grave situazione di disavanzo privo di copertura».

 

Ne consegue che, secondo il ricorrente, le disposizioni regionali sono, altresì, prive di copertura finanziaria e, pertanto, ledono l’art. 81, terzo comma, Cost., ai sensi del quale «[o]gni legge che importi nuovi o maggiori oneri deve provvedere ai mezzi per farvi fronte».

 

1.3.– In via subordinata, la difesa statale deduce che l’art. 1 della legge regionale impugnata, nel rinnovare ex lege, fino al 31 dicembre 2019, i contratti a tempo determinato o flessibile del personale che presta servizio presso le aziende sanitarie e ospedaliere della Regione, contrasta con la legislazione statale di riferimento ed invade così la materia dell’«ordinamento civile», riservata alla legislazione statale dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.

 

In particolare, la proroga generalizzata, peraltro estesa alla fattispecie non meglio precisata dei «rapporti di lavoro cessati nell’ultimo periodo», disposta dall’art. 1 della legge regionale impugnata, senza richiamare i necessari presupposti di temporaneità ed eccezionalità, da dimostrare nel caso concreto, è difforme dalle previsioni dell’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), che costituisce norma riconducibile alla materia dell’«ordinamento civile».

 

Sul punto, il ricorrente rappresenta che difatti «l’ordinamento statale, con le norme di cui al Capo III del decreto legislativo n. 81 del 2015 e con l’art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, stabilisce limiti puntuali alla possibilità di rinnovare i contratti a tempo determinato – ferme restando le deroghe previste per il personale sanitario di cui all’art. 29, comma 2, lett. c), del decreto legislativo n. 81 del 2015», sicché il rinnovo generalizzato dei predetti rapporti di lavoro disposti dall’intervento regionale in esame si pone in contrasto con le citate disposizioni statali.

 

1.4.– Per il ricorrente sono, inoltre, censurabili sia l’art. 2, il quale prevede che entro il 31 dicembre 2019 ciascuna azienda sanitaria e ospedaliera sia autorizzata a concludere le procedure di assunzione già avviate, procedendo allo scorrimento delle graduatorie in corso di validità, sia l’art. 3, che autorizza ciascuna azienda sanitaria e ospedaliera a concludere le procedure di internalizzazione nel generico e non circostanziato rispetto della normativa vigente in materia. Ciò in quanto tali articoli della legge regionale impugnata, «laddove non richiamano il rispetto delle facoltà assunzionali legittimamente esercitabili e non individuano la relativa copertura finanziaria, si pongono in contrasto con la normativa statale che regola la materia, determinando una lesione dell’articolo 81 Cost. – tenuto conto della non esaustività della clausola di invarianza di cui all’articolo 4 della legge regionale in parola – e dell’articolo 117, terzo comma, Cost. che reca i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica».

 

2.– La Regione Calabria non si è costituita.

 

Considerato in diritto

 

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della Regione Calabria 4 ottobre 2019, n. 34 (Provvedimenti urgenti per garantire l’erogazione dei servizi sanitari in ambito regionale), in riferimento agli artt. 81 e 120, secondo comma, della Costituzione, nonché, in particolare, l’art. 1, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e gli artt. 2, 3 e 4, in riferimento agli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost.

 

Il ricorrente dubita della legittimità costituzionale dell’intera legge regionale, atteso il suo carattere normativo omogeneo e la mancanza di copertura finanziaria, nonché delle sue singole disposizioni.

 

In via preliminare e generale, il ricorrente assume che la legge regionale, nel suo complesso, viola l’art. 120, secondo comma, e l’art. 81 Cost., in quanto la Regione Calabria, avendo firmato l’accordo per il piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario ed essendo stata commissariata, non può adottare in materia di personale disposizioni che interferiscano con il compito assegnato al commissario di «razionalizzare e contenere la spesa del personale in coerenza con l’effettivo fabbisogno in applicazione della normativa vigente in materia», determinando effetti incompatibili con gli impegni assunti ai fini del risanamento economico-finanziario del disavanzo sanitario regionale, nonché prive, comunque, di copertura.

 

In via subordinata il ricorrente propone due censure, rispettivamente riferite all’art. 1 e agli artt. 2 e 3 della legge regionale impugnata.

 

Relativamente alla disposizione recata dall’art. 1, il ricorrente ne eccepisce il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto la previsione regionale – nel disporre il rinnovo fino al 31 dicembre 2019 del contratto a tempo determinato flessibile del personale che presta servizio presso le aziende sanitarie ospedaliere regionali, compresi i rapporti di lavoro cessati nell’ultimo periodo – invaderebbe la competenza statale in materia di «ordinamento civile», contrastando con le previsioni dell’art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), in materia di rapporto di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni.

 

Infine, riguardo all’art. 2 – che prevede che entro il 31 dicembre 2019 ciascuna azienda sanitaria e ospedaliera regionale sia autorizzata a concludere le procedure di assunzione di personale a tempo indeterminato, nonché a procedere allo scorrimento delle graduatorie in corso di validità fino al loro esaurimento – e all’art. 3 – che autorizza tali aziende a concludere le procedure per la stabilizzazione del personale precario – il ricorrente assume che tali disposizioni comportino la violazione degli artt. 81 e 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.

 

2.– Le questioni promosse nei confronti dei singoli articoli della legge regionale impugnata sono fondate.

 

Sebbene, in via principale, il ricorrente prospetti la violazione dell’art. 120, secondo comma, Cost., in ragione del contrasto dell’intervento normativo impugnato con il commissariamento del settore sanitario regionale, tale violazione, a ben vedere, verrebbe in evidenza solo qualora le singole disposizioni risultassero ascrivibili alla competenza regionale, il cui legittimo esercizio risulti, pertanto, temporaneamente impedito dal commissariamento.

 

Nel caso di specie, invece, tale evenienza non si realizza poiché le misure previste dai singoli articoli della legge regionale impugnata risultano eccedere, per i profili rispettivamente prospettati dal ricorrente, l’ambito di competenza della Regione Calabria, nonché violare l’art. 81 Cost.

 

2.1.– È innanzitutto fondata la dedotta lesione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. ad opera della disposizione dettata dall’art. 1 della legge regionale impugnata.

 

Questa Corte ha ripetutamente ricondotto alla competenza esclusiva del legislatore statale in materia di «ordinamento civile» la disciplina del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato (ex plurimis, sentenze n. 231 e n. 72 del 2017) quale è quello del personale del servizio sanitario nazionale-regionale. In tale contesto è stato evidenziato il ruolo essenziale riconosciuto dal legislatore all’autonomia collettiva nel regolarne aspetti salienti (ex plurimis, sentenze n. 257 del 2016 e n. 178 del 2015), attraverso la dialettica fra fonte normativa e fonte contrattuale.

 

Nella fattispecie oggetto del ricorso assume rilievo quanto stabilito dall’art. 36 (Personale a tempo determinato o assunto con forme di lavoro flessibile) del d.lgs. n. 165 del 2001, evocato dal ricorrente come parametro interposto.

 

Il predetto articolo stabilisce limiti e modalità con cui le pubbliche amministrazioni possono ricorrere a tali tipologie contrattuali di lavoro, nel rispetto della normativa dettata in materia di rapporto di lavoro nel settore privato o di quelle specifiche settoriali, prevedendo comunque che tali contratti possono essere stipulati «soltanto per comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e modalità di reclutamento stabilite dall’articolo 35» del medesimo decreto legislativo.

 

Inoltre, l’art. 36 demanda ai contratti collettivi nazionali di lavoro la definizione di aspetti e profili della disciplina in materia. Nella fattispecie, è il Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità, periodo 2016-2018 (in attesa di rinnovo) a dettare al Titolo V disposizioni in ordine alle tipologie flessibili del rapporto di lavoro nel settore.

 

Atteso tale quadro normativo, risulta evidente la violazione da parte della disposizione regionale della competenza statale in materia di «ordinamento civile».

 

In particolare, la disposizione impugnata, nel disporre il rinnovo fino al 31 dicembre 2019 dei contratti flessibili del personale sanitario e perfino la reviviscenza di rapporti di lavoro già cessati, non correla, come previsto dalla disposizione statale, il ricorso ai contratti flessibili a reali esigenze eccezionali e straordinarie. In questo modo il ricorso alle tipologie contrattuali in esame si risolve in una modalità volta a sopperire a carenze di organico del settore sanitario, alle quali, invece, si deve far fronte attraverso le forme di reclutamento di personale previste dal legislatore nazionale per la pubblica amministrazione (ex plurimis, sentenza n. 217 del 2012).

 

2.2.– Parimenti fondata è la questione promossa in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., per lesione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, nei confronti delle disposizioni recate dagli artt. 2 e 3 della impugnata legge reg. Calabria n. 34 del 2019, concernenti, rispettivamente, la conclusione da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere regionali delle procedure di assunzione di personale a tempo indeterminato e di quelle di internalizzazione del personale precario del comparto.

 

Questa Corte ha riconosciuto come principi di coordinamento della finanza pubblica le disposizioni statali che stabiliscono limiti e vincoli al reclutamento del personale delle amministrazioni pubbliche ovvero relative alla stabilizzazione del personale precario, in quanto incidono sul rilevante aggregato di finanza pubblica costituito dalla spesa per il personale (ex plurimis, sentenze n. 1 del 2018, n. 277 del 2013, n. 148 e n. 139 del 2012; con la sentenza n. 18 del 2013 era già stata dichiarata l’illegittimità di disposizioni della stessa Regione Calabria in materia di stabilizzazione di personale precario del servizio sanitario).

 

Come rilevato dalla difesa statale, gli artt. 2 e 3 della legge impugnata non prevedono il puntuale rispetto delle disposizioni statali in materia, poiché nell’art. 2 manca in proposito qualsiasi riferimento, mentre l’art. 3 si limita a un generico e insoddisfacente richiamo «al rispetto della normativa vigente in materia».

 

2.3.– In ogni caso gli interventi previsti dalle disposizioni della legge regionale impugnata ledono il parametro dell’art. 81 Cost., stante la inidoneità della clausola finanziaria complessivamente posta dall’art. 4 della legge regionale, secondo cui dalla sua attuazione «non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale».

 

Difatti, la previsione dell’art. 4 della legge regionale impugnata, nel risultare meramente assertiva e apodittica, si risolve in una clausola di stile.

 

Invero, le misure previste comportano, ex se, effetti finanziari in termini di spesa per il personale, mentre mancano elementi dimostrativi della dedotta invarianza di spesa per il bilancio regionale.

 

Del resto, il ricorrente ha rappresentato che i tavoli di monitoraggio per la verifica del piano di rientro dal disavanzo finanziario del settore sanitario regionale hanno confermato la presenza di un deficit non coperto per l’anno 2018 e prospettato anche per l’anno 2019 una grave situazione di disavanzo.

 

3.– L’acclarata illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 34 del 2019 per violazione della competenza statale in materia di «ordinamento civile» e degli artt. 2 e 3 per incoerenza con i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e per assenza di idonea copertura finanziaria, nel comportare l’assorbimento della censura sollevata in riferimento all’art. 120, secondo comma, Cost., conduce a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’intera legge impugnata.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 4 ottobre 2019, n. 34 (Provvedimenti urgenti per garantire l’erogazione dei servizi sanitari in ambito regionale).

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2020.

 

F.to:

 

Mario Rosario MORELLI, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Filomena PERRONE, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2020.