Sentenza n. 163 del 2020

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SENTENZA N. 163

 

ANNO 2020

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 31 maggio 2019, n. 16 (Interpretazione autentica dell’articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 2-7 agosto 2019, depositato in cancelleria il 6 agosto 2019, iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Calabria;

 

udito il Giudice relatore Aldo Carosi ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 19 maggio 2020;

 

deliberato nella camera di consiglio del 19 maggio 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 31 maggio 2019, n. 16 (Interpretazione autentica dell’articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11), in riferimento agli artt. 81, 97 [recte: 97, secondo comma] e 117, terzo comma, della Costituzione.

 

La citata legge regionale dispone che l’art. 1 della precedente legge della Regione Calabria 27 aprile 2015, n. 11, recante «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2015)», «si interpreta nel senso che esso non si applica alle società “in house providing” e alle società controllate, direttamente o indirettamente, dalla Regione Calabria o dai propri enti strumentali che operano prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale» (art. 1); che «[p]er le società di cui all’articolo 1 la Regione Calabria applica esclusivamente le disposizioni normative statali in materia, con particolare riferimento all’articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica)» (art. 2); che «[d]all’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale» (art. 3) e che «[l]a presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale telematico della Regione Calabria» (art. 4).

 

Secondo il ricorrente, la normativa denunciata, senza che sussistesse alcun dubbio interpretativo da chiarire, avrebbe sottratto retroattivamente le società regionali operanti prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale all’applicazione delle misure di contenimento della spesa previste dall’art. 1 della legge reg. Calabria n. 11 del 2015, limitandosi a prescrivere, peraltro soltanto pro futuro, la sola applicazione dell’art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).

 

In tal modo, oltre all’incertezza circa la disciplina da applicare e la sorte dei provvedimenti adottati nel periodo in cui la disposizione oggetto di pretesa interpretazione vigeva nella sua portata più ampia, in contrasto con il principio di buon andamento dell’amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.), si produrrebbero effetti negativi sul bilancio regionale, per l’insorgenza di oneri, non esattamente quantificabili, privi di copertura, in violazione dell’art. 81 Cost., nonché la lesione dei principi di coordinamento della finanza pubblica volti al contenimento della spesa, in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., senza che a tali vulnera possa ovviare la clausola di invarianza finanziaria prevista dall’art. 3 della legge regionale impugnata.

 

2.– Si è costituita in giudizio la Regione Calabria, deducendo l’infondatezza delle censure formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

La resistente sostiene che la legge impugnata avrebbe effettivamente natura interpretativa, in quanto intenderebbe precisare l’ambito applicativo dell’art. 1 della legge reg. Calabria n. 11 del 2015, escludendone le società del settore del trasporto pubblico locale in ragione della loro specificità, mal conciliabile, fin dall’origine, con l’assoggettamento alle previste misure di contenimento della spesa, stante l’esigenza di realizzare un ottimale rapporto tra costi di servizio e ricavi da traffico, al netto dei costi delle infrastrutture. Proprio in ragione di ciò il settore in questione, da un lato, riceverebbe specifica disciplina a livello europeo – da parte del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 –, a livello nazionale – da parte del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135 – e a livello regionale – a opera della legge della Regione Calabria 31 dicembre 2015, n. 35 (Norme per i servizi di trasporto pubblico locale) – e, dall’altro, sarebbe in larga misura finanziato da un apposito fondo statale, istituito dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)». Il complesso normativo evocato concilierebbe, in relazione alle specificità di settore, l’efficienza e la funzionalità del servizio e dei soggetti chiamati a renderlo con le esigenze di contenimento della spesa, giustificando l’adozione della norma di interpretazione autentica, priva di efficacia innovativa.

 

Ad avviso della resistente, inoltre, nessun dubbio sussisterebbe circa la disciplina applicabile, da identificarsi nel d.lgs. n. 175 del 2016 e, per il periodo anteriore alla sua entrata in vigore, in quella precedentemente vigente, con il che andrebbero fugati anche i dubbi circa la generazione di maggiori oneri finanziari capaci di incidere negativamente sul bilancio regionale, considerando altresì che i servizi di trasporto pubblico locale risulterebbero ampiamente finanziati dal fondo statale.

 

Alla stregua delle considerazioni che precedono, nessun vulnus deriverebbe dalla legge impugnata ai parametri evocati dal ricorrente, onde l’infondatezza delle questioni proposte.

 

Considerato in diritto

 

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 31 maggio 2019, n. 16 (Interpretazione autentica dell’articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11), in riferimento agli articoli 81, 97 [recte: 97, secondo comma] e 117, terzo comma, della Costituzione.

 

La citata legge regionale dispone che l’art. 1 della precedente legge della Regione Calabria 27 aprile 2015, n. 11, recante «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2015)», si interpreti nel senso che esso non si applica alle società “in house providing” e alle società controllate, direttamente o indirettamente, dalla Regione Calabria o dai suoi enti strumentali che operano prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale (art. 1), trovando applicazione, ai sensi dell’art. 2, solo le disposizioni normative statali in materia, con particolare riferimento all’art. 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica); ciò senza nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale (art. 3) e con entrata in vigore dal giorno successivo a quello di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale telematico della Regione (art. 4).

 

Secondo il ricorrente, la normativa denunciata avrebbe sottratto retroattivamente le società regionali operanti prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale all’applicazione delle misure di contenimento della spesa precedentemente previste dalla legge reg. Calabria n 11 del 2015. In tal modo, oltre all’incertezza circa la disciplina operante e la sorte dei provvedimenti adottati nel periodo in cui la disposizione oggetto di pretesa interpretazione vigeva nella sua portata più ampia, in violazione del principio di buon andamento dell’amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.), si produrrebbero effetti negativi sul bilancio regionale, per l’insorgenza di oneri, non esattamente quantificabili, privi di copertura, in contrasto con l’art. 81 Cost., nonché la lesione dei principi di coordinamento della finanza pubblica espressi dalla legislazione nazionale e volti al contenimento della spesa, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

 

2.– Con generale riferimento alle «società “in house providing” e [al]le società controllate, direttamente o indirettamente, dalla Regione o dai propri enti strumentali», l’art. 1 della legge reg. Calabria n. 11 del 2015 – più volte modificato, in particolare negli anni 2015 e 2016 – prevede, al comma 1, che la Regione eserciti i poteri di socio attribuitile dalla normativa vigente nel senso di ridurre, a partire dall’esercizio 2015, una serie di costi, di personale (lettera a) e di funzionamento (lettera b). Tali riduzioni, originariamente da realizzare in una percentuale compresa tra il dieci e il trenta per cento, secondo le linee di indirizzo dettate dalla Giunta regionale tenendo conto delle iniziative adottate negli esercizi precedenti (commi 2 e 4), dovevano comunque avvenire «immediatamente» nella misura minima del dieci per cento rispetto ai costi sostenuti nel 2014 o, comunque, ai minori costi consentiti per l’anno 2014 (comma 3). Le mancate riduzioni costituiscono motivo di revoca dei soggetti nominati dalla Regione nell’ambito della società (comma 6), chiamati altresì a operare, «di concerto con i Dipartimenti vigilanti, affinché il riordino societario contenuto nel “Piano operativo di razionalizzazione delle società e partecipazioni societarie regionali”, approvato con la deliberazione della Giunta regionale n. 89 del 31 marzo 2015, sia attuato entro il 31 marzo 2016» (comma 14), sempre a pena di revoca (comma 15), relazionando alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti sui risultati conseguiti dal piano (comma 14-bis). Sono inoltre previste misure volte a fronteggiare il caso di bilanci in perdita, sia imponendo la predisposizione di un piano di sostenibilità economica che miri a verificare tempi e modalità del raggiungimento dell’equilibrio, frattanto preclusivo di ulteriori incrementi dei costi di personale e di funzionamento (commi 8 e 9), sia rimuovendo i rappresentanti regionali negli organi di amministrazione in caso di tre bilanci di esercizio con risultati negativi (comma 10). Alcune disposizioni, infine, si occupano delle società in liquidazione, sostanzialmente prevedendo misure finalizzate alla conclusione della procedura (commi 12 e 13).

 

L’art. 1 della legge regionale impugnata esclude le società operanti prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale dall’ambito applicativo del citato art. 1 della legge reg. Calabria n. 11 del 2015, sottraendole a tale disciplina in via retroattiva, come risulta sia dal preteso carattere interpretativo della disposizione sia dai lavori preparatori, laddove, per ragioni di asserita incompatibilità, emerge inequivocabilmente l’intenzione di inibire fin dall’origine l’applicazione delle previste misure di spending review alle società del settore dei trasporti pubblici locali.

 

3.– Tanto premesso, non costituisce ragione d’inammissibilità delle questioni la circostanza che l’impugnazione riguardi l’intera legge regionale, atteso che essa, composta di soli quattro articoli, reca una disciplina omogenea, precedentemente descritta, tutta coinvolta nelle censure (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2020 e n. 247 del 2018).

 

È inammissibile, invece la censura formulata in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., relativa al riparto delle competenze tra Stato e Regioni e pregiudiziale, sotto il profilo logico-giuridico, rispetto a quelle che investono i contenuti delle scelte legislative concretamente operate (ex plurimis, sentenza n. 114 del 2017).

 

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, «laddove lo Stato denunci la violazione dei limiti di una potestà legislativa concorrente, è onere del ricorrente indicare specificamente la disposizione statale che ritiene violata, ed in particolare il principio fondamentale asseritamente leso» (ex plurimis, sentenze n. 143 del 2020 e n. 122 del 2018).

 

Nella fattispecie, nonostante l’evidente finalità di contenimento della spesa perseguita dalla legge reg. Calabria n. 11 del 2015 – incisa, con riguardo alle società operanti prevalentemente nel settore del trasporto pubblico locale, da quella impugnata – tale onere non risulta assolto, atteso che il ricorrente si limita a denunciare genericamente il «contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica», senza provvedere alla relativa identificazione. Di qui l’inammissibilità della questione.

 

4.– La questione promossa nei confronti dell’intera legge reg. Calabria n. 16 del 2019 è fondata in riferimento all’art. 81 Cost.

 

Il ricorrente lamenta che, sottraendo retroattivamente le società regionali operanti prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale all’applicazione delle misure di contenimento della spesa previste dall’art. 1 della legge reg. Calabria n. 11 del 2015, la normativa denunciata produrrebbe a carico del bilancio regionale l’insorgenza di oneri, non esattamente quantificabili, privi di copertura.

 

Va in proposito evidenziato che la disciplina di finanziamento del trasporto pubblico locale prevede il concorso di diverse fonti: risorse proprie della Regione e risorse trasferite.

 

Più in particolare, l’art. 21, comma 1, della legge della Regione Calabria 31 dicembre 2015, n. 35 (Norme per i servizi di trasporto pubblico locale) stabilisce che le risorse finanziarie per l’esecuzione dei servizi di trasporto pubblico locale sono garantite dal bilancio regionale e degli enti locali e dal fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale di cui all’art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, come sostituito dall’art. 1, comma 301, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)». Tale fondo è stato istituito a decorrere dall’anno 2013 per realizzare il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario ed è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina (art. 16-bis, comma 1, del d.l. n. 95 del 2012).

 

Essendo previsto il concorso di risorse della Regione e di risorse trasferite dal fondo statale, si deve ritenere che i minori costi determinati dalle misure di contenimento previste dall’art. 1 della legge reg. Calabria n. 11 del 2015 fossero inevitabilmente destinati a riverberarsi sul bilancio regionale, parzialmente sgravandolo del relativo onere. Ciò anche tenuto conto che quello statale ha funzione di «sostegno ed integrazione» delle risorse regionali (sentenze n. 74 del 2019, n. 78 del 2018 e n. 211 del 2016), ai fini di un «limitato concorso» alle spese per il finanziamento (sentenza n. 273 del 2013).

 

Se, dunque, le riduzioni di spesa previste dalla legge reg. Calabria n. 11 del 2015 rappresentavano un risparmio per la Regione, la loro parziale rimozione retroattiva prevista dalle disposizioni impugnate non può che costituire un maggior onere finanziario rispetto a quello legittimamente sussistente al momento in cui la normativa in esame è intervenuta. È costante l’orientamento di questa Corte, secondo cui «[l]a mancanza o l’esistenza di un onere si desume dall’oggetto della legge e dal contenuto di essa» (ex plurimis, sentenza n. 224 del 2014).

 

Occorre al riguardo rammentare che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 17 e 19, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) – disposizioni specificative dell’art. 81, terzo comma, Cost. (ex plurimis, sentenze n. 147 e n. 5 del 2018) – le Regioni sono tenute a indicare la copertura finanziaria delle leggi che prevedano nuovi o maggiori oneri a carico della loro finanza, utilizzando le metodologie di copertura specificamente previste. Quello di tener conto di tali oneri è un corollario del principio secondo cui l’«art. 81 Cost. impone che, ogniqualvolta si introduca una previsione legislativa che possa, anche solo in via ipotetica, determinare nuove spese, occorr[e] sempre indicare i mezzi per farvi fronte» (sentenza n. 307 del 2013). Nel caso di specie – a invarianza della spesa già consolidata – la norma ne ha ridotto retroattivamente la copertura. Risulta pertanto intrinsecamente pregiudizievole dell’equilibrio economico-finanziario.

 

Se, da un lato, la legge comprova il difetto di copertura, dall’altro, la disposizione dell’art. 3 (Clausola di invarianza finanziaria), ai sensi della quale «[d]all’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale», rende evidente «l’“irrazionalità” che la costante giurisprudenza di questa Corte individua come qualificazione primaria del difetto di copertura», ravvisabile quando in sede normativa si statuisca – in contrasto con gli elementari canoni dell’esperienza – che da un’iniziativa legislativa latrice di oneri non derivi la correlata necessità di una loro copertura (sentenza n. 227 del 2019).

 

Risulta pertanto ovvio che l’esplicita previsione di neutralità finanziaria non esclude la violazione del parametro evocato, tanto che, in varie occasioni, «sono state censurate leggi che prevedevano una clausola di invarianza ma, al contempo, contraddittoriamente introducevano nuovi oneri a carico dell’amministrazione […]. In particolare, allorché sono stati disposti interventi inevitabilmente onerosi, senza che né nella legge né altrove si fosse data alcuna spiegazione in merito alle spese e alla loro copertura, questa Corte è stata dell’avviso che la previsione dell’assenza di oneri aggiuntivi costituisse “una mera clausola di stile, priva di sostanza”» (sentenza n. 5 del 2018).

 

Alla stregua delle ragioni che precedono, la questione di legittimità costituzionale della legge reg. Calabria n. 16 del 2019 promossa in riferimento all’art. 81 Cost. è fondata e va integralmente accolta.

 

Restano assorbite le ulteriori censure proposte dal ricorrente.

 

PER QUESTI MOTIVI 

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 31 maggio 2019, n. 16 (Interpretazione autentica dell’articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11);

 

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale della legge reg. Calabria n. 16 del 2019, promossa, in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Aldo CAROSI, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2020.