Sentenza n. 53 del 2020

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SENTENZA N. 53

ANNO 2020

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

Presidente: Marta CARTABIA;

 

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia 18 dicembre 2018, n. 66 (Disposizioni sul servizio di pronto soccorso e di continuità assistenziale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 18-21 febbraio 2019, depositato in cancelleria il 20 febbraio 2019, iscritto al n. 29 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 2019.

 

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

 

udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2020 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

 

uditi l’avvocato dello Stato Diana Ranucci per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Isabella Fornelli per la Regione Puglia;

 

deliberato nella camera di consiglio dell’11 febbraio 2020.

 

Ritenuto in fatto

 

1.– Con ricorso notificato il 18-21 febbraio 2019 e depositato il 20 febbraio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia 18 dicembre 2018, n. 66 (Disposizioni sul servizio di pronto soccorso e di continuità assistenziale).

 

Più precisamente, ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, che stabilisce che «presso tutti i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, in adiacenza a quest’ultimo, è collocata una sede del servizio di continuità assistenziale, cui compete la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticità», si pone in contrasto con gli artt. 62 e 67 dell’Accordo collettivo nazionale (ACN) del 23 marzo 2005, recante la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche, che disciplinano le funzioni del medico di continuità assistenziale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., alla quale è riconducibile la contrattazione collettiva in materia.

 

2.– In data 29 marzo 2019 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, sostenendo che le osservazioni avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri sono inammissibili e, in ogni caso, non fondate.

 

2.1.– La difesa regionale sostiene, preliminarmente, l’inammissibilità del ricorso, sulla base dell’assunto che la norma impugnata non abbia una autonoma portata precettiva, costituendo una semplice norma di programmazione generale che si limita a prevedere interventi di ordine organizzativo tesi a perseguire l’obiettivo del miglioramento dell’erogazione del servizio sanitario relativo alla gestione degli interventi di pronto soccorso.

 

Da ciò deriverebbe, a parere della resistente, che la norma non avrebbe la capacità di ledere, per sé stessa, la sfera della competenza statale, con il conseguente difetto dei requisiti di concretezza ed attualità che devono necessariamente connotare l’interesse ad agire del ricorrente.

 

2.2.– Sotto altro profilo e sempre in via preliminare, la Regione Puglia eccepisce anche l’inammissibilità del ricorso per l’erronea individuazione da parte del ricorrente del parametro costituzionale ritenuto leso.

 

La norma impugnata, difatti, afferendo all’organizzazione del servizio di continuità assistenziale, dovrebbe essere ricondotta, ad avviso della resistente, all’organizzazione del Servizio sanitario regionale, parte integrante della materia di legislazione concorrente «tutela della salute» di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost., in cui spetta allo Stato la fissazione dei principi fondamentali, mentre alle Regioni compete dettare la disciplina attuativa di tali principi, e non alla materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., come sostenuto dal ricorrente.

 

Secondo la difesa regionale, in altri termini, come si può evincere dalla costante giurisprudenza di questa Corte, allorquando la norma impugnata incida contestualmente su una pluralità di materie, occorre utilizzare il criterio che tende a valorizzare «l’appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre» (così sentenza n. 50 del 2007), per cui nel caso in esame l’ambito materiale prevalente dovrebbe ritenersi quello della «tutela della salute» di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.

 

2.3.– Ad avviso della Regione Puglia, l’impugnativa è, in ogni caso, non fondata nel merito.

 

A parere della resistente, infatti, anche se si volesse ricondurre la norma impugnata nell’ambito della materia «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., di esclusiva competenza statale, non verrebbe comunque meno la facoltà del legislatore regionale di demandare alla Giunta e alle strutture amministrative regionali l’adozione di attività volte ad una più efficiente organizzazione del Servizio sanitario regionale.

 

In questo senso, anzi, la disposizione regionale impugnata si sarebbe limitata a recepire un principio già espresso, proprio a livello di contrattazione nazionale, nell’art. 5 dell’ACN del 23 marzo 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, così come integrato dal successivo ACN del 29 luglio 2009, recante «Obiettivi di carattere generale» e secondo cui «[l]e Regioni e le Organizzazioni sindacali, concordano la realizzazione di alcuni fondamentali obiettivi quali: [...] b) realizzare nel territorio la continuità dell’assistenza, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, nel concetto più ampio della presa in carico dell’utente. Dovranno essere definiti i compiti, le funzioni e le relazioni tra le figure convenzionate impegnate, partendo dalla valorizzazione dei servizi di continuità assistenziale e di emergenza territoriale» e, inoltre, già positivamente valutato anche nell’Accordo del 7 febbraio 2013, ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento recante «[l]inee di indirizzo per la riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza in rapporto alla continuità assistenziale».

 

Ad avviso della difesa regionale, inoltre, la circostanza, evidenziata dallo stesso ricorrente, che il comma 5 dell’art. 62 dell’ACN del 23 marzo 2005, per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, stabilisca che «[n]ell’ambito degli accordi regionali, i medici incaricati di espletare il servizio di continuità assistenziale in uno specifico ambito territoriale, possono essere organizzati secondo modelli adeguati a facilitare le attività istituzionali e l’integrazione tra le diverse funzioni territoriali», confermerebbe la facoltà del legislatore regionale di poter avviare iniziative programmatiche, demandando alla Giunta l’adozione degli atti di attuazione.

 

Da ciò deriverebbe che la disposizione impugnata sarebbe intervenuta in un ambito già contemplato dalla contrattazione nazionale, ma senza sovrapporsi in alcun modo alla stessa e limitandosi a dettare una disciplina meramente programmatica.

 

3.– La Regione ha depositato una memoria integrativa il 16 gennaio 2020.

 

In essa richiama e produce gli atti preparatori della legge impugnata, ribadendo che non sussiste alcuna lesione di competenza statale, in quanto la norma impugnata avrebbe un contenuto meramente «programmatico», in cui sono demandati alla Giunta regionale l’adozione delle misure concrete, da assumere nel rispetto delle competenze statali.

 

4.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, l’Avvocatura generale dello Stato ha ulteriormente precisato gli argomenti posti a fondamento dell’impugnazione e contestato le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla Regione Puglia.

 

Considerato in diritto

 

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia 18 dicembre 2018, n. 66 (Disposizioni sul servizio di pronto soccorso e di continuità assistenziale), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

 

Ad avviso del ricorrente la disposizione impugnata, che stabilisce che «presso tutti i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, in adiacenza a quest’ultimo, è collocata una sede del servizio di continuità assistenziale, cui compete la gestione delle richieste di pronto soccorso caratterizzate da bassa criticità», si pone in contrasto con gli artt. 62 e 67 dell’Accordo collettivo nazionale (ACN) del 23 marzo 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale ai sensi dell’art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421) e successive modifiche, che disciplinano le funzioni del medico di continuità assistenziale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., alla quale è riconducibile la contrattazione collettiva in materia.

 

2.– Preliminarmente, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale.

 

2.1.– La Regione ha eccepito, in primo luogo, l’inammissibilità del ricorso sostenendo che la norma impugnata sarebbe priva di una propria e autonoma forza precettiva e, in quanto tale, non avrebbe la capacità di ledere, per se stessa, la sfera della competenza statale.

 

La disposizione impugnata, nonostante l’art. 3 della legge reg. Puglia n. 66 del 2018, qualifichi la legge medesima come «atto di programmazione generale, cui faranno seguito provvedimenti amministrativi a cura della competente struttura regionale», non può ritenersi priva di «una propria e autonoma forza precettiva o, se si preferisce, di quel carattere innovativo che si suole considerare proprio degli atti normativi» (sentenza n. 346 del 2010), in quanto impegna le strutture regionali competenti ad adottare le misure necessarie ai fini della costituzione in Puglia di sedi del servizio di continuità assistenziale presso tutti i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso.

 

Pertanto, l’eccezione non può essere accolta.

 

2.2.– Non merita accoglimento neppure l’ulteriore eccezione sollevata dalla Regione, secondo la quale il ricorso proposto sarebbe inammissibile per l’erronea individuazione del parametro costituzionale ritenuto leso, avendo il ricorrente impugnato la norma per la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in materia di ordinamento civile, anziché dell’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela della salute.

 

Questa Corte ha infatti più volte ripetuto che l’esatta qualificazione del titolo di competenza a cui ascrivere la disciplina impugnata attiene al merito della questione (da ultima sentenza n. 147 del 2019), e dunque l’eventuale erronea indicazione del parametro costituzionale non può essere causa di inammissibilità della questione.

 

3.– Nel merito la questione non è fondata.

 

3.1.– Il servizio di continuità assistenziale (già guardia medica) costituisce una articolazione della medicina generale, e si configura come uno specifico livello essenziale di assistenza, in quanto ha la funzione di garantire a tutti i cittadini, nell’ambito territoriale di competenza del presidio sanitario, l’assistenza svolta dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta nelle ore in cui il servizio non è da essi assicurato (sentenza n. 157 del 2019).

 

La prestazione è resa da medici che sono, al pari degli altri medici di medicina generale, in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale (SSN) e con la competente azienda sanitaria locale.

 

La Corte di cassazione ha ripetutamente affermato che il rapporto convenzionale dei medici di medicina generale costituisce un rapporto privatistico di lavoro autonomo di tipo professionale con la pubblica amministrazione, regolato da specifici accordi collettivi, come già previsto dall’art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale).

 

3.2.– La difesa del Presidente del Consiglio dei ministri censura la norma impugnata sotto il profilo della violazione della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., sul presupposto che anche norme di carattere essenzialmente organizzativo verrebbero ad assumere uno specifico rilievo nell’ambito del diritto civile, in quanto contenute in un accordo collettivo.

 

Ora, ai sensi dell’art. 8 del d.lgs. n. 502 del 1992, il rapporto tra i medici di medicina generale (tra cui rientrano anche quelli di continuità assistenziale) e il SSN è disciplinato da apposite convenzioni triennali conformi agli accordi collettivi nazionali che le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative negoziano ai sensi dell’art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), come sostituito dall’art. 52, comma 27, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)».

 

Tale ultima norma stabilisce, però, che «[c]on accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è disciplinato il procedimento di contrattazione collettiva relativo ai predetti accordi tenendo conto di quanto previsto dagli articoli 40, 41, 42, 46, 47, 48 e 49 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» e proprio questo decreto legislativo, all’art. 40, comma 1, stabilisce che «[s]ono escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione degli uffici». Si deve intendere che in tali materie rientrino anche le modalità di esercizio delle funzioni.

 

Pertanto, il fatto che i contratti collettivi incidano su taluni profili organizzativi non vale ad attrarre la disposizione impugnata nella materia dell’ordinamento civile.

 

La norma impugnata, prefigurando una diversa organizzazione a livello regionale del servizio medico di continuità assistenziale, non incide, di per sé, sulla disciplina dell’attività professionale, costituente materia propria della contrattazione collettiva, che rientrerebbe invece nell’ambito dell’ordinamento civile.

 

La norma in questione non invade ambiti costituzionalmente riservati allo Stato (ex plurimis, sentenze n. 256 del 2012; n. 94, n. 43 e n. 8 del 2011; n. 308 del 2009), limitandosi ad impegnare l’amministrazione regionale a promuovere, nel rispetto della disciplina statale e delle norme della contrattazione collettiva, le azioni necessarie per il conseguimento di un apprezzabile obiettivo organizzativo, come risulta, infatti, dal chiaro tenore letterale del comma 2 dell’art. 2 della legge reg. Puglia n. 66 del 2018 («[c]on provvedimento della Giunta regionale sono adottate le misure organizzative necessarie ai fini dell’attuazione del presente articolo») e del comma 1 del successivo art. 3 («[l]a presente legge non comporta nuove spese o minori entrate per il bilancio regionale, configurandosi come atto di programmazione generale, cui faranno seguito provvedimenti amministrativi a cura della competente struttura regionale»).

 

Le finalità della legge reg. Puglia n. 66 del 2018 risultano coerenti con il contenuto dell’Accordo del 7 febbraio 2013, ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento recante «[l]inee di indirizzo per la riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza in rapporto alla continuità assistenziale» secondo cui: «[l]e Regioni e le PA scelgono, sulla base delle caratteristiche del territorio se privilegiare l’offerta di continuità assistenziale di Cure Primarie presso strutture territoriali o presso strutture ospedaliere».

 

4.– In conclusione, la legge reg. Puglia n. 66 del 2018, nel prevedere la possibilità di collocare sedi di continuità assistenziale presso i presidi ospedalieri dotati di pronto soccorso, al fine di gestire le richieste caratterizzate da bassa criticità, non invade la competenza legislativa dello Stato.

 

Pertanto, la questione di legittimità costituzionale, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe, deve essere dichiarata non fondata.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge della Regione Puglia 18 dicembre 2018, n. 66 (Disposizioni sul servizio di pronto soccorso e di continuità assistenziale), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 febbraio 2020.

 

F.to:

 

Marta CARTABIA, Presidente

 

Giulio PROSPERETTI, Redattore

 

Roberto MILANA, Cancelliere

 

Depositata in Cancelleria il 13 marzo 2020.