Sentenza n. 200 del 2019

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SENTENZA N. 200

ANNO 2019

 

Commenti alla decisione di

 

I. Fabio Corvaja, La notifica a mezzo PEC nei giudizi in via d’azione: un’esclusione che non convince del tutto, per g.c. di Forum di Quaderni Costituzionali

 

II. Damiano Nocilla, Notificazioni, processo telematico, norme integrative, per g.c. dell’Osservatorio AIC

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della delibera del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2018 e del telegramma del Presidente del Consiglio dei ministri 6 dicembre 2018, n. 6079/10.1, promosso dalla Regione Calabria nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 18-21 gennaio 2019, depositato in cancelleria il 22 gennaio 2019, iscritto al n. 1 del registro conflitti tra enti 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 3 luglio 2019 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;

uditi l’avvocato Giuseppe Naimo per la Regione Calabria e l’avvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe, la Regione Calabria ha promosso conflitto di attribuzione tra enti nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al «telegramma urgentissimo» del 6 dicembre 2018, con cui il Presidente della Giunta regionale è stato invitato a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2018; nonché alla delibera del Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2018, avente ad oggetto la nomina del commissario ad acta e del subcommissario per l’attuazione del vigente piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario in essa Regione.

Di tali atti la Regione Calabria chiede l’annullamento, previa sospensiva, per i motivi di cui direttamente si dirà nel Considerato in diritto.

Il Presidente del Consiglio dei ministri resiste al ricorso per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, contestando la fondatezza delle censure in esso formulate.

Con successiva memoria, la ricorrente ha eccepito la tardività, e conseguente inammissibilità, della costituzione di controparte.

Considerato in diritto

1.– Il conflitto proposto dalla Regione Calabria nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri è volto, come sopra detto, ad ottenere la sospensiva e l’annullamento, previa declaratoria di non spettanza allo Stato, del «telegramma urgentissimo» del 6 dicembre 2018, di invito del Presidente della Giunta regionale a partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri del 7 dicembre 2018, e della delibera di nomina del commissario ad acta e del subcommissario per l’attuazione del vigente piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario nella Regione Calabria, adottata dal Consiglio dei ministri lo stesso 7 dicembre 2018.

Sostiene la ricorrente che:

a) le concrete modalità di svolgimento del procedimento di nomina – ivi compresa la carenza di motivazione in ordine al mancato accoglimento della richiesta di differimento della riunione – non sarebbero state improntate al rispetto del principio di leale collaborazione, non avendo consentito alla Regione di «“partecipare” in termini effettivi» al suddetto procedimento e di apportarvi il proprio contributo, con conseguente lesione delle prerogative e attribuzioni regionali, di cui agli artt. 5, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, nonché agli artt. 2, comma 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)» e 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3);

b) la nomina del subcommissario, non avendo il Governo un tale potere di nomina, avrebbe leso la sfera di competenza regionale e le correlate attribuzioni e prerogative, violando gli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 119 e 120, secondo comma, Cost., nonché l’art. 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009;

c) l’intervento statale in materia di commissariamento si sarebbe svolto oltre i limiti temporali normativamente consentiti, con conseguente lesione della sfera di competenza regionale in materia di legislazione concorrente e delle correlate attribuzioni e prerogative regionali di cui agli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 119 e 120, secondo comma, Cost., in relazione anche agli artt. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)» e 2, comma 77, della legge n. 191 del 2009 (disposizioni, queste ultime, che prevedono «una durata del Piano di Rientro non superiore al triennio»: nella specie ampiamente decorso rispetto alla data del commissariamento, avvenuto nel 2010), e con vulnus, altresì, all’art. 8 della legge n. 131 del 2003;

d) in subordine, poiché il piano di rientro, «per come “proseguito” ed “ampliato”, poteva “proseguire” solo sino al 31.12.18» e, dopo l’insediamento del nuovo commissario in data 8 gennaio 2019, non vi era stata alcuna prosecuzione del piano stesso, il commissariamento non avrebbe potuto conseguentemente protrarsi oltre il 1° gennaio 2019. Viceversa, la delibera impugnata («estendendo il mandato anche a compiti estranei all’ultimo Programma Operativo approvato») aveva fatto proseguire il commissariamento, con ulteriore lesione della sfera di competenza regionale in materia di legislazione concorrente e delle correlate attribuzioni e prerogative regionali di cui agli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 119 e 120, secondo comma, Cost., ed agli artt. 2, commi 88 e 88-bis, della legge n. 191 del 2009 e 8 della legge n. 131 del 2003;

e) la delibera impugnata (al suo punto 18) − consentendo al Commissario di rimuovere i «provvedimenti, anche legislativi, adottati dagli organi regionali e i provvedimenti aziendali che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro e dei successivi Programmi operativi, nonché in contrasto con la normativa vigente e con i pareri e le valutazioni espressi dai Tavoli tecnici di verifica e dai Ministeri affiancanti», sarebbe priva di fondamento normativo, poiché i poteri così conferiti al Commissario non sarebbero previsti dall’art. 120 Cost., né dall’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, con alterazione, anche per tal profilo, dell’ordine costituzionale delle competenze in materie di legislazione concorrente e violazione, quindi, degli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 119, 120, secondo comma, e 121 Cost. nonché 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009.

Con lo stesso ricorso la Regione Calabria chiede, poi, che la Corte sollevi dinanzi a sé questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 88 e 88-bis, della legge n. 191 del 2009, per violazione degli artt. 5, 120 e 121 Cost. e degli artt. 2, comma 78, della legge n. 191 del 2009 e 8 della legge n. 131 del 2003, «nonché del principio di leale collaborazione per come declinato dagli articoli appena citati», nella parte in cui le disposizioni denunciate consentirebbero – senza alcun meccanismo di coinvolgimento della Regione e/o della Conferenza Stato Regioni – «di proseguire sine die il Piano di Rientro ed il correlato commissariamento mediante atti del Commissario».

2.– Preliminarmente, va confermata l’ordinanza letta in udienza, con la quale è stata riconosciuta la tempestività della costituzione in giudizio del Presidente del Consiglio dei ministri.

La Regione ne aveva eccepito la tardività, assumendo come dies a quo di decorrenza del termine per il correlativo deposito quello coincidente con la data della notifica effettuata a mezzo posta elettronica certificata (PEC) – che aveva anticipato la successiva notifica a mezzo ufficiale giudiziario – del ricorso per conflitto.

Attesa la specialità dei giudizi innanzi a questa Corte, la modalità della notifica mediante PEC non può, allo stato, ritenersi compatibile – né è stata sin qui mai utilizzata – per la notifica dei ricorsi in via principale o per conflitto di attribuzione. Ragion per cui non opera, a tal fine, il rinvio dinamico disposto dall’art. 22, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) alle «norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale» − e ora a quelle del codice del processo amministrativo, approvato dall’art. 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo) − nel contesto delle quali la notifica a mezzo PEC è consentita.

Deve, quindi, nella specie farsi riferimento alla successiva notifica del ricorso affidata dalla Regione Calabria all’ufficiale giudiziario, rispetto alla quale la costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri risulta effettuata nel rispetto del termine (di complessivi quaranta giorni) di cui all’art. 25, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

2.1.− Del pari non fondato è l’ulteriore motivo di tardività della costituzione di controparte, formulato dalla ricorrente, per asserita mancanza del contestuale deposito della delibera del Consiglio dei ministri, autorizzativa della resistenza in giudizio.

Risulta, infatti, allegata all’atto di costituzione l’attestazione, proveniente dal Segretario del Consiglio dei ministri, di tale intervenuta delibera, e ciò è sufficiente ai fini della tempestività, ed ammissibilità, dell’atto di costituzione del resistente, essendo necessaria, a tal fine, la certezza della previa esistenza della delibera e non anche la contestualità del suo deposito.

3.– Nel costituirsi, il Presidente del Consiglio, per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, ha contestato la fondatezza del ricorso della Regione.

In replica alle censure in esso articolate, rispettivamente, sostiene che:

a) il potere sostitutivo sarebbe stato nella specie correttamente esercitato, nel rispetto del principio di leale collaborazione, «sulla base della specifica disciplina dei piani di rientro, la quale […] stabilisce meccanismi di partecipazione regionale ben più penetranti (e, dunque, posti a maggiore garanzia del livello di governo regionale) di quello indicato dalla legge 131 del 2003», che si limita a prevedere la garanzia, meramente formale, della partecipazione del Presidente della Regione alla riunione del Consiglio dei ministri (riunione cui, nel caso in esame, il Presidente della Regione Calabria era stato comunque invitato e alla quale aveva inizialmente confermato la sua partecipazione);

b) il nuovo commissario, nominato in sostituzione del precedente, ben poteva «avvalersi, al pari del predecessore, della medesima struttura commissariale, e quindi anche dei subcommissari, per il raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro, dallo stesso non conseguiti»;

c) dalla sentenza n. 266 del 2016, di questa Corte, già «emerge con chiarezza la legittimità − e anzi la necessità – della continuità dell’azione commissariale in relazione ai piani di rientro prima e ai programmi operativi poi, nonché l’esigenza che l’intervento sostitutivo dello Stato resti fermo anche in relazione agli obiettivi non ancora raggiunti da parte della regione»;

d) «[l]a mancata attuazione del programma operativo 2016-2018 costituisce proprio la motivazione alla base della delibera impugnata»;

e) «l’obbligo per il commissario di procedere alla rimozione di provvedimenti, anche legislativi, degli organi regionali che si pongano in contrasto con il programma operativo, non può che consistere nella trasmissione al consiglio regionale di tali provvedimenti, con l’indicazione dei motivi di contrasto».

4.– Nel merito, nessuna delle censure articolate nel presente ricorso per conflitto di attribuzione è fondata, per le ragioni, nell’ordine, di seguito esposte.

4.1.– A prescindere dalla considerazione che il Presidente della Regione – invitato alla riunione del 7 dicembre 2018, ore 20:00, con telegramma urgentissimo del 6 dicembre, ore 19:40, con indicazione del punto all’ordine del giorno – aveva inizialmente confermato la propria partecipazione, comunicando solo successivamente di non poter essere presente per già assunti impegni istituzionali e limitandosi a rappresentare «l’opportunità di rinviare il punto all’ordine del giorno», è comunque decisivo e assorbente il rilievo che la partecipazione del Presidente della Giunta regionale alle riunioni del Consiglio dei ministri, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 131 del 2003, non esaurisce, per quanto qui rileva, le modalità attraverso le quali è attuato il principio di leale collaborazione: modalità che il legislatore può diversamente disciplinare con normative di settore relative a specifici tipi di intervento sostitutivo (sentenza n. 56 del 2018).

Nella specie, la disciplina dei piani di rientro e dei connessi commissariamenti è improntata a un costante confronto collaborativo tra il livello statale e quello regionale, la cui sede di elezione è rappresentata dall’azione congiunta del «Comitato paritetico permanente per la verifica dei Livelli essenziali di assistenza» e del «Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti» regionali, istituiti dagli artt. 9 e 12 dell’Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano del 23 marzo 2005: organismi la cui stessa composizione, improntata a una compenetrazione tra la componente statale e quella regionale, garantisce di per sé il pieno coinvolgimento della Regione in merito all’analisi dell’andamento del proprio piano di rientro. E alla Regione Calabria erano, appunto, per tal via già ben note le criticità del commissariamento, che giustificavano l’esercizio del potere di sostituzione del commissario, come risulta dai verbali dei predetti Tavolo e Comitato del 20 giugno e 20 luglio 2017 e del 18 luglio 2018, che evidenziavano costanti giudizi negativi sull’andamento della gestione commissariale.

Le facoltà di audizione e partecipazione della Regione non si estendono, del resto, all’individuazione nominativa del commissario e del subcommissario, la cui scelta spetta in via esclusiva al Governo. Dal che, anche per tale profilo, l’insussistenza delle asserite lesioni di competenze regionali.

4.2.– La stessa delibera di nomina del nuovo commissario chiarisce, da un lato, che l’azione del Governo trae origine dalla verifica dei presupposti per l’avvio della procedura di sostituzione del commissario ad acta, ex art. 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009; dall’altro lato, che resta ferma, ai sensi del comma 88 dello stesso art. 2 citato, la gestione commissariale previgente, in continuità con quella seguente, così da consentire al nuovo commissario di avvalersi, al pari del predecessore, della medesima struttura commissariale e, quindi, anche dei subcommissari per il raggiungimento degli obiettivi previsti dai programmi operativi di prosecuzione del piano di rientro.

La spettanza allo Stato della nomina anche di subcommissari trova, tra l’altro, conferma nel rinvio operato – dall’art. 2, comma 85, della legge n. 191 del 2009 – all’art. 4, comma 2, terzo, quarto, quinto e sesto periodo, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito, con modificazioni, nella legge 29 novembre 2007, n. 222, in tema di «soggetti attuatori». Questi ultimi hanno, infatti, gli specifici compiti (di supporto all’attività del commissario) che sono propri dei subcommissari.

4.3.– Anche successivamente al previsto triennio di conclusione dell’originario piano di rientro resta inoltre ferma l’esigenza dell’intervento sostitutivo dello Stato in relazione agli obiettivi non ancora raggiunti da parte della Regione: intervento finalizzato ad assicurare, oltre che l’unità economica della Repubblica, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto fondamentale alla salute (sentenza n. 266 del 2016).

4.4.– La mancata attuazione del programma operativo per gli anni 2016-2018 costituisce appunto – come correttamente rilevato dall’Avvocatura dello Stato – «la motivazione alla base della delibera impugnata», essendo stato nominato il nuovo commissario proprio per portare a compimento i risultati non conseguiti con il citato programma operativo e «per adottare e attuare i programmi operativi 2019-2021, laddove richiesti dai Tavoli tecnici».

L’attuazione del piano di rientro delimita, infatti, temporalmente i compiti commissariali in una dimensione teleologica. Con la conseguenza, appunto, della legittimità – ed anzi della necessità – della continuità dell’azione del commissario, «le cui funzioni, […] come specificate dai programmi operativi, devono restare, fino all’esaurimento dei compiti commissariali, al riparo da ogni interferenza degli organi regionali» (sentenza n. 266 del 2016).

4.5.– Dall’art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, riprodotto dal punto 18) della delibera impugnata, si evince poi chiaramente come l’obbligo per il commissario di procedere alla rimozione di provvedimenti, anche legislativi, degli organi regionali che si pongano in contrasto con il programma operativo non in altro consista che nella trasmissione al Consiglio regionale di tali provvedimenti, con l’indicazione dei motivi di contrasto.

5.– Infine, non vi sono ragioni per dar seguito alla richiesta della Regione relativa all’autorimessione della questione di legittimità costituzionale di una normativa (art. 2, commi 88 e 88-bis, della legge n. 191 del 2009) che – contrariamente a quanto essa deduce – in realtà non prevede una prosecuzione del commissariamento sine die, ma consente il ritorno alla gestione ordinaria una volta raggiunti gli obiettivi del piano.

6.– L’infondatezza, in ogni sua parte, del proposto ricorso per conflitto comporta l’assorbimento dell’istanza di sospensione degli atti impugnati.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettava allo Stato e, per esso, al Consiglio dei ministri nominare il commissario ad acta e il subcommissario per l’attuazione del vigente piano di rientro dai disavanzi del servizio sanitario della Regione Calabria, nella riunione del 7 dicembre 2018.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Mario Rosario MORELLI, Redattore

Filomena PERRONE, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2019.

Allegato:

Ordinanza letta all'udienza del 3 luglio 2019