Sentenza n. 32 del 2019

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ORDINANZA N. 32

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Daria de PETRIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 4 e 11-quater, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 2017, n. 172, promosso dalla Regione Toscana, con ricorso notificato il 2-9 febbraio 2018, depositato in cancelleria il 6 febbraio 2018, iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica dell’8 gennaio 2019 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che la Regione Toscana, giusta delibera della Giunta regionale n. 34 del 24 gennaio 2018, con ricorso notificato il 2 febbraio 2018 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 6 febbraio 2018, ha impugnato l’art. 1, commi 4 e 11-quater, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 2017, n. 172;

che la ricorrente deduce in particolare che:

− il comma 4 consente, per i tributi sia statali che regionali, di estinguere il debito senza corrispondere sanzioni comprese negli stessi carichi, interessi di mora e altre somme aggiuntive dovute sui contributi e premi di natura previdenziale, relativamente a tutti i carichi affidati agli agenti della riscossione: a) dal 2000 al 2016 a condizione che non siano stati oggetto di dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 6, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2016, n. 225, o che siano compresi in piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016, per i quali il debitore non sia stato ammesso alla definizione agevolata, in applicazione dell’alinea del comma 8 dell’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016, esclusivamente a causa del tempestivo pagamento di tutte le rate degli stessi piani scadute al 31 dicembre 2016; b) dal 1° gennaio 2017 al 30 settembre 2017;

– la disposizione violerebbe gli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione, in quanto determinerebbe una riduzione di gettito che incide negativamente sul corretto esercizio delle funzioni costituzionalmente garantite dall’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., e premierebbe le amministrazioni meno tempestive ed efficienti; invaderebbe la competenza legislativa delle Regioni in relazione ai cosiddetti tributi propri e contrasterebbe con l’autonomia tributaria regionale, mentre, con riferimento agli altri tributi regionali (tributi propri derivati e addizionali), priverebbe ingiustificatamente l’amministrazione regionale di una fonte di entrata senza al contempo prevedere alcuna compensazione per quelle Regioni dimostratesi virtuose nel recupero dei loro crediti tributari;

− il successivo comma 11-quater del medesimo art. 1 del d.l. n. 148 del 2017 consente di non aderire alla definizione agevolata di cui all’art. 6, comma 1, del d.l. n. 193 del 2016 alle Regioni, alle Province, alle Città metropolitane e ai Comuni che utilizzano, per la riscossione coattiva, l’ingiunzione fiscale, ai sensi del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato), con riferimento ai provvedimenti di ingiunzione fiscale notificati entro il 16 ottobre 2017 dagli enti stessi e dai concessionari della riscossione di cui all’art. 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali);

− la disposizione, non riconoscendo la medesima facoltà di scelta agli enti che utilizzano lo strumento del ruolo esattoriale per la riscossione coattiva, violerebbe gli artt. 117, terzo e quarto comma, 119, primo e secondo comma, Cost., nonché l’art. 3 Cost.;

che, con atto depositato il 19 marzo 2018, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, premessa la perimetrazione dell’oggetto delle censure alla sola lettera b) del comma 4 dell’art. 1 − con esclusione, dunque della precedente lettera a) –, oltre che al successivo comma 11-quater, ha chiesto che sia dichiarato manifestamente infondato il ricorso della Regione Toscana, in quanto ripropone le medesime censure formulate avverso gli artt. 6 e 6-ter del d.l. n. 193 del 2016, ritenute infondate da questa Corte costituzionale con la sentenza n. 29 del 2018;

che, in data 18 dicembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria, ribadendo le proprie argomentazioni e sottolineando, con specifico riferimento all’asserita contrazione delle entrate tributarie subite dalla Regione, come, in realtà, tra il 2016 ed il 2017 vi sarebbe stato un incremento del 14,75 per cento.

Considerato che il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 1° dicembre 2016, n. 225, ha disposto la cosiddetta “rottamazione delle cartelle”, prevedendo, all’art. 6, la possibilità, senza distinzione tra i tributi statali e quelli regionali, della definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione negli anni compresi tra il 2000 e il 2016, alla cui stregua, aderendo alla procedura, i contribuenti pagano solo le somme iscritte a ruolo a titolo di capitale, di interessi legali e di remunerazione del servizio di riscossione, venendo così esentati dal pagamento di sanzioni comprese negli stessi carichi, interessi di mora e altre somme aggiuntive dovute sui contributi e premi di natura previdenziale;

che l’art. 6-ter dello stesso decreto-legge, poi, al comma 1, con riferimento alle entrate, anche tributarie, delle Regioni, delle Province, delle Città metropolitane e dei Comuni, non riscosse a seguito di provvedimenti di ingiunzione fiscale ai sensi del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639 (Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato), relative al medesimo arco temporale indicato dal precedente art. 6, prevede la possibilità per gli enti territoriali in questione di disporre anche per esse la definizione agevolata;

che, quanto all’art. 1 del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 2017, n. 172, oggetto delle questioni in esame, il comma 4 introduce la cosiddetta “rottamazione-bis”, con la quale, in sostanza, vengono riaperti i termini della rottamazione per i carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016 (originariamente disciplinati dall’art. 6 del d.l. n. 193 del 2016), che non siano già stati oggetto di dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 6, comma 2, del d.l. n. 193 del 2016, e per i carichi compresi in piani di dilazione in essere alla data del 24 ottobre 2016 per i quali il debitore non sia stato ammesso alla precedente definizione in assenza di regolarità dei pagamenti al 31 dicembre 2016, e viene estesa la rottamazione ai carichi affidati all’agente della riscossione dal 1° gennaio 2017 al 30 settembre 2017; inoltre, con il successivo comma 11-quater vengono riaperti i termini per Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni per deliberare l’omologa sanatoria delle ingiunzioni fiscali notificate fino al 16 ottobre 2017, già prevista nel ricordato art. 6-ter del d.l. n. 193 del 2016 per quelle notificate dal 2000 al 2016;

che, da ultimo, è intervenuta la cosiddetta “rottamazione-ter”, disciplinata dall’art. 3 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2018, n. 136, in base al quale i debiti diversi da quelli di cui al successivo art. 5 risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 possono essere estinti con il pagamento del capitale e degli interessi iscritti a ruolo (nonché dell’aggio, dei diritti di notifica della cartella di pagamento e delle spese esecutive eventualmente maturate), senza versare sanzioni comprese negli stessi carichi, interessi di mora e altre somme aggiuntive dovute sui contributi e premi di natura previdenziale, rimanendo, i rapporti con le precedenti definizioni agevolate, disciplinati al comma 25 del medesimo art. 3;

che, con la recente sentenza n. 29 del 2018, questa Corte, occupandosi delle disposizioni di cui agli artt. 6, commi 1 e 10, e 6-ter del d.l. n. 193 del 2016, ha ritenuto di ricondurre la disciplina della “rottamazione delle cartelle” alla materia della riscossione mediante ruoli, rilevando che «l’intervento del legislatore statale non è principalmente diretto a disciplinare i tributi e le relative sanzioni, e la stessa incidenza su queste ultime costituisce un passaggio ritenuto necessario in vista della finalità perseguita, che è quella della riorganizzazione della procedura esecutiva in questione»;

che, ricostruendo il contesto normativo – caratterizzato dallo scioglimento, a decorrere dal 1° luglio 2017, delle società del Gruppo Equitalia (ad eccezione di Equitalia giustizia spa), con la conseguente attribuzione delle relative funzioni all’Agenzia delle entrate-Riscossione –, detta pronuncia ha segnalato che l’introduzione della definizione agevolata consegue «alla rilevata necessità, per esigenze di finanza pubblica e per un corretto rapporto tra fisco e contribuente, “di ottimizzare l’attività di riscossione adottando disposizioni per la soppressione di Equitalia e per adeguare l’organizzazione dell’Agenzia delle entrate anche al fine di garantire l’effettività del gettito delle entrate e l’incremento del livello di adempimento spontaneo degli obblighi tributari e per i fini di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e all’articolo 81, comma 1, della Costituzione”»;

che la finalità principale perseguita dal legislatore è dunque «quella di evitare che l’ente subentrante ad Equitalia si trovi già ad avere un pesante arretrato tale da condizionare l’avvio e l’attuazione della riforma strutturale» e «[s]i è in presenza, pertanto, di una riforma di sistema, sia pure limitata nel tempo, avente ad oggetto specificamente la riscossione mediante ruoli; una procedura caratterizzata da esigenze unitarie che impongono una disciplina centralizzata ed omogenea per tutte le Regioni e gli enti interessati», rispetto alla quale non può assumere rilievo il fatto che siano coinvolte anche le imposte “proprie” delle Regioni (sentenza n. 29 del 2018);

che tali argomentazioni rimangono pienamente valide nel caso in esame, cosicché ricorrono le condizioni che legittimano l’esercizio della potestà legislativa concorrente dello Stato del «coordinamento […] del sistema tributario» ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione e va quindi esclusa la lamentata lesione delle competenze regionali in materia di autonomia finanziaria, con riferimento all’impugnato comma 4 dell’art. 1 del d.l. n. 148 del 2017;

che va anche negata − come nel caso precedentemente esaminato da questa Corte − l’asserita violazione dell’autonomia finanziaria “sostanziale” della Regione, in considerazione della mancata «prova del fatto che l’applicazione della norma impugnata determinerebbe una diminuzione del gettito dei tributi regionali, e in misura tale da comprometterne la funzionalità» (così come affermato già nella sentenza n. 29 del 2018), non potendosi ritenere sufficiente, a tal fine, la relazione del Dirigente regionale del Settore politiche fiscali e riscossione, la quale, peraltro, mette a confronto archi temporali delle annualità 2016 e 2017 non coincidenti nella durata e non trova riscontro nell’attestazione dell’Agenzia delle entrate-Riscossione relativa alle somme riscosse per conto della Regione Toscana per gli anni 2016 e 2017;

che le considerazioni sin qui svolte inducono a ritenere manifestamente infondata anche la seconda questione promossa dalla Regione Toscana, avente ad oggetto il comma 11-quater del medesimo art. 1 del d.l. n. 148 del 2017, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, Cost.;

che, neanche sussiste la lamentata violazione dell’art. 3 Cost., poiché, come già chiarito sempre nella sentenza n. 29 del 2018, «la riforma ha un ambito specifico e limitato, che trova la sua ratio giustificatrice nell’affidamento della riscossione delle imposte ad Equitalia, prima, e all’ente ad essa succeduto, poi, tramite la emissione di ruoli. Da questo ambito rimane dunque estraneo il sistema dell’ingiunzione, che è gestito dagli enti impositori, direttamente ovvero tramite affidamento a terzi, ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446»;

che va quindi esclusa la violazione anche di tale parametro costituzionale, sia sotto il profilo della disparità di trattamento sia sotto quello della ragionevolezza, risultando «corretto che [rispetto a questa procedura esecutiva] sia stata rimessa agli stessi enti la scelta della estensione o meno della definizione agevolata, oltre alla relativa disciplina, nel rispetto dell’ordinario riparto di competenze» (sentenza n. 29 del 2018).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 2017, n. 172, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119, primo e secondo comma, della Costituzione, dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11-quater, del d.l. n. 148 del 2017, convertito, con modificazioni, nella legge n. 172 del 2017, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 119, primo e secondo comma, e 3 Cost., dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 gennaio 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2019.