Sentenza n. 31 del 2019

CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 31

ANNO 2019

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO’, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito dei decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 21 settembre 2016 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l’anno 2012) e 8 maggio 2017 (Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell’articolo 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l’anno 2013), promossi dalla Regione autonoma Sardegna nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorsi notificati il 22-28 novembre 2016 e il 12-18 luglio 2017, depositati in cancelleria il 30 novembre 2016 e il 18 luglio 2017, iscritti rispettivamente al n. 6 del registro conflitti tra enti 2016 e al n. 7 del registro conflitti tra enti 2017 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2016 e n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 gennaio 2019 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.‒ Con ricorso spedito per la notifica il 22 novembre 2016 e depositato il successivo 30 novembre, la Regione autonoma Sardegna ha proposto conflitto di attribuzione (reg. confl. enti n. 6 del 2016) nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 21 settembre 2016 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l’anno 2012), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica del 23 settembre 2016.

1.1.‒ La Regione autonoma ricorrente premette che il decreto ministeriale impugnato interviene in un risalente contenzioso tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna, già oggetto dell’attenzione di questa Corte (sono citate le sentenze n. 82 del 2015, n. 144 del 2015 [recte: 2013], n. 95 del 2013, n. 99 e n. 118 del 2012).

L’art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», ha difatti modificato il sistema tributario delle entrate regionali, riformulando l’art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna). Il nuovo sistema, sebbene dovesse entrare a regime dal 2010 (art. 1, comma 838, della legge n. 296 del 2006), è rimasto a lungo inattuato, con la conseguenza che il «ritardo accumulato» ha determinato «una emergenza finanziaria in Sardegna» (è citata la sentenza n. 95 del 2013).

Solo nel luglio 2014 lo Stato, recependo indicazioni in tal senso (fornite, in particolare, dalla legge 16 ottobre 2012, n. 182, recante «Disposizioni per l’assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno finanziario 2012», che aveva stanziato le somme per le regolazioni contabili in favore della Sardegna, e dall’art. 11, comma 5-bis, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante «Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali», convertito, con modificazioni, nella legge 6 giugno 2013, n. 64) ha stipulato l’accordo in materia di finanza di pubblica del 21 luglio 2014 ed ha regolato alcuni aspetti del rapporto economico-finanziario con la Regione autonoma; quindi, nel dicembre 2015, lo Stato e la Regione autonoma sono addivenuti ad una seconda intesa in cui hanno stabilito che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni dal 2010 al 2015 in conseguenza dell’adozione del decreto legislativo di attuazione dell’art. 8 della l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3, rispetto all’importo già attribuito, è erogato alla medesima in 4 annualità costanti a decorrere dall’anno 2016» (art. 3).

È da ultimo intervenuto il decreto legislativo 9 giugno 2016, n. 114 (Norme di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali) che ha attuato l’art. 8 dello statuto speciale prevedendo, all’art. 15, comma l, che «[l]e compartecipazioni spettanti ai sensi dell’articolo 8 dello Statuto alla Regione non possono essere oggetto di riserva erariale, salvo quanto previsto al comma 2», ai sensi del quale «[e]sclusivamente qualora intervengano eventi eccezionali e imprevedibili, previa comunicazione alla Regione Autonoma della Sardegna, il gettito derivante dall’istituzione di nuovi tributi o da maggiorazioni di aliquote determinati con legge statale può essere riservato allo Stato, a condizione che il medesimo gettito sia specificamente finalizzato alla copertura degli oneri derivanti dagli eventi anzi detti, sia temporalmente delimitato e distintamente contabilizzato nel bilancio statale». L’art. 18, inoltre, prevede che «[l]e disposizioni del presente decreto legislativo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2010», coerentemente con il termine di entrata a regime del novellato art. 8 dello statuto speciale, già indicato dall’art. l, comma 838, della legge n. 296 del 2006.

1.2.‒ È in questo contesto che è stato adottato il provvedimento impugnato.

Esso sarebbe asseritamente attuativo dell’art. l, comma 235, della legge n. 296 del 2006 – che prevede la regolazione delle minori entrate per le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano derivanti dalle esenzioni dal pagamento della tassa automobilistica per l’acquisto di veicoli meno inquinanti (cosiddetti "ecoincentivi”) – e del comma 321 del medesimo articolo, che prevede l’innalzamento tariffario e la riserva allo Stato del maggior gettito della tassa automobilistica sui veicoli maggiormente inquinanti, a decorrere dall’anno 2007, disponendo, al contempo, una riduzione percentuale dei trasferimenti statali destinati alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano in ragione del maggior gettito derivante dal predetto tributo. Il successivo comma 322, così come il comma 235 per le minori entrate, ha quindi rinviato a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione delle regolazioni finanziarie delle maggiori entrate nette derivanti dall’attuazione delle norme di cui al comma 321 e dei criteri per la corrispondente riduzione dei trasferimenti dello Stato alle sopra dette autonomie.

In (pretesa) attuazione di queste disposizioni, il provvedimento impugnato indica quindi, le somme che le Regioni e le Province autonome che riscuotono il tributo devono rimettere all’erario, quale maggior gettito derivante dall’aumento tariffario del comma 321, detratto il minor gettito derivante dal comma 235.

Per la Regione autonoma Sardegna il maggior gettito così determinato sarebbe pari alla somma di euro 4.481.085,69.

L’art. 2 del decreto in esame prevede, inoltre, che tali importi, in assunto spettanti all’erario, debbano essere versati dalle Regioni entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale e che, ove tale versamento non sia effettuato, la Ragioneria generale dello Stato sia tenuta «al recupero mediante corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali destinati a ciascuna regione e provincia autonoma, le cui autorizzazioni di spesa risultano iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze […]».

2.– Ciò premesso, in ordine al "tono costituzionale” del conflitto, la Regione autonoma Sardegna evidenzia che il provvedimento impugnato riserva all’erario il maggior gettito derivante dall’aumento di un tributo il quale, ai sensi dell’art. 8, comma l, lettera m), dello statuto speciale, è compartecipato per i sette decimi dalla Regione autonoma Sardegna, sottraendole, in tal modo, risorse che statutariamente le spettano. Sarebbe dunque pregiudicata l’autonomia finanziaria regionale che l’art. 7 dello statuto speciale riconnette al regime delle compartecipazioni erariali di cui al successivo art. 8.

2.1.– La ricorrente anzitutto lamenta la violazione degli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e degli artt. 116, 117 e 119 della Costituzione.

Assume infatti che la riserva erariale disposta con detto decreto ministeriale sarebbe illegittima dal momento che l’art. 8 dello statuto speciale non contempla alcuna ipotesi derogatoria del regime di compartecipazione fissa alle entrate. Le riserve statali infatti non sarebbero previste né nella formulazione vigente, né in quelle precedenti, con la conseguenza che ogni atto che esclude un tributo dalla compartecipazione sarebbe illegittimo per violazione dello stesso art. 8 e, indirettamente, dell’art. 7.

Al riguardo, difatti, questa Corte ha avuto modo di affermare che «[d]iversamente dallo statuto della Regione siciliana […], non risultano riserve integrali allo Stato previste dallo statuto della Regione autonoma Sardegna. Pertanto, la denunciata mancata attribuzione a tale Regione degli importi corrispondenti all’applicazione delle quote fisse di compartecipazione previste dall’art. 8 dello statuto speciale in relazione ai diversi tributi [...] contrasta con l’evocato parametro statutario» (sentenza n. 241 del 2012).

Per le medesime ragioni risulterebbero violati altresì gli artt. 116, 117, terzo comma, e 119 Cost., che riconoscono e tutelano l’autonomia economico-finanziaria delle Regioni e, in particolare, delle autonomie speciali, con specifico riferimento alla Regione autonoma Sardegna.

2.2.– Sarebbero inoltre violati gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016 ‒ anche in riferimento ai predetti artt. 7 e 8 dello statuto speciale ‒ che recano norme di attuazione dell’art. 8 da ultimo menzionato. Secondo questa Corte, infatti, le norme di attuazione degli statuti speciali «possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle Regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari» (sentenza n. 51 del 2006) e, pertanto, possono essere evocati nel giudizio per conflitto d’attribuzione tra enti. In base a dette disposizioni, il regime delle compartecipazioni non può essere derogato, salvo il ricorrere di «eventi eccezionali e imprevedibili» e nel rispetto di alcuni oneri sostanziali e procedimentali che non sarebbero stati rispettati nel caso di specie. In particolare, la riserva può essere disposta solo su nuovi tributi o su maggiorazioni di aliquote di tributi preesistenti, con salvezza del gettito già previsto in favore della Regione autonoma; lo Stato deve dare alla Regione autonoma previa comunicazione della volontà di disporre una riserva su tali maggiori entrate; il gettito deve essere specificamente finalizzato alla copertura degli oneri derivanti dagli «eventi eccezionali e imprevedibili» che giustificano la riserva erariale; la riserva deve essere temporalmente delimitata e distintamente contabilizzata nel bilancio statale.

Secondo la ricorrente, peraltro, il menzionato contrasto sarebbe maggiormente evidente considerando che le disposizioni di attuazione del novellato art. 8 dello statuto speciale producono effetti dal gennaio 2010, vale a dire dalla data in cui il nuovo sistema delle entrate regionali avrebbe dovuto entrare a regime, ai sensi dell’art. l, comma 838, della legge n. 296 del 2006.

2.3.‒ La riserva erariale delle entrate compartecipate dalla Regione autonoma Sardegna sarebbe inoltre lesiva del principio di leale collaborazione desumibile dagli artt. 5 e 117 Cost., in relazione alle intese stipulate tra lo Stato e la Regione autonoma aventi ad oggetto «Accordo tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna per il coordinamento della finanza pubblica», del 10 dicembre 2015, e «Accordo tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica», del 21 luglio 2014.

Con l’art. 3 dell’accordo del dicembre del 2015, lo Stato si sarebbe infatti obbligato a liquidare alla Regione, in quattro quote annuali, il maggior gettito tributario compartecipato non ancora trasferito alla Regione autonoma Sardegna, recependo le indicazioni della giurisprudenza costituzionale sulla cogenza del regime di compartecipazione delle entrate erariali e auto-obbligandosi a restituire qualunque cespite fosse stato escluso da tale regime. Conseguentemente, lo Stato non potrebbe incamerare somme oggetto di compartecipazione della Regione autonoma Sardegna.

La riserva erariale sarebbe inoltre in contrasto anche con l’accordo del luglio del 2014 in cui lo Stato aveva riconosciuto gli effetti della riforma del regime delle entrate sulle capacità di spesa della Regione autonoma Sardegna, superando il precedente regime del "patto di stabilità interno”. Il mancato riconoscimento di parte delle risorse compartecipate comporterebbe necessariamente l’illegittima compressione della capacità di spesa della Regione, posto che «è di palmare evidenza che [...] il principio inderogabile dell’equilibrio in sede preventiva del bilancio di competenza comporta che non possono rimanere indipendenti e non coordinati, nel suo ambito, i profili della spesa e quelli dell’entrata» (è richiamata la sentenza n. 118 del 2012).

La lesione del principio di leale collaborazione è inoltre dedotta in ragione della violazione di un’intesa «senza l’attivazione di ulteriori meccanismi di cooperazione necessari per superare l’intesa già raggiunta», ciò che «determina una lesione del principio di leale collaborazione», dal momento che le intese «rappresentano la via maestra per conciliare esigenze unitarie e governo autonomo del territorio», e che «il principio di leale collaborazione che si realizza mediante tali accordi, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto» (sono richiamate le sentenze n. 58 del 2007 e n. 31 del 2006).

Detti principi, affermati in casi nei quali l’intesa era intervenuta in un ambito materiale riconducibile alla competenza legislativa esclusiva statale, dovrebbero a maggior ragione trovare applicazione al caso in esame, in cui, da un canto, rilevano le speciali prerogative della Regione autonoma Sardegna e, dall’altro, questa Corte, facendo espressamente riferimento anche all’intesa del 21 luglio 2014, ha riconosciuto un particolare rilievo agli accordi in materia di finanza pubblica intervenuti tra lo Stato e le autonomie speciali (si richiama la sentenza n. 19 del 2015).

Peraltro, la violazione del principio di leale collaborazione non potrebbe essere esclusa dal fatto che lo schema del decreto ministeriale impugnato è stato esaminato nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni. In quella sede, difatti, la Regione autonoma ricorrente, nel corso della seduta della Commissione affari finanziari della Conferenza dell’8 giugno 2016, ha fatto presente «la non applicabilità della norma [ovverosia del comma 321] alla Regione Sardegna», come risulta dal verbale della Commissione.

2.4.‒ La deroga al regime di compartecipazione prevista dal decreto impugnato violerebbe anche gli artt. 54 e 56 dello statuto speciale, in quanto modificherebbe le disposizioni statutarie e le norme di attuazione sull’autonomia economico-finanziaria della Regione autonoma senza rispettare gli speciali procedimenti ivi previsti.

2.5.‒ Infine, per completezza, la ricorrente osserva che non potrebbe obiettarsi che l’atto impugnato si è limitato a dare applicazione ai commi 321 e 322 dell’art. l della legge n. 296 del 2006, che hanno istituito la riserva erariale delle entrate derivanti dall’innalzamento dell’aliquota sulla tassa automobilistica per i veicoli maggiormente inquinanti, dal momento che essi sarebbero divenuti inefficaci nei confronti della ricorrente con l’accordo del dicembre 2015, o, al più, con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 114 del 2016.

Con l’accordo del dicembre 2015 e con la successiva emanazione delle norme di attuazione statutaria, infatti, lo Stato avrebbe integralmente recepito le indicazioni della giurisprudenza costituzionale sulla cogenza del regime di compartecipazione delle entrate da parte della Regione autonoma Sardegna, auto-obbligandosi a restituire qualunque cespite fosse stato escluso da tale regime. Ne conseguirebbe che il comma 321, a far data dal 2010 (decorrenza stabilita dal d.lgs. n. 114 del 2016, come si è visto), non è applicabile alla Regione autonoma Sardegna.

In particolare, il d.lgs. n. 114 del 2016 avrebbe parzialmente abrogato il comma 321 dell’art. l della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui disponeva la riserva erariale per i tributi spettanti alla Regione autonoma Sardegna per le annualità dal 2010 in poi.

2.6.‒ In via subordinata, la Corte costituzionale, qualora ritenesse che l’art. 1, comma 321, non sia stato abrogato dal d.lgs. n. 114 del 2016, dovrebbe interpretare la medesima disposizione in senso costituzionalmente orientato, vale a dire escludendo dalla riserva erariale le Regioni a statuto speciale il cui ordinamento non consente deroghe al regime di compartecipazione ai tributi. Conseguentemente, la riserva erariale non potrebbe più applicarsi alla Regione autonoma ricorrente.

Detta interpretazione comporterebbe, innanzitutto, che il decreto impugnato avrebbe violato il comma 321 dell’art. l della legge n. 296 del 2006 unitamente ai parametri già indicati; inoltre a voler considerare tuttora vigente il suddetto comma 321, persisterebbe la lesione dell’autonomia economico-finanziaria garantita alla ricorrente dallo statuto speciale (artt. 7 e 8, nonché art. 54, che assicura la "rigidità” della fonte statutaria), dalle norme di attuazione statutaria (artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, anche alla luce dell’art. 56 dello statuto speciale, che prescrive il particolare procedimento di approvazione delle norme di attuazione), dagli artt. 5, 116, 117, terzo comma, e 119 Cost., e dalle intese stipulate con lo Stato, per quanto in precedenza illustrato.

2.7.‒ In via ulteriormente subordinata, e quindi, qualora la Corte ritenesse non solo vigente e quindi applicabile alla Regione autonoma Sardegna il menzionato art. 1, comma 321, per le annualità dal 2010, ma altresì di doverlo interpretare in modo difforme da quanto dianzi prospettato, la ricorrente sollecita la medesima Corte a sollevare innanzi a sé la questione di legittimità costituzionale del suddetto articolo.

Il d.lgs. n. 114 del 2016, attuativo dello statuto, avrebbe difatti determinato l’illegittimità costituzionale sopravvenuta della precedente disposizione di legge statale (è citata la sentenza n. 13 del 1974 secondo la quale «è bensì vero – in linea di principio – che, nel vigente ordinamento, il sopravvenire di nuove norme [...] dotate [...] di forza giuridica prevalente rispetto a quella delle leggi formali ordinarie, determina l’invalidazione delle norme anteriori che divengano con esse incompatibili» e «[t]ale è certamente il caso delle relazioni tra la preesistente legislazione statale e le competenze legislative attribuite alle Regioni» dalla novellazione degli statuti speciali o delle norme di attuazione statutaria).

Conseguentemente, il decreto ministeriale impugnato lederebbe le attribuzioni costituzionali e statutarie connesse all’autonomia economico-finanziaria della Regione autonoma Sardegna, non solo per quanto in precedenza illustrato, ma anche in ragione della sopravvenuta illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006 che, se interpretato diversamente da quanto sopra prospettato, sarebbe incompatibile con l’art. 8 dello statuto speciale e con gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, per le ragioni già illustrate.

3.– Con atto depositato il 3 gennaio 2017, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il conflitto sia dichiarato inammissibile o infondato.

3.1.– Il resistente eccepisce anzitutto l’inammissibilità del conflitto, in quanto il decreto impugnato sarebbe dichiaratamente attuativo dell’art. 1, commi 235, 321 e 322 della legge n. 296 del 2007: le censure ad esso mosse investirebbero in realtà le disposizioni normative di cui farebbero applicazione, nella parte in cui riserverebbero allo Stato il maggior gettito derivante dall’incremento delle tasse automobilistiche, pur in difetto del requisito del vincolo di destinazione specifica statutariamente previsto ai fini della legittimità della riserva. Il ricorso mirerebbe pertanto a eludere i termini decadenziali previsti per l’impugnativa delle norme di legge su cui si fondano i poteri esercitati con l’atto oggetto del conflitto, rendendo quest’ultimo inammissibile secondo i principi affermati da questa Corte (è citata la sentenza n. 472 del 1995). D’altronde, la ricorrente non avrebbe impugnato i decreti relativi alle precedenti annualità.

Per tali motivi, difatti, un analogo conflitto proposto dalla Regione Siciliana avverso il decreto ministeriale relativo agli anni 2006 e 2007 è stato dichiarato inammissibile con la sentenza n. 144 del 2013.

Inoltre, sempre in punto di inammissibilità, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri la ricorrente avrebbe avuto piena consapevolezza del contenuto del decreto e delle modalità della regolazione finanziaria da esso operata, trattandosi di atto frutto della concertazione con la medesima Regione, in quanto adottato a seguito dell’intesa del 7 luglio 2016 raggiunta in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome.

Infine, prosegue il resistente, la partecipazione regionale all’iter formativo del decreto escluderebbe altresì il pregiudizio alle disponibilità regionali di cassa, non avendo fornito la ricorrente alcuna specificazione a riguardo ed anzi essendo errata, per eccesso, l’indicazione dell’importo compensato pari, in realtà, ad euro 3.136.759,98. In proposito questa Corte ha sottolineato la necessità che l’intervento statale produca una grave alterazione del rapporto tra complessivi bisogni regionali e l’insieme dei mezzi per farvi fronte (si citano al riguardo le sentenze n. 127 del 2016, n. 29 del 2004, n. 138 del 1999 e n. 222 del 1994).

3.2.− Nel merito, il ricorso sarebbe comunque infondato.

Il provvedimento impugnato, cosi come le norme primarie che attua, stabiliscono un meccanismo di mera regolazione finanziaria volto a compensare le minori entrate derivanti a Regioni e Province autonome dall’introduzione dei cosiddetti ecoincentivi con le maggiori entrate nette derivanti dall’incremento della tassa automobilistica regionale e a stabilire la correlativa riduzione dei trasferimenti erariali regionali. Da ciò conseguirebbe la non fondatezza di tutte le censure.

I commi 321 e 322 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 costituirebbero, infatti, disposizioni di coordinamento tra finanza regionale e statale in linea con gli artt. 7 e 8, lettera m), dello statuto speciale, i quali prevedono, rispettivamente, che l’autonomia finanziaria sia coordinata con quella dello Stato e che alla Regione autonoma Sardegna spettano i sette decimi delle entrate erariali, tra le quali continua ad annoverarsi la tassa automobilistica (si citano le sentenze n. 199 del 2016 e n. 288 del 2012). In sostanza, difatti, le disposizioni della legge n. 296 del 2006 sostituiscono con il maggior gettito della tassa automobilistica, direttamente riscossa e accertata dalle Regioni, una quota pari di trasferimenti erariali diretti.

Per le medesime ragioni sarebbe infondata anche la dedotta violazione dell’art. 15 del d.lgs. 114 del 2016 che disciplina le riserve di gettito allo Stato dei nuovi tributi o degli incrementi di tributi esistenti, ribadendo i consueti criteri dell’eccezionalità, temporaneità, del vincolo di destinazione e della separatezza contabile di tale riserva. Detto parametro sarebbe irrilevante nel caso in esame, in cui non si discute di una riserva statale di un incremento dell’aliquota, bensì, come dianzi chiarito, di una norma di coordinamento tra incremento delle aliquote della tassa automobilistica e trasferimenti erariali diretti.

Sarebbero parimenti irrilevanti gli accordi finanziari tra Stato e Regione autonoma Sardegna del luglio 2014 e del dicembre 2015, i quali non avrebbero trattato la questione del maggior gettito della tassa automobilistica, vigente dal 2006, che sarebbe quindi rimasta materia estranea ad essi.

Destituita di fondamento sarebbe anche la censura relativa alla mancata previa intesa tra Stato e Regione ricorrente, dal momento che il decreto impugnato è stato, al contrario, adottato previa intesa nella Conferenza Stato-Regioni, con il consenso anche della Regione autonoma Sardegna.

Alla luce dei rilievi che precedono, sarebbe superata altresì l’asserita lesione degli artt. 54 e 56 dello statuto speciale, dal momento che la legge n. 296 del 2006 avrebbe soltanto dettato disposizioni di coordinamento finanziario tra Stato e Regione, in conformità all’art. 7 del medesimo statuto, e non avrebbe provveduto a modificarlo.

Peraltro, la menzionata legge, con l’art. 1, comma 834, ha apportato modifiche allo statuto speciale relative al regime delle entrate regionali ed è anteriore di dieci anni al menzionato d.lgs. n. 114 del 2016, per cui non potrebbe essere considerata come una modifica delle norme di attuazione da questo revocate.

Per questo motivo sarebbe infondato anche l’ulteriore motivo di ricorso, proposto in via subordinata, in cui si sostiene la sopravvenuta inefficacia dell’art. l, comma 321, della legge n. 296 del 2006, in conseguenza dell’entrata in vigore, con effetto dal 1° gennaio 2010, dell’art. 15 del d.lgs. n. 114 del 2016: innanzitutto, in quanto non esisterebbe la categoria dell’inefficacia sopravvenuta, ma quella della abrogazione tacita, o implicita o per incompatibilità (art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile), di cui, peraltro, non ricorrerebbero gli estremi; inoltre, in quanto il menzionato art. 15 riprodurrebbe i criteri dell’eccezionalità, della temporaneità, del vincolo di destinazione e della separatezza contabile della riserva di gettito allo Stato dei nuovi tributi o degli incrementi di tributi esistenti. Dal momento che detti principi erano già immanenti nel sistema, la Regione autonoma avrebbe dovuto tempestivamente impugnare l’art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006.

Né sarebbe possibile optare per l’interpretazione, auspicata dalla ricorrente, dell’art. l, comma 321, della legge n. 296 del 2006, nel senso che esso si riferisca a tutte le Regioni e Province autonome, ad esclusione della Regione autonoma Sardegna, perché l’incremento della tassa automobilistica è stato applicato in tutto il territorio, e dunque anche la correlata disposizione di coordinamento relativa ai trasferimenti erariali diretti dovrebbe essere di portata generale.

Infine, sarebbe infondato anche l’ultimo motivo di ricorso. La categoria dell’illegittimità costituzionale "sopravvenuta” potrebbe difatti essere configurata solo a fronte del mutamento successivo di norme di rango costituzionale, che rendano incompatibile con la Costituzione una precedente norma di legge ordinaria. Nel caso di specie, invece, il contrasto si sarebbe avuto con l’art. 15 del d.lgs. n. 114 del 2016 che è norma di attuazione contenuta in una "legge rinforzata”.

La questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 321, della legge n. 296 del 2006, che la ricorrente auspica che questa Corte sollevi innanzi a sé, sarebbe, comunque, manifestamente infondata in quanto la sopravvenuta norma di attuazione fu discussa e approvata dalla Commissione paritetica nella vigenza dell’art. l, comma 321, sicché dovrebbe ritenersi che tale ultima disposizione sia stata ritenuta compatibile anche con il nuovo sistema delle norme di attuazione statutaria che si andava ad introdurre. A voler ritenere diversamente, la riforma delle norme statutarie sarebbe stata la sede propria per prevedere specificamente limitazioni all’applicazione alla Regione autonoma Sardegna del più volte menzionato art. l, comma 321, della legge n. 296 del 2006.

4.− Con successivo ricorso spedito per la notificazione il 12 luglio 2017 e depositato il successivo 18 luglio, la Regione autonoma Sardegna ha proposto conflitto di attribuzione (reg. confl. enti n. 7 del 2017) nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 8 maggio 2017 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell’art. 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l’anno 2013), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 110, serie generale, del 13 maggio 2017, adducendo le medesime motivazioni spese a sostegno dell’impugnativa del precedente decreto.

In particolare, ha specificato che il provvedimento impugnato si riferisce all’anno 2013 e riguarda anche l’aumento delle tasse per i motocicli, in base al principio di sostenibilità ambientale dei veicoli, previsto dall’art. 2, commi 63 e 64, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2006, n. 286, e che la somma che la Regione Sardegna deve riversare allo Stato per la suddetta annualità ammonta a euro 2.817.523,18.

Ha, inoltre, precisato che la stessa Regione autonoma, nel corso della seduta della Conferenza Stato-Regioni del 30 marzo 2017, nella quale si è esaminato lo schema del decreto impugnato, ha dichiarato, come risulta dal verbale «che il provvedimento non dovrebbe comprendere la propria Regione in quanto sarebbe in violazione delle norme attuative dello Statuto di cui agli articoli 15 e 18 del d.lgs. n. 114/2016 […], dove si stabilisce l’inapplicabilità alla Sardegna, a far data dal 2010, delle riserve erariali sulle compartecipazioni spettanti alla Regione, salvo che intervengano eventi eccezionali e imprevedibili».

5.– Con atto depositato il 17 agosto 2017, si è costituito anche in questo giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il conflitto sia dichiarato inammissibile o infondato.

5.1.– Il resistente evidenzia, in particolare, che il provvedimento impugnato si differenzia dal decreto relativo all’annualità 2012 già oggetto di separato conflitto, in quanto sarebbe attuativo soltanto dell’art. 1, commi 321 e 322, della legge n. 296 del 2006 e non anche dei commi 235 e 236 della medesima legge, essendo venute meno le agevolazioni previste da queste ultime disposizioni.

Ha quindi puntualmente replicato al ricorso, in ordine all’ammissibilità e alla fondatezza, con motivazioni sostanzialmente coincidenti con quelle addotte in relazione al ricorso reg. confl. enti n. 6 del 2016, evidenziando l’inconferenza e la non adeguata motivazione dei parametri di cui agli artt. 116, 117 e 119 Cost.

6.− In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione autonoma Sardegna ha depositato un’unica memoria per entrambi i ricorsi, in cui ha replicato alle difese avversarie.

6.1.‒ In generale, in ordine all’eccezione di inammissibilità dei conflitti, in quanto gli atti impugnati sarebbero meramente attuativi dell’art. 1, commi 321 e 322, della legge n. 296 del 2007, la Regione autonoma ricorrente evidenzia la peculiarità del quadro normativo che la riguarda e, in particolare, l’inconferenza della richiamata sentenza n. 144 del 2013 che ha dichiarato inammissibile il ricorso della Regione Siciliana avverso analogo decreto.

Successivamente alla legge n. 296 del 2006, ma anteriormente ai decreti impugnati, infatti, sono intervenuti gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, recanti norme di attuazione dello statuto speciale applicabili dal 1° gennaio 2010.

In considerazione della peculiare forza di legge di dette disposizioni di attuazione, che hanno disposto che le compartecipazioni regionali alle entrate erariali non possano essere oggetto di riserva a partire dal 2010, dovrebbe trarsi una delle seguenti conseguenze: o che il d.lgs. n. 114 del 2016 ha abrogato parzialmente l’art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006 «nella parte in cui (ancorché illegittimamente) pretendeva di applicarsi anche alla Regione Sardegna»; o che la legge n. 296 del 2006 deve interpretarsi nel senso che la riserva erariale non possa applicarsi alle Regioni autonome le cui norme statutarie o di attuazione statutaria non consentano l’imposizione della riserva erariale. In entrambi i casi, ad ogni modo, non sarebbe la legge n. 296 del 2006 a menomare le attribuzioni della ricorrente, bensì direttamente i decreti impugnati, i quali, dunque, sarebbero stati ammissibilmente posti a fondamento del conflitto.

In via ulteriormente subordinata, inoltre, la difesa regionale ha dedotto la sopravvenuta illegittimità costituzionale del medesimo art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006, per contrasto con gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, anche in riferimento alle norme statutarie di cui costituiscono attuazione.

Peraltro, qualora questa Corte ritenesse che le menzionate disposizioni di attuazione non producano effetto nei confronti delle riserve erariali pre-istituite, detta interpretazione contrasterebbe con il principio in base al quale gli atti giuridici devono essere applicati prediligendone l’interpretazione che ne salvaguarda l’efficacia; equivarrebbe inoltre a consentire allo Stato di sottrarsi senza alcuna conseguenza o responsabilità al rispetto degli accordi intercorsi con la Regione, con conseguente violazione del dovere di leale collaborazione. La ricorrente ha quindi puntualmente replicato alle deduzioni avversarie fondate su tali premesse.

6.2.‒ La Regione autonoma Sardegna contesta inoltre l’affermazione in base alla quale essa avrebbe prestato il proprio assenso all’imposizione di riserve erariali sul gettito compartecipato nella fase di concertazione conclusasi con l’intesa. Per quanto riguarda il d.m. 21 settembre 2016, come già dedotto in ricorso, la Commissione affari finanziari della Conferenza Stato-Regioni, nella seduta dell’8 giugno 2016, aveva fatto presente «la non applicabilità della norma [ovverosia del comma 321] alla Regione Sardegna», come risulta dal verbale della Commissione. La Regione inoltre non aveva partecipato alla riunione della Conferenza Stato-Regioni del 7 luglio 2016. In relazione al successivo d.m. 8 maggio 2017, nel corso della seduta della Conferenza Permanente Stato-Regioni del 30 marzo 2017, nella quale è stato esaminato lo schema di decreto, la ricorrente ha dichiarato, come risulta dal verbale «che il provvedimento non dovrebbe comprendere la propria Regione in quanto sarebbe in violazione delle norme attuative dello Statuto di cui agli articoli 15 e 18 del D.lgs. n. 114/2016». Al momento di sancire l’intesa, come risulta dal verbale del 30 marzo 2017, inoltre non era presente il rappresentante della Regione autonoma Sardegna.

6.3.‒ Infine, la ricorrente nega di essere onerata della dimostrazione del grave pregiudizio alla finanza regionale per effetto dell’insufficienza delle risorse residue al netto della riserva, posto che non sarebbe questo l’oggetto della doglianza, bensì l’ingiustificata compressione delle attribuzioni statutarie in materia di autonomia economico-finanziaria. Inoltre, nessun rilievo avrebbe la possibilità di disporre misure di coordinamento della finanza pubblica che si imporrebbero anche alle autonomie speciali, posto che nella fattispecie si verte nel diverso tema delle riserve di gettito tributario in asserita deroga agli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016. Peraltro, né i decreti in esame né le norme che ne costituiscono il fondamento potrebbero essere considerate quali meccanismi di mera regolazione finalizzati «ad operare una compensazione tra le minori entrate derivanti alle regioni e province autonome dall’introduzione dei cosiddetti ecoincentivi (commi da 224 a 234), le maggiori entrate nette derivanti dall’attuazione del comma 321, ossia dall’incremento della tassa automobilista regionale, e la correlativa riduzione dei trasferimenti erariali alle regioni». Lo Stato, difatti, trattenendo l’extra-gettito dell’aumento della tassa automobilistica, stabilirebbe una riserva erariale mediante la riduzione dei trasferimenti erariali, come peraltro sostanzialmente ammesso anche dall’Avvocatura generale dello Stato nel giudizio relativo al d. m. 8 maggio 2017.

La difesa regionale ha, infine, da un canto, contestato l’asserita irrilevanza degli accordi del 2014 e del 2015, dal momento che gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, che recepiscono detti accordi, hanno previsto il divieto di imporre riserve erariali e di trattenere somme a tale titolo a far data dal 1° gennaio 2010 così producendo effetti anche per il caso di specie; dall’altro, ha ribadito la dedotta violazione, in via di «estremo subordine», degli artt. 54 e 56 dello statuto speciale per essere state apportate modifiche statutarie o delle norme di attuazione senza che si sia seguita la concertazione prevista da detti articoli.

7.‒ Anche l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria, nel giudizio iscritto al reg. confl. enti n. 6 del 2016, in prossimità dell’udienza pubblica.

Le misure di cui all’art. 1, commi da 224 a 236 e 321, della legge n. 296 del 2006 costituirebbero interventi di competenza esclusiva statale, sia perché emanate nella materia «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema» (art. 117, secondo comma, lettera s), sia perché attuazione delle direttive europee in materia di sostituzione di autoveicoli inquinanti (art. 117, primo e secondo comma, lettera a, Cost.).

La coesistenza di incrementi ed esenzioni della tassa automobilistica ha comportato la necessità di regolare i rapporti finanziari tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome attraverso i commi 235 e 322 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 e i successivi decreti interdipartimentali. In particolare, il d.m. 21 settembre 2016, provvedendo a dette regolazioni compensative, è stato adottato previa intesa, che risulterebbe unanime e incondizionata, nella Conferenza Stato-Regioni del 7 luglio 2016. Il rilievo della Commissione affari finanziari nella seduta dell’8 giugno 2016 sarebbe stato espresso in una fase istruttoria e non si sarebbe formalizzato in una clausola della delibera finale della Conferenza.

D’altronde, da una lettura coordinata della legge finanziaria 2007, emergerebbe che lo Stato intendeva attribuire alla Regione autonoma Sardegna, a partire dal 2010, i sette decimi del gettito della tassa automobilistica, ma non esonerarla dal concorso alla politica ambientale dello Stato, da attuarsi anche attraverso misure fiscali incidenti sul possesso degli autoveicoli. In questo contesto, l’impatto del d.lgs. n. 114 del 2016 e, in particolare, dell’art. 15 sull’assetto previgente sarebbe irrilevante: in primo luogo, perché la funzione meramente integrativa e interpretativa delle disposizioni di attuazione rispetto alle norme dello statuto speciale non potrebbe spingersi fino a stravolgere il senso di queste ultime; in secondo luogo perché nella fattispecie in esame non si discuterebbe di una riserva erariale di tributi regionali o a gettito regionale. Infatti, nell’ambito della devoluzione del gettito della tassa automobilistica alle Regioni, ivi compresa la Regione autonoma Sardegna, gli incrementi e le agevolazioni "ambientali” previsti per detta tassa sarebbero stati coordinati con il regime generale dei trasferimenti erariali, prevedendosi che alle esenzioni corrispondessero incrementi dei trasferimenti erariali e, per converso, che agli incrementi dell’aliquota corrispondessero uguali riduzioni dei trasferimenti. Spetterebbe quindi allo Stato l’eventuale extra-gettito, qualora gli incrementi dell’aliquota abbiano avuto un effetto più che proporzionale al decremento comportato dalle esenzioni, in quanto l’intera operazione dovrebbe avvenire ad invarianza di gettito.

Ha quindi concluso per l’inammissibilità o la non fondatezza del ricorso.

Considerato in diritto

1.‒ Con i ricorsi in epigrafe la Regione autonoma Sardegna ha proposto conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 21 settembre 2016 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l’anno 2012) e al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 8 maggio 2017 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell’art. 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l’anno 2013).

1.1.– Dopo aver ripercorso i passaggi salienti del lungo contenzioso tra Stato e Regione autonoma Sardegna, già oggetto dell’attenzione di questa Corte e noto come "vertenza entrate”, la Regione autonoma Sardegna, in entrambi i ricorsi, evidenzia che i provvedimenti impugnati riserverebbero all’erario il maggior gettito derivante dall’aumento della tassa automobilistica che, ai sensi dell’art. 8, comma l, lettera m), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), come modificato dall’art. 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», è compartecipato per i sette decimi dalla Regione autonoma Sardegna. Ne deriverebbe la sottrazione di risorse che statutariamente le spettano.

La ricorrente anzitutto lamenta la violazione degli artt. 7 e 8 dello statuto speciale e degli artt. 116, 117 e 119 della Costituzione che presidiano l’autonomia economico­finanziaria della Regione autonoma Sardegna.

Assume, infatti, che la riserva erariale disposta con i menzionati decreti ministeriali sarebbe illegittima, dal momento che l’art. 8 dello statuto speciale non contempla alcuna ipotesi derogatoria al regime di compartecipazione fissa alle entrate. Le riserve statali non sarebbero previste né nella formulazione vigente, né in quelle precedenti di tale articolo, con la conseguenza che ogni atto che esclude un tributo dalla compartecipazione sarebbe illegittimo per violazione dello stesso art. 8 e, conseguentemente, dello stesso art. 7 dello statuto. Per le medesime ragioni risulterebbero altresì violati gli artt. 116, 117, terzo comma, e 119 Cost., che riconoscono e tutelano l’autonomia economico-finanziaria delle Regioni.

Sarebbero inoltre violati gli artt. 15 e 18 del decreto legislativo 9 giugno 2016, n. 114 (Norme di attuazione dell’articolo 8 dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna - legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di entrate erariali regionali) ‒ anche in riferimento ai predetti artt. 7 e 8 dello statuto speciale ‒ che recano norme di attuazione dell’art. 8 da ultimo menzionato. In base a dette disposizioni, il regime delle compartecipazioni non può essere derogato, salvo il ricorrere di «eventi eccezionali e imprevedibili» e il rispetto di alcuni oneri sostanziali e procedimentali, requisiti insussistenti nel caso di specie, ad avviso della ricorrente.

La riserva erariale delle entrate compartecipate dalla Regione autonoma Sardegna, disposta con i provvedimenti impugnati, sarebbe inoltre lesiva del principio di leale collaborazione desumibile dagli artt. 5 e 117 Cost., in relazione alle intese stipulate tra lo Stato e la Regione autonoma, aventi ad oggetto «Accordo tra lo Stato e la Regione Autonoma della Sardegna per il coordinamento della finanza pubblica», del 10 dicembre 2015, e «Accordo tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze e la Regione Sardegna in materia di finanza pubblica», del 21 luglio 2014.

La deroga al regime di compartecipazione stabilita dai decreti impugnati violerebbe, infine, gli artt. 54 e 56 dello statuto speciale, in quanto modificherebbe le disposizioni statutarie e le relative norme di attuazione concernenti l’autonomia economico­finanziaria della Regione autonoma senza rispettare gli speciali procedimenti ivi previsti.

Peraltro, sempre secondo la ricorrente, non potrebbe obiettarsi che l’atto impugnato si sia limitato a dare applicazione ai commi 321 e 322 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006. Le disposizioni che hanno istituito la riserva erariale delle entrate derivanti dall’innalzamento dell’aliquota sulla tassa automobilistica per i veicoli maggiormente inquinanti sarebbero, difatti, divenute inefficaci nei confronti della Regione autonoma Sardegna a seguito dell’accordo del 10 dicembre 2015 e della successiva emanazione delle norme di attuazione statutaria di cui al d.lgs. n. 114 del 2016, con i quali lo Stato avrebbe integralmente recepito le indicazioni della giurisprudenza costituzionale sulla cogenza del regime di compartecipazione delle entrate con la Regione autonoma Sardegna e si sarebbe obbligato a restituire qualunque provento fosse stato escluso da tale regime.

In particolare, il d.lgs. n. 114 del 2016 avrebbe parzialmente abrogato il comma 321 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui disponeva la riserva erariale per i tributi spettanti alla Regione autonoma Sardegna per le annualità a partire dal 2010.

1.2.– In via subordinata, la ricorrente propugna l’interpretazione dell’art. 1, comma 321, della legge n. 296 del 2006 in senso costituzionalmente orientato, vale a dire escludendo dalla riserva erariale le autonomie speciali il cui ordinamento non consenta deroghe al regime di compartecipazione ai tributi, quale sarebbe la Regione autonoma Sardegna. Detta interpretazione comporterebbe, innanzitutto, che i decreti impugnati avrebbero violato il comma 321 dell’art. l della legge n. 296 del 2006 unitamente ai parametri già indicati; inoltre, a voler considerare tuttora vigente il suddetto comma 321, persisterebbe la lesione dell’autonomia economico-finanziaria garantita alla Regione ricorrente dallo statuto speciale (artt. 7 e 8, nonché art. 54, che assicura la "rigidità” della fonte statutaria), dalle norme di attuazione statutaria (artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, anche alla luce dell’art. 56 dello statuto speciale, che prescrive il particolare procedimento di approvazione delle norme di attuazione), dagli artt. 5, 116, 117, terzo comma, e 119 Cost. e dalle intese stipulate con lo Stato, per quanto in precedenza illustrato.

1.3.– In via ulteriormente subordinata – e, quindi, qualora questa Corte ritenesse non solo vigente e quindi applicabile alla Regione autonoma Sardegna il menzionato art. 1, comma 321, per le annualità a partire dal 2010, ma altresì di doverlo interpretare in modo difforme da quanto dianzi prospettato – la ricorrente sollecita questa Corte a sollevare innanzi a sé la questione di legittimità costituzionale del suddetto articolo.

2.− In considerazione della connessione soggettiva e oggettiva e della sostanziale identità delle censure proposte, i ricorsi vanno trattati congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.

3.– I conflitti sono ammissibili.

Non può essere accolta l’eccezione, avanzata dalla difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo cui la Regione autonoma Sardegna non avrebbe tempestivamente impugnato la legge n. 296 del 2006, della quale i decreti costituirebbero mera attuazione.

I ricorsi in esame, infatti, sono prospettati non in relazione alla lesività delle disposizioni legislative richiamate nella parte motiva dei decreti, bensì con riguardo al contrasto con le norme di attuazione dello statuto speciale (artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016), vigenti al momento dell’emanazione dei decreti stessi.

Al riguardo, non appare conferente il richiamo della sentenza di questa Corte n. 144 del 2013, con cui è stata dichiarata l’inammissibilità del conflitto proposto dalla Regione Siciliana avverso il decreto del Direttore generale delle finanze e del Ragioniere generale dello Stato 2 aprile 2012 (Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per gli anni 2006 e 2007, ai sensi dell’articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), relativo agli anni 2006 e 2007. Allora questa Corte ha ritenuto che le doglianze della Regione Siciliana, a differenza di quanto prospettato nei ricorsi in esame, fossero rivolte a un atto meramente attuativo dei commi 321 e 322 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006, non tempestivamente impugnati, e quindi divenuti intangibili nella loro precettività, in quanto disposizioni ritenute applicabili, sin dal momento della loro emanazione, anche alla Regione Siciliana.

In sostanza, nel caso odierno, a parte l’identità delle disposizioni legislative richiamate nei decreti, risulta assolutamente differente il quadro normativo in cui detti decreti sono stati adottati – e a cui i ricorsi per conflitto di attribuzioni fanno riferimento – poiché viene censurato il preteso contrasto con disposizioni diverse dal citato art. 1, commi 321 e 322, della legge n. 296 del 2006 e a esso sopravvenute.

Non può essere accolta neppure l’eccezione d’inammissibilità sollevata dal resistente in ordine alla partecipazione della Regione alla Conferenza Stato-Regioni che avrebbe determinato l’acquiescenza alle decisioni maturate in quella sede.

Indipendentemente dai fatti in contestazione tra le parti, riguardanti le modalità di espressione del dissenso in Conferenza, nei giudizi per conflitto di attribuzioni l’eventuale «adesione della ricorrente all’intesa non pregiudica, di regola, l’interesse a ricorrere, stante l’indisponibilità delle attribuzioni costituzionali di cui si controverte in tali giudizi (sentenze n. 130 del 2014, n. 275 del 2011, n. 95 del 2003)» (sentenza n. 36 del 2018).

4.– Nel merito, i ricorsi sono fondati in riferimento agli artt. 7, 8, 54 e 56 dello statuto speciale della Regione autonoma Sardegna nonché agli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016.

4.1.– Ai fini della presente decisione non rileva la cronologia della cosiddetta "vertenza entrate” tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna che si è dipanata attraverso complessi orditi normativi e relative controversie a far data dall’anno 2011, vicende già illustrate da questa Corte nella sentenza n. 6 del 2019.

I conflitti in esame sono caratterizzati da una duplice modificazione statutaria riguardante la Regione autonoma Sardegna che, benché attuata in momenti diversi, ha trovato applicazione completa solo a decorrere dal 1° gennaio 2010: a) quella dell’art. 54 – ad opera dell’art. 3 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano) –, il quale ha previsto per la parte finanziaria dello statuto un procedimento speciale; b) quella dell’art. 8 – a opera dell’art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006 –, il quale al primo comma, lettera m), prevede una compartecipazione di sette decimi alle entrate erariali dirette o indirette pertinenti al territorio regionale. A tali modifiche si aggiungono gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016 che disciplinano il regime delle riserve erariali e la decorrenza della compartecipazione.

Prima dell’entrata a regime della modifica statutaria (1° gennaio 2010), il gettito della tassa automobilistica nella Regione autonoma Sardegna era, alla luce del previgente art. 8 dello statuto speciale, di totale spettanza erariale e non compartecipato, come oggi avviene, per i predetti sette decimi. Poiché il comma 321 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 ha ridotto i trasferimenti in misura pari al maggior gettito derivante alle Regioni, quest’ultimo non veniva assoggettato, con riguardo alla ricorrente, a "riserva”, essendo la Regione autonoma Sardegna esclusa in radice da ogni spettanza in ordine alla tassa in considerazione, come peraltro confermato dai decreti attuativi dell’art. 1, commi 321 e 322, della legge n. 296 del 2006 relativi alle annualità precedenti al 2010.

A partire da quest’ultima annualità, invece, il gettito della tassa automobilistica è compartecipato dalla Regione autonoma Sardegna e soggetto alle sole deroghe previste dall’art. 15 del d.lgs. n. 114 del 2016, successivamente intervenuto.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, le norme di attuazione prevalgono, nell’ambito della loro competenza, sulle stesse leggi ordinarie: «le norme di attuazione dello statuto speciale si basano su un potere attribuito dalla norma costituzionale in via permanente e stabile (sentenza n. 212 del 1984; v. anche sentenza n. 160 del 1985), la cui competenza ha "carattere riservato e separato rispetto a quella esercitabile dalle ordinarie leggi della Repubblica” (sentenza n. 213 del 1998; n. 137 del 1998; n. 85 del 1990; n. 160 del 1985; n. 212 del 1984; n. 237 del 1983). Le predette norme di attuazione, pertanto, prevalgono, nell’ambito della loro competenza, sulle stesse leggi ordinarie […] (sentenza n. 213 del 1998; n. 212 del 1984; n. 151 del 1972)» (sentenza n. 341 del 2001).

I decreti in questione, emanati all’indomani dell’entrata in vigore delle suddette norme di attuazione statutaria, riguardano le annualità 2012-2013 e, dunque, rientrano nell’ambito applicativo – decorrente dal 1° gennaio 2010 – del combinato disposto dell’art. 8 dello statuto e dell’art. 14 delle norme di attuazione.

4.2.– Nel caso in esame, comunque, l’illegittimità dei decreti, nella parte riferita alle regolazioni finanziarie tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna, deriva, indipendentemente dal principio di prevalenza della fonte, direttamente dal principio di successione delle leggi nel tempo, in ragione del loro patente contrasto con le norme di attuazione dello statuto speciale (artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016), sopravvenute alla legge n. 296 del 2006 e in vigore al momento dell’emanazione dei suddetti decreti.

Infatti, questi ultimi non tengono conto, nelle rispettive tabelle C e B, del fatto che le regolazioni a carico della Regione autonoma Sardegna, di euro 3.136.759,98 per l’esercizio 2012 e di euro 2.817.523,18 per l’anno 2013, non possono essere effettuate, poiché l’art. 8, lettera m), dello statuto speciale fissa la compartecipazione regionale nella misura dei sette decimi del gettito del tributo in esame e l’art. 15, comma 1, delle norme attuative stabilisce che tale compartecipazione non può essere oggetto di riserva erariale. Ciò a eccezione delle ipotesi in cui, sussistendo «eventi eccezionali e imprevedibili, previa comunicazione alla Regione Autonoma della Sardegna, il gettito derivante dall’istituzione di nuovi tributi o da maggiorazioni di aliquote determinati con legge statale può essere riservato allo Stato, a condizione che il medesimo gettito sia specificamente finalizzato alla copertura degli oneri derivanti dagli eventi anzi detti, sia temporalmente delimitato e distintamente contabilizzato nel bilancio statale» (art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 114 del 2016).

Il successivo art. 18, comma 1, precisa inoltre che «[l]e disposizioni del presente decreto legislativo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2010».

Alla luce di tale quadro normativo va condiviso l’assunto della ricorrente secondo cui le sono state sottratte risorse attribuite direttamente dallo statuto speciale e dalle norme di attuazione, con conseguente pregiudizio per l’autonomia finanziaria regionale presidiata dall’art. 7 del medesimo statuto.

I decreti impugnati, in quanto successivi ai predetti artt. 15 e 18, avrebbero dovuto, dunque, conformarsi alle previsioni di questi ultimi, con conseguente esclusione della Regione autonoma Sardegna dalla regolazione in esame.

È di tutta evidenza, infatti, che detta regolazione non è in alcun modo ascrivibile alle eccezionali ipotesi di deroga previste dall’art. 15, così come non v’è dubbio che la decorrenza dal 2010 prevista dall’art. 18 esclude qualsiasi interpretazione idonea a legittimare l’indebito prelievo statale.

5.– In definitiva, non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica, adottare nei confronti della Regione autonoma Sardegna le regolazioni contabili previste dai decreti ministeriali 21 settembre 2016 e 8 maggio 2017, i quali devono essere pertanto annullati in parte qua.

Restano assorbite le altre censure proposte dalla Regione autonoma ricorrente.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara che non spettava allo Stato adottare il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 21 settembre 2016 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l’anno 2012), di concerto con il Capo del dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il Capo del dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, nella parte in cui la Regione autonoma Sardegna è chiamata a versare la somma di euro 3.136.759,98 sul capitolo 2368, art. 6, capo X, dell’entrata di previsione dello Stato, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto, inutilmente decorsi i quali al suo recupero si provvede mediante corrispondente riduzione delle somme iscritte sul capitolo 2790 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze;

2) annulla per l’effetto, in parte qua, il decreto indicato al punto che precede;

3) dichiara che non spettava allo Stato adottare il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il dipartimento della funzione pubblica 8 maggio 2017 (Determinazione del maggiore gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, ai sensi dell’art. 1, commi 321 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l’anno 2013), nella parte in cui la Regione autonoma Sardegna è chiamata a versare la somma di euro 2.817.523,18 sul capitolo 2368, art. 6, capo X, dell’entrata di previsione dello Stato, entro sessanta giorni dalla pubblicazione del decreto, inutilmente decorsi i quali al suo recupero si provvede mediante corrispondente riduzione delle somme iscritte sul capitolo 2790 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze;

4) annulla per l’effetto, in parte qua, il decreto indicato al punto che precede.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 2019.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2019.