Sentenza n. 235 del 2018

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SENTENZA N. 235

ANNO 2018

 

Commento alla decisione di

 

Patrizia Vipiana

Il dibattito pubblico per la prima volta al vaglio della Corte costituzionale

 

per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Giorgio                       LATTANZI                                       Presidente

-      Aldo                           CAROSI                                            Giudice

-      Marta                          CARTABIA                                              ”

-      Mario Rosario             MORELLI                                                 ”

-      Giancarlo                    CORAGGIO                                             ”

-      Giuliano                      AMATO                                                    ”

-      Silvana                        SCIARRA                                                 ”

-      Daria                           de PRETIS                                                ”

-      Nicolò                         ZANON                                                    ”

-      Franco                        MODUGNO                                             ”

-      Augusto Antonio       BARBERA                                               ”

-      Giulio                         PROSPERETTI                                         ”

-      Giovanni                     AMOROSO                                               ”

-      Francesco                   VIGANÒ                                                  ”

-      Luca                           ANTONINI                                               ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 2, 5, e 12, della legge della Regione Puglia 13 luglio 2017, n. 28 (Legge sulla partecipazione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 14-19 settembre 2017, depositato in cancelleria il 20 settembre 2017, iscritto al n. 74 del registro ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nella udienza pubblica del 9 ottobre 2018 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marina Altamura per la Regione Puglia.

Ritenuto in fatto

1.− Con ricorso n. 74 del 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto l’art. 7, commi 2, 5 e 12, della legge della Regione Puglia 13 luglio 2017, n. 28 (Legge sulla partecipazione), per violazione degli artt. 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, e 118 della Costituzione.

La legge censurata disciplina le modalità e gli strumenti di partecipazione alla elaborazione delle politiche pubbliche regionali e locali.

Il ricorrente rileva che l’impugnato art. 7 − avente ad oggetto il dibattito pubblico su opere, progetti o interventi di particolare rilevanza per la comunità regionale in materia ambientale, paesaggistica, sociale, territoriale, culturale ed economica −, ai commi 2, 5 e 12, prevede strumenti di partecipazione anche riguardo ad opere statali che, invece, esulerebbero dalla competenza regionale, stabilendo, anche con riferimento ad esse, che sia svolto un dibattito pubblico a livello regionale. In tal modo interferirebbe con l’ulteriore e distinto dibattito previsto, per le opere pubbliche nazionali, dalla legislazione statale di riferimento, così violando l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., «atteso che le norme regionali (così come formulate) interve[rrebbero] in ambiti regolatori espressamente riservati alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in punto di determinazione dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali»; l’art. 117, terzo comma, Cost., per violazione dei princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», dettati dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia); l’art. 118, Cost., «in quanto le menzionate norme regionali comport[erebbero] un’interferenza con l’attività amministrativa di competenza dello Stato, ed in particolare con i procedimenti riguardanti il dibattito pubblico per i progetti di competenza statale»; l’art. 97, primo comma, Cost., in quanto verrebbero introdotti ingiustificati aggravamenti procedimentali in violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa.

2.− Tanto premesso, vengono sviluppate singole argomentazioni con riferimento alle specifiche disposizioni.

Innanzitutto, relativamente al comma 2 del censurato art. 7 − il quale prevede che venga disposto il dibattito pubblico regionale, per: «a) le opere di iniziativa pubblica che comportano investimenti complessivi superiori a euro 50 milioni; b) fatto salvo quanto previsto dall’articolo 9, le previsioni di localizzazione contenute in piani regionali in relazione a opere nazionali che comportano investimenti complessivi superiori a euro 50 milioni; c) per le opere pubbliche e private che comportano investimenti complessivi fino a euro 50 milioni, che presentino rilevanti profili di interesse regionale», e quindi anche per opere che possono risultare di competenza statale –, il ricorrente rileva un contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Tale disposizione, infatti, interverrebbe in un ambito (quello della realizzazione di opere pubbliche di competenza statale) in cui viene in gioco la regolazione delle prestazioni minime concernenti i diritti civili e sociali, prestazioni che, nel caso di specie, risulterebbero sussumibili nel paradigma della concertazione di cui all’art. 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) ed all’art. 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).

Nello specifico, viene segnalato che strumenti di partecipazione analoghi a quelli disciplinati dalla normativa regionale sono previsti in materia ambientale dal citato art. 24-bis, il quale dispone che l’autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all’art. 24, comma 3, primo periodo, si svolga nelle forme dell’inchiesta pubblica. Posto che per «autorità competente» deve intendersi (ai sensi dell’art. 5, lettera p, dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006) «la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l’elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l’adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l’esercizio», solo per i progetti di competenza regionale essa coinciderebbe con la Regione, mentre per i progetti di competenza statale e per i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sulle città e sull’assetto del territorio (di cui all’art. 22 del d.lgs. n. 50 del 2016), essa andrebbe individuata nell’autorità nazionale competente a disporre e gestire il dibattito pubblico.

Per quanto riguarda il comma 5 del medesimo art. 7 − il quale dispone che il dibattito pubblico regionale si svolga per determinate opere nazionali per le quali la Regione è chiamata ad esprimersi – ed, in particolare, la previsione relativa alle opere di cui alle lettere b), c) e g) (elettrodotti, impianti per il trasporto o lo stoccaggio di combustibili, trivellazioni a terra e a mare per la ricerca e produzione di idrocarburi), il ricorrente segnala che verrebbero dettate disposizioni preliminari al rilascio dell’intesa prevista dall’art. 1, comma 7, lettera n), della legge n. 239 del 2004, mentre ogni provvedimento finalizzato alla costruzione e all’esercizio delle opere individuate dalle predette lettere è demandato alla competenza statale, secondo quanto disposto dal sopra citato comma 7. In particolare, l’art. 7, comma 5, seconda parte della lettera g), della legge reg. Puglia n. 28 del 2017 eccederebbe dalle proprie competenze relativamente alle trivellazioni «a mare» per la ricerca e la produzione di idrocarburi, le quali rientrerebbero in ambito di competenza statale, come ribadito dalla Corte costituzionale da ultimo con sentenza n. 39 del 2017. La legge regionale impugnata si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale dettato dal legislatore nel citato comma 7, che riserva allo Stato la materia in questione. Essa, nello stabilire il proprio ambito di operatività, lungi dal porre mere norme di dettaglio, modificherebbe la disciplina unitaria dell’accesso alle attività di ricerca e coltivazione degli idrocarburi, funzionale al raggiungimento degli obiettivi della politica energetica nazionale, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost. in relazione ai princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», dettati dalla legge n. 239 del 2004.

Quanto al comma 12 dell’art. 7 − il quale prevede che, all’esito del dibattito pubblico, il soggetto titolare dell’opera, in accoglimento di quanto emerso dal dibattito, possa dichiarare di rinunciare all’opera, al progetto o all’intervento −, il ricorrente sostiene che esso conferirebbe all’inchiesta regionale «un’indebita rilevanza determinante sul dibattito pubblico nazionale».

Tale previsione sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost., poiché condizionerebbe il rilascio dell’intesa regionale allo svolgimento di un dibattito pubblico «a regia regionale», intervenendo in una materia di competenza esclusiva statale (quale quella relativa alle opere pubbliche di interesse nazionale) ed in una materia a legislazione concorrente (quale quella relativa all’energia). Essa contrasterebbe con la normativa statale «che definisce in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione delle opere, riconoscendo un ruolo fondamentale agli organi statali nell’esercizio delle corrispondenti funzioni amministrative, a fronte di esigenze di carattere unitario».

Le norme regionali impugnate comporterebbero, inoltre, un’interferenza con attività amministrative di competenza dello Stato, ed in particolare con i procedimenti riguardanti il dibattito pubblico per i progetti di competenza statale, così violando l’art. 118 Cost.

Viene dunque segnalato che i menzionati commi 2, 5 e 12 dell’art. 7 della legge regionale in esame introdurrebbero un’alterazione nel procedimento di composizione d’interessi confliggenti nell’ambito dell’inchiesta pubblica, disciplinato dal legislatore statale nell’art. 24-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, da ritenersi norma afferente ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., e, in quanto tale, suscettibile di modificazioni solo ad opera del legislatore statale, cui è riconosciuta competenza legislativa esclusiva nella materia de qua.

Il ricorrente rimarca che le norme censurate comporterebbero un’alterazione del quadro normativo tracciato dal legislatore statale e una disparità di trattamento degli impianti delle infrastrutture collocati nella Regione Puglia, introducendo ulteriori oneri procedimentali, doppiando la consultazione pubblica già svolta dall’autorità statale competente, con tempi ingiustificatamente prolungati, sottraendo tra l’altro tali impianti e infrastrutture ad una valutazione unitaria, di competenza statale, volta a tracciare le linee fondamentali della politica energetica dell’assetto del territorio nazionale, fondamentali per stimolare la ripresa economica del Paese.

Infine − sostiene ancora il ricorrente − siffatta alterazione del quadro normativo, introducendo ulteriori oneri procedimentali e tempi ingiustificatamente prolungati, violerebbe il principio di buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97, primo comma, Cost.

3.− Con memoria depositata il 23 ottobre 2017 si è costituita la Regione Puglia, chiedendo che venga dichiarata l’inammissibilità o l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, innanzitutto in quanto le censure sollevate muoverebbero da una errata «lettura interpretativa» dell’art. 7 della legge reg. Puglia n. 28 del 2017.

Esaminando la citata legge regionale nella sua interezza risulterebbe infatti evidente che essa circoscrive puntualmente il proprio ambito applicativo, limitandolo al perimetro della competenza legislativa e amministrativa riservata dalla Costituzione alla potestà regionale, senza prevedere alcuna deroga ai termini o alle modalità delle ipotesi di partecipazione prescritte dalla normativa statale.

La Regione Puglia − riportando alcune disposizioni che delimiterebbero l’ambito applicativo del dibattito pubblico, quali gli artt. 3, commi 3 e 4, 4, comma 8, 7, comma 6, 9 e 19, commi 1 e 2 − sottolinea che una lettura sistematica della legge impugnata indurrebbe ad escludere qualsivoglia invasione delle competenze legislative statali, aggravio procedimentale o, ancora, tentativo di sovrapposizione o modifica della disciplina statale nelle materie di sua competenza esclusiva.

Il rispetto delle norme statali costituirebbe, infatti, la premessa per l’operatività degli istituti di partecipazione introdotti dalla Regione Puglia, i quali potrebbero essere attuati solo nel rispetto della normativa nazionale, con tempi e modalità con essa compatibili.

Del resto, l’istituto partecipativo in esame sarebbe ben lontano dal prevedere ingiustificati oneri procedimentali, posto che, al contrario, mirerebbe a promuovere la partecipazione democratica nei processi decisionali regionali, come espressamente indicato nell’art. 1 della legge impugnata, tra essi comprendendo le ipotesi in cui la Regione sia chiamata a esprimersi su determinate opere nazionali elencate nel censurato art. 7, comma 5.

Tanto premesso, la Regione sostiene l’inammissibilità e l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale per mancato esperimento del tentativo d’interpretazione conforme a Costituzione delle impugnate disposizioni.

Trattando nel merito le specifiche censure, viene, innanzitutto, esclusa la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., posto che, per consolidata giurisprudenza costituzionale, essa si potrebbe configurare solo in quanto il livello essenziale della prestazione venga determinato dalla Regione al di sotto di quello minimo fissato a livello statale, non già quando venga disciplinato in senso migliorativo rispetto a quest’ultimo, come, appunto, nel caso in esame.

Con riferimento, poi, alla previsione della consultazione pubblica nell’ambito di specifiche materie rimesse alla disciplina dello Stato (come la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi), la Regione esclude un’invasione della competenza statale, ribadendo che il dibattito pubblico introdotto dalla impugnata legge regionale sarebbe finalizzato a informare e a far partecipare, mediante confronto, i cittadini e i residenti nel territorio pugliese alla scelta sulla quale la Regione Puglia viene chiamata ad esprimersi ai sensi dell’art. l, comma 7, lettera n), della legge n. 239 del 2004. Viene rimarcato che la circostanza che l’intesa prevista dalla legge statale venga espressa dalla Regione Puglia a seguito di un confronto pubblico non potrebbe in alcun modo costituire una lesione della competenza dell’autorità nazionale, posto che essa non sostituirebbe − ma tutt’al più precederebbe − la procedura di inchiesta pubblica di cui all’art. 24-bis del d.lgs. n. 152 del 2006.

La Regione, inoltre, esclude che la realizzazione dell’opera dipenderebbe dall’esito del dibattito pubblico pugliese, in quanto − viene sottolineato ancora una volta − la previsione di cui all’art. 7, comma 12, della legge reg. Puglia n. 28 del 2017 dev’essere inserita nel contesto dell’intera normativa regionale e applicata nei limiti di compatibilità, sanciti dall’art. 19, commi 1 e 2, e dallo stesso art. 7, comma 6, della medesima legge impugnata.

Dalla disciplina regionale nel suo complesso emergerebbe chiaramente che la Regione Puglia non potrebbe dichiarare di rinunciare all’opera nazionale ma, nei casi in cui sia chiamata ad esprimersi, potrebbe semplicemente esporre la propria posizione, tenendo conto del risultato dell’iniziativa di partecipazione pubblica preventivamente esperita a livello regionale. Viene comunque ribadito che le modalità per il superamento di eventuali stati di stallo ingenerati dal perdurante dissenso fra le parti resterebbero in ogni caso rimesse al legislatore statale.

In via conclusiva, la Regione rileva che la legge censurata, nel prevedere la partecipazione dei cittadini e dei residenti pugliesi al confronto pubblico in merito a opere che − anche se di competenza nazionale − presentino profili di interesse regionale, non contrasterebbe con il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, ed anzi potenzierebbe i princìpi di trasparenza e partecipazione.

Sottolinea, infine, anche in risposta al paventato rischio di disparità di trattamento sul territorio nazionale, che la Puglia non è l’unica Regione italiana ad aver sentito l’esigenza di assicurare e garantire, nei limiti della propria competenza legislativa, una maggiore informazione e partecipazione alle scelte di interesse regionale da parte della collettività residente sul territorio, e, in proposito, rammenta, in particolare, la legge della Regione Toscana 2 agosto 2013, n. 46 (Dibattito pubblico regionale e promozione della partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali), la quale ha statuito analoghe ipotesi di dibattito pubblico, con modalità di attuazione di tale istituto (artt. 7 e 8) del tutto simili a quelle introdotte dalla legge regionale pugliese.

4.− In data 18 settembre 2018, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria, ripercorrendo le argomentazioni poste a supporto delle proprie censure nel ricorso.

In particolare, in risposta alle osservazioni della Regione, che sostiene una lettura costituzionalmente orientata delle norme impugnate alla luce del contenuto della legge regionale nella sua interezza ed in particolare delle disposizioni che affermano il rispetto della normativa nazionale quale presupposto e limite per l’operatività della disciplina regionale, l’Avvocatura afferma, per tali disposizioni, la natura di «mere affermazioni di stile».

Quanto, poi, alla censura relativa all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., viene segnalato che non sarebbe dirimente l’asserito rafforzamento della tutela da parte della Regione essendo contestata, a monte, l’invasione, ad opera della impugnata legge regionale, dell’ambito relativo al dibattito pubblico sulle cosiddette grandi opere di rilevanza ed interesse nazionale, ambito di competenza esclusiva statale.

Tale invasione − viene ancora osservato − sarebbe resa ancor più evidente dalla recente adozione del d.P.C.m. 10 maggio 2018, n. 76 (Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico), in attuazione dell’art. 22 del d.lgs. n. 50 del 2016, che disciplina le modalità di gestione e svolgimento del dibattito pubblico.

5.− In medesima data, la Regione Puglia ha depositato memoria, con la quale si ribadisce la piena compatibilità della disciplina regionale «con l’indiscussa competenza statale sulle opere regionali».

Lo spazio operativo del dibattito pubblico disciplinato dalla legge regionale, infatti, andrebbe individuato nella fase preliminare all’espressione del parere o al rilascio dell’intesa regionale, fase nella quale viene innestato tale istituto di democrazia partecipativa in omaggio «al favor verso istituti di democrazia, di cui all’art. 123 Cost.

La Regione rileva che la delimitazione dell’operatività dello strumento partecipativo regionale alle specifiche ipotesi di concertazione previste dalla normativa statale porterebbe ad escludere altresì la paventata violazione degli artt. 117, secondo e terzo comma, e 118 Cost., con specifico riferimento alle trivellazioni a mare. Anche in queste ipotesi − rimarca la Regione − il dibattito regionale si collocherebbe in una fase precedente all’espressione dell’intesa prevista dall’art. 1, comma 7, della legge n. 239 del 2004, considerando, del resto, che il prodotto dell’istituto partecipativo sarebbe un documento di proposta partecipativa privo di carattere prescrittivo.

Del resto − rimarca la Regione − la procedura partecipativa costituirebbe attuazione dell’art. 5 Cost., in quanto tesa a consentire alle specifiche peculiarità territoriali di trovare spazio e riconoscimento in una fase di competenza regionale destinata a confluire nei procedimenti di concertazione previsti dalle leggi nazionali.

Quanto alla specifica censura relativa al comma 12 dell’impugnato art. 7 con riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost., viene ribadito che il coordinamento con gli ordinamenti comunitario e nazionale porterebbe ad affermare con certezza che, nelle ipotesi di dibattito pubblico su opere nazionale, la Regione, essendo chiamata solo ad esprimere un parere o un’intesa, non potrebbe essere considerata titolare della realizzazione dell’opera e pertanto non potrebbe in alcun modo rinunciare ad essa. Analoghe considerazioni sono mosse con riferimento alla censura relativa all’art. 118 Cost., ribadendo che il dibattito regionale si collocherebbe in una fase preliminare e non inciderebbe su alcuna prerogativa statale, in quanto verrebbe esercitata in una fase precedente alla procedura concertativa statale, di gestione esclusiva della competente autorità nazionale.

Vengono, infine, ricordate la clausola di compatibilità della normativa regionale con quella statale e la espressa cedevolezza della prima rispetto alla seconda, nonché la ratio sottesa alla disciplina regionale, la quale avrebbe creato uno strumento di democrazia partecipativa per dare voce alle peculiarità territoriali, anche al fine di prevenire i conflitti e convogliare all’interno del circuito democratico i dissensi extraistituzionali che in svariate ipotesi hanno pesantemente interferito con la realizzazione di opere di interesse nazionale.

La Regione rimarca, infine, che non potrebbe derivare alcun contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione da un istituto che è frutto della scelta della massima apertura partecipativa in omaggio al principio di amministrazione condivisa.

Considerato in diritto

1.− Con ricorso iscritto al n. 74 del reg. ric. del 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, e 118 della Costituzione, dell’art. 7, commi 2, 5 e 12, della legge della Regione Puglia 13 luglio 2017, n. 28 (Legge sulla partecipazione), il quale, nel disciplinare le modalità del dibattito pubblico su opere, progetti o interventi di particolare rilevanza per la comunità regionale, in materia ambientale, paesaggistica, sociale, territoriale, culturale ed economica, prevede che esso sia svolto anche per opere nazionali.

Secondo il ricorrente ciò determinerebbe un’indebita interferenza con il dibattito previsto dalla legislazione statale di riferimento, in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., atteso che il legislatore regionale interverrebbe in un ambito (quello della realizzazione di opere pubbliche) in cui viene in gioco la regolazione delle prestazioni minime concernenti i diritti civili e sociali espressamente riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. La normativa regionale impugnata violerebbe inoltre l’art. 117, terzo comma, Cost., per contrasto con i princìpi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», dettati dalla legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), ed in particolare dall’art. 1, comma 7, lettera n); l’art. 118, Cost., a causa della conseguente interferenza con l’attività amministrativa di competenza dello Stato, ed in particolare con i procedimenti riguardanti il dibattito pubblico per i progetti di competenza statale; ed, infine, l’art. 97, primo comma, Cost., per l’introduzione di ingiustificati aggravamenti procedimentali.

2.− La legge in esame, nell’introdurre diverse modalità di coinvolgimento di soggetti e di istituzioni nel processo decisionale su opere e progetti o interventi di particolare rilevanza per la comunità di riferimento, disciplina, in particolare, il dibattito pubblico regionale.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 7 il dibattito pubblico è disposto, oltre che nelle ipotesi previste dalla normativa nazionale, per le opere di iniziativa pubblica che comportano investimenti complessivi superiori a euro 50 milioni; per le previsioni di localizzazione contenute in piani regionali in relazione a opere nazionali che comportano investimenti complessivi superiori a euro 50 milioni; per le opere pubbliche e private che comportano investimenti complessivi fino a euro 50 milioni, che presentino rilevanti profili di interesse regionale.

La formulazione, dunque, nella sua ampiezza e genericità, si riferisce anche alle opere nazionali e, del resto, il successivo comma 5 indica espressamente che il dibattito pubblico si svolge su specifiche tipologie di opere nazionali in ordine alle quali la Regione Puglia è «chiamata ad esprimersi» (infrastrutture stradali e ferroviarie; elettrodotti, impianti per il trasporto o lo stoccaggio di combustibili; porti e aeroporti; bacini idroelettrici e dighe; reti di radiocomunicazione, trivellazioni a terra e a mare per la ricerca e produzione di idrocarburi).

3.− Presupposto di tale disciplina è la tesi che, in presenza di atti di emanazione regionale, la Regione abbia il potere di disciplinare il dibattito pubblico, da indire a cura della stessa Regione.

Sennonché gli atti in questione, quali intese o pareri, sono atti del procedimento e, quindi, sono destinati a confluire nel procedimento statale di deliberazione dell’opera, e ne sono parte integrante, al contrario, ad esempio, della valutazione di impatto ambientale che è un procedimento autonomo, sia pure collegato. Per essi, pertanto, non può non tenersi conto della disciplina del dibattito pubblico dettata dal titolare della funzione, ossia lo Stato.

3.1.− L’art. 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), occupandosi delle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio, individua nell’amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore proponente l’opera il titolare del potere di indire il dibattito e prevede che tutte le parti coinvolte possano esprimere la propria opinione e confrontarsi con posizioni diverse e contrapposte.

L’articolo rinvia, poi, per la disciplina dell’istituto, ad un apposito regolamento, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 10 maggio 2018, n. 76 (Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico).

3.2.− Il decreto, innanzitutto, specifica modalità di iniziativa e svolgimento del dibattito pubblico.

Esso si occupa, in particolare, del rapporto con le realtà territoriali coinvolte dall’opera e le relative istituzioni, disponendo, all’art. 8, che il dibattito pubblico debba essere «organizzato e gestito in relazione alle caratteristiche dell’intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento» e che debba «consistere in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati»; esso prevede, inoltre, la pubblicazione del dossier di progetto dell’opera, di cui all’art. 7, comma 1, lettera a), anche sui siti delle amministrazioni locali interessate dall’intervento. Su questi ultimi, ai sensi del successivo art. 9, vanno, poi, pubblicati i risultati delle consultazioni svolte nell’ambito del dibattito pubblico.

Inoltre, all’art. 3 il decreto prevede che il dibattito − al di fuori delle ipotesi, relative alle opere rientranti nell’Allegato 1 del medesimo decreto, in cui è obbligatorio − possa essere disposto, per le opere elencate nello stesso Allegato 1, ma di importo compreso tra la soglia ivi indicata e due terzi della medesima, su richiesta, tra l’altro, di un Consiglio regionale o di una Provincia o di una Città metropolitana o di un Comune capoluogo di provincia territorialmente interessati dall’intervento, oltre che di uno o più consigli comunali o di unioni di Comuni, se complessivamente rappresentativi di almeno 100.000 abitanti, nonché di almeno 50.000 cittadini elettori nei territori in cui è previsto l’intervento o di almeno un terzo dei cittadini elettori per gli interventi che interessano le isole con non più di 100.000 abitanti e per il territorio di Comuni di montagna.

È, poi, espressamente sancito che l’attività di monitoraggio della Commissione nazionale per il dibattito pubblico di cui all’art. 4 del decreto − attività relativa al corretto svolgimento della procedura di dibattito pubblico ed al rispetto della partecipazione del pubblico, nonché alla necessaria informazione durante la procedura ed alla idoneità e tempestività della pubblicità ed informazione in materia − debba svolgersi anche a livello territoriale, con il coinvolgimento attivo degli enti territoriali interessati dalla realizzazione dell’opera. Essi possono segnalare alla Commissione eventuali criticità relative alle modalità operative e tecniche di svolgimento del dibattito pubblico e sono abilitati a collaborare al fine di individuare le soluzioni migliori per le comunità locali. Sempre ai sensi del citato art. 4, per le attività istruttorie, nel caso di opere di interesse regionale, la Commissione si avvale del supporto tecnico-amministrativo degli uffici regionali allo specifico scopo individuati.

A ciò si aggiunge la previsione, ai sensi del successivo art. 5, della comunicazione alle amministrazioni territoriali interessate dall’intervento, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice o dell’ente aggiudicatore, dell’indizione del procedimento del dibattito pubblico per la tempestiva pubblicazione sui relativi siti.

4.− Si tratta, dunque, di una disciplina esaustiva dell’istituto alla cui stregua, da una parte, è da escludere che soggetti diversi da quelli individuati, possano prendere l’iniziativa; dall’altra, vi è la garanzia che vengano adeguatamente in rilievo le esigenze e i problemi dei territori incisi dall’opera, atteso che le posizioni emergenti a livello locale, facenti capo a soggetti pubblici e privati, possono e debbono trovare spazio nel dibattito pubblico statale, il quale, per come strutturato, è fisiologicamente teso a consentire di convogliare in tale sede contributi, confronti e conflitti con cittadini, associazioni ed istituzioni di ogni livello.

5.− L’intervento del legislatore regionale comporta dunque l’interferenza lamentata dal ricorrente e quindi la violazione dell’art. 118, primo comma, Cost.

6.− Tale intervento appare peraltro ingiustificato anche sotto altro e sostanziale profilo.

6.1.− L’assetto dato a questa fondamentale fase del procedimento deve, infatti, ritenersi un ragionevole punto di equilibrio fra le esigenze della partecipazione e quelle dell’efficienza.

Non vi è dubbio che, come evidenzia anche il Consiglio di Stato nel proprio parere n. 855 del 1° aprile 2016 sullo schema di decreto legislativo recante «Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione», il dibattito pubblico sia «uno strumento essenziale di coinvolgimento delle collettività locali nelle scelte di localizzazione e realizzazione di grandi opere aventi rilevante impatto ambientale, economico e sociale sul territorio coinvolto».

Esso configura, analogamente all’inchiesta pubblica prevista dall’art. 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), una fondamentale tappa nel cammino della cultura della partecipazione, rappresentata da un modello di procedimento amministrativo che abbia, tra i suoi passaggi ineliminabili, il confronto tra la pubblica amministrazione proponente l’opera e i soggetti, pubblici e privati, ad essa interessati e coinvolti dai suoi effetti, alimentandosi così un dialogo che, da un lato, faccia emergere eventuali più soddisfacenti soluzioni progettuali, e, dall’altra, disinneschi il conflitto potenzialmente implicito in qualsiasi intervento che abbia impatto significativo sul territorio.

Ma proprio perché si è in presenza di un prezioso strumento della democrazia partecipativa, se ne devono evitare abusi e arbitrarie ripetizioni, in particolare con riferimento ai diversi piani (statale e regionale) su cui lo stesso deve svolgersi, pena un ingiustificato appesantimento dell’intera procedura.

6.2.− Ciò è appunto quanto si verifica nel caso in questione, in cui il dibattito pubblico previsto dal legislatore regionale costituisce una duplicazione di quello previsto dalla normativa statale e quindi comporta prolungamenti dei tempi dell’azione amministrativa e un aggravamento degli oneri procedimentali senza che ne sussista alcuna giustificazione.

Significativa a tal fine la previsione contenuta nel comma 9 − non impugnato −, secondo cui è possibile la «sospensione dell’adozione o dell’attuazione di atti di competenza regionale connessi all’intervento oggetto del dibattito pubblico». Questa facoltà riconosciuta in capo alla Regione concreta proprio il paventato rischio di abuso dell’istituto, consentendo, tramite l’astensione dall’adozione dell’atto di propria competenza, di bloccare la realizzazione dell’opera per un tempo indefinito.

E ciò senza considerare che la sospensione in sé è incompatibile con la logica stessa della partecipazione regionale che, quale che sia l’atto in cui sostanzia, deve rispettare il canone della leale collaborazione, che impedisce di opporre preclusioni pregiudiziali, sia pure temporanee.

6.3.− Né muta la portata di tale preoccupante quadro normativo il richiamo, contenuto nell’incipit dello stesso comma 9, al rispetto di quanto disposto dagli artt. 2 e 21-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Premessa, infatti, la genericità di tale previsione, va considerato che la disciplina in questione è concepita per i procedimenti diretti all’adozione d’ufficio di atti produttivi di effetti nella sfera giuridica dei destinatari e per quelli volti a rispondere ad una istanza di parte, nei quali viene, cioè, in rilievo un interesse pretensivo od oppositivo cui deve essere garantito tempestivo soddisfacimento. Essi non riguardano, invece, procedure prive di destinatari specifici – come quelle finalizzate all’approvazione del progetto −, relativamente alle quali mancano puntuali cadenze temporali.

7.− Risulta dunque fondata anche la censura dedotta dal ricorrente di violazione dell’art. 97, primo comma, Cost. per lesione del principio di buon andamento dell’amministrazione.

8.− Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale − per violazione degli artt. 97, primo comma, e 118, primo comma, Cost. − dell’art. 7, comma 5, della legge reg. Puglia n. 28 del 2017 e dell’art. 7, comma 2, della medesima legge, nella parte in cui prevede che il dibattito pubblico regionale si svolga anche sulle opere nazionali.

Resta assorbita l’ulteriore censura di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, Cost.

9.− Il ricorso impugna anche il comma 12 dell’art. 7 della legge regionale il quale dispone che, all’esito del dibattito pubblico, il soggetto titolare o il responsabile della realizzazione dell’opera dichiari pubblicamente se intende, anche in accoglimento di quanto emerso dal dibattito, rinunciare all’opera, presentarne formulazioni alternative, proporre modifiche, confermare il progetto.

La disposizione, secondo il ricorrente, comporterebbe «un’indebita rilevanza determinante sul dibattito pubblico nazionale con innegabili conseguenze sullo stesso».

Sennonché la formulazione è tale da legare in modo evidente la norma impugnata alle ipotesi in cui si tratti di un’opera pubblica regionale e non quando la Regione sia chiamata ad esprimersi all’interno di un dibattito pubblico avente ad oggetto un’opera della cui realizzazione essa non sia titolare.

10.− Va pertanto dichiarata la non fondatezza della questione relativa all’art. 7, comma 12, della legge reg. Puglia n. 28 del 2017, per erroneità del presupposto interpretativo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 luglio 2017, n. 28 (Legge sulla partecipazione) e dell’art. 7, comma 2, della medesima legge, nella parte in cui prevede che il dibattito pubblico regionale si svolga anche sulle opere nazionali;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 12, della legge della Regione Puglia n. 28 del 2017, promossa, con riferimento agli artt. 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera m), e terzo comma, e 118 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 ottobre 2018.

F.to:

Giorgio LATTANZI, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 dicembre 2018.