Ordinanza n. 201 del 2017

 CONSULTA ONLINE 

 

ORDINANZA N. 201

ANNO 2017

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                           GROSSI                                            Presidente

-           Giorgio                        LATTANZI                                         Giudice

-           Aldo                            CAROSI                                                    ”

-           Marta                           CARTABIA                                              ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                             ”

-           Giuliano                       AMATO                                                    ”

-           Silvana                         SCIARRA                                                 ”

-           Daria                            de PRETIS                                                ”

-           Nicolò                          ZANON                                                    ”

-           Franco                         MODUGNO                                             ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                               ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                                         ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, lettera a); 10, comma 1, lettera b); 15, comma 1, lettere a) ed e); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 48; 64 comma 1, lettera a); 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); 83, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e); 95, comma 2, e 127 della legge della Regione Umbria 9 aprile 2015, n. 12 (Testo unico in materia di agricoltura), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-17 giugno 2015, depositato in cancelleria il 17 giugno 2015 ed iscritto al n. 66 del registro ricorsi 2015.

Visto l’atto di costituzione della Regione Umbria;

udito nell’udienza pubblica del 4 luglio 2017 il Giudice relatore Giuliano Amato;

uditi l’avvocato dello Stato Vincenzo Rago per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Umbria.

Ritenuto che, con ricorso notificato il 12-17 giugno 2015, depositato in cancelleria il 17 giugno 2015 (reg. ric. n. 66 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 5 e 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, lettera a); 10, comma 1, lettera b); 15, comma 1, lettere a) ed e); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 48; 64, comma 1, lettera a); 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); 83, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e); 95, comma 2, e 127 della legge della Regione Umbria 9 aprile 2015, n. 12 (Testo unico in materia di agricoltura);

che le censure del Presidente del Consiglio dei ministri riguardano numerose disposizioni della legge regionale impugnata, in buona parte già contenute in precedenti leggi regionali e successivamente riprodotte nel “testo unico regionale”, approvato ai sensi dell’art. 40 dello statuto della Regione Umbria con un procedimento semplificato;

che tali disposizioni, a detta dell’Avvocatura Generale dello Stato, sarebbero comunque soggette al controllo di legittimità svolto dal Governo ai sensi dell’art. 127, primo comma, Cost., sia alla luce del mutato quadro normativo di riferimento, sia perché, come da costante giurisprudenza costituzionale, l’omessa impugnazione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, di precedenti norme analoghe «non ha alcun rilievo, dato che l’istituto dell’acquiescenza non è applicabile nel giudizio di legittimità costituzionale in via principale» (sentenza n. 139 del 2013);

che, nel dettaglio, l’art. 15, comma 1, lettera a), della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, che disciplina le modalità di riconoscimento delle «organizzazioni dei  produttori agricoli», attribuendo alla Giunta regionale il compito di stabilire i requisiti per il riconoscimento delle citate organizzazioni, violerebbe gli artt. 5 e 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), Cost., poiché si porrebbe in contrasto con gli artt. 152, paragrafo 1, lettera a), e 154, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante «Organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del  Consiglio», e con l’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, recante «Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della L. 7 marzo 2003, n. 38», prevedendo modalità di riconoscimento in contrasto con i requisiti e le procedure indicate dalla normativa europea e nazionale;

che, inoltre, l’art. 15, comma 1, lettera e) della legge regionale impugnata, attribuendo alla Giunta regionale il compito di disciplinare, sempre riguardo alle «organizzazioni dei produttori agricoli», il «controllo e la vigilanza sul mantenimento dei requisiti nonché delle cause di decadenza e revoca e delle relative sanzioni», si porrebbe in contrasto con l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 102 del 2005, ove si prevede che spetti al Ministro delle politiche agricole e forestali, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, definire le modalità per il controllo e per la vigilanza delle organizzazioni dei produttori al fine di accertare il rispetto dei requisiti per il riconoscimento, nonché le modalità per la revoca del riconoscimento, con violazione degli artt. 5 e 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost.;

che l’art. 9, comma 1, lettera a), della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, prevedendo aiuti economici all’avviamento rivolti ad una pluralità di iniziative, tra le quali la «costituzione di nuove società cooperative con priorità per quelle costituite da giovani agricoltori di età non superiore ad anni quaranta», violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., poiché contrasterebbe con l’art. 19, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione, del 25 giugno 2014, «che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e che abroga il regolamento della Commissione (CE) n. 1857/2006», che prevede la possibilità per gli Stati di concedere aiuti all’avviamento purché destinati ad «associazioni od organizzazioni di produttori ufficialmente riconosciute dall’autorità competente dello Stato membro interessato sulla base della presentazione di un piano aziendale», non quindi alle sole società cooperative;

che l’art. 10, comma 1, lettera b) della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, stabilendo la possibilità per la Regione di attribuire un contributo pubblico agli investimenti realizzati dalle sole «cooperative per la conduzione di terreni», determinerebbe un effetto distorsivo della libera concorrenza, in contrasto con l’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, con conseguente lesione dell’art. 117, primo e secondo comma, lettera e), Cost.;

che l’art. 20, comma 1, lettera d), della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, contrasterebbe con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto, statuendo che, in materia di agricoltura, la Regione favorisce l’offerta di ricerca e a tal fine concede finanziamenti anche per «la diffusione dei risultati della ricerca», prevedrebbe un autonomo finanziamento alla diffusione dei risultati dell’attività di ricerca, in contrasto con l’art. 31, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 702/2014, da cui si evincerebbe, invece, che il finanziamento ricevuto per lo svolgimento dell’attività di ricerca debba coprire anche la diffusione via internet dei relativi risultati;

che sarebbe violato l’art. 117, primo comma, Cost., pure dall’art. 43, comma 1, della legge regionale impugnata, che dispone il divieto di coltivazione in pieno campo, anche a fini sperimentali, su tutto il territorio regionale, di piante geneticamente modificate, poiché la direttiva (UE) n. 2015/412 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, che «modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio», precluderebbe ad una Regione di poter escludere dal territorio regionale la coltivazione di organismi geneticamente modificati utilizzando un provvedimento normativo che non sia coerente con lo specifico procedimento previsto dalla stessa direttiva, che prevede un imprescindibile coinvolgimento della Commissione europea;

che anche l’art. 46 della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, che detta norme in tema di ricerche agrarie, contrasterebbe con l’art. 117, primo comma, Cost., perché non conforme alla vigente normativa europea in materia di coesistenza tra coltivazioni di OGM e quelle convenzionali e biologiche, tenuto conto, in particolare, che l’autorità nazionale competente per quanto riguarda le autorizzazioni all’emissione deliberata nell’ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall’immissione in commercio, ovvero per scopi sperimentali, è il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo la procedura prevista dal Titolo II del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224 (Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati), mentre il Ministero della salute è l’autorità nazionale competente per quanto riguarda l’impiego confinato di microorganismi geneticamente modificati ai sensi del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206 (Attuazione della direttiva 98/81/CE che modifica la direttiva 90/219/CE, concernente l’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati);

che l’art. 48 della legge reg. Umbria n. 12 del 2015 – che prevede il divieto di somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati nei servizi di ristorazione collettiva di asili, scuole, università, ospedali, luoghi di cura, gestiti da enti pubblici o da soggetti privati convenzionati, facendo carico al gestore del servizio sulla base di dichiarazione del fornitore, di verificare l’assenza di OGM o di derivati da OGM negli alimenti somministrati – sarebbe altresì illegittimo in riferimento all’art 117, primo comma, Cost., in relazione al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, «relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati», che farebbe escludere la potestà della Regione di vietare la somministrazione di prodotti contenenti OGM, il cui uso sia stato consentito da un’autorizzazione europea;

che l’art. 64, comma 1, lettera a), della legge regionale impugnata, che prevede contributi economici per l’acquisto e l’uso di ammendanti compostati e/o letame sino ad un massimo di ottanta euro per ettaro per anno, per un periodo di cinque anni, sarebbe altresì illegittimo per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., contrastando con l’art. 107, paragrafo 3, lettera c), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), ove si stabilisce che possono considerarsi compatibili con il mercato interno, tra gli altri, gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, ma non gli aiuti per le cosiddette spese di funzionamento, tra le quali rientrerebbero le spese per l’utilizzo di ammendanti al terreno agricolo;

che, riguardo all’art. 81, comma 3, lettere a), b), f) e g), in combinato disposto con l’art. 83, comma 1, lettere a), b), d) ed e), della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, ove si stabilisce che, in caso di epidemia della cosiddetta blue-tongue, la Regione possa erogare aiuti agli allevatori anche al fine di coprire taluni danni, quali la morte, gli aborti tardivi, la riduzione della natalità e la riduzione della produzione lattea, derivanti non dalla malattia in sé, ma dalla vaccinazione obbligatoriamente imposta come conseguenza del diffondersi della stessa epidemia, l’Avvocatura Generale dello Stato rileva che tali disposizioni contrasterebbero con il regolamento (UE) n. 702/2014 il quale, all’art. 26, paragrafi 7 e 8, dispone l’ammissibilità di aiuti pubblici solo qualora diretti a finanziare i costi direttamente connessi alle epizoozie, compresa l’esecuzione delle vaccinazioni, ma non i costi volti a compensare i danni che sono conseguenza non della malattia in sé, ma della vaccinazione stessa, violando, dunque, l’art. 117, primo comma, Cost.;

che anche l’art. 83, comma 1, lettera c) della legge regionale impugnata violerebbe l’art. 117, primo comma, Cost., poiché, riguardo alla misura degli aiuti in caso di epidemia della blue-tongue, dispone che, nel caso di costi connessi allo smaltimento delle carcasse, l’indennizzo possa essere concesso «nella misura dell’ottanta per cento della spesa effettivamente sostenuta», in contrasto con l’art. 27, comma 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 702 del 2014, il quale statuisce che gli aiuti per la distruzione dei capi morti non possono eccedere il 75 per cento dei costi sostenuti;

che la difesa statale eccepisce, altresì, la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., da parte dell’art. 95, comma 2, della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, il quale, relativamente agli aiuti concessi in materia di apicoltura, riconosce un contributo pubblico, fino al cinquanta per cento della spesa ammissibile, per gli investimenti immobiliari e mobiliari, in contrasto con l’articolo 14, paragrafo 9, lettera d), del regolamento (UE) n. 702/2014 che, per la categoria di Regioni tra cui rientrerebbe l’Umbria, stabilisce un aiuto d’intensità limitata al quaranta per cento dell’importo dei costi ammissibili;

che, da ultimo, l’art. 127 della legge regionale impugnata, prevedendo, per i cittadini non residenti nel territorio regionale, il pagamento di un contributo di euro 50,00, dovuto per le spese sostenute dalla Regione nell’esercizio delle sue funzioni autorizzatorie concernenti la raccolta dei funghi, violerebbe l’art. 3 Cost., poiché la circostanza che il pagamento di tale contributo sia imposto esclusivamente ai cittadini non residenti nel territorio della Regione Umbria determinerebbe effetti discriminatori nei confronti di tali contribuenti;

che, con atto depositato in cancelleria il 22 luglio 2015, si è costituita in giudizio la Regione Umbria, chiedendo che sia dichiarata l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza nel merito delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, limitando le difese scritte solo alle questioni relative agli artt. 10, comma 1, lettera b); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 48 e 64, comma 1, lettera a), della legge regionale impugnata;

che, nelle more del giudizio, la legge della Regione Umbria 4 maggio 2016, n. 6, recante «Modifiche ed integrazioni della legge regionale 9 aprile 2015, n. 12 (Testo unico in materia di agricoltura)», ha abrogato o modificato, adeguandole ai rilievi proposti nel ricorso, numerose disposizioni impugnate dal Presidente del Consiglio dei ministri;

che, pertanto, il Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base delle delibere del 28 luglio 2016 e del 16 giugno 2017 del Consiglio dei ministri, con atti depositati in cancelleria rispettivamente il 22 settembre 2016 e il 27 giugno 2017, ha parzialmente rinunziato al ricorso, limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 9, comma 1, lettera a); 10, comma 1, lettera b); 15, comma 1, lettere a) ed e); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 64, comma 1, lettera a); 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); 83, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e); 95, comma 2, e 127 della legge reg. Umbria n. 12 del 2015;

che la Regione Umbria, sulla base delle deliberazioni della Giunta regionale del 3 novembre 2016 e del 3 luglio 2017, con atti depositati in cancelleria rispettivamente il 30 novembre 2016 e il 4 luglio 2017, ha formalmente accettato entrambe le rinunzie parziali;

Considerato che il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 5 e 117, primo e secondo comma, lettere e) ed s), della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, lettera a); 10, comma 1, lettera b); 15, comma 1, lettere a) ed e); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 48; 64, comma 1, lettera a); 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); 83, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e); 95, comma 2, e 127 della legge della Regione Umbria 9 aprile 2015, n. 12 (Testo unico in materia di agricoltura);

che il Presidente del Consiglio dei ministri, tenuto conto che la successiva legge della Regione Umbria 4 maggio 2016, n. 6, recante «Modifiche ed integrazioni della legge regionale 9 aprile 2015, n. 12 (Testo unico in materia di agricoltura)», ha abrogato o modificato, adeguandole ai rilievi proposti nel ricorso, numerose disposizioni impugnate, con due successivi atti, depositati in cancelleria rispettivamente il 22 settembre 2016 e il 27 giugno 2017, sulla base delle delibere del 28 luglio 2016 e del 16 giugno 2017 del Consiglio dei ministri, ha parzialmente rinunziato al ricorso, limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 9, comma 1, lettera a); 10, comma 1, lettera b); 15, comma 1, lettere a) ed e); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 64, comma 1, lettera a); 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); 83, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e); 95, comma 2, e 127 della legge reg. Umbria n. 12 del 2015;

che la Regione Umbria ha formalmente accettato entrambe le rinunzie parziali, con atti depositati in cancelleria rispettivamente il 30 novembre 2016 e il 4 luglio 2017, sulla base delle deliberazioni della Giunta regionale del 3 novembre 2016 e del 3 luglio 2017;

che nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale la rinuncia alla impugnazione della parte ricorrente, accettata dalla resistente costituita, determina l’estinzione dei processi ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ex plurimis, ordinanze n. 65 del 2017, n. 49 del 2017, n. 264, n. 171, n. 62 e n. 6 del 2016);

che, per quanto concerne la residua questione, sebbene l’impugnato art. 48 della legge reg. n. 12 del 2015, approvato ai sensi dell’art. 40 dello statuto della Regione Umbria, riproduca quanto già previsto dall’art. 8 della legge della Regione Umbria 20 agosto 2001, n. 21 (Disposizioni in materia di coltivazione, allevamento, sperimentazione, commercializzazione e consumo di organismi geneticamente modificati e per la promozione di prodotti biologici e tipici), appare indiscutibile la sua autonoma impugnabilità innanzi alla Corte costituzionale (sentenza n. 378 del 2004, punto 7 del Considerato in diritto);

che, secondo la difesa statale, tale disposizione – prevedendo nei servizi di ristorazione collettiva di asili, scuole, università, ospedali, luoghi di cura, gestiti da enti pubblici o da soggetti privati convenzionati, il divieto di somministrazione di prodotti contenenti OGM, facendo carico al gestore del servizio sulla base di dichiarazione del fornitore, di verificare l’assenza di OGM o di derivati da OGM negli alimenti somministrati – violerebbe l’art 117, primo comma, Cost., in relazione al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, «relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati», in base al quale sarebbe esclusa, per la Regione, la possibilità di vietare a livello regionale la somministrazione di prodotti contenenti OGM, il cui uso sia stato consentito da un’autorizzazione europea;

che, tuttavia, la difesa statale si limita a censurare la disposizione regionale in quanto contrastante con l’intero regolamento (CE) n. 1829/2003, senza indicare puntualmente le norme interposte che sarebbero violate e senza addurre alcuna argomentazione riguardo all’illegittimità del divieto posto dalla disposizione regionale impugnata;

che, come da questa Corte più volte chiarito, il ricorso in via principale deve identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi, indicando le norme costituzionali (ed eventualmente interposte) e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione (tra tutte, sentenza n. 63 del 2016), poiché, altrimenti, non sarebbe possibile individuare correttamente i termini della questione di costituzionalità (ex multis, sentenze n. 311 del 2013 e n. 199 del 2012);

che, pertanto, è pacificamente esclusa l’ammissibilità delle questioni nelle quali non siano specificate le norme interposte violate, lesive del parametro di cui all’art. 117, primo comma, Cost., recanti un mero rinvio all’intero corpo di una direttiva o di un altro atto normativo comunitario (sentenze n. 156 e n. 63 del 2016, n. 311 del 2013, n. 199 del 2012, n. 325 del 2010 e n. 51 del 2006);

che, in definitiva, la censura formulata dalla difesa statale, per effetto della non corretta indicazione del parametro interposto violato, si risolve nell’apodittica affermazione di un presunto divieto normativo non chiaramente individuabile, presentandosi così generica e carente di motivazione e rendendo di fatto impossibile lo scrutinio della questione;

che, quindi, la questione di legittimità costituzionale concernente l’art. 48 della legge reg. Umbria n. 12 del 2015 risulta manifestamente inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, lettera a); 10, comma 1, lettera b); 15, comma 1, lettere a) ed e); 20, comma 1, lettera d); 43, comma 1; 46; 64, comma 1, lettera a); 81, comma 3, lettere a), b), f) e g); 83, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e); 95, comma 2, e 127 della legge della Regione Umbria 9 aprile 2015, n. 12 (Testo unico in materia di agricoltura), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 48 della legge reg. Umbria n. 12 del 2015, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione al regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, «relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati», con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2017.

F.to:

Paolo GROSSI, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2017.