SENTENZA N. 242
ANNO 2016
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Alessandro CRISCUOLO Giudice
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario
Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON
”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto
Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale
degli artt. 2, 49 e 69 della legge
della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per l’esercizio 2015), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso
notificato il 26-29 giugno 2015, depositato in cancelleria il 2 luglio 2015 ed
iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione
Veneto, nonché l’atto di intervento
dell’Historic Wheels Club ed
altro, fuori termine;
udito nell’udienza pubblica del 4
ottobre 2016 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi;
uditi l’avvocato dello Stato
Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato
Ezio Zanon per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per
la notificazione il 26 giugno 2015, ricevuto il successivo 29 giugno e
depositato il 2 luglio 2015 (reg. ric. n. 72 del 2015), il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 49 e
69 della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità
regionale per l’esercizio 2015), in riferimento agli artt. 81, terzo comma,
117, primo e secondo
comma, lettera e), 119, secondo comma,
e 120, primo comma,
della Costituzione.
L’art. 2 impugnato esenta,
a certe condizioni, dalla tassa automobilistica «ordinaria» gli autoveicoli e i
motoveicoli di età compresa tra venti e trenta anni, di interesse storico
collezionistico, assoggettandoli, in caso di utilizzazione sulla pubblica
strada, ad una «tassa di circolazione forfettaria».
Il ricorrente premette che
la tassa automobilistica è un tributo proprio derivato delle Regioni, che ne
incamerano il gettito, ma possono disciplinarlo solo entro i limiti massimi di
manovrabilità previsti dalla legislazione statale, in base all’art. 8, comma 2,
del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di
autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché
di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
Come questa Corte avrebbe
riconosciuto con la sentenza n. 288 del
2012, la tassa automobilistica sarebbe perciò un tributo erariale, oggetto
della competenza esclusiva statale, attribuita dall’art. 117, secondo comma,
lettera e), Cost., e non costituirebbe,
invece, un tributo proprio della Regione ai sensi dell’art. 119, secondo comma,
Cost.
La Regione, in particolare,
non potrebbe modificarne il presupposto, né introdurre nuove agevolazioni.
La disposizione impugnata,
per tali ragioni, violerebbe gli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
2.– L’art. 49 impugnato prevede che la Regione
valorizzi il proprio patrimonio produttivo e culturale mediante marchi
collettivi di qualità istituiti ai sensi delle vigenti leggi nazionali e
regionali. A tal fine, la Giunta regionale provvede alla registrazione e alla
promozione dei marchi di proprietà della Regione Veneto.
Il ricorrente richiama a
tale proposito la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea,
e di questa stessa Corte, in base alle quali sarebbe precluso ad un’autorità
pubblica nazionale o regionale istituire o disciplinare «misure di marcatura di
origine» perché avrebbero effetti restrittivi sulla libera circolazione delle
merci nel territorio dell’Unione e sarebbero perciò in contrasto con gli artt.
34 e 35 del Trattato
sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), sottoscritto a Roma il 25 marzo
1957, in violazione dell’art. 117, primo comma, Cost.
Ciò potrebbe infatti
«rendere più difficile la vendita in uno Stato membro della merce prodotta in
un altro Stato membro».
Inoltre tale effetto, a
parere dell’Avvocatura generale, incidendo sulla libera circolazione delle
merci e inducendo i consumatori a preferire i prodotti veneti, determinerebbe
anche un contrasto con l’art. 120, primo comma, Cost.
3.– L’art. 69 impugnato
prevede che le risorse destinate alla copertura del Fondo anticipazione di
liquidità di cui all’art. 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35
(Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica
amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali,
nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali), convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 giugno 2013, n. 64, sono
comunque garantite anche mediante l’utilizzo delle risorse destinate al
finanziamento del Fondo Sanitario Regionale, allocate quali spesa sanitaria
corrente.
Il ricorrente osserva che
la Regione ha avuto accesso alle anticipazioni di liquidità assicurate dallo
Stato per pagare i debiti pregressi. Ciò è accaduto in conformità all’art. 3,
comma 5, del d.l. n. 35 del 2013, ovvero individuando
idonee e congrue misure di copertura, soggette al controllo del Tavolo di
verifica degli adempimenti regionali.
La disposizione censurata
distrae, invece, risorse dal finanziamento del servizio sanitario, destinate
alla erogazione dei livelli essenziali di assistenza, «con ciò intervenendo sulle
coperture già adottate e positivamente verificate ai fini della sottoscrizione
dei contratti di prestito».
Verrebbe così introdotto un
onere a carico del Servizio sanitario nazionale senza indicazione della
copertura, con conseguente violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.
4.– Si è costituita in giudizio la Regione Veneto,
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque non fondato.
Quanto all’art. 2, la
Regione reputa che le sia precluso derogare a un’esenzione imposta dalla legge
dello Stato, ma non introdurre nuovi esenzioni, tenuto conto che il gettito
della tassa automobilistica è destinato al bilancio regionale.
Non sarebbe pertinente, in
particolare, la giurisprudenza costituzionale formatasi anteriormente all’art.
8 del d.lgs. n. 68 del 2011, che ha trasformato la tassa in un particolare
tributo proprio derivato della Regione, su cui quest’ultima dovrebbe avere
margini di manovra più ampi di quelli relativi a tutti gli altri tributi di
tale natura.
Con riferimento all’art. 49,
la difesa regionale pone in evidenza che la disposizione non è diretta alla
istituzione di nuovi marchi ma alla sola copertura degli oneri finanziari
derivanti dalla registrazione, presso l’Ufficio per l’armonizzazione del
mercato interno, e alla promozione di marchi già disciplinati dalla normativa
statale e regionale.
La prerogativa di istituire
marchi collettivi sarebbe poi riconosciuta alla Regione dagli artt. 5 e 66 del
Regolamento del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207/2009/CE (Regolamento del
Consiglio sul marchio comunitario – Versione codificata – Testo rilevante ai
fini del SEE), e dall’art. 19, comma 3, del decreto legislativo 10 febbraio
2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della
legge 12 dicembre 2002, n. 273).
L’attività di promozione,
in sé non oggetto di censura a parere della Regione, è inoltre valorizzata
dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 14 gennaio 2014 sul marchio
regionale.
L’erroneo presupposto da
cui parte il ricorrente circa il contenuto della disposizione impugnata
determinerebbe l’infondatezza della censura, di cui la Regione eccepisce in via
principale l’inammissibilità per difetto di motivazione.
5.– Quanto all’art. 69, la Regione Veneto rileva di non
essere soggetta a piano di rientro in materia sanitaria, e di non incontrare
alcun vincolo di destinazione nell’impiego delle risorse del fondo sanitario.
Il vincolo non potrebbe
derivare, né dall’art. 3 del d.l. n. 35 del 2013, che
non esprime normativa interposta ai sensi dell’art. 81 Cost.,
né dall’art. 8, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56
(Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’articolo 10 della
legge 13 maggio 1999, n. 133), oramai superato dall’art. 83, comma 1, della
legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001)».
Infine, sarebbe proprio la
dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata a
determinare la mancanza di copertura finanziaria.
6.– Nelle more del giudizio l’art. 69 impugnato è stato
abrogato dall’art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 9 ottobre 2015,
n. 17 (Razionalizzazione
della spesa regionale).
7.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica la Regione Veneto
ha depositato una memoria.
Con riferimento all’art. 2
impugnato, la ricorrente, pur consapevole della sopravvenuta sentenza di questa
Corte n. 199 del 2016, ne sollecita un ripensamento.
Con riferimento all’art. 49
impugnato, la Regione insiste sulle conclusioni già rassegnate, osservando che
la Commissione europea avrebbe maturato un orientamento favorevole ai marchi di
qualità regionali, come si dovrebbe desumere dalla comunicazione C(2005)3849 def. del 20 ottobre 2005.
Con riferimento all’art. 69
impugnato, la Regione Veneto rileva che la norma, ormai abrogata, non ha avuto
applicazione, come certificato da una dichiarazione del responsabile
dell’Ufficio bilancio, e chiede pertanto che sia dichiarata la cessazione della
materia del contendere.
8.– Anche l’Avvocatura generale dello Stato ha
depositato una memoria, insistendo per l’accoglimento del ricorso e
riproducendo gli argomenti ivi già sviluppati.
9.– Da ultimo, è intervenuta in giudizio l’Associazione
Historic Whells Club,
chiedendo il rigetto del ricorso con riferimento all’art. 2 impugnato.
Considerato
in diritto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso
questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 49 e 69 della legge
della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di stabilità regionale per
l’esercizio 2015), in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, primo e
secondo comma, lettera e), 119,
secondo comma, e 120, primo comma, della Costituzione.
2.– È intervenuta in giudizio l’Associazione Historic Whells Club,
con atto depositato oltre il termine stabilito dagli artt. 4 e 23 delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. L’intervento è
inammissibile, sia perché tardivo, sia perché, per costante giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 63 del
2016, n. 121 del 2010,
n. 172 del 1994
e n. 111 del
1975), nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale
non è ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal
titolare della potestà legislativa il cui atto è oggetto di contestazione.
3.– Nelle more del giudizio
l’art. 69 della legge impugnata è stato abrogato dall’art. 2, comma 1, della
legge della Regione Veneto 9 ottobre 2015, n. 17 (Razionalizzazione della spesa
regionale).
La
disposizione censurata destinava gli stanziamenti allocati in bilancio, all’upb UO248 “Spesa sanitaria corrente” (capitolo U/102324),
alla copertura del Fondo anticipazione di liquidità, privando, secondo il
ricorrente, la spesa sanitaria corrente di idonea copertura, in violazione
dell’art. 81, terzo comma, Cost.
La
Regione ha certificato che nel periodo di vigenza della norma impugnata non è
stato adottato alcun titolo di spesa inerente al Fondo anticipazione di
liquidità, che abbia impiegato le risorse stanziate dal capitolo U/102324.
Ne
consegue la cessazione della materia del contendere sulla questione relativa
all’art. 69 impugnato, perché l’abrogazione della norma è pienamente
satisfattiva delle ragioni del ricorrente e medio
tempore la stessa non ha avuto applicazione (ex plurimis, sentenza n. 199 del
2016).
4.– L’art. 2 della legge
regionale impugnata dispone, a certe condizioni, l’esenzione dal pagamento
della tassa automobilistica dei veicoli e motoveicoli di interesse storico
collezionistico, a partire dal ventesimo anno dalla loro costruzione.
Il
ricorrente deduce la violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.,
perché la tassa automobilistica è un tributo proprio derivato delle Regioni a
statuto ordinario, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del decreto legislativo 6
maggio 2011, n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle
regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei
costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).
La
Regione perciò potrebbe disciplinare il tributo nei soli limiti massimi di
manovrabilità previsti dalla legislazione statale, che non reca più alcuna
esenzione per i veicoli indicati dalla disposizione impugnata.
5.– La questione è fondata,
come è stato già ritenuto rispetto ad altra analoga
normativa regionale dalla sentenza n. 199 del
2016, pronunciata dopo la presentazione dell’odierno ricorso.
Questa
Corte, nel vigore dell’art. 8 del d.lgs. n. 68 del 2011, ha già avuto occasione
di affermare che i limiti di manovrabilità imposti alla legge regionale
concernono anche le esenzioni dalla tassa automobilistica, permesse solo nei
termini stabiliti dalla legge dello Stato (sentenza n. 288 del
2012), così confermando la propria giurisprudenza anteriore (sentenze n. 451 del
2007, n. 455
del 2005 e n.
296 del 2003).
Quest’ultima,
in particolare, non aveva ad oggetto soltanto l’eliminazione con legge
regionale di esenzioni previste dalla legislazione statale, ma anche l’ipotesi
opposta, che ricorre nel caso di specie, della previsione di un’esenzione di
esclusiva fonte regionale (sentenza n. 296 del
2003). Una volta stabilito che la tassa automobilistica continua a non
essere un tributo proprio della Regione (sentenza n. 288 del
2012), se ne devono trarre, riguardo alla potestà legislativa della
Regione, tutte le conseguenze già individuate dalla giurisprudenza
costituzionale.
Occorre
perciò ribadire che un intervento sull’esenzione dalla tassa dei veicoli di
interesse storico e collezionistico eccede la competenza regionale e incide «su
un aspetto della disciplina sostanziale del tributo riservat[o]
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato» (sentenza n. 455 del
2005), in violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e), e 119, secondo comma, Cost.
6.– L’art. 49 della legge impugnata demanda alla Giunta
regionale il compito di registrare e promuovere i marchi collettivi di qualità,
di proprietà della Regione, istituiti ai sensi delle vigenti leggi nazionali e
regionali, per valorizzare il «patrimonio produttivo e culturale nonché i
prodotti di qualità del territorio veneto», e dispone a tal fine uno
stanziamento di fondi.
Il ricorrente ritiene lesi
gli artt. 117, primo comma, e 120, primo comma, Cost., sostenendo che l’istituzione
di marchi di qualità da parte della Regione ostacola la libera circolazione
delle merci sul territorio nazionale (art. 120, primo comma, Cost.) e comporta una misura di effetto equivalente alla
restrizione all’importazione, vietata dagli artt. 34 e 35 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE), sottoscritto a Roma il 25 marzo 1957
(art. 117, primo comma, Cost.).
7.– La censura è adeguatamente argomentata, e perciò
supera l’eccezione di inammissibilità svolta sotto questo aspetto dalla difesa
regionale, ma non è fondata, perché si basa su un erroneo presupposto
interpretativo.
Questa Corte ha
ripetutamente affermato che è preclusa alla legge regionale l’istituzione di
marchi che attestano contestualmente la qualità e l’origine geografica di
prodotti, perché essi possono produrre effetti restrittivi sulla libera
circolazione delle merci (sentenze n. 66 del
2013, n. 191
e n. 86 del 2012,
e n. 213 del
2006), in contrasto con quanto ritenuto dalla Corte di giustizia
dell’Unione europea.
Tuttavia, come ha
correttamente eccepito la difesa della Regione Veneto, la disposizione
censurata non ha per oggetto l’istituzione di tali marchi. Essa, invece, nel
presupposto che dei marchi di qualità, relativi al patrimonio produttivo e
culturale della Regione, siano già stati istituiti «ai sensi delle vigenti
leggi nazionali e regionali», si limita ad attribuire alla Giunta il compito di
curarne la registrazione e la promozione, e a reperire le risorse economiche a
ciò necessarie.
L’eventuale contrasto del
marchio con la normativa europea e gli eventuali effetti restrittivi sulla
libera circolazione delle merci, se esistenti, sarebbero perciò da imputare
alla legislazione sulla cui base lo stesso è stato istituito e non alla norma
oggetto del ricorso.
Quest’ultima, inoltre, cade
su marchi di qualità volti a valorizzare il patrimonio produttivo e culturale
del Veneto, indipendentemente dall’esistenza negli stessi di un’indicazione di provenienza geografica,
perciò non c’è ragione di ritenere che i marchi ai quali la disposizione
impugnata è destinata ad applicarsi siano stati istituiti in violazione della
normativa europea, pur dovendosi ribadire che questo profilo riguarda le leggi
sulla cui base è avvenuta l’istituzione e non l’art. 49 impugnato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile l’intervento dell’Associazione Historic Whells Club nel giudizio promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
2)
dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 2 della legge della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6 (Legge di
stabilità regionale per l’esercizio 2015);
3)
dichiara cessata la materia del
contendere sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 della
legge della Regione Veneto n. 6 del 2015, promossa, in riferimento all’art. 81,
terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con
il ricorso indicato in epigrafe;
4)
dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 49 della legge della Regione Veneto n. 6
del 2015, promossa, in riferimento agli artt. 117, primo comma, e 120, primo
comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso
indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2016.
F.to:
Paolo
GROSSI, Presidente
Giorgio
LATTANZI, Redattore
Roberto
MILANA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 22 novembre 2016.