Sentenza n. 31 del 2016

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 SENTENZA N. 31

ANNO 2016

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Marta                           CARTABIA                                     Presidente

-           Giuseppe                     FRIGO                                             Giudice

-           Paolo                           GROSSI                                                 ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                            ”

-           Aldo                            CAROSI                                                 ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                              ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                          ”

-           Giuliano                       AMATO                                                 ”

-           Silvana                         SCIARRA                                              ”

-           Daria                            de PRETIS                                             ”

-           Nicolò                          ZANON                                                 ”

-           Franco                         MODUGNO                                          ”

-           Augusto Antonio       BARBERA                                            ”

-           Giulio                          PROSPERETTI                                      ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, promossi dalle Province autonome di Bolzano e di Trento e dalla Regione siciliana con ricorsi notificati il 29-31 luglio, il 20 agosto e il 22 agosto 2014, depositati in cancelleria il 31 luglio, il 26 agosto e il 28 agosto 2014 e rispettivamente iscritti ai nn. 57, 65 e 66 del registro ricorsi 2014.

 Visti gli atti di costituzione di Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nell’udienza pubblica del 26 gennaio 2016 e nella camera di consiglio del 27 gennaio 2016 il Giudice relatore Giuliano Amato;

 uditi l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso spedito per la notificazione il 29 luglio 2014, ricevuto il 31 luglio 2014 e depositato il medesimo giorno (reg. ric. n. 57 del 2014), la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato, fra gli altri, i commi 1 e 1-bis dell’art. 7 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, per violazione degli artt. 8, numero 1), 16, 75, 75-bis, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), in particolare degli artt. 9, 10 e 10-bis; del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), in particolare degli artt. 2 e 4; degli artt. 81, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché dell’art. 136 Cost.; dell’art. 2, commi 106 e 108, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ‒ legge finanziaria 2010); dei principi di leale collaborazione, di ragionevolezza e «di delimitazione temporale».

L’art. 7, comma 1, prevede che «Le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 36, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, così come modificato dall’articolo 1, comma 299, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si applicano fino allʼannualità 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dellʼanno medesimo rispetto a quelle del 2012. Le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nellʼanno 2013 derivanti dallʼattività di contrasto allʼevasione fiscale, valutate ai sensi del predetto articolo 2, comma 36, in 300 milioni di euro annui dal 2014, concorrono alla copertura degli oneri derivanti dal presente decreto».

Il successivo comma 1-bis stabilisce che «All’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 431, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

b) l’ammontare di risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell’esercizio in corso e a quelle effettivamente incassate nell’esercizio precedente derivanti dall’attività di contrasto dellʼevasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall’attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni”;

b) al comma 435, dopo le parole: “Per il 2014” sono inserite le seguenti: “e il 2015”».

2.– Secondo la ricorrente, tali disposizioni introducono una riserva all’erario di maggiori gettiti di tributi statali, in contrasto con l’assetto generale dei suoi rapporti finanziari con lo Stato, in quanto prevedono forme di contribuzione finanziaria da parte delle Province autonome ulteriori rispetto a quanto già definito nello statuto e nelle relative norme di attuazione e unilateralmente disposte dal legislatore statale.

Esse, inoltre, non soddisfano le condizioni poste dalla normativa di attuazione statutaria per la legittimità della riserva all’erario di tali entrate. Infatti, ad avviso della Provincia autonoma, il maggiore gettito derivante dall’attività di contrasto all’evasione fiscale, percetto nel proprio territorio, non può essere attribuito integralmente allo Stato, perché non discende da maggiorazioni di aliquote o dall’istituzione di nuovi tributi, ma da un più rigoroso accertamento e da una più efficace esazione dei tributi già esistenti.

Non sussiste neppure il requisito della destinazione delle riserve a spese di tipo non continuativo e le norme non destinano le riserve ad obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica. Pertanto, in forza dell’art. 75 dello statuto, il maggiore gettito di cui all’impugnato art. 7 spetta alla Provincia autonoma.

Le norme censurate, infine, non rispettano nemmeno i meccanismi paritetici previsti dallo statuto e dalla normativa di attuazione, quale espressione del principio di leale collaborazione che deve informare i rapporti tra lo Stato e la Provincia autonoma.

3.– Con atto depositato il 20 gennaio 2015, la Provincia autonoma di Bolzano, alla luce dell’Accordo in materia di finanza pubblica stipulato con il Governo il 15 ottobre 2014 e attuato con la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ‒ legge di stabilità 2015), ha dichiarato di rinunciare al ricorso.

4.– Con atto depositato il 10 marzo 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia.

5.– Con ricorso notificato il 20 agosto 2014 e depositato il successivo 26 agosto (reg. ric. n. 65 del 2014), la Provincia autonoma di Trento ha impugnato, fra gli altri, l’art. 7, comma 1, del d.l. n. 66 del 2014, come convertito dalla l. n. 89 del 2014, per violazione degli artt. 8, 9, 16, 75, 79, 80, 81, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972, nonché delle relative norme di attuazione; del d.lgs. n. 268 del 1992, in particolare degli artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; del d.lgs. n. 266 del 1992, in particolare degli artt. 2 e 4; del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), in particolare dell’art. 8; degli artt. 117, sesto comma, e 120 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001; nonché del principio di leale collaborazione.

6.– Ad avviso della ricorrente, le maggiori entrate di cui all’impugnato art. 7, comma 1, non derivano dall’aumento delle aliquote o dall’introduzione di nuovi tributi; la riserva da esso prevista, inoltre, non rispetta i requisiti richiesti dall’art. 9 del d.lgs. n. 268 del 1992 ai fini della sua legittimità, mancando sia la destinazione a «nuove specifiche spese di carattere non continuativo», sia la delimitazione temporale, sia la contabilizzazione distinta.

7.– Con atto depositato il 18 settembre 2014, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

8.– Con atto depositato il 20 gennaio 2015, la Provincia autonoma di Trento, alla luce dell’Accordo in materia di finanza pubblica stipulato con il Governo il 15 ottobre 2014 e attuato con la legge n. 190 del 2014, ha dichiarato di rinunciare all’impugnativa.

9.– Con atto depositato il 17 marzo 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia al ricorso.

10.– Con ricorso notificato il 22 agosto 2014 e depositato il successivo 28 agosto (reg. ric. n. 66 del 2014), la Regione siciliana ha impugnato, fra gli altri, i commi 1 e 1-bis dell’art. 7 del d.l. n. 66 del 2014, per violazione dell’art. 36 dello statuto regionale (approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), in relazione all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria); degli artt. 14, 17, 37, 38 e 43 del medesimo statuto; nonché del principio di leale collaborazione.

11.– Secondo la Regione, le disposizioni impugnate destinano le maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale effettivamente incassate nel 2013, rispetto a quelle ottenute nel 2012, alla copertura degli oneri derivanti dall’applicazione del decreto-legge.

Tali proventi, tuttavia, non costituiscono una «nuova» entrata – che comunque può essere riservata allo Stato soltanto a fronte di una ben precisa ed individuata destinazione – ma un «recupero» di imposte spettanti alla Regione.

Inoltre, la contrazione delle entrate finanziarie conseguente alle norme impugnate limiterebbe la competenza legislativa regionale.

12.– Con atto depositato il 30 settembre 2014 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.

12.1.– Il Presidente del Consiglio eccepisce preliminarmente tre profili di inammissibilità del ricorso.

12.1.1.– In primo luogo, il ricorso sarebbe inammissibile alla luce della clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 50-bis del d.l. n. 66 del 2014, ai sensi del quale «Le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione».

12.1.2.– In via subordinata, il ricorso sarebbe inammissibile perché la disposizione censurata costituirebbe principio di coordinamento della finanza pubblica suscettibile, come tale, di imporsi a tutti i livelli di governo.

12.1.3.– Infine, il ricorso sarebbe inammissibile per la genericità delle censure.

12.2.– Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, inoltre, sarebbe cessata la materia del contendere alla luce dell’Accordo in materia di finanza pubblica sottoscritto tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione siciliana, in data 9 giugno 2014, con il quale sono stati definiti gli impegni per il periodo 2014-2017.

12.3.– Nel merito, la difesa statale deduce l’infondatezza delle censure, in quanto lo Stato può dettare la disciplina dei tributi da esso istituiti, anche in riferimento all’evasione ad essi relativa, purché non sia alterato il rapporto tra i complessivi bisogni regionali e i mezzi finanziari per farvi fronte.

Inoltre, sussisterebbero le particolari finalità contingenti e continuative che legittimano la riserva, «in quanto le disposizioni specificano le finalità erariali delle maggiori entrate».

Considerato in diritto

1.– La Provincia autonoma di Bolzano (ricorso n. 57 del 2014), la Provincia autonoma di Trento (ricorso n. 65 del 2014) e la Regione siciliana (ricorso n. 66 del 2014) hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89.

L’esame di questa Corte è qui limitato alle questioni relative ai commi 1 e 1-bis dell’art. 7 del richiamato decreto-legge, restando riservata a separate pronunce la decisione sulle altre questioni promosse dalle ricorrenti.

In particolare, l’art. 7 è impugnato, con riguardo al comma 1, da tutte le ricorrenti; con riguardo al comma 1-bis, dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Regione siciliana.

1.1.– La disposizione di cui al comma 1, al primo periodo, fissa al 2013 il termine per l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 2, comma 36, terzo e quarto periodo, del  decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate della medesima annualità 2013 rispetto a quelle dell’anno precedente. A loro volta, le disposizioni del richiamato art. 2 riservano allo Stato le maggiori entrate derivanti dall’attività di contrasto all’evasione fiscale.

Il secondo periodo del comma 1 dell’art. 7, invece, prevede che le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nel 2013, derivanti dal contrasto all’evasione fiscale e valutate, ai sensi del menzionato art. 2, comma 36, in 300 milioni di euro annui dal 2014, concorrano alla copertura degli oneri derivanti dallo stesso d.l. n. 66 del 2014, come convertito dalla l. n. 89 del 2014.

1.2.– Quanto al comma 1-bis dell’art. 7, esso riscrive in parte i commi 431 e 435 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), prolungandone l’applicabilità. Anche tali commi introducono riserve all’erario di maggiori entrate derivanti dal contrasto all’evasione fiscale, destinandole al «Fondo per la riduzione della pressione fiscale».

In particolare, ai sensi della lettera a) del comma 1-bis si prevede che tale Fondo venga alimentato, tra l’altro, dall’ammontare di risorse espressamente qualificate come «permanenti» che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, si stima di incassare non solo quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio dell’esercizio in corso, ma anche rispetto «a quelle effettivamente incassate nell’esercizio precedente» derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall’attività svolta da Regioni, Province e Comuni.

La lettera b) del comma 1-bis, invece, estende al 2015 la destinazione alla riduzione della pressione fiscale delle entrate incassate in un apposito capitolo, derivanti da misure straordinarie di contrasto dell’evasione fiscale e non computate nei saldi di finanza pubblica, mediante riassegnazione al predetto Fondo.

1.3.– Tutte le censure delle ricorrenti si incentrano, in sostanza, sul fatto che le disposizioni impugnate riserverebbero allo Stato le maggiori entrate da esse previste, in spregio ai requisiti statutariamente richiesti ai fini della legittimità di una simile riserva.

2.– In considerazione della parziale identità delle norme denunciate e delle censure proposte, i tre giudizi, come sopra delimitati, devono essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.

3.– Nelle more del giudizio, le Province autonome di Bolzano e di Trento hanno raggiunto con lo Stato un accordo in materia di finanza pubblica. Ne è seguita, da parte di tali ricorrenti, la rinuncia ai ricorsi. Il Presidente del Consiglio dei ministri, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, ha dichiarato di accettare tali rinunce.

Pertanto, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’accettazione della rinuncia determina l’estinzione del processo in riferimento alle questioni di legittimità promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso n. 57 del 2014, limitatamente ai commi 1 e 1-bis dell’art. 7 del d.l. n. 66 del 2014; nonché in riferimento alle questioni promosse dalla Provincia autonoma di Trento, con il ricorso n. 65 del 2014, limitatamente al solo comma 1.

Nonostante abbia raggiunto un analogo accordo, la Regione siciliana non ha rinunciato al ricorso. Restano, dunque, da esaminare le questioni promosse dalla stessa Regione, con il ricorso n. 66 del 2014, limitatamente ai commi 1 e 1-bis dell’art. 7 del d.l. n. 66 del 2014.

4.– Ad avviso della ricorrente, i proventi previsti dai commi impugnati non costituirebbero una «nuova» entrata, ma un «recupero» di imposte spettanti alla Regione.

5.– Preliminarmente, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri.

5.1.– Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, il ricorso sarebbe in primo luogo inammissibile alla luce della clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 50-bis del d.l. n. 66 del 2014, ai sensi del quale «Le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione».

L’eccezione non è fondata.

In base alla giurisprudenza di questa Corte, infatti, la clausola di salvaguardia svolge una «funzione di generale limite» per l’applicazione delle norme statali ove queste siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione e «Detta inapplicabilità esclude la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale basate sulla violazione di tali parametri statutari» (ex plurimis, sentenza n. 241 del 2012); di conseguenza, l’eccezione non può essere accolta poiché essa «attiene, in realtà, non al preliminare profilo dell’ammissibilità della questione promossa, ma a quello, successivo, del merito della stessa» (sentenza n. 199 del 2014).

5.2.– Secondo la difesa statale, il ricorso sarebbe, altresì, inammissibile in quanto le disposizioni impugnate sarebbero espressione di un principio di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Neppure questa eccezione può essere accolta.

È bensì vero che, «di regola, i principi di coordinamento della finanza pubblica recati dalla legislazione statale si applicano anche ai soggetti ad autonomia speciale» (sentenza n. 77 del 2015), ma quand’anche, in ipotesi, alle disposizioni impugnate fosse riconosciuta una simile natura, «da tale qualificazione discenderebbe, semmai, l’infondatezza e non già l’inammissibilità del ricorso» (sentenza n. 176 del 2015).

5.3.– Ugualmente priva di fondamento è l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per genericità delle censure.

La ricorrente, infatti, richiama correttamente il parametro costituzionale – l’art. 36 dello statuto regionale, in relazione all’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 – e ne lamenta la violazione in ragione del fatto che le maggiori risorse derivanti dall’attività di contrasto all’evasione fiscale non costituirebbero entrate «nuove», ma mero «recupero» di imposte già spettanti alla Regione.

A ben vedere, dunque, «Il ricorso – ancorché conciso – rende […] ben identificabili i termini delle questioni proposte, individuando le disposizioni impugnate, i parametri evocati e le ragioni dei dubbi di legittimità costituzionale» (sentenza n. 241 del 2012). Di qui l’infondatezza di questa ulteriore eccezione.

6.– Il Presidente del Consiglio dei ministri invoca, altresì, la cessazione della materia del contendere, alla luce dell’Accordo in materia di finanza pubblica sottoscritto tra il Ministero dell’economia e delle finanze e il Presidente della Regione siciliana in data 9 giugno 2014, con il quale è stato definito il concorso della Regione al rispetto del patto di stabilità interno per il periodo 2014-2017.

Nonostante abbia raggiunto tale accordo, tuttavia, la Regione siciliana non ha rinunciato al ricorso; pertanto, non può essere dichiarata cessata la materia del contendere.

7.– Nel merito, la questione è fondata nei termini di seguito precisati.

Questa Corte ha escluso l’operatività di clausole di salvaguardia analoghe a quella di cui all’art. 50-bis del d.l. n. 66 del 2014, come convertito dalla l. n. 89 del 2014, ogniqualvolta «il tenore letterale dei commi impugnati eccezionalmente dispone che essi siano immediatamente applicabili alla Regione siciliana» (sentenza n. 241 del 2012).

È bensì vero che gli impugnati commi 1 e 1-bis dell’art. 7 del d.l. n. 66 del 2014, non recano un esplicito riferimento all’attività di contrasto all’evasione fiscale posta in essere dall’agente della riscossione competente per la Sicilia; nondimeno, nessun dubbio può sussistere sul fatto che le somme recuperate dalla lotta all’evasione fiscale non costituiscono nuove entrate (sentenza n. 246 del 2015) e che tra esse rientrano anche quelle derivanti dall’attività svolta sul territorio siciliano dagli organismi competenti.

D’altra parte, questa Corte, nell’escludere che possa essere motivo di inammissibilità della questione la mancata indicazione, da parte della Regione siciliana, delle specifiche «maggiori entrate» che costituiscono proventi di tributi ad essa devoluti, ha sottolineato che «Nessuna incertezza, infatti, può sussistere in ordine all’oggetto del giudizio, sia perché le censure della Regione non possono che riferirsi alle entrate su cui essa abbia titolo; sia perché, a sua volta, è lo stesso comma 431 a far riferimento ad un generico “ammontare di risorse permanenti che […] si stima di incassare quali maggiori entrate […] derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale”, senza dunque indicare con precisione su quali ambiti si concentrerà la lotta all’evasione e se, di conseguenza, potrà incidere anche su entrate di spettanza regionale» (sentenza n. 246 del 2015).

Se dunque le censure della Regione siciliana non possono che riferirsi ad entrate ad essa spettanti, ne deriva che anche nel presente giudizio la clausola di cui all’art. 50-bis deve ritenersi inoperante; di conseguenza, «I commi impugnati […] nella parte in cui riguardano tutti i tributi riscossi nel territorio siciliano non nominativamente attribuiti all’Erario dallo statuto, violano direttamente i parametri evocati con conseguente loro illegittimità costituzionale» (sentenza n. 241 del 2012).

8.– Restano assorbiti gli ulteriori motivi di censura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;

riuniti i giudizi,

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, commi 1 e 1-bis, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, nella parte in cui si applica alla Regione siciliana;

2) dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, limitatamente all’art. 7, commi 1 e 1-bis, del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Trento, limitatamente all’art. 7, comma 1, del d.l. n. 66 del 2014, come convertito, con il ricorso indicato in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2016.

F.to:

Marta CARTABIA, Presidente

Giuliano AMATO, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2016.