Sentenza n. 236 del 2014

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SENTENZA N. 236

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Giuseppe                     TESAURO                                       Presidente

-           Sabino                         CASSESE                                          Giudice

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ˮ

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ˮ

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ˮ

-           Paolo                           GROSSI                                                   ˮ

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ˮ

-           Aldo                            CAROSI                                                   ˮ

-           Marta                           CARTABIA                                             ˮ

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ˮ

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ˮ

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ˮ

-           Giuliano                       AMATO                                                   ˮ

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 29, commi 1 e 2, lettera a) e 3, primo periodo e prima parte della lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, promossi dalla Corte di cassazione con ordinanza del 12 aprile 2013 e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso con ordinanza del 9 dicembre 2013, iscritte al n. 150 del registro ordinanze 2013 ed al n. 8 del registro ordinanze 2014 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2013 e n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2014.

Visti l’atto di costituzione della Sama srl nonché gli atti di intervento della Scattolini spa e del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 settembre 2014 e nella camera di consiglio del 24 settembre 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Andrea Cimmino per la Scattolini spa, Stefano Zunarelli e Lorenzo Del Federico per la Sama srl e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– L’art. 29, comma 1 nonché comma 2, lettera a), e comma 3, primo periodo e prima parte della lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, è oggetto di impugnazione, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, da parte della Corte di cassazione e della Commissione tributaria provinciale di Treviso.

2.− Con ordinanza del 12 aprile 2013, la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, del d.l. n. 185 del 2008, il quale dispone l’assoggettamento alla disciplina sul monitoraggio dei crediti d’imposta – dettata dall’art. 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138 (Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 8 agosto 2002, n. 178 – di tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, senza fare salvi i diritti e le aspettative sorte, ai sensi dell’art. 1, commi da 280 a 283, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), in relazione ad attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo avviate prima del 29 novembre 2008 (data di entrata in vigore del d.l. n. 185 del 2008).

La lesione dell’art. 3 Cost. deriverebbe dalla violazione del principio di tutela dell’affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche, in quanto vi sarebbe l’abolizione, per esaurimento delle risorse finanziarie, di crediti d’imposta già entrati nel patrimonio del contribuente.

2.1.− In subordine, viene sollevata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 29, comma 2, lettera a), e comma 3, primo periodo e prima parte della lettera a), che disciplina la procedura per selezionare le imprese concretamente autorizzate alla fruizione del beneficio tra quelle che avevano già avviato attività di ricerca prima del 29 novembre 2008, basata sulla priorità cronologica di arrivo all’Agenzia delle entrate di atti trasmessi per via telematica.

La lesione dell’art. 3 Cost. deriverebbe dalla irragionevole disparità di trattamento fra contribuenti egualmente titolari di crediti d’imposta derivanti da attività già avviate alla data del 29 novembre 2008.

2.2.– Il giudice a quo premette che la Sama srl ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo ha respinto il ricorso della contribuente avverso il provvedimento con cui il Centro Operativo di Pescara, ai sensi dell’art. 29 del d.l. n. 185 del 2008, ha negato per «esaurimento delle risorse finanziarie» il nulla-osta alla fruizione del credito d’imposta ex art. 1, commi 280 e seguenti, della legge n. 296 del 2006, richiesto dalla contribuente in relazione ai costi sostenuti per attività di ricerca e sviluppo avviate prima del 29 novembre 2008.

La Corte di cassazione sostiene la non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 29 del d.l. n. 185 del 2008, con riferimento all’art. 3 Cost. sotto due distinti profili, collegati in via subordinata.

Secondo una prima censura, il comma 1 di detto articolo violerebbe il principio di tutela dell’affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche, affidamento che non può essere leso da disposizioni retroattive che trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti. In particolare, dal tenore letterale del comma 280 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 emergerebbe un diritto soggettivo perfetto, il cui fatto costitutivo è indicato dalla legge nel sostenimento di costi per attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo nei periodi di imposta in corso al 31 dicembre degli anni 2007, 2008 e 2009.

Con la seconda censura si rileva che il combinato disposto del comma 2, lettera a), e del comma 3, primo periodo e prima parte della lettera a), dell’impugnato art. 29 congegnerebbe un meccanismo di selezione dei soggetti autorizzati alla fruizione del credito i cui esiti risulterebbero sostanzialmente casuali. Tale procedura si compendia nell’inoltro per via telematica all’Agenzia delle entrate di un formulario valevole come prenotazione e nell’acquisizione ed evasione, da parte della predetta Agenzia, dei formulari alla stessa pervenuti secondo l’ordine cronologico di arrivo. Il giudice rimettente osserva che – se in linea generale non può ritenersi irrazionale il ricorso al criterio selettivo, di antichissima tradizione, prior in tempore potior in jure – nel caso, quale quello in esame, in cui la selezione si svolge tra una platea vastissima di concorrenti e si fonda sul momento di arrivo al destinatario di atti trasmessi per via telematica, tale criterio condurrebbe a risultati completamente scollegati non solo dal merito delle ragioni di credito ma anche dalla solerzia nell’esercizio delle stesse. La risultante di fattori quali la sproporzione tra risorse disponibili e domande, l’ampiezza del numero dei concorrenti, la velocità dei meccanismi di trasmissione informatica determinerebbe, cioè, una selezione sostanzialmente casuale, che si esaurisce in un tempo brevissimo e produce risultati dipendenti prevalentemente dalla potenza e sofisticatezza delle apparecchiature informatiche di cui dispongono i singoli contribuenti o i professionisti che li assistono. Ciò genererebbe, quindi, una disparità di trattamento (in ordine alla fruizione del credito di imposta, ad alcuni concessa e ad altri negata) di situazioni eguali (di contribuenti tutti egualmente titolari di crediti di imposta derivanti da attività già avviate alla data del 29 novembre 2008) in base ad un criterio di priorità cronologica che, per le sue concrete modalità di attuazione, non apparirebbe ragionevole.

2.3.– Si è costituita la Sama srl, ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo che la questione venga accolta. La società interveniente richiama i principi enunciati dalla Corte costituzionale in ordine alle situazioni di affidamento nella sicurezza giuridica e prospetta, quindi, la lesione dell’art. 3 Cost., sostanzialmente ripercorrendo le argomentazioni della ordinanza di rimessione sotto entrambi i profili ivi prospettati.

2.4.– Si è costituita la Scattolini spa, soggetto estraneo al processo principale, che, ai fini della propria legittimazione a partecipare al giudizio incidentale, espone di avere un interesse qualificato in ragione della sua posizione di titolarità del diritto alla fruizione del credito d’imposta de quo. Dopo aver sottolineato come la norma impugnata si riverbererebbe, in concreto, sulla propria posizione (articolatamente ricostruita nella propria memoria), sostiene la illegittimità costituzionale della stessa per violazione dell’art. 3 Cost. sulla base delle medesime censure sollevate dalla Corte di cassazione.

2.5.– È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

Con riferimento alla prima censura di presunta violazione dell’art. 3 Cost., viene sostenuta la legittimità costituzionale, nel suo complesso, della disciplina del credito di imposta in esame. Il legislatore, da un lato, con il censurato art. 29 del d.l. n. 185 del 2008 ha posto un limite quantitativo ad un beneficio che sarebbe stato inizialmente concesso senza alcun tetto e senza copertura finanziaria; dall’altro, in relazione alle agevolazioni in corso, con l’art. 2, comma 236, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2010) si sarebbe limitato a ridurre in via generale l’importo alla metà (più precisamente al 47,53 per cento) e a riconoscere integralmente il diritto al credito per una parte dei beneficiari, individuati all’esito di una procedura in qualche modo concorsuale, basata sulla priorità di invio delle domande. Del resto, alla luce della eccezionalità della situazione economica e degli obblighi incombenti a carico del Paese in ambito europeo, le disposizioni impugnate non potrebbero in alcun modo essere ritenute affette da «palese arbitrarietà o irrazionalità».

La questione relativa alla seconda censura presenterebbe un primo profilo di inammissibilità, concernente l’omessa motivazione sulla rilevanza della questione. Premesso che, come attestato dalla difesa dell’Agenzia delle entrate, la capienza degli stanziamenti è stata esaurita con i formulari pervenuti nei primi minuti successivi all’apertura della procedura di trasmissione telematica, nell’ordinanza di rimessione non si preciserebbe in quale momento la società ha presentato la sua istanza. Pertanto, poiché le domande valide si esaurirono nei primi minuti, sarebbe evidente che, qualora l’invio dell’istanza fosse avvenuto dopo un significativo lasso di tempo (ad esempio il giorno dopo o anche solo alcune ore dopo il termine iniziale), non vi sarebbe interesse alla censura dedotta. Del resto, a detta dello stesso giudice remittente, «in linea generale non può ritenersi irrazionale il ricorso al criterio selettivo, di antichissima tradizione, prior in tempore potior in jure».

La questione sarebbe inammissibile anche per un ulteriore motivo. Posto che, come ritenuto anche dal giudice rimettente, la previsione di un criterio cronologico di accoglimento delle istanze non può ritenersi di per sé incostituzionale, oggetto della censura sarebbero le modalità in cui si è svolta la procedura. Ebbene, l’art. 29, comma 2 lettera a), del d.l. n. 185 del 2008 si limiterebbe al riguardo a prevedere l’inoltro per via telematica all’Agenzia delle entrate di un apposito formulario, fissando un criterio astratto (la priorità nell’invio telematica dell’apposito formulario) che la stessa Corte di cassazione afferma essere in linea di principio costituzionalmente legittimo. La censura toccherebbe, quindi, la realizzazione esecutiva di tale previsione, interessando, cioè, non la norma primaria, ma il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 24 marzo 2009 che disciplinava nel dettaglio le modalità, il quale avrebbe dovuto essere oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo.

La censura sarebbe comunque infondata, in quanto, dato che le risorse finanziarie disponibili erano in ogni caso insufficienti a soddisfare tutte le richieste, un criterio di scelta si imponeva. L’avere previsto l’ordine di invio telematico delle richieste non apparirebbe irrazionale, tenuto conto della platea dei beneficiari, delle esigenze di celerità e della difficoltà di una procedura concorsuale alternativa legata a criteri di più complessa valutazione.

2.6.– In data 2 settembre 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria, sostanzialmente ribadendo le argomentazioni già svolte.

2.7.– In data 9 settembre 2014 la Sama srl ha depositato memoria fuori termine.

3.– Con ordinanza del 9 dicembre 2013 la Commissione tributaria provinciale di Treviso ha sollevato questione di legittimità costituzionale – avente ad oggetto il comma 1 ed il combinato disposto del comma 2, lettera a), e del comma 3, primo periodo e prima parte della lettera a), dell’art. 29 del d.l. n. 185 del 2008 – fondata su censure dal contenuto analogo a quelle argomentate dalla Corte di cassazione con l’ordinanza di rimessione, pur se non collegate in via subordinata.

3.1.– Il giudice a quo premette che la società ricorrente La Gioiosa spa ha impugnato l’atto di recupero del credito di imposta di euro 40.076,00 utilizzato in compensazione con il modello F24 in assenza di autorizzazione dell’Agenzia delle entrate, chiedendo l’annullamento dello stesso e, in subordine, il riconoscimento della compensazione nella misura del 47,53 per cento.

La Commissione tributaria chiarisce che nella controversia in esame non sarebbe in contestazione l’esistenza del credito di imposta per l’attività di ricerca e sviluppo, ma la sua usufruibilità. E ciò in quanto prima del d.l. n. 185 del 2008 l’agevolazione avrebbe avuto natura automatica, senza necessità di alcun adempimento da parte del soggetto interessato, ed il credito sarebbe stato attribuito attraverso la compensazione tramite il modello Unico, mentre con la norma censurata si prevedrebbe l’attivazione della procedura per via telematica cui deve seguire il nulla osta dell’Ufficio per la copertura finanziaria e, in caso di mancanza di disponibilità, la compensazione sarebbe prevista negli esercizi successivi. Tale decreto-legge sarebbe intervenuto per disciplinare non le condizioni di esistenza del credito, ma le modalità di fruizione di esso, con l’introduzione di una procedura di selezione.

Sostiene poi le medesime censure contenute nella ordinanza di rimessione della Corte di cassazione.

3.2.– È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata, svolgendo le stesse argomentazioni svolte in risposta alle considerazioni della Corte di cassazione.

4.– All’udienza pubblica tutte le parti costituite nel giudizio hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1.– L’art. 29, comma 1 nonché comma 2, lettera a), e comma 3, primo periodo e prima parte della lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, è oggetto di impugnazione, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, da parte della Corte di cassazione e della Commissione tributaria provinciale di Treviso.

2.– Con ordinanza del 12 aprile 2013, la Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 1, del d.l. n. 185 del 2008, il quale dispone l’assoggettamento alla disciplina sul monitoraggio dei crediti d’imposta – dettata dall’art. 5, commi 1 e 2, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138 (Interventi urgenti in materia tributaria, di privatizzazioni, di contenimento della spesa farmaceutica e per il sostegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 8 agosto 2002, n. 178 – di tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, senza fare salvi i diritti e le aspettative sorte, ai sensi dell’art. 1, commi da 280 a 283, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2007), in relazione ad attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo avviate prima del 29 novembre 2008 (data di entrata in vigore del d.l. n. 185 del 2008). La lesione dell’art. 3 Cost. deriverebbe dalla violazione del principio di tutela dell’affidamento del cittadino nella certezza delle situazioni giuridiche, in quanto vi sarebbe l’abolizione, per esaurimento delle risorse finanziarie, di crediti d’imposta già entrati nel patrimonio del contribuente.

2.1.– In subordine, viene sollevata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 29, comma 2, lettera a), e comma 3, primo periodo e prima parte della lettera a), del d.l. n. 185 del 2008, che disciplina la procedura per selezionare le imprese concretamente autorizzate alla fruizione del beneficio tra quelle che avevano già avviato attività di ricerca prima del 29 novembre 2008, prevedendo un meccanismo basato sulla priorità cronologica di arrivo all’Agenzia delle entrate di atti trasmessi per via telematica. La lesione dell’art. 3 Cost. deriverebbe dalla irragionevole disparità di trattamento fra contribuenti egualmente titolari di crediti d’imposta derivanti da attività già avviate alla data del 29 novembre 2008.

2.2.– Si è costituita la Sama srl, parte nel giudizio principale, rinforzando le argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione. Stesse conclusioni ha sostenuto la Scattolini spa, soggetto estraneo al giudizio principale, costituitasi in giudizio.

3.– Censure di tenore analogo a quelle denunciate dalla Corte di cassazione, pur se non collegate in via subordinata, sono state sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con ordinanza del 9 dicembre 2013.

4.− In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, spiegando difese ed eccezioni identiche e chiedendo che le questioni vengano dichiarate inammissibili o infondate.

4.1.– Con riferimento alla prima censura di presunta violazione dell’art. 3 Cost., viene sostenuta la legittimità costituzionale, nel suo complesso, della disciplina del credito di imposta in esame. Il legislatore, da un lato, con il censurato art. 29, ha posto un limite quantitativo ad un beneficio che sarebbe stato inizialmente concesso senza alcun tetto e senza copertura finanziaria; dall’altro, in relazione alle agevolazioni in corso, con l’art. 2, comma 236, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2010), sarebbe intervenuto riducendo in via generale l’importo alla metà (più precisamente al 47,53 per cento) e riconoscendo integralmente il diritto al credito per una parte dei beneficiari, individuati all’esito di una procedura in qualche modo concorsuale, basata sulla priorità di invio delle domande. Del resto, alla luce della eccezionalità della situazione economica e degli obblighi incombenti a carico del Paese in ambito europeo, le disposizioni impugnate non potrebbero in alcun modo essere ritenute affette da «palese arbitrarietà o irrazionalità».

4.2.– La questione relativa alla seconda censura presenterebbe un primo profilo di inammissibilità, concernente l’omessa motivazione sulla rilevanza della questione. Premesso che, come attestato dalla difesa dell’Agenzia delle entrate, la capienza degli stanziamenti è stata esaurita con i formulari pervenuti nei primi minuti successivi all’apertura della procedura di trasmissione telematica, nell’ordinanza di rimessione non si preciserebbe in quale momento la società ha presentato la sua istanza. Pertanto, poiché le domande valide si esaurirono nei primi minuti, sarebbe evidente che, qualora l’invio dell’istanza fosse avvenuto dopo un significativo lasso di tempo (ad esempio il giorno dopo o anche solo alcune ore dopo il termine iniziale), non vi sarebbe interesse alla censura dedotta. Del resto, viene sottolineato che, a detta degli stessi giudici rimettenti, «in linea generale non può ritenersi irrazionale il ricorso al criterio selettivo, di antichissima tradizione, prior in tempore potior in jure».

La questione sarebbe inammissibile anche per un ulteriore motivo. Posto che, come ritenuto anche dai giudici a quibus, la previsione di un criterio cronologico di accoglimento delle istanze non può ritenersi di per sé incostituzionale, oggetto della censura sarebbero le modalità in cui si è svolta la procedura. Ebbene, al riguardo, l’art. 29, comma 2 lettera a), del d.l. n. 185 del 2008 si limiterebbe a prevedere l’inoltro per via telematica alla Agenzia delle entrate di un apposito formulario, fissando un criterio astratto (la priorità nell’invio telematica dell’apposito formulario) che gli stessi giudici rimettenti affermano essere in linea di principio costituzionalmente legittimo. La censura toccherebbe, quindi, la realizzazione esecutiva di tale previsione, interessando, cioè, non la norma primaria, ma il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 24 marzo 2009 che disciplinava nel dettaglio le modalità, il quale avrebbe dovuto essere oggetto di impugnazione davanti al giudice amministrativo.

Infine, la censura sarebbe comunque infondata, in quanto, dato che le risorse finanziarie disponibili erano in ogni caso insufficienti a soddisfare tutte le richieste, un criterio di scelta si imponeva. L’averlo individuato nell’ordine cronologico di invio non apparirebbe irrazionale, tenuto conto della platea dei beneficiari, delle esigenze di celerità e della difficoltà di una procedura concorsuale alternativa legata a criteri di più complessa valutazione.

5.– All’udienza pubblica tutte le parti costituite nel giudizio hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nelle difese scritte.

6.− Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 23 settembre 2014 e allegata alla presente sentenza, è stato dichiarato inammissibile l’intervento spiegato nel giudizio dalla Scattolini spa

7.– Le ordinanze della Corte di cassazione e della Commissione tributaria provinciale di Treviso concernono le stesse norme e propongono questioni analoghe, perciò i relativi procedimenti vanno riuniti, per essere definiti con un’unica decisione.

8.– Prima di esaminare le questioni sottoposte all’attenzione della Corte occorre soffermarsi su una sintetica ricostruzione del quadro normativo.

L’art. 1, comma 280, della legge n. 296 del 2006 – abrogato per il disposto dell’art. 23, comma 7, e del n. 42 dell’allegato del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012 n. 134, ma applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – ha attribuito alle imprese, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2006 e fino alla chiusura del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2009, un credito d’imposta pari al 10 per cento dei costi sostenuti per attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo, percentuale che è pari al 40 per cento – come modificato dall’art. 1, comma 66, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) – per i costi riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca. I costi cui si rapportava il diritto al credito di imposta non potevano superare, a mente del comma 281 del medesimo art. 1, l’importo di 50 milioni di euro per ciascun periodo d’imposta (come da modifica operata dal già citato comma 66 dell’art. 1 della legge finanziaria 2008).

Successivamente, con l’art. 29 del d.l. n. 185 del 2008, il legislatore, nel primo comma, ha disposto l’assoggettamento alla disciplina sul monitoraggio dei crediti di imposta dettata dall’art. 5, commi 1 e 2, del d.l. n. 138 del 2002 di tutti i crediti di imposta vigenti alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge, ivi compresi, quindi, quelli introdotti dalla legge n. 296 del 2006. Con riferimento a questi ultimi, conseguentemente è stato previsto, nel secondo comma, un tetto massimo al credito d’imposta fruibile da parte delle imprese, definendo i relativi stanziamenti nel bilancio dello Stato (375,2 milioni di euro per l’anno 2008, 533,6 milioni di euro per l’anno 2009, 654 milioni di euro per l’anno 2010 e 65,4 milioni di euro per l’anno 2011).

La predeterminazione del tetto massimo dell’ammontare del credito d’imposta riconoscibile alle imprese comportava la necessità, con riferimento alle attività di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008, dell’individuazione di una procedura di selezione delle imprese destinate a fruire concretamente del credito di imposta sino al raggiungimento del suddetto tetto. Tale procedura di selezione si rinviene nella seconda parte del secondo comma e nel terzo comma dello stesso art. 29. Con tali disposizioni si è, tra l’altro, stabilito che, a decorrere dall’anno 2009, per la fruizione del credito d’imposta le imprese dovevano inoltrare per via telematica all’Agenzia delle entrate un apposito formulario, valevole come «prenotazione dell’accesso alla fruizione del credito d’imposta», e che l’Agenzia delle entrate provvedeva ad esaminare le domande secondo l’ordine cronologico di arrivo, comunicando alle imprese – per le attività già avviate prima del 29 novembre 2008 – «esclusivamente un nulla-osta ai soli fini della copertura finanziaria». Nel quinto comma del citato art. 29, infine, si è previsto che la procedura per la trasmissione telematica del menzionato formulario fosse attivata entro 30 giorni dalla data di adozione del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione del formulario medesimo. Con provvedimento del 21 aprile 2009, a modifica del precedente provvedimento del 24 marzo, il direttore dell’Agenzia delle entrate ha stabilito che i formulari per i progetti d’investimento in attività di ricerca e sviluppo già avviati alla data del 28 novembre 2008 dovessero essere presentati, a pena di decadenza dal contributo, dalle ore 10:00 del 6 maggio 2009 alle ore 24:00 del 5 giugno 2009.

Per i crediti d’imposta maturati negli anni 2007, 2008 e 2009, di cui non era stata autorizzata la fruizione da parte dell’Agenzia delle entrate per esaurimento dei fondi disponibili, l’art. 2, comma 236, della legge n. 191 del 2009 ha autorizzato un ulteriore stanziamento pari a 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011, la cui entità è stata successivamente ridotta di 50 milioni di euro per l’anno 2010 dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 (Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l’altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 maggio 2010, n. 73.

Le modalità di utilizzo di tale stanziamento sono state definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 4 marzo 2011 (Modalità di utilizzo dell’ulteriore stanziamento disposto dal comma 236 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per le finalità di cui all’articolo 29, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185), che ha autorizzato la fruizione dei crediti d’imposta relativi ad attività di ricerca avviate prima del 29 novembre 2008, quali risultanti dai formulari presentati telematicamente che fossero stati denegati per esaurimento delle risorse disponibili, nella misura massima del 20,37 per cento dell’importo complessivamente richiesto per tutti e tre gli anni 2007, 2008 e 2009 a decorrere dalla data di pubblicazione del medesimo decreto e dell’ulteriore 27,16 per cento del predetto importo a decorrere dall’anno 2011.

9.– Le questioni di legittimità costituzionale, sollevate da entrambe le ordinanze di rimessione, sono inammissibili.

9.1.– È impugnato l’art. 29 del d.l. n. 185 del 2008, ossia la norma che ha esteso ai crediti di imposta di cui alla legge n. 296 del 2006 la disciplina generale sul monitoraggio dei crediti di impresa e ha introdotto un meccanismo di selezione tra i diversi soggetti aspiranti al beneficio fiscale.

Le ordinanze, pur citandoli, non prendono in considerazione l’art. 2, comma 236, della legge n. 191 del 2009 e l’art. 4, comma 1, del d.l. n. 40 del 2010.

Il comma 236 ha previsto, per le finalità di cui all’art. 29, comma 1, del d.l. n. 185 del 2008, l’autorizzazione di un’ulteriore spesa di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 (successivamente ridotti dall’art. 4, comma 1, del d.l. n. 40 del 2010, per l’anno 2010, a 150 milioni di euro) e ha demandato l’individuazione delle modalità di utilizzo dello stanziamento ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.

Il decreto ministeriale è stato adottato il 4 marzo 2011 – tenendo anche conto della riduzione degli stanziamenti definita dall’art. 4, comma 1, del d.l. n. 40 del 2010 – e ha disposto che i soggetti che non avevano ottenuto il nulla-osta alla fruizione del beneficio per esaurimento delle risorse disponibili utilizzino il credito d’imposta nella misura massima del 47,53 per cento dell’importo complessivamente richiesto, distribuito in due tranches successive.

9.2.– La nuova disciplina introduce novità non marginali nel complesso normativo in esame e quindi la prospettazione della questione di legittimità costituzionale non poteva prescindere dalla verifica del suo impatto sulle situazioni soggettive e sui valori che venivano in gioco.

Ciò tanto più ove si consideri che tale disciplina è sensibilmente più favorevole al contribuente-creditore, cosicché occorreva spiegare perché la si sia ritenuta irrilevante, e quindi tale da non far venire meno il vulnus costituzionale denunciato, e ciò nonostante non meritevole di impugnazione.

Anche nella prospettiva dei rimettenti, che in effetti hanno delineato in maniera completa il quadro normativo, sarebbe stato dunque necessario vagliare, e non solo citare, le norme sopravvenute.

10.– Da tanto deriva la inammissibilità della questione nei termini proposti dai giudici a quibus.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 29 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 gennaio 2009, n. 2, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte di cassazione e dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2014.

F.to:

Giuseppe TESAURO, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 ottobre 2014.

 

ordinanza letta all'udienza del 23 settembre 2014