SENTENZA N. 221
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori:
- Sabino CASSESE Presidente
- Giuseppe TESAURO Giudice
- Paolo Maria NAPOLITANO ”
- Giuseppe FRIGO ”
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Paolo GROSSI ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Sergio MATTARELLA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione della
Camera dei deputati del 22 settembre 2010 (atti
Camera, doc. IV-ter, nn.
8/A, 13/A e 17/A), relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68,
primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Silvio
Berlusconi nei confronti dell’on. Antonio Di Pietro, promosso dal Giudice della
prima sezione civile del Tribunale ordinario di Roma, con ricorso
notificato il 21 maggio 2013 (a seguito dell’ordinanza della Corte
costituzionale n. 56 del 2013, che ha disposto una nuova notifica del ricorso),
depositato in cancelleria il 10 giugno 2013, ed iscritto
al n. 13 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2011, fase di merito.
Visti l’atto di costituzione
della Camera dei deputati, nonché l’atto di intervento
di Di Pietro Antonio;
udito nell’udienza pubblica dell’8
luglio 2014 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
udito l’avvocato Maria Raffaella Talotta per Di Pietro Antonio.
Ritenuto in fatto
1.− Con
ricorso del 25 ottobre 2011, depositato il 1° dicembre 2011, il Giudice della
prima sezione civile del Tribunale ordinario di Roma ha sollevato conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato in ordine alla
deliberazione del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter,
nn. 8/A, 13/A e 17/A), con cui la Camera dei deputati
ha affermato che le dichiarazioni in relazione alle quali, nel giudizio civile
pendente davanti ad esso giudice, è stata avanzata domanda risarcitoria da
parte di Antonio Di Pietro nei confronti del [l’allora] deputato Silvio
Berlusconi, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento
nell’esercizio delle sue funzioni e sono, pertanto, insindacabili ai sensi
dell’art. 68, primo
comma, della Costituzione.
Le
dichiarazioni in questione – ha precisato il ricorrente – sono quelle
rilasciate dal convenuto nel corso della trasmissione televisiva della RAI «Porta a porta» andata in onda il 10 aprile 2008. In quella occasione, il deputato Berlusconi aveva, tra l’altro,
affermato: «Di Pietro è un emerito bugiardo. […] non
ha nemmeno una laurea valida […]. Mi rivolgo al Ministro dell’istruzione in
carica per vedere se può sottoporre a custodia sicura le documentazioni che
esistono presso l’Università circa la laurea del signor Di Pietro. Mi rivolgo
al Ministro della giustizia per vedere che possa fare la stessa cosa, per
sottoporre a custodia i documenti con cui il signor Di Pietro si è rivolto alla
magistratura e ha fatto due o tre concorsi per la magistratura. Non ha mai
presentato il diploma originale di laurea. Ha sempre presentato dei
certificati, che tra l’altro sono diversi l’uno dall’altro, sia per il voto di
un esame, sia per quanto riguarda la data di un esame. Quindi
la sua è una così detta laurea dei Servizi, che i Servizi hanno chiesto ai
professori dell’università di cui nessuno si ricorda di Di Pietro […] Quindi il
signor Di Pietro non è solo un uomo che mi fa orrore perché non rispetta gli
altri e perché ha scaraventato in galera, rovinando le vite degli altri
cittadini, è un assoluto bugiardo».
Richiamate,
quindi, in premessa, le considerazioni poste alla base della proposta della Giunta
delle elezioni e delle immunità parlamentari della Camera dei deputati, poi
fatte proprie dall’Assemblea, in ordine alla
riconducibilità delle espressioni usate dal parlamentare all’area
dell’insindacabilità sancita dall’art. 68, primo comma, Cost., ha osservato, in
contrario, il Tribunale ricorrente che «le dichiarazioni sopra riportate […]
non risultano collegate funzionalmente ad alcuna attività parlamentare, anche
atipica, né il contesto politico (conflitto tra i soggetti politici coinvolti,
campagna elettorale) può considerarsi un parametro volto a qualificarle come
insindacabili, conformemente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza sul punto,
avendo le medesime ad oggetto fatti e circostanze riguardanti, in particolare,
le modalità di conseguimento del diploma di laurea dell’attore, che esulano dal
dibattito parlamentare».
Da qui la
scelta di sollevare il conflitto e la richiesta di dichiarare che non spettava
alla Camera dei deputati deliberare che le dichiarazioni rese dall’on. Silvio
Berlusconi nella trasmissione RAI «Porta a Porta»
andata in onda il 10 aprile 2008 costituiscono opinioni espresse da un membro
del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo
comma, della Costituzione, con conseguente annullamento della deliberazione di
insindacabilità adottata dalla Camera dei Deputati nella seduta del 22
settembre 2010.
2.− Il
conflitto è stato dichiarato ammissibile con ordinanza n. 97 del
2012.
3.−
Essendosi la Camera costituita unicamente per eccepire l’improcedibilità del
conflitto, per esserle stato notificato il ricorso in forma non integrale,
questa Corte, con ordinanza
n. 56 del 2013 − ritenuto che «l’incompletezza della copia del
ricorso non comporta inesistenza ma un mero vizio sanabile della notificazione,
atteso che essa è stata comunque notificata in termini alla Camera, sua
destinataria, unitamente all’ordinanza di ammissibilità del conflitto (la quale
riporta testualmente, per altro, le dichiarazioni per cui è conflitto)», e
considerato che la correlativa sanatoria non poteva farsi risalire alla Camera
resistente che non aveva accettato il contradditorio nel merito − ha
disposto, a tale fine, la rinnovazione della notificazione del ricorso in forma
integrale. Adempimento cui il Tribunale ha ritualmente provveduto.
4.− È
intervenuto nel giudizio Antonio Di Pietro, svolgendo – ed
ulteriormente ribadendo con memoria – argomentazioni adesive alla richiesta del
Tribunale.
Considerato in diritto
1.−
Questa Corte è chiamata a risolvere il conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato, sollevato dal Giudice della prima sezione civile del Tribunale
ordinario di Roma in ordine alla deliberazione della
Camera dei deputati del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter, nn. 8/A,
13/A e 17/A), con cui è stato affermato che le dichiarazioni rese dal
deputato Silvio Berlusconi nella trasmissione RAI «Porta a porta» del 10 aprile
2008 – in relazione alle quali è stata avanzata, innanzi a quel giudice,
domanda risarcitoria da parte dell’on. Antonio Di Pietro − concernono
opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni
e sono, pertanto, insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione.
2.− Vanno preliminarmente
confermate l’ammissibilità e la procedibilità del conflitto, come già ritenuto
da questa Corte con le ordinanze n. 97 del
2012 e n. 56
del 2013.
3.− In via ancora preliminare,
deve essere dichiarato ammissibile l’intervento spiegato dal dottor Antonio Di
Pietro, trattandosi di soggetto che è parte nel giudizio civile risarcitorio,
da lui promosso, che ha originato il presente conflitto (sentenze n. 305 del
2011; n. 195
del 2007; n.
386 del 2005; n.
154 del 2004 e n. 76 del 2001).
4.− Nel merito il ricorso è
fondato.
4.1.− Secondo la costante giurisprudenza
costituzionale, le dichiarazioni rese (come nel caso in esame) extra moenia
da un parlamentare sono coperte dalla prerogativa
dell’insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, Cost., a condizione che
esse siano legate da un nesso funzionale con l’esercizio di funzioni
parlamentari.
A tal fine, questa Corte ha ancora di
recente ribadito che è «necessario il concorso di due requisiti: a) un legame
di ordine temporale fra l’attività parlamentare e l’attività esterna […], tale
che questa venga ad assumere una finalità divulgativa della prima; b) una
sostanziale corrispondenza di significato tra le opinioni espresse
nell’esercizio delle funzioni e gli atti esterni, al di là delle formule
letterali usate […], non essendo sufficiente né una semplice comunanza di
argomenti né un mero “contesto politico” entro cui le dichiarazioni extra moenia possano
collocarsi […], né il riferimento alla generica attività parlamentare o
l’inerenza a temi di rilievo generale, seppur dibattuti in Parlamento […], né,
infine, un generico collegamento tematico o una corrispondenza contenutistica
parziale» (da ultimo, sentenza n. 55 del
2014).
L’esigenza di salvaguardia
della autonomia e libertà delle assemblee parlamentari dalle possibili
interferenze di altri poteri (in particolare, di quello giudiziario) −
quale sottesa alla insindacabilità delle opinioni espresse da membri del
Parlamento, ex art. 68 Cost. −
deve, infatti, bilanciarsi con l’esigenza, di pari rilievo costituzionale, di
garanzia del diritto dei singoli alla tutela della loro dignità di persone,
prescritta dall’art. 2 Cost.
E l’individuazione del punto di
equilibrio, tra i corrispondenti contrapposti valori, porta, appunto, ad
escludere che l’insindacabilità copra la complessiva attività politica posta in
essere dal membro del Parlamento − poiché ciò trasformerebbe la
prerogativa dell’immunità funzionale in un privilegio personale (sentenze n. 313 del
2013, n. 329
del 1999, e n.
289 del 1998) – ed a delimitare l’area di operatività della immunità in
correlazione all’ambito di esercizio delle funzioni parlamentari.
Dal che la conclusione che il discrimine
tra i giudizi e le critiche che anche il parlamentare manifesta nel più esteso
ambito dell’attività politica, per le quali non vale
l’immunità, e le opinioni coperte da tale garanzia, è costituito dalla inerenza
delle opinioni all’esercizio delle funzioni parlamentari.
Su questa linea, del resto, anche la
Corte europea dei diritti dell’uomo ha sottolineato come non si possa
giustificare un rifiuto di accesso alla giustizia, da parte del privato che si
assuma offeso dalle opinioni del parlamentare, «per il solo motivo che la
disputa potrebbe essere di natura politica o legata ad un’attività politica»
(per tutte, sentenza
24 febbraio 2009, C.G.I.L. e Cofferati contro Italia, ricorso n. 46967/07,
ove sono anche citate numerose pronunce conformi).
4.2.− Se dunque la correlazione,
secondo un criterio di adeguatezza e proporzionalità, con l’esercizio di
funzioni tipiche del parlamentare segna il confine entro il quale opera la
garanzia della insindacabilità delle opinioni dal
medesimo espresse nei confronti di terzi, è evidente come i giudizi formulati
dall’allora deputato Berlusconi, sul conto dell’on. Di Pietro, nel corso della
trasmissione televisiva di cui si è detto, si collochino innegabilmente al di
fuori di tale confine.
In motivazione della deliberata
esclusione di sindacabilità delle opinioni, di cui
sopra, espresse dall’on. Berlusconi nella trasmissione «Porta a porta» del 10
aprile 2008, la Relazione della Giunta per le autorizzazioni, approvata
dall’Assemblea, evoca, infatti, il «contesto», nel
quale si colloca l’episodio, rappresentato dalla «campagna elettorale del 2008,
che vedeva il deputato Berlusconi candidato premier».
E da ciò inferisce che l’espressione «il signor Di Pietro non
è solo un uomo che mi fa orrore, perché non rispetta gli altri e perché ha
scaraventato in galera, rovinando delle vite degli altri cittadini» vada
ricondotta «all’alveo delle opinioni politiche sull’“avversario” […] diventato leader di un partito antagonista» e che,
allo stesso modo, i «dubbi» avanzati dal parlamentare sulla «validità» della
laurea dell’on. Di Pietro «esprimere[bbero] un
proprio soggettivo giudizio negativo sulla qualità della preparazione
universitaria del collega Di Pietro, allo scopo di distrarre i cittadini
dall’orientare verso di lui il proprio consenso».
Una tale finalità delle dichiarazioni in
questione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Camera, non è, all’evidenza,
divulgativa di una attività tipica del parlamentare,
né è, in alcun modo o per alcun profilo, ricollegabile all’esercizio di
funzioni parlamentari, perché esauritasi nella sfera, a quelle funzioni
estranea, di una competizione elettorale.
4.3.− La delibera per cui è
conflitto risulta, quindi, adottata dalla Camera dei deputati in violazione
dell’art. 68, primo comma, Cost., ledendo le
attribuzioni dell’autorità giudiziaria, e va, pertanto, annullata.
PER QUESTI MOTIVI
LA
CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare che le
dichiarazioni rese dall’onorevole Silvio Berlusconi, per le
quali pende il procedimento civile davanti al Tribunale ordinario di
Roma, di cui al ricorso indicato in epigrafe, costituiscono opinioni espresse
da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi
dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
2) annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilità
adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 22 settembre 2010 (atti Camera, doc. IV-ter,
nn.
8/A, 13/A e 17/A).
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
9 luglio 2014.
F.to:
Sabino CASSESE, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014.