Sentenza n. 202 del 2014

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SENTENZA N. 202

ANNO 2014

 

Commento alla decisione di

 

Sandro de Gotzen

Discontinuità argomentativa nei giudizi su norme regionali di reinquadramento del personale di enti di diritto privato e di diritto pubblico regionali

 

(per g.c. del Forum di Quaderni Costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Sabino                           CASSESE                                          Presidente

-           Giuseppe                       TESAURO                                           Giudice

-           Paolo Maria                   NAPOLITANO                                          ”

-           Giuseppe                       FRIGO                                                        ”

-           Alessandro                    CRISCUOLO                                             ”

-           Paolo                             GROSSI                                                      ”

-           Aldo                              CAROSI                                                      ”

-           Marta                            CARTABIA                                                ”

-           Sergio                            MATTARELLA                                          ”

-           Giancarlo                      CORAGGIO                                               ”

-           Giuliano                        AMATO                                                      ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Campania 10 maggio 2012, n. 11 (Modifiche legislative e disposizioni in materia di consorzi di bonifica), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, nel procedimento vertente tra il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano e la Regione Campania ed altri con ordinanza del 13 settembre 2012, iscritta al n. 296 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2013.

Visti gli atti di costituzione del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano e della Regione Campania;

udito nell’udienza pubblica del 24 giugno 2014 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi gli avvocati Luigi Maria D’Angiolella per il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano e Almerina Bove per la Regione Campania.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 13 settembre 2012, iscritta al reg. ord. n. 296 del 2012, il Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione prima, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Campania 10 maggio 2012, n. 11 (Modifiche legislative e disposizioni in materia di consorzi di bonifica), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

Il Tar rimettente riferisce che con delibera del Consiglio regionale della Campania 3 aprile 2002, n. 94/6 è stata disposta la soppressione del Consorzio di bonifica della Valle Telesina e le relative funzioni sono state trasferite al Consorzio di bonifica del Sannio Alifano. I dipendenti del Consorzio di bonifica della Valle Telesina sono stati adibiti ad un ufficio regionale appositamente costituito con funzione liquidatoria dei rapporti pendenti in capo all’ente soppresso. A tal fine è stato creato un capitolo del bilancio regionale denominato «oneri per il personale dipendente del soppresso Consorzio di Bonifica della Valle Telesina».

L’art. 3 della legge reg. Campania n. 11 del 2012 dispone il trasferimento, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge regionale stessa e con conservazione dell’inquadramento giuridico e previdenziale di provenienza, del personale dipendente del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina presso il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, con contestuale attribuzione di un contributo per il 2012 pari ad 800.000 euro e con la previsione del medesimo contributo per gli anni dal 2013 al 2016.

Sulla base della disposizione legislativa menzionata sarebbero stati adottati gli atti applicativi impugnati nel giudizio a quo, in particolare le note prot. n. 367256 del 15 maggio 2012 della Regione Campania, prot. n. 515 del 24 maggio 2012 del Commissario liquidatore e prot. n. 0535734 del 12 luglio 2012 del dirigente dell’area generale di coordinamento sviluppo attività settore primario della Regione Campania, con i quali il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano è stato diffidato a dare esecuzione al trasferimento dei dipendenti disposto dal citato art. 3 della legge reg. Campania n. 11 del 2012.

Con separata ordinanza, il Tar rimettente, pronunciandosi in sede cautelare, ha disposto la sospensione del giudizio per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con l’ordinanza di cui in epigrafe.

In punto di rilevanza, il Tar Campania afferma che gli atti impugnati di diffida e messa in mora si baserebbero sul censurato art. 3 della legge reg. Campania n. 11 del 2012, onde la delibazione, anche in sede cautelare, non potrebbe prescindere dalla loro applicazione. La rilevanza della questione non sarebbe parimenti esclusa dalla natura cautelare del giudizio nell’ambito del quale la questione di costituzionalità viene sollevata.

Il giudice rimettente richiama la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la potestas iudicandi non potrebbe ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare – come sarebbe nel caso di specie – sia fondata, quanto al fumus boni iuris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale. In tal caso, la sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato sarebbe provvisoria e temporanea fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l’incidente di legittimità costituzionale (si citano, ex plurimis, le sentenze n. 4 del 2000, n. 183 del 1997, n. 359 e n. 30 del 1995, n. 367 del 1991 e n. 444 del 1990, nonché le ordinanze n. 194 del 2006 e n. 24 del 1995).

In punto di non manifesta infondatezza, a giudizio del collegio la normativa regionale censurata violerebbe i principi enunciati dalla Corte costituzionale in materia di leggi provvedimento.

Al riguardo, si osserva che non sarebbe preclusa alla legge ordinaria, e neppure alla legge regionale, la possibilità di disciplinare oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto.

Tuttavia queste leggi sarebbero ammissibili entro limiti non solo specifici, quale è quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso, ma anche generali, e cioè quello del rispetto del principio di ragionevolezza e non arbitrarietà (si citano le sentenze n. 94 e n. 137 del 2009, n. 267 de1 2007, n. 492 del 1995, n. 346 del 1991 e n. 143 de1 1989).

In questa prospettiva, la norma-provvedimento impugnata sarebbe in palese contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., nella misura in cui si limiterebbe ad ordinare il trasferimento nell’organico del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano di 15 dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina, con conservazione dell’inquadramento giuridico e previdenziale nelle more acquisito.

A giudizio del Tar rimettente la laconicità del precetto normativo impedirebbe di regolare i numerosi aspetti problematici derivanti da una decisione fortemente incidente sull’assetto organizzativo del Consorzio ricevente.

Innanzitutto, il trasferimento presupporrebbe una omogeneità dei ruoli, che mancherebbe nel caso di specie, poiché i dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina sarebbero stati inquadrati nell’organico della Regione Campania.

Inoltre l’improvviso ed intempestivo sovraccarico di personale creerebbe una incisiva disorganizzazione ed appesantimento della dotazione complessiva, poiché alcune posizioni sarebbero palesemente ridondanti (come quella del direttore amministrativo) ed altre sarebbero comunque ultronee, tenuto conto che il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano avrebbe nel corso degli anni provveduto a coprire le carenze di organico di volta in volta verificatesi.

Peraltro non sarebbe stata disciplinata la distribuzione, in capo ai vari soggetti interessati (Regione, gestione liquidatoria, Consorzio di bonifica del Sannio Alifano), degli oneri previdenziali ed assistenziali pregressi – per i quali pende un nutrito contenzioso – nonché degli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto.

Infine, non sarebbe assicurata un’idonea copertura finanziaria, poiché il contributo di ottocentomila euro riguarda il 2012, mentre per gli anni 2013-2016 ci sarebbe un vincolo di destinazione, previo successivo provvedimento con leggi di bilancio, a fronte dell’assunzione di personale a tempo indeterminato. Le conseguenze finanziarie sul bilancio dell’ente potrebbero condurre ad uno stato di dissesto o, comunque, di grave deficit economico-finanziario.

Tali profili di irragionevolezza della scelta legislativa compiuta risulterebbero amplificati in ragione della risalente soppressione del Consorzio di bonifica della Valle Telesina, poiché durante il cospicuo arco di tempo trascorso (oltre dieci anni) il consorzio ricorrente si sarebbe organizzato compiutamente per lo svolgimento delle nuove attribuzioni derivanti dal soppresso Consorzio. Da ultimo, la complessità degli interessi coinvolti avrebbe richiesto una articolata e ponderata istruttoria, assente nell’adozione dello strumento legislativo, per sua natura scevro da vincoli procedimentali e motivazionali.

2.– Con atto depositato il 31 gennaio 2013 si è costituita la Regione Campania, la quale chiede la dichiarazione di infondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale.

3.– Con atto depositato in data 1° febbraio 2013 si è costituito il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, il quale insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 3 della legge reg. Campania n. 11 del 2012.

A giudizio dell’interveniente, il legislatore regionale, disponendo il trasferimento di dipendenti dell’ente soppresso nel 2002 in capo al Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, avrebbe svolto un ruolo suppletivo rispetto all’operato del commissario liquidatore, che non avrebbe provveduto alla gestione, alla liquidazione del personale o alla sanatoria delle pendenze relative alle posizioni previdenziali dei dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina in situazione di insolvenza per molti milioni di euro, come sarebbe emerso anche nel giudizio dinanzi al Tar.

La finalità delle disposizioni di cui all’impugnato art. 3 sarebbe allora quella di risolvere il problema del pagamento delle retribuzioni dei dipendenti e non quella di regolarizzare le situazioni previdenziali, rispetto alle quali il Consorzio di bonifica della Valle Telesina sarebbe stato inadempiente anche prima della soppressione avvenuta nel 2002.

A giudizio dell’interveniente, in realtà non vi sarebbe stata neppure la necessità dell’intervento del legislatore regionale, perché il commissario liquidatore avrebbe dovuto provvedere a definire le situazioni previdenziali dei singoli dipendenti e poi concluderne il rapporto, pagando le necessarie liquidazioni per estinzione dell’ente. In modo paradossale la liquidazione dell’ente sarebbe tuttora pendente senza che siano chiari gli eventuali esiti. Nondimeno gli oneri relativi ai dipendenti graverebbero su un ente diverso, il quale perseguirebbe scopi istituzionali indicati nello statuto e disporrebbe di mezzi coerenti per il loro perseguimento, non anche per far fronte alle sopravvenienze.

Di conseguenza, a giudizio dell’interveniente, ricorrerebbe nel caso di specie uno sviamento di potere in quanto si sarebbero finanziati (ma solo per un tempo determinato, a fronte di una situazione a tempo indeterminato) gli stipendi e disposto il trasferimento per risolvere la situazione del personale dell’ente che avrebbe dovuto essere risolto in sede di liquidazione. Inoltre, il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano avrebbe notoriamente un bilancio rigido, nel quale entrate ed uscite sarebbero opportunamente calibrate e non potrebbe certo subire oneri aggiuntivi per milioni di euro, per i quali in aperta violazione dell’art. 81 Cost. non si indicherebbero i mezzi di finanziamento.

Inoltre, l’interveniente riferisce che presso la Regione Campania sarebbero in corso studi per la riduzione dei contributi previsti a favore del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano per il perseguimento dei suoi fini istituzionali.

Il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano sostiene che la normativa censurata contrasterebbe con il principio della proporzionalità affermato nell’ordinamento comunitario, che troverebbe applicazione anche nell’ordinamento nazionale in virtù dell’art. 117, primo comma, Cost.

Si osserva più in generale che il legislatore regionale potrebbe determinare la tipologia degli enti para-regionali, come sono i consorzi di bonifica, ma una volta costituiti non potrebbe invaderne la sfera di competenza ed in particolare l’ordinamento del personale ed il conseguente relativo ordinamento finanziario, perché questo ambito apparterrebbe alla potestà statutaria e regolamentare degli enti autonomi. L’aver inserito nell’ordinamento del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano i dipendenti del Consorzio di bonifica della Valle Telesina comporterebbe la modifica dell’ordinamento dell’ente ricevente per quanto riguarda l’organizzazione del personale ed il relativo ruolo, invadendo la potestà degli enti stessi e violando anzitutto i principi dell’autonomia e del decentramento dell’art. 5 Cost.

Infine, l’interveniente rileva che nella specie si tratterebbe pacificamente di un ente pubblico economico, che assumerebbe il personale secondo le regole del diritto privato, secondo quanto stabilito da una costante giurisprudenza, sicché l’imposizione legislativa di altro personale invaderebbe l’autonomia contrattuale ai sensi dell’art. 1322 del codice civile dei soggetti, che operano secondo il diritto privato nell’ambito dei rapporti col personale degli enti economici.

4.– La Regione Campania ha depositato in data 4 giugno 2014 una memoria fuori termine.

5.– Nel corso dell’udienza, la Regione Campania ha ribadito che il personale del disciolto Consorzio ben potrebbe essere utilmente impiegato dal Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, anche con riguardo ai contributi comunitari di cui lo stesso sarebbe destinatario. Il predetto Consorzio ha replicato che i contributi comunitari sarebbero destinati alle imprese e non al pagamento degli stipendi del personale.

Considerato in diritto

1.– Con l’ordinanza del 13 settembre 2012, iscritta al n. 296 del registro ordinanze 2012, il Tribunale amministrativo della Regione Campania ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Campania 10 maggio 2012, n. 11 (Modifiche legislative e disposizioni in materia di consorzi di bonifica), in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.

1.1.– Il rimettente premette di essere chiamato a pronunciare su un ricorso proposto dal Consorzio di bonifica del Sannio Alifano avente ad oggetto atti di diffida e messa in mora adottati nei suoi confronti dalla Regione Campania per l’esecuzione della norma censurata, la quale dispone il trasferimento del personale del disciolto Consorzio di bonifica della Valle Telesina nell’organico del citato Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, sotto comminatoria di scioglimento in caso di inadempimento.

Al riguardo il Tar espone che, con delibera del Consiglio regionale della Campania 3 aprile 2002, n. 94/6, è stato soppresso il Consorzio di bonifica della Valle Telesina, con contestuale ed immediata attribuzione al Consorzio di bonifica del Sannio Alifano delle relative competenze amministrative. Al contempo, i dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina sono stati assegnati ad un apposito ufficio regionale di “gestione liquidatoria” dell’ente soppresso. La loro retribuzione è stata assicurata mediante l’istituzione di un capitolo del bilancio regionale denominato «oneri per il personale dipendente del soppresso Consorzio di Bonifica della Valle Telesina».

Dopo circa dieci anni, la norma censurata avrebbe disposto il trasferimento del personale del disciolto consorzio, così provvisoriamente impiegato, nel consorzio ricorrente, dando luogo all’emanazione degli atti impugnati, che ne costituirebbero mera esecuzione.

Chiamato a pronunciarsi in sede cautelare e dubitando della legittimità dell’art. 3 della legge reg. Campania n. 11 del 2012, il TAR rimettente ha sospeso il giudizio, sollevando la presente questione dinanzi a questa Corte.

Secondo il giudice rimettente, la disposizione costituirebbe una legge provvedimento e, come tale, dovrebbe operare nel rispetto della funzione giurisdizionale, con riguardo alla decisione delle cause in corso, e dei principi di ragionevolezza e non arbitrarietà. Sotto detti profili, essa sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., poiché si limiterebbe ad ordinare in modo apodittico il trasferimento nell’organico del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano di quindici (peraltro il numero dei dipendenti interessati oscilla tra dieci e ventuno unità negli atti di causa prodotti dalle parti) dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina, con conservazione dell’inquadramento giuridico e previdenziale nelle more acquisito.

Il laconico precetto normativo impedirebbe di apprezzare e regolare i numerosi aspetti problematici derivanti da un trasferimento ordinato dopo il significativo lasso temporale trascorso dal momento in cui la subentrata amministrazione ha iniziato a svolgere autonomamente le funzioni trasferite e, correlativamente, da quando il personale interessato ha smesso di esercitare dette funzioni.

Tale disposizione, non corredata da alcuna istruttoria e da alcun criterio di razionalizzazione del trasferimento, inciderebbe in modo negativo sull’assetto organizzativo del consorzio ricorrente. Nulla sarebbe detto circa l’omogeneizzazione dei ruoli, requisito necessario per il buon andamento dell’amministrazione, dal momento che tra i dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina vi sarebbero figure professionali «palesemente ridondanti (come quella del direttore amministrativo) ed altre [sarebbero] ultronee», creando inutili e dannose duplicazioni di ruoli.

In particolare, secondo il giudice rimettente: a) il trasferimento presupporrebbe una omogeneità dei ruoli, che mancherebbe nel caso di specie, poiché i dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina sarebbero stati inquadrati nell’organico della Regione Campania; b) l’improvviso ed intempestivo sovraccarico di personale creerebbe una grave disorganizzazione ed un appesantimento della dotazione complessiva; c) non sarebbe stata disciplinata la distribuzione, in capo ai vari soggetti interessati (Regione, gestione liquidatoria, Consorzio di bonifica del Sannio Alifano), degli oneri previdenziali ed assistenziali pregressi – per i quali pende, peraltro, un nutrito contenzioso – nonché degli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto; d) non sarebbe assicurata un’idonea copertura finanziaria, poiché il contributo di ottocentomila euro riguarda il 2012, mentre per gli anni 2013-2016 essa sarebbe rinviata alle successive leggi di bilancio, statuizione incongruente in relazione al rapporto di lavoro a a tempo indeterminato del personale trasferito; e) le conseguenze finanziarie sul bilancio dell’ente potrebbero condurre ad uno stato di dissesto o, comunque, di grave deficit economico-finanziario.

Tali profili di irragionevolezza della scelta legislativa compiuta risulterebbero amplificati in ragione della risalente soppressione del Consorzio di bonifica della Valle Telesina, poiché durante il cospicuo arco di tempo trascorso (oltre dieci anni) il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano avrebbe svolto autonomamente tutte le funzioni con proprio personale.

1.2.– La Regione Campania eccepisce l’infondatezza della questione e, nel corso dell’udienza, ha ribadito che il personale del disciolto consorzio ben potrebbe essere utilmente impiegato dal Consorzio di bonifica del Sannio Alifano, anche in ragione della disponibilità dei contributi comunitari di cui lo stesso sarebbe destinatario.

1.3.– Il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata facendo presente, nel corso della udienza, che i contributi comunitari sarebbero destinati alle imprese e non al pagamento degli stipendi del personale.

Con riguardo agli imposti oneri pregressi, e non ancora definiti, relativi alle posizioni previdenziali dei dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina – per i quali esisterebbe una situazione di insolvenza per molti milioni di euro – si verrebbe a configurare un’indebita surrogazione del consorzio nei confronti della assoluta inattività decennale del liquidatore. Ciò in assenza di competenze e di risorse nel consorzio ricevente, il quale disporrebbe solamente di mezzi proporzionati ai propri scopi istituzionali.

2.– La questione è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.

2.1.– Il rimettente muove dall’assunto, in ciò seguendo l’indirizzo applicativo della Regione e del Commissario liquidatore espresso attraverso gli atti impugnati nel giudizio a quo – note prot. n. 367256 del 15 maggio 2012 della Regione Campania, prot. n. 515 del 24 maggio 2012 del Commissario liquidatore e prot. n. 0535734 del 12 luglio 2012 del dirigente dell’area generale di coordinamento sviluppo attività settore primario della Regione Campania – che la norma censurata debba necessariamente essere interpretata come precetto di automatica applicazione di «trasferimento nell’organico del Consorzio Sannio Alifano [dei] dipendenti del soppresso Consorzio di bonifica della Valle Telesina».

In tal modo, il Tar ha omesso di verificare la praticabilità di un’interpretazione alternativa costituzionalmente orientata della norma denunciata, secondo il canone ermeneutico del buon andamento dell’attività amministrativa, al quale il giudice nella lettura e nell’applicazione delle disposizioni vigenti deve attenersi. Aspetto, quest’ultimo, che viene in particolare rilievo nel caso di specie, caratterizzato dalla grave inerzia ultradecennale nella ricollocazione del personale del disciolto consorzio.

2.2.– Se da un lato deve essere condivisa l’osservazione del giudice a quo, secondo cui non si può procedere in modo automatico ad un simile trasferimento in assenza «di una articolata e ponderata istruttoria», poiché il principio di buon andamento non può essere completamente sacrificato in nome di una pur apprezzabile finalità di tutela dei lavoratori, dall’altro, come di seguito meglio precisato, un’interpretazione costituzionalmente orientata consente di imputare detta compressione alla amministrazione in sede attuativa della disposizione anziché al legislatore regionale.

È vero che questa Corte ha già precisato, in relazione ad altra fattispecie, per la quale ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità, che «La norma che accorda tale protezione [ai lavoratori dipendenti] non vive a sé, ma forma sistema con le altre che provvedono ad interessi di uguale portata costituzionale, com’è quello inerente al buon andamento dei pubblici uffici, cardine della vita amministrativa e quindi condizione dello svolgimento ordinato della vita sociale» (sentenza n. 123 del 1968). Tuttavia la norma impugnata, inserendosi in un contesto complesso e di risalente genesi, non comporta di per sè il sacrificio del principio del buon andamento, ma si limita ad esprimere la volontà del legislatore regionale di porre rimedio ad una situazione di inerzia amministrativa, che ha pregiudicato gravemente l’attuazione dell’originario provvedimento (delibera del Consiglio regionale n. 94/6 del 3 aprile 2002, che ha approvato la proposta di Giunta regionale) di scioglimento del Consorzio di bonifica della Valle Telesina e di trasferimento delle attività principali al Consorzio di bonifica del Sannio Alifano.

Detto provvedimento contemplava un’articolazione bifasica del procedimento di incorporazione del disciolto consorzio nelle amministrazioni in cui sarebbe confluito (il Consorzio di bonifica del Sannio Alifano non era l’unico destinatario di funzioni e personale provenienti dal disciolto Consorzio di bonifica della Valle Telesina) per contemperare l’esigenza di continuità dell’attività istituzionale dello stesso con quella di un riordino complessivo del suo personale, compatibile con la struttura ed il funzionamento degli enti riceventi. Mentre la prima fase presentava un carattere di immediata attuazione, la seconda doveva essere caratterizzata da un’adeguata istruttoria finalizzata ad assumere atti di trasferimento calibrati, tra l’altro, sul nuovo assetto del Consorzio di bonifica del Sannio Alifano e all’accertamento e alla regolarizzazione delle singole posizioni del personale dipendente interessato al trasferimento.

Infatti, il citato provvedimento attuativo dello scioglimento del Consorzio di bonifica della Valle Telesina (delibera del Consiglio regionale n. 94/6 del 2002) giustificava il particolare procedimento bifasico con una serie di gravi anomalie dell’ente disciolto, che si possono così sintetizzare: a) assoluta «staticità della gestione amministrativa […], (mancata predisposizione dei bilanci di previsione) […], (mancanza del servizio di tesoreria) […] (mancata presentazione dei conti consuntivi)»; b) stato di dissesto finanziario «strutturale ed irrisolvibile»; c) assoluta necessità di una gestione liquidatoria propedeutica al trasferimento dei rapporti attivi e passivi pregressi «al fine di definire tutti i rapporti debitori e passivi dell’ente anzidetto accumulatesi nel tempo»; d) necessità «di dare mandato all’Assessore regionale all’agricoltura di assumere le iniziative più opportune per il trasferimento del personale consortile conseguente al trasferimento di funzioni così come regolato dall’accordo procedimentale di programma quadro tra l’Assessorato regionale ai trasporti e la Provincia di Benevento e per chiedere alla Comunità montana del Taburno di assumere per la realizzazione degli interventi di bonifica montana e forestazione una parte del personale consortile in servizio».

Inoltre, la delibera di Giunta regionale n. 2082 del 17 maggio 2002, attuativa della predetta delibera consiliare, articolava gli adempimenti del Commissario liquidatore prevedendo, tra l’altro: a) la determinazione della massa attiva e passiva, il relativo recupero dei crediti, il pagamento dei debiti; b) la determinazione delle «eventuali occorrenze finanziarie»; c) la redazione di apposito «rendiconto finale», corredato dalla prova dell’estinzione «anche in via transattiva, [del]le passività risultanti dall’elenco dei crediti» e del pagamento di «tutte le spese della procedura».

2.3.– È evidente che agli adempimenti propedeutici al trasferimento del personale, stante la loro complessità, non poteva provvedere il legislatore regionale. Di conseguenza, la norma impugnata può essere interpretata come un mero sollecito alla conclusione della procedura, della quale detti adempimenti costituiscono presupposto indefettibile. Nella stessa ordinanza di rimessione emerge al contrario che l’attività istruttoria pertinente al compimento di questi ultimi non è stata svolta. Il giudice a quo lamenta infatti: a) l’assenza di una articolata e ponderata istruttoria attinente alle singole posizioni del personale da trasferire; b) la presenza di sovrapposte duplicazioni di figure professionali senza che la Regione abbia elaborato alcun criterio di riassetto funzionale; c) la mancata specificazione e quantificazione del contenzioso e degli oneri previdenziali presenti e pregressi del personale trasferito.

Un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in esame consente di attribuire i vizi predetti alla Amministrazione per il modo con cui intende attuare detta disposizione anziché al legislatore regionale. L’Amministrazione, infatti, non può limitarsi ad una mera diffida a provvedere all’automatica presa in carico del personale interessato.

È stato già osservato da questa Corte che la «pletora amministrativa è sempre causa di disordine, perché impone una artificiosa distribuzione di compiti, un frazionamento irrazionale di funzioni, una sovrapposizione o una duplicazione di competenze; e ovviamente ne risultano ritardi e intralci nello svolgimento dell’attività degli uffici» (sentenza n. 123 del 1968). Questa situazione corrisponde a quella descritta nell’ordinanza di rimessione e non consegue ai contenuti della norma impugnata ma alle modalità di attuazione del trasferimento adottate dalla Regione nell’esercizio della sua discrezionalità. Quest’ultima è soggetta al sindacato del giudice amministrativo, al quale compete verificare la legittimità del presupposto procedimento liquidatorio propedeutico alla presa in carico del personale dell’ente disciolto ed il rispetto del principio del buon andamento, anche tenendo conto delle esigenze di funzionalità dell’apparato amministrativo del subentrante consorzio.

2.4.– In detto contesto, anche la norma che prevede la finalizzazione del contributo regionale al personale trasferito ben può essere intesa come di carattere temporaneo e strettamente correlata alla specificazione delle singole posizioni contrattuali e dei pertinenti oneri.

Essa è espressiva di una precisa scelta del legislatore consistente nell’accordare una protezione particolarmente energica – alla luce delle patologiche modalità temporali che hanno caratterizzato la seconda fase di liquidazione – ad un bene di indubbia pregnanza, quale la tutela dei lavoratori interessati al processo di trasferimento. Ciò deve, tuttavia, avvenire nel rispetto dei principi costituzionali, tra i quali assume rilievo prioritario il buon andamento della pubblica amministrazione sotto il profilo dell’effettivo e corretto impiego dei lavoratori nel nuovo organismo in cui vengono inseriti.

Ne deriva la previa necessaria determinazione dei criteri e delle modalità relativi all’individuazione delle figure professionali e dei dipendenti destinati a ricoprirle in modo congruente e compatibile con l’apparato amministrativo ricevente. La fase attuativa della disposizione censurata non può, quindi, prescindere dall’esercizio della funzione di riassetto del consorzio di bonifica interessato, spettante alla Regione Campania.

La legge impugnata, non potendo per sua natura prevedere la specificazione del procedimento di incorporazione del personale nell’organico e nelle funzioni – elemento indispensabile per razionalizzare l’impiego delle risorse in relazione alle finalità istituzionali – si è, dunque, limitata a fissare una copertura temporanea attraverso una stima di massima degli oneri necessari per attivare detto processo.

Un vincolo di destinazione definitivo per il mero pagamento delle spese di personale non sarebbe costituzionalmente legittimo in quanto incompatibile con il principio dell’unità di bilancio, profilo specificativo dell’art. 81 Cost., «secondo il quale tutte le entrate correnti, a prescindere dalla loro origine, concorrono alla copertura di tutte le spese correnti, con conseguente divieto di prevedere una specifica correlazione tra singola entrata e singola uscita» (sentenza n. 192 del 2012; in senso conforme sentenza n. 241 del 2013) e con quello di buon andamento perché l’impiego delle risorse per il pagamento del personale è inscindibilmente integrato con l’esercizio delle funzioni istituzionali, cui il personale stesso è preposto.

3.– Se le premesse argomentative svolte dal rimettente risultano corrette sotto il profilo della non conformità della fattispecie amministrativa ai canoni del buon andamento, il petitum che egli formula si presenta, tuttavia, privo della necessaria consequenzialità logico-giuridica.

L’art. 3 della legge reg. Campania n. 11 del 2012 non ha, infatti, rimosso modalità e adempimenti già prescritti in sede amministrativa con le richiamate delibere del Consiglio regionale n. 94/6 del 3 aprile 2002 e della Giunta regionale n. 2082 del 17 maggio 2002, ma – presupponendone l’indefettibile osservanza – si è limitato ad imporne l’attuazione, sollecitando il superamento della decennale situazione di stallo.

L’omesso esperimento di un’interpretazione costituzionalmente orientata impone, conclusivamente, la declaratoria di inammissibilità della questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Campania 10 maggio 2012, n. 11 (Modifiche legislative e disposizioni in materia di consorzi di bonifica), sollevata dal Tribunale amministrativo della Regione Campania, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014.

F.to:

Sabino CASSESE, Presidente

Aldo CAROSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2014.