Sentenza n. 97 del 2014

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SENTENZA N. 97

ANNO 2014

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Gaetano                       SILVESTRI                                     Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

-           Giuliano                       AMATO                                                   ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della legge della Regione Umbria 8 febbraio 2013, n. 3 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre 2009), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso spedito per la notifica il 10 aprile 2013, depositato in cancelleria il 15 aprile 2013 ed iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2013.

Udito nell’udienza pubblica del 25 marzo 2014 il Giudice relatore Paolo Grossi;

         udito l’avvocato dello Stato Diego Giordano per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorso notificato il 10-12 aprile 2013 e depositato il successivo 15 aprile, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato in via principale l’art. 10, comma 1, della legge della Regione Umbria 8 febbraio 2013, n. 3 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre 2009).

Il ricorrente premette che, con la legge in questione, la Regione Umbria – nel dare seguito ai primi urgenti interventi statali volti ad affrontare la grave emergenza determinata dai recenti eventi sismici – ha disciplinato la programmazione e l’attuazione degli interventi necessari per la ricostruzione e il ripristino degli immobili privati e delle opere pubbliche danneggiati dal menzionato sisma, attraverso disposizioni (ritenute condivisibili) che regolamentano l’erogazione dei contributi ai soggetti privati ed il divieto di mutamento della destinazione d’uso in atto al momento del sisma prima che siano decorsi due anni dalla data di completamento dell’intervento.

Viceversa, la difesa dello Stato rileva come il censurato comma 1 dell’art. 10 – che estende ai lavori privati il sistema di qualificazione rilasciato da Società Organismo di Attestazione (SOA) previsto per gli appalti di lavori pubblici dall’art. 40 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e dagli artt. 60 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE») – si ponga in contrasto con l’art. 4, comma 3, del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, il quale dispone che «Le regioni, nel rispetto dell’articolo 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attività di progettazione e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e all’esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell’esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministrative; al contenzioso […]».

Il ricorrente osserva, infatti, che la Corte costituzionale (nella sentenza n. 401 del 2007) ha sottolineato che la competenza esclusiva dello Stato, nelle materie elencate nel citato art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, è volta a garantire l’esigenza di tutela della concorrenza, che si concretizza nella volontà di assicurare l’adozione di uniformi procedure di evidenza pubblica nella scelta del contraente, idonee a garantire, in particolare, il rispetto dei princípi di parità di trattamento, di non discriminazione, di proporzionalità e di trasparenza; e che ha aggiunto che, ugualmente, la competenza esclusiva dello Stato nelle citate materie è volta a garantire l’uniformità di trattamento nell’intero territorio nazionale laddove, «disciplinando aspetti afferenti a rapporti che presentano prevalentemente natura privatistica, pur essendo parte di essi una pubblica amministrazione, deve essere ascritta all’ambito materiale dell’ordinamento civile».

Poiché, dunque, la disposizione regionale interviene sulle modalità di qualificazione dei soggetti esecutori, creando tra di essi una irragionevole disparità di trattamento, nel ricorso se ne denuncia il contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, per invasione della competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza» e di «ordinamento civile».

Considerato in diritto

1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri censura l’art. 10, comma 1, della legge della Regione Umbria 8 febbraio 2013, n. 3 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre 2009), che estende(va) ai lavori privati il sistema di qualificazione rilasciato da Società Organismo di Attestazione (SOA) previsto per gli appalti di lavori pubblici dall’art. 40 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e dagli artt. 60 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»).

Secondo il ricorrente, la norma impugnata vulnera l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione, per invasione della competenza esclusiva statale in materia di «tutela della concorrenza» e di «ordinamento civile» (secondo quanto affermato nella sentenza n. 401 del 2007), ponendosi in contrasto con l’art. 4, comma 3, del citato d.lgs. n. 163 del 2006 (il quale dispone che «Le regioni, nel rispetto dell’articolo 117, comma secondo, della Costituzione, non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione: alla qualificazione e selezione dei concorrenti; […] alla stipulazione e all’esecuzione dei contratti […]»), in tal modo intervenendo pesantemente sulle modalità di qualificazione dei soggetti esecutori e creando tra di essi una irragionevole disparità di trattamento.

2.– In via preliminare, va rilevato che, successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, l’art. 76, comma 1, della legge della Regione Umbria 21 giugno 2013, n. 12 (Norme su perequazione, premialità e compensazione in materia di governo del territorio e modificazioni di leggi regionali) ha abrogato il comma 1 dell’art. 10 della legge reg. n. 3 del 2013.

Orbene – se la sopravvenuta modifica normativa appare pienamente satisfattiva delle pretese del Governo (venendo, con ciò, in essere la prima delle due condizioni che la giurisprudenza di questa Corte ha enucleato per pervenire alla declaratoria di cessazione della materia del contendere: sentenze n. 272, n. 246 e n. 228 del 2013) – viceversa (anche per l’assenza di qualsiasi diversa indicazione da parte del ricorrente ovvero della Regione convenuta, che non si è costituita nel giudizio) non si configura l’ulteriore requisito della mancata applicazione medio tempore della norma censurata, che deve ritenersi non provato, anche in considerazione del tempo di vigenza (oltre quattro mesi) della disposizione abrogata (sentenza n. 272 del 2013).

Pertanto, nonostante lo ius superveniens, il richiesto scrutinio di costituzionalità della norma impugnata deve essere condotto nel merito.

3.– La questione è fondata.

3.1.– La legge reg. Umbria n. 3 del 2013, nel dar seguito agli urgenti interventi statali volti ad affrontare la grave emergenza determinata dal sisma del 2009 (adottati con la ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2010, n. 3853, recante «Primi interventi urgenti conseguenti ai gravi eventi sismici che hanno colpito parte del territorio della regione Umbria il giorno 15 dicembre 2009»), ha disciplinato la programmazione e l’attuazione degli interventi necessari per la ricostruzione e il ripristino degli immobili privati e delle opere pubbliche danneggiati dal menzionato sisma (artt. da 1 a 3), attraverso disposizioni (ritenute “condivisibili” dallo stesso ricorrente) che regolamentano (tra l’altro) la presentazione delle domande, l’ammontare e l’erogazione dei contributi ai soggetti privati e l’individuazione degli aventi diritto) (artt. da 4 a 8), nonché il divieto di mutamento della destinazione d’uso in atto al momento del sisma prima che siano decorsi due anni dalla data di completamento dell’intervento (art. 9).

A sua volta, con il censurato art. 10, comma 1, il legislatore umbro aveva disposto che «L’esecutore, a qualsiasi titolo, dei lavori di ripristino di immobili di proprietà privata di importo pari o superiore a 150.000 euro, deve essere in possesso di attestazione di qualificazione rilasciata da Società Organismo di Attestazione (SOA) di cui al decreto del Presidente della repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”) e successive modificazioni e integrazioni». Dunque, rispetto ai menzionati «lavori di ripristino di immobili di proprietà privata» di importo rilevante, la norma censurata estendeva l’applicabilità della disciplina dettata per le procedure di evidenza pubblica, la quale – al fine di garantire che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici siano qualificati ed improntino la loro attività ai princípi della qualità, della professionalità e della correttezza – condiziona la possibilità di compiere l’opera pubblica al rilascio della attestazione di qualificazione SOA (come previsto e regolamentato dall’art. 40 del codice dei contratti pubblici); rilascio che (ai sensi dell’art. 60, comma 3, del regolamento di esecuzione) è inteso quale «condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici».

3.2.– È vero che l’intervento legislativo regionale va collocato in un contesto di generale regolamentazione degli interventi edilizi nelle zone sismiche (rispetto ai quali questa Corte ha ritenuto fisiologica, per le Regioni, «la possibilità di erogazione di contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose materie di competenza regionale le politiche pubbliche consistono appunto nella determinazione di incentivi economici ai diversi soggetti che vi operano e nella disciplina delle modalità della loro erogazione»: sentenze n. 259 del 2013, n. 50 del 2008 e n. 423 del 2004); ed è per questo ascrivibile ai titoli competenziali concorrenti del «governo del territorio» e della «protezione civile» per i profili concernenti la «tutela dell’incolumità pubblica» (sentenze n. 300 del 2013 e n. 254 del 2010). Tuttavia, data la concreta portata della disposizione impugnata, è altrettanto indubbio che la contestata estensione della necessità dell’attestato di qualificazione – in quanto incidente non solo sulla possibilità del singolo soggetto imprenditore di essere scelto quale esecutore dell’opera, ma anche conseguentemente della stessa capacità e libertà di contrarre delle parti private interessate – sia regolamentazione riconducibile, per i suoi effetti, nell’àmbito delle evocate materie «tutela della concorrenza» ed «ordinamento civile» appartenenti entrambe alla competenza esclusiva dello Stato.

La giurisprudenza di questa Corte è, infatti, costante nell’affermare che la nozione di «concorrenza», di cui al secondo comma, lettera e), dell’art. 117 Cost., riflette quella operante in àmbito comunitario (ex plurimis sentenze n. 4 del 2014, n. 264 e n. 171 del 2013). Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull’assetto concorrenziale dei mercati (misure antitrust); sia le misure legislative di promozione, volte ad eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese (concorrenza “nel mercato”), ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che assicurino la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici (concorrenza “per il mercato”) (ex plurimis, sentenze n. 291 e n. 200 del 2012, n. 45 del 2010). Pertanto, ove la suddetta materia, considerato il suo carattere finalistico e «trasversale», interferisse (come nella specie) anche con materie attribuite alla competenza legislativa residuale delle Regioni, queste ultime potrebbero dettare solo discipline con «effetti pro-concorrenziali», purché tali effetti siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza (sentenze n. 43 del 2011 e n. 431 del 2007).

D’altro canto, questa Corte ha altrettanto ripetutamente osservato (da ultimo sentenza n. 290 del 2013) che anche la materia dell’«ordinamento civile», in quanto relativa alla disciplina dei rapporti privati, è riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, giacché essa è basata sulla esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità di trattamento, nell’intero territorio nazionale, dei rapporti civilistici tra soggetti che operano in regime privato (sentenza n. 401 del 2007).

3.3.– Orbene, la trasposizione nell’àmbito privatistico dei sistemi di qualificazione delle imprese interessate alle commesse pubbliche, da un lato compromette l’assetto concorrenziale degli appalti privati regolati dalle norme civilistiche, ponendo in essere una previsione che – condizionando la capacità dell’imprenditore di stipulare il contratto – ha come conseguenza quella di limitare il numero degli operatori e, conseguentemente, l’ampiezza della possibilità di vagliare un maggior numero di imprese da parte del committente. La norma censurata, dunque, tradisce le finalità di ampliamento dell’area di libera scelta dei cittadini e delle imprese sottesa alla regolamentazione contenuta nel codice dei contratti pubblici (sentenza n. 401 del 2007), traducendosi invece, di fatto, in una scelta anti-concorrenziale.

Dall’altro lato, contemporaneamente, la norma impugnata determina (relativamente alla sola contrattazione riguardante l’affidamento dei lavori privati della ricostruzione delle zone terremotate umbre) anche una limitazione della facoltà del soggetto interessato di individuare il contraente da lui ritenuto più idoneo; limitazione che viene evidentemente a turbare (condizionandolo) lo svolgimento di atti che sono espressione della autonomia negoziale di soggetti che operano in un assetto civilistico in posizione di parità. E, pertanto, si pone in contrasto anche con l’evocato parametro che riserva al legislatore statale la competenza esclusiva in materia di «ordinamento civile».

4.– La norma impugnata, pertanto, deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima, restando assorbiti gli ulteriori profili di censura.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, della legge della Regione Umbria 8 febbraio 2013, n. 3 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 15 dicembre 2009).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 2014.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Paolo GROSSI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2014.