Ordinanza n. 55 del 2013

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ORDINANZA N. 55

ANNO 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Franco                         GALLO                                            Presidente

-           Luigi                            MAZZELLA                                      Giudice

-           Gaetano                       SILVESTRI                                             ”

-           Sabino                         CASSESE                                                ”

-           Giuseppe                     TESAURO                                               ”

-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       ”

-           Giuseppe                     FRIGO                                                     ”

-           Alessandro                  CRISCUOLO                                          ”

-           Paolo                           GROSSI                                                   ”

-           Giorgio                        LATTANZI                                              ”

-           Aldo                            CAROSI                                                   ”

-           Marta                           CARTABIA                                             ”

-           Sergio                          MATTARELLA                                       ”

-           Mario Rosario              MORELLI                                                ”

-           Giancarlo                     CORAGGIO                                            ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 21, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio-5 marzo 2012, depositato in cancelleria il 6 marzo 2012 ed iscritto al n. 56 del registro ricorsi 2012.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica del 27 febbraio 2013 il Presidente Franco Gallo, in luogo e con l’assenso del Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

uditi l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Puglia.

Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato a mezzo posta il 28 febbraio-5 marzo 2012 e depositato in cancelleria il successivo 6 marzo, ha promosso questione di legittimità costituzionale (in forza di delibera del Consiglio dei ministri in data 24 febbraio 2012) dell’articolo 7, comma 21, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), pubblicata sul Bollettino ufficiale regionale n. 201 del 30 dicembre 2011, «nella parte in cui prevede che nel caso in cui il trasgressore, entro sessanta giorni dalla notificazione dell’invito al pagamento, presenti deduzioni difensive al Servizio finanze della Regione, non è ammessa l’impugnazione immediata dell’invito avanti alle Commissioni tributarie, e il termine per proporre tale impugnazione decorre dalla data di notifica del provvedimento definitivo di irrogazione delle sanzioni adottato entro un anno dalla presentazione delle deduzioni»;

che, ad avviso della difesa dello Stato, tale disposizione violerebbe l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;

che, dopo avere trascritto la norma impugnata, avente ad oggetto la disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, istituito dall’articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), il ricorrente premette che il citato precetto costituzionale riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia «giurisdizione e norme processuali»;

che, pertanto, sarebbe impedito alla Regione legiferare in materia di ammissibilità dei ricorsi avanti alle commissioni tributarie e di termini per proporli;

che la difesa statale ribadisce il carattere giurisdizionale del procedimento davanti alle commissioni tributarie e la certezza che il tributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti solidi abbia, per l’appunto, natura di prestazione tributaria, avuto riguardo alle sue finalità di copertura generale delle esigenze regionali di gettito ed alla connessione con lo scopo d’interesse pubblico volto a ridurre il conferimento di rifiuti, che ne comporterebbero la sicura natura d’imposta e non di corrispettivo;

che essa perviene, quindi, alla conclusione che le controversie relative al detto tributo ricadrebbero ipso iure nella giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413);

che da tali premesse conseguirebbe che la disciplina di proposizione dei ricorsi ed i relativi termini sarebbero, anche per il tributo in questione, quelli regolati dagli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 546 del 1992;

che, in particolare, l’art. 19, comma 1, alle lettere a) e b), prevede l’impugnazione degli avvisi di accertamento e degli avvisi di liquidazione, e, alla lettera c), prevede l’impugnazione del provvedimento che applica le sanzioni, mentre l’invito al pagamento del tributo de quo e delle sanzioni, disciplinato dall’art. 21, comma 7 (recte: dall’art. 7, comma 21) della legge regionale in questa sede impugnata, sarebbe equiparabile ai suddetti provvedimenti;

che, pertanto, esso andrebbe impugnato nel termine ordinario di sessanta giorni dalla sua notificazione, ai sensi dell’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992;

che le disposizioni del citato decreto legislativo non recherebbero alcuna inammissibilità “sopravvenuta” dei ricorsi contro atti compresi tra quelli impugnabili, per il caso in cui il contribuente proponga deduzioni all’amministrazione, dirette a provocare la rinuncia di questa alla pretesa fiscale, azionata con l’atto impositivo, né sarebbe previsto il differimento della decorrenza del termine d’impugnazione al momento successivo in cui l’amministrazione si pronuncerà sull’istanza del contribuente stesso;

che, disponendo in questi ultimi termini, la norma censurata avrebbe quindi modificato il regime d’impugnazione previsto dalla legge statale disciplinante il contenzioso tributario e, in tal modo, avrebbe indebitamente invaso la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia in esame;

che la Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, si è costituita in giudizio con deduzioni depositate il 10 aprile 2012, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato;

che essa sostiene che la tesi del Presidente del Consiglio dei ministri non potrebbe essere condivisa, perché confonderebbe l’istituto dell’accertamento con quello dell’impugnazione;

che, infatti, la disciplina della fase di accertamento del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, nonché della contestazione delle relative violazioni, sarebbe demandata alla competenza legislativa delle Regioni, ai sensi dell’art. 3, comma 34, della legge n. 549 del 1995, in forza del quale «L’accertamento, la riscossione, i rimborsi, il contenzioso amministrativo e quanto non previsto dai commi da 24 a 41 del presente articolo sono disciplinati con legge della regione»;

che, al riguardo, andrebbe posto in evidenza che il procedimento previsto dall’art. 7, comma 21, della legge regionale n. 38 del 2011 sarebbe attinente alla fase dell’accertamento e non a quella d’impugnazione del tributo;

che, sul punto, sarebbe utile comparare il procedimento di accertamento, impugnato dal ricorrente, con altri procedimenti analoghi disciplinati dalla normativa nazionale;

che, in particolare, si dovrebbe considerare che il diritto tributario regola l’istituto dell’accertamento con adesione, cioè un procedimento mediante il quale si addiviene ad un atto di accertamento concordato con il contribuente, il quale presenta istanza o è invitato dall’ufficio stesso dopo aver ricevuto la notifica di un avviso di accertamento riguardante le imposte dirette, l’I.V.A. o le altre imposte indirette, fermo restando che l’istituto non è applicabile quando l’ufficio sia a conoscenza di reati per frodi fiscali imputabili allo stesso contribuente;

che tale procedura – prosegue la Regione – è stata introdotta nell’ordinamento dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale), in attuazione dei principi e dei criteri direttivi contenuti nell’articolo 3, comma 120, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), poi ulteriormente illustrato con le circolari ministeriali 8 agosto 1997, n. 235/E, e 14 gennaio 1998, n. 8/E;

che essa consisterebbe nella definizione di un nuovo atto, pattuito tra ufficio e contribuente a seguito di un contraddittorio tra le parti, nel cui ambito vi sarebbe una componente discrezionale dispositiva, non attinente agli interessi economico-sostanziali coinvolti nel prelievo, ma all’efficiente gestione della controversia;

che nel contraddittorio il contribuente (o un suo rappresentante) espone le sue ragioni all’ufficio competente, avente il compito di perseguire l’interesse erariale non massimizzando necessariamente la quantità della pretesa, bensì rendendola maggiormente fondata e acquisibile con certezza, sia pure in misura inferiore a quanto ab origine accertato;

che la Regione, poi, si sofferma sulla natura giuridica dell’istituto ed afferma che, secondo la giurisprudenza di legittimità, il concordato sarebbe stato considerato come un modo di accertamento dell’imposta, per effetto dell’adesione dei contribuenti mediante una dichiarazione tassativa sottoscritta dalle parti;

che, secondo una lettura costituzionalmente orientata dell’istituto medesimo, l’accertamento avrebbe perduto la sua originaria figura di atto unilaterale per assumere una nuova fisionomia che, attraverso la partecipazione del cittadino, condurrebbe all’adozione di un atto condiviso e deflativo del contenzioso;

che pertanto, anche nel caso dell’accertamento con adesione, la fase accertativa e l’impugnazione si sposterebbero nel tempo, «ripartendo i termini dopo 90 giorni dalla richiesta»;

che i procedimenti previsti nella norma impugnata e nella fattispecie di accertamento per adesione, peraltro, sarebbero identici a quello dettato dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell’art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662);

che, a tal riguardo, la Regione Puglia richiama il disposto dell’art. 16, commi 3 e seguenti, del detto provvedimento normativo ed afferma che la procedura disciplinata dall’art. 7, comma 21, della legge regionale n. 38 del 2011 ricalcherebbe fedelmente quella descritta dal citato art. 16, sicché non sarebbe ravvisabile nella fattispecie alcuna violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.;

che la tesi del ricorrente, dunque, non coglierebbe il proprium della disposizione censurata, la quale non violerebbe affatto le norme procedurali, ma offrirebbe soltanto la possibilità al trasgressore/contribuente di utilizzare, prima d’intraprendere un giudizio tributario, la strada dell’autodifesa e, in questa prospettiva, perseguirebbe un obiettivo del tutto coerente con il quadro costituzionale e con la normativa di indirizzo vigente (soprattutto considerando la portata dell’art. 117 Cost. nella formulazione attuale);

che il legislatore regionale, dunque, avrebbe disciplinato la fase procedimentale amministrativa relativa all’accertamento, che conduce all’emissione del provvedimento tributario definitivo, e non certo la fase processuale che si svolge dinanzi alle commissioni tributarie, come disciplinata dal d.lgs. n. 546 del 1992;

che, in sostanza, la legge regionale non avrebbe affatto modificato il regime d’impugnazione previsto dalla legge statale regolatrice del contenzioso tributario, ma avrebbe legittimamente stabilito l’iter procedimentale dell’accertamento: soltanto a seguito della mancata presentazione di memorie difensive da parte del contribuente avverso l’atto di contestazione delle violazioni, emesso dal Servizio Finanze, l’atto medesimo diventerebbe impugnabile;

che la Regione Puglia, quindi, avrebbe disciplinato l’accertamento del tributo in ottemperanza all’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), secondo cui i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede, offrendo al trasgressore un’opportunità in più, ossia il diritto alla resistenza, anche se passiva;

che, tramite il descritto procedimento amministrativo, basato sulle deduzioni difensive, l’ufficio potrebbe riesaminare la contestazione mossa al contribuente e, qualora ne ricorrano i presupposti, emettere il provvedimento di archiviazione ovvero il provvedimento d’irrogazione definitivo;

che andrebbe posto ancora in evidenza che il medesimo iter procedimentale sarebbe previsto anche in altre Regioni: al riguardo sono richiamati: l’art. 7 della legge della Regione Lazio 10 settembre 1998, n. 42 (Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi); l’art. 10 della legge della Regione Molise 13 gennaio 2003, n. 1 (Disposizioni per l’applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi di cui all’art. 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549); l’art. 6 della legge della Regione Calabria 28 agosto 2000, n. 16 (Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi);

che, del resto, la normativa impugnata sarebbe stata emanata al fine di potenziare il ricorso all’istituto della conciliazione, il quale trova ormai larghi riconoscimenti;

che in tal senso deporrebbe l’art. 39, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha inserito, dopo l’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, l’art. 17-bis, il quale ha introdotto, per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall’Agenzia delle entrate, un rimedio da esperire in via preliminare, ogni qualvolta si intenda presentare un ricorso, a pena d’inammissibilità dello stesso;

che si tratterebbe di uno strumento deflativo del contenzioso, implicante la presentazione obbligatoria di un istanza che anticipa il contenuto del ricorso, nel senso che con essa il contribuente chiede l’annullamento totale o parziale dell’atto sulla base degli stessi motivi di fatto e di diritto che intenderebbe portare all’attenzione della commissione tributaria provinciale nella eventuale fase giurisdizionale;

che, inoltre, la norma qui censurata darebbe agli uffici la possibilità di esaminare in via preventiva le doglianze che il contribuente intende proporre al giudice tributario;

che, in proposito, andrebbe considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il legislatore potrebbe ritenere opportuno, nell’interesse del medesimo ricorrente, che la fase giudiziaria sia preceduta dall’esame della potenziale controversia in sede amministrativa, oltre che allo scopo di realizzare la giustizia nell’ambito della pubblica amministrazione, anche per evitare lunghe e dispendiose procedure giudiziarie che potrebbero compromettere la funzionalità del servizio (sono richiamate le sentenze n. 15 del 1991 e n. 93 del 1979);

che, in tal caso, la deflazione del contenzioso verrebbe perseguita in fase amministrativa, prima dell’eventuale instaurazione del giudizio, e, proprio per tale motivo, la norma regionale impugnata dovrebbe ritenersi finalizzata a dilatare la fase accertativa, al fine di evitare la sottoposizione al giudice tributario delle contestazioni che potrebbero essere risolte nella detta fase amministrativa, attraverso un esame diretto ad anticipare l’esito del giudizio, tenuto conto della situazione di fatto e di diritto sottesa alla singola fattispecie;

che, alla stregua di tali considerazioni, la norma impugnata non violerebbe il parametro costituzionale invocato ed anzi contribuirebbe, in modo equilibrato e senza invadere settori riservati alla competenza legislativa statale, al perseguimento di pregnanti finalità di democrazia paritaria.

Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con il ricorso indicato in epigrafe ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 21, della legge della Regione Puglia 30 dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2012 e bilancio pluriennale 2012-2014 della Regione Puglia), «nella parte in cui prevede che nel caso in cui il trasgressore, entro sessanta giorni dalla notificazione dell’invito al pagamento, presenti deduzioni difensive al Servizio finanze della Regione, non è ammessa l’impugnazione immediata dell’invito avanti alle Commissioni tributarie, e il termine per proporre tale impugnazione decorre dalla data di notifica del provvedimento definitivo di irrogazione delle sanzioni adottato entro un anno dalla presentazioni delle deduzioni»;

che, ad avviso del ricorrente, detta norma, nella parte censurata, violerebbe l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, perché, attesa la natura di prestazione tributaria del tributo speciale per il conferimento in discarica di rifiuti solidi, sarebbe indebitamente invasiva della competenza statale esclusiva in materia di «giurisdizione e norme processuali», essendo impedito alla Regione di legiferare in materia di ammissibilità dei ricorsi davanti alle Commissioni tributarie e dei termini per proporre tali ricorsi;

che la Regione Puglia, in persona del presidente pro tempore della Giunta regionale, si è costituita in giudizio con deduzioni depositate il 10 aprile 2012, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato;

che l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato, in data 12 febbraio 2013, atto di rinunzia al ricorso, conformemente alla deliberazione del Consiglio dei ministri in data 23 marzo 2012, adottata su proposta del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport;

che la Regione Puglia in data 22 febbraio 2013 ha depositato delibera della Giunta regionale con la quale accetta la detta rinunzia;

che, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinunzia al ricorso, seguita dalla relativa accettazione della controparte, estingue il processo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara estinto il processo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2013.

F.to:

Franco GALLO, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2013.