Sentenza n. 226 del 2012

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SENTENZA N. 226

ANNO 2012

 

Commento alla decisione di

 

Sandro de Gotzen

Il requisito del pubblico concorso per enti anche formalmente o solo sostanzialmente pubblici. Pubblicizzazione giurisprudenziale e legislativa

 

(per gentile concessione del Forum di Quaderni Costituzionali)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso              QUARANTA                                                Presidente

- Franco                GALLO                                                           Giudice

- Luigi                   MAZZELLA                                                         ”

- Gaetano              SILVESTRI                                                          ”

- Sabino                CASSESE                                                             ”

- Giuseppe            TESAURO                                                            ”

- Paolo Maria        NAPOLITANO                                                    ”

- Giuseppe            FRIGO                                                                  ”

- Alessandro         CRISCUOLO                                                       ”

- Paolo                  GROSSI                                                                ”

- Giorgio               LATTANZI                                                           ”

- Aldo                   CAROSI                                                                ”

- Marta                  CARTABIA                                                          ”

- Sergio                 MATTARELLA                                                    ”

- Mario Rosario    MORELLI                                                             ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 1.– Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale, spedito il 1° agosto 2011, ricevuto il 4 agosto successivo, depositato il 10 agosto 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, n. 42 del 5 ottobre 2011 (registro ricorsi n. 81 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni principali di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, lettera g), e dell’art. 11 comma 1, della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 87 del 3 giugno 2011 ed entrata in vigore lo stesso giorno della pubblicazione.

1.1.− Le questioni concernenti il comma 6, lettera g), dell’art. 5 della legge della Regione Puglia n. 9 del 2011, sono state decisa da questa Corte con sentenza n. 62 del 2012 con pronuncia di cessazione della materia del contendere.

1.2.– Le questioni concernenti il parimenti impugnato comma 1 dell’art. 11 della stessa legge reg. Puglia n. 9 del 2011 sono state separate da quelle indicate al punto precedente e costituiscono oggetto del presente giudizio di legittimità costituzionale. Detto comma 1 dell’art. 11 stabiliva, nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso, che: «Il personale assunto a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2010 presso ATO Puglia è trasferito all’Autorità idrica pugliese, che provvede all’inquadramento nello stesso profilo professionale e relative attribuzioni economiche».

Secondo l’Avvocatura generale dello Stato, tale disposizione, nel prevedere il trasferimento del personale dalla soppressa ATO Puglia all’Autorità idrica pugliese, a prescindere dalla circostanza che il personale sia inquadrato nel comparto pubblico con procedura selettiva concorsuale, víola: a) l’art. 3 della Costituzione, perché irragionevolmente consente al solo personale assunto a tempo indeterminato presso l’ATO Puglia di essere inquadrato nei ruoli della Autorità idrica pugliese, prescindendo dalla regola della selezione concorsuale che si impone invece per la generalità dei pubblici dipendenti; b) l’art. 51 Cost., perché, privilegiando il personale già in servizio presso l’ATO Puglia rispetto ad altri possibili aspiranti all’assunzione presso l’Autorità idrica pugliese, non permette a tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge; c) l’art. 97, terzo comma, Cost., perché il generalizzato ed automatico inquadramento di tutti i dipendenti in servizio a tempo indeterminato presso l’ATO Puglia nei ruoli dell’Autorità idrica pugliese contrasta con la regola di accesso agli impieghi pubblici tramite concorso pubblico, posta a tutela non solo dei potenziali aspiranti, ma anche dell’interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori, nonché all’imparzialità ed al buon andamento della pubblica amministrazione (vengono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 52 del 2011; n. 81 del 2006; n. 159 del 2005; n. 205 e n. 34 del 2004); d) l’art. 117, terzo comma, Cost., perché si pone in contrasto con l’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il quale, con norma integrante un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, preclude alle amministrazioni pubbliche, a decorrere dal gennaio 2010, ogni procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo diversa dalla valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti.

2. – In tale giudizio non si è costituita la Regione Puglia.

3.– Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale, spedito il 19 dicembre 2011, ricevuto il 23 dicembre successivo, depositato lo stesso 23 dicembre 2011 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, n. 6 dell’8 febbraio 2012 (registro ricorsi n. 170 del 2011), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni principali di legittimità costituzionale del medesimo comma 1 dell’art. 11 della legge reg. Puglia n. 9 del 2011, quale sostituito dall’art. 3 della legge della Regione Puglia 13 ottobre 2011, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese)», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 165 del 21 ottobre 2011 ed entrata in vigore lo stesso giorno della pubblicazione.

Detto art. 3 della legge reg. n. 27 del 2011 stabilisce che «Il comma 1 dell’articolo 11 (Personale) della L.R. n. 9/2011 è sostituito dal seguente: “1. Il personale dipendente già assunto a mezzo delle procedure di cui all’articolo 35 (Reclutamento del personale) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ovvero ai commi 90 e 94 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) e in servizio a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2010 presso ATO Puglia, è trasferito all’Autorità idrica pugliese, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 31 (Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività) del D.Lgs. n. 165/2001”». Tale comma, secondo il ricorrente, nel prevedere l’automatico passaggio ed inquadramento nei ruoli del nuovo ente pubblico (Autorità idrica pugliese) del personale dipendente dell’ATO Puglia assunto in base ai commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007: a) effettua un inconferente richiamo a detti commi dell’art. 3 della legge statale n. 244 del 2007, perché «tale normativa è rivolta alle Amministrazioni regionali e locali e non riguarda, pertanto, il personale del disciolto ATO»; b) víola gli artt. 3, 51 e 97 Cost., perché contrasta sia con i princípi di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto prevede procedimenti irragionevolmente differenziati per l’accesso alla pubblica amministrazione, senza garantire a tutti i potenziali aspiranti (in possesso dei prescritti requisiti) il diritto di partecipare in condizioni di uguaglianza alla selezione concorsuale; sia con il principio del libero accesso ai pubblici uffici; sia con il principio che impone l’accesso ai pubblici uffici per mezzo del concorso pubblico (in particolare, con i commi da 10 a 13 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante «Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini», convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, i quali – in applicazione di tale principio – precludono, a partire dal gennaio 2010, per il personale non dirigente delle amministrazioni pubbliche, ogni procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo e prevedono tassative modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti); c) víola gli artt. 117, terzo comma, e 120, primo comma, Cost., perché contrasta con i menzionati commi da 10 a 13 dell’art. 17 del decreto-legge n. 78 del 2009, i quali pongono un principio di coordinamento della finanza pubblica. A sostegno del ricorso vengono citate varie pronunce della Corte costituzionale: le sentenze n. 52 del 2011 e n. 81 del 2006 (le quali ribadiscono la regola del pubblico concorso per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, regola diretta ad assicurare l’imparzialità e l’efficienza della pubblica amministrazione); le sentenze n. 159 del 2005, n. 205 e n. 34 del 2004 (per le quali eventuali deroghe alla regola del concorso pubblico possono essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico); le sentenze n. 235 del 2010 e n. 293 del 2009 (nelle quali si sottolinea che l’automatico stabilizzazione nei ruoli di una pubblica amministrazione impedisce che la selezione sia riferita alla tipologia ed al livello delle funzioni che il personale stabilizzato è chiamato a svolgere); la sentenza n. 127 del 2011 (secondo cui il previo superamento di una qualsiasi selezione pubblica è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso).

4.– In quest’ultimo giudizio, iscritto nel registro ricorsi n. 170 del 2011, la Regione Puglia si è costituita con atto depositato il 27 gennaio 2012 chiedendo la dichiarazione di inammissibilità e di infondatezza delle questioni.

La Regione resistente premette che: a) l’Autorità d’àmbito per la gestione del servizio idrico pugliese (ATO Puglia), costituita con convenzione in data 20 dicembre 2002, era una struttura dotata di personalità giuridica, operante nell’àmbito territoriale ottimale – quale delimitato dalla legge della Regione Puglia 6 settembre 1999, n. 28 (Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione tra gli enti locali, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36) – al fine di garantire la gestione unitaria delle funzioni in materia di servizio idrico integrato; b) l’ATO Puglia aveva la natura di consorzio obbligatorio di enti locali, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come espressamente stabilito dalla legge della Regione Puglia 26 marzo 2007, n. 8 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 6 settembre 1999, n. 28 – Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione tra gli enti locali, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36), emanata in attuazione dell’art. 148, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); c) conseguentemente l’ATO Puglia, in quanto consorzio obbligatorio di Comuni pugliesi, rientrava tra le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), menzionate dal comma 94 dell’articolo 3 della citata legge n. 244 del 2007; d) il comma 186-bis dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010) – quale modificato dal comma 1-quinquies dell’art. 1 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante «Interventi urgenti concernenti enti locali e regionali», convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42 –, aveva disposto la soppressione delle autorità d’àmbito territoriale previste dagli artt. 148 e 201 del d.lgs. n. 152 del 2006 ed aveva conferito alle Regioni il potere di attribuire con legge le funzioni già esercitate da dette autorità; e) in applicazione di tale normativa statale, la legge della Regione Puglia n. 9 del 2011, nel rispetto del termine del 31 dicembre 2011 fissato dal citato comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009 e successive modificazioni – cioè come prorogato, prima, dal comma 1 dell’art. 1 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10; e, poi, dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 marzo 2011 (Ulteriore proroga di termini relativa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare), emesso ai sensi del comma 2 del suddetto art. 1 del decreto-legge n. 225 del 2010 –, ha istituito l’Autorità idrica pugliese quale soggetto rappresentativo dei Comuni pugliesi per il governo pubblico dell’acqua e le ha attribuito tutte le funzioni ed i cómpiti già propri della soppressa ATO Puglia.

Su tali premesse, la Regione deduce, in primo luogo, che – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – i commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007 (richiamati dall’art. 3 della legge reg. Puglia n. 27 del 2011) sono applicabili all’ATO Puglia, perché tale soggetto, in quanto consorzio obbligatorio tra Comuni, costituisce una nuova figura di ente locale, dotato di autonoma soggettività e con cómpiti istituzionalmente di competenza degli enti locali. In particolare, ad avviso della resistente, è applicabile all’ATO Puglia la lettera b) del comma 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007, secondo cui «le amministrazioni regionali e locali possono ammettere alle procedure di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, anche il personale che consegua i requisiti di anzianità di servizio ivi previsti in virtú di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007» (vengono citati, a sostegno, il parere n. 13/2008, espresso dalla Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione autonoma Sardegna, favorevole all’applicabilità all’ATO locale della suddetta procedura di stabilizzazione nonché la circolare UPPA n. 5/2008 in materia di stabilizzazioni). A conforto della natura pubblicistica dell’ATO Puglia, la resistente sottolinea anche che alle undici unità di personale appartenenti a tale autorità ed interessate dalla suddetta procedura di stabilizzazione è stato sempre applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro delle Regioni ed autonomie locali.

In secondo luogo, la Regione afferma che l’impugnata normativa, quale risultante a séguito della legge reg. Puglia n. 27 del 2011, non prevede affatto una stabilizzazione del personale dell’ATO Puglia, ma solo il trasferimento all’Autorità idrica pugliese del personale già in servizio a tempo indeterminato nell’ATO, ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. 2001, n. 165, secondo cui, «fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’art. 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428». Ne deriva, ad avviso della resistente, che il personale dell’ATO Puglia stabilizzato ai sensi dei commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007 gode della stessa tutela del personale assunto in conformità ad altre disposizioni e, pertanto, può essere legittimamente trasferito all’Autorità idrica pugliese, alla quale sono stati attribuiti tutti i cómpiti e le funzioni della soppressa ATO Puglia.

In terzo luogo, la medesima resistente osserva che la normativa nazionale sulle stabilizzazioni non può essere qualificata come espressione di un principio di coordinamento della finanza pubblica, perché non impone alle amministrazioni soggette al patto di stabilità interno un limite quantitativo di spesa per le assunzioni di personale od un divieto di instaurare tali rapporti, ma si limita a richiedere peculiari modalità – nella specie rispettate, a suo avviso – per l’assunzione di personale (viene citata la sentenza della Corte costituzionale n. 95 del 2008, relativa all’ipotesi, ritenuta analoga, prevista dall’art. 1, comma 560, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007»).

5.– Nel giudizio iscritto nel registro ricorsi n. 170 del 2011, la Regione Puglia ha depositato, in data 3 agosto 2012, una memoria illustrativa, con costituzione di un nuovo difensore (in sostituzione del precedente, che ha rinunciato al mandato), ribadendo la richiesta di una declaratoria di inammissibilità dell’intero ricorso o, comunque, di non fondatezza delle questioni.

La Regione eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per la mancata corrispondenza delle ragioni di impugnazione indicate nella delibera di autorizzazione al ricorso adottata dal Consiglio dei ministri con quelle prospettate dall’Avvocatura generale dello Stato nel ricorso. Secondo la resistente, nella delibera consiliare il rilievo della “inconferenza” del richiamo, contenuto nella disposizione impugnata, ai commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007 costituisce il presupposto interpretativo della dedotta illegittimità costituzionale di una norma che, per il Consiglio dei ministri, prevede l’assunzione di personale senza procedura selettiva concorsuale ed in contrasto con i commi da 10 a 13 dell’art. 17 del decreto-legge n. 78 del 2009. Nel ricorso invece, sempre ad avviso della resistente, la suddetta “inconferenza” è prospettata come un’autonoma censura di illegittimità costituzionale, che si aggiunge a quella basata sulla violazione del principio del pubblico concorso e sul contrasto con l’art. 17 del decreto-legge n. 78 del 2009. Tale mancata corrispondenza delle censure comporterebbe l’inammissibilità del ricorso «nella sua interezza» (e, quindi, delle questioni), perché da essa conseguirebbe, da un lato, la proposizione di una questione non prospettata dall’organo politico che ha autorizzato il ricorso medesimo e, dall’altro, una situazione di incertezza sul contenuto dell’impugnazione, tale da ledere i diritti ed i poteri processuali della parte resistente.

Un ulteriore motivo di inammissibilità viene eccepito dalla Regione con riguardo alla dedotta violazione del primo comma dell’art. 120 Cost., in quanto: a) tale parametro non è evocato né dalla citata delibera del Consiglio dei ministri né dalla relazione del Dipartimento per gli Affari regionali ad essa allegata; b) la dedotta violazione non è in alcun modo motivata.

Nel merito, la resistente ribadisce la già illustrata non fondatezza delle questioni, sottolineando ulteriormente che la norma denunciata si è limitata a fare applicazione dell’istituto previsto dall’art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001 («Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività») con riguardo a personale dipendente che risultava già di ruolo presso l’ATO Puglia, per essere stato assunto a tempo indeterminato prima del 2010 con procedure selettive di tipo concorsuale disciplinate dalla legislazione statale (cioè dall’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2011 o, in alternativa, dai commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007).

La medesima Regione aggiunge, con riguardo al giudizio di cui al registro ricorsi n. 81 del 2011 – nel quale non si è costituita –, che il comma 1 dell’art. 11 della legge regionale n. 9 del 2011 (oggetto di tale ricorso) è rimasto in vigore solo dal 3 giugno al 21 ottobre 2011 e non ha avuto applicazione alcuna, come dimostrato anche dai tempi previsti dall’art. 12 di detta legge per la liquidazione dell’ATO Puglia e per l’effettivo subentro dell’Autorità idrica pugliese nei residuali rapporti attivi e passivi dell’ente soppresso. Di qui la sussistenza, sempre ad avviso della resistente, di tutte le condizioni per la dichiarazione della cessazione della materia del contendere nel giudizio relativo a quel ricorso.

Considerato in diritto

1.− Con il ricorso n. 81 del 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso diverse questioni principali di legittimità costituzionale aventi ad oggetto, da un lato, l’art. 5, comma 6, lettera g), della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese); dall’altro, l’art. 11, comma 1, della stessa legge.

Le questioni concernenti il comma 6, lettera g), dell’art. 5 della legge della Regione Puglia n. 9 del 2011 sono state decise da questa Corte con pronuncia di cessazione della materia del contendere (sentenza n. 62 del 2012).

Con il ricorso n. 170 del 2011, il medesimo ricorrente ha promosso questioni principali di legittimità costituzionale del medesimo comma 1 dell’art. 11 della legge reg. Puglia n. 9 del 2011, quale sostituito dall’art. 3 della legge della Regione Puglia 13 ottobre 2011, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese)», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 165 del 21 ottobre 2011 ed entrata in vigore lo stesso giorno della pubblicazione.

Il thema decidendum è limitato, pertanto, alle questioni riguardanti l’art. 11, comma 1, della legge reg. Puglia n. 9 del 2011, promosse con il ricorso n. 81 del 2011 (con riguardo al testo originario) e con il ricorso n. 170 del 2011 (con riguardo al testo vigente).

Cosí precisato l’oggetto del decidere, va ulteriormente rilevato che le questioni da esaminare riguardano disposizioni di leggi della Regione Puglia che si sono succedute nel tempo, la piú recente delle quali ha sostituito la precedente, entrambe in tema di trasferimento del personale dell’ATO Puglia all’Autorità idrica pugliese. L’identità del tema e delle parti ricorrenti e resistenti (Stato e Regione Puglia) rende perciò opportuna la riunione dei giudizi, affinché questi siano congiuntamente trattati e decisi.

2.− Le questioni promosse con il ricorso n. 81 del 2011 hanno ad oggetto, come già sottolineato, l’art. 11, comma 1, della legge reg. Puglia n. 9 del 2011, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 87 del 3 giugno 2011 ed entrata in vigore lo stesso giorno della pubblicazione. Tale comma stabiliva – nel testo vigente al momento della proposizione del ricorso – che: «Il personale assunto a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2010 presso ATO Puglia è trasferito all’Autorità idrica pugliese, che provvede all’inquadramento nello stesso profilo professionale e relative attribuzioni economiche».

2.1.− La disposizione impugnata, secondo il ricorrente, si pone in contrasto con: a) l’art. 3 Cost., perché irragionevolmente consente al solo personale assunto a tempo indeterminato presso l’ATO Puglia (cioè presso la locale Autorità d’àmbito territoriale ottimale) di essere inquadrato nei ruoli della Autorità idrica pugliese (autorità istituita dall’art. 1 della stessa legge regionale «per il governo pubblico dell’acqua» e dotata di personalità giuridica di diritto pubblico), prescindendo dalla regola della selezione concorsuale che si impone invece per la generalità dei pubblici dipendenti; b) l’art. 51 Cost., perché, privilegiando il personale già in servizio presso l’ATO Puglia rispetto ad altri possibili aspiranti all’assunzione presso l’Autorità idrica pugliese, non permette a tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge; c) l’art. 97, terzo comma, Cost., perché il generalizzato ed automatico inquadramento di tutti i dipendenti in servizio a tempo indeterminato presso l’ATO Puglia nei ruoli dell’Autorità idrica pugliese contrasta con la regola di accesso agli impieghi pubblici tramite concorso pubblico, posta a tutela non solo dei potenziali aspiranti, ma anche dell’interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori, nonché all’imparzialità ed al buon andamento della pubblica amministrazione; d) l’art. 117, terzo comma, Cost., perché si pone in contrasto con l’art. 17, commi da 10 a 13, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, il quale, con norma integrante un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, preclude alle amministrazioni pubbliche, a decorrere dal gennaio 2010, ogni procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo diversa dalla valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti.

2.2.− In ordine a tali questioni, promosse con il ricorso n. 81 del 2011, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Dopo la proposizione del ricorso, infatti, il comma 1 dell’art. 3 della legge della Regione Puglia 13 ottobre 2011, n. 27 (Modifiche alla legge regionale 30 maggio 2011, n. 9 – Istituzione dell’Autorità idrica pugliese), pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 165 del 21 ottobre 2011 ed entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione, ha sostituito l’impugnato comma 1 dell’art. 11 della legge reg. n. 9 del 2011, con un diverso testo (a sua volta impugnato con il successivo ricorso n. 170 del 2011), abrogando quello precedente. Il testo originario del comma 1 dell’art. 11 della legge reg. n. 9 del 2011, pertanto, è rimasto in vigore soltanto dal 3 giugno 2011 al 21 ottobre dello stesso anno (cioè 140 giorni) e non risulta che abbia avuto applicazione durante il periodo della sua vigenza. Infatti, da un lato, il ricorrente non ha contestato l’asserzione della resistente secondo cui non v’è stata alcuna applicazione della disposizione; dall’altro, appare plausibile che – come osservato dalla medesima resistente – il trasferimento del personale dall’Autorità d’ambito della Puglia (ATO Puglia) all’Autorità idrica pugliese non sia intervenuto prima della liquidazione dell’ATO e dell’effettivo subentro dell’Autorità idrica pugliese nei residuali rapporti attivi e passivi dell’ente soppresso, con trasferimento del patrimonio residuo dell’ATO; e cioè prima del decorso dei tempi massimi previsti dall’art. 12 della citata legge reg. n. 9 del 2011 (nomina del liquidatore dell’ATO Puglia entro trenta giorni a partire dal 3 giugno 2011, da parte della Giunta regionale; redazione di un conto patrimoniale straordinario, da parte del liquidatore entro sessanta giorni dalla nomina; approvazione, da parte della Giunta, del conto patrimoniale straordinario entro trenta giorni dalla data di presentazione; trasferimento all’Autorità idrica pugliese del patrimonio residuo dell’ATO Puglia, mediante decreto del Presidente della Regione, entro i successivi trenta giorni).

Ne deriva che l’abrogazione disposta dal citato ius superveniens è intervenuta quando la norma abrogata non aveva ancora avuto applicazione. Occorre, pertanto, dichiarare la cessazione della materia del contendere.

3.− Con le questioni promosse con il ricorso n. 170 del 2011 viene impugnato il medesimo comma 1 dell’art. 11 della legge reg. n. 9 del 2011, quale sostituito dal comma 1 dell’art. 3 della legge reg. n. 27 del 2011, secondo cui: «Il personale dipendente già assunto a mezzo delle procedure di cui all’articolo 35 (Reclutamento del personale) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ovvero ai commi 90 e 94 dell’articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato− legge finanziaria 2008) e in servizio a tempo indeterminato alla data del 1° gennaio 2010 presso ATO Puglia, è trasferito all’Autorità idrica pugliese, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 31 (Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività) del decreto legislativo n. 165/2001».

Il ricorrente afferma, innanzitutto, che la disposizione denunciata richiama in modo “inconferente” i commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), i quali riguarderebbero solo le Amministrazioni regionali e locali e non anche il personale del disciolto ATO. Il medesimo ricorrente deduce, poi, che la suddetta disposizione impugnata víola: a) gli artt. 3, 51 e 97 Cost., perché contrasta sia con i princípi di ragionevolezza e di uguaglianza, in quanto prevede procedimenti irragionevolmente differenziati per l’accesso alla pubblica amministrazione, senza garantire a tutti i potenziali aspiranti (in possesso dei prescritti requisiti) il diritto di partecipare in condizioni di uguaglianza alla selezione concorsuale; sia con il principio del libero accesso ai pubblici uffici; sia con il principio che impone l’accesso ai pubblici uffici per mezzo del concorso pubblico (in particolare, con i commi da 10 a 13 dell’art. 17 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, recante «Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini», convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, i quali – in applicazione di tale principio – precludono, a partire dal gennaio 2010, per il personale non dirigente delle amministrazioni pubbliche, ogni procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo e prevedono tassative modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti); b) gli artt. 117, terzo comma, e 120, primo comma, Cost., perché contrasta con i commi da 10 a 13 dell’art. 17 del predetto decreto-legge n. 78 del 2009, i quali pongono un principio di coordinamento della finanza pubblica, precludendo a partire dal gennaio 2010, per il personale non dirigente delle amministrazioni pubbliche, ogni procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo e prevedono tassative modalità di valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita attraverso l’espletamento di concorsi pubblici con parziale riserva di posti.

3.1.– Al riguardo, la Regione resistente eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso «nella sua interezza», perché nella delibera di autorizzazione adottata dal Consiglio dei ministri il rilievo della “inconferenza” del richiamo, contenuto nella disposizione impugnata, ai commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007 è prospettato solo per sottolineare il contrasto della censurata norma con i commi da 10 a 13 dell’art. 17 del decreto-legge n. 78 del 2009 e non per sollevare – a differenza del ricorso − un’autonoma censura di illegittimità costituzionale.

L’eccezione non è fondata.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della Regione Puglia, il ricorrente non ha prospettato un’autonoma censura basata sull’“inconferenza” del richiamo effettuato dalla disposizione denunciata ai suddetti commi dell’art. 3 della legge statale n. 244 del 2007, ma si è limitato a sottolineare che tale richiamo è «inconferente», perché i commi citati riguarderebbero solo le Amministrazioni regionali e locali e non anche il personale del disciolto ATO. Nel ricorso, infatti, tale rilievo non è collegato ad una specifica violazione di parametri costituzionali, ma rappresenta (conformemente a quanto indicato nell’autorizzazione al ricorso deliberata dal Consiglio dei ministri) il presupposto interpretativo del prospettato contrasto della norma denunciata con il parametro interposto costituito dai commi da 10 a 13 dell’art. 17 del decreto-legge n. 78 del 2009 e, per suo tramite, con gli artt. 3, 51 e 97 Cost., da un lato, e con gli artt. 117, terzo comma, e 120, primo comma, Cost., dall’altro.

3.2.− La Regione eccepisce, inoltre, l’inammissibilità del motivo di ricorso basato sulla violazione del primo comma dell’art. 120 Cost., assumendo che tale parametro non sarebbe stato evocato dalla citata delibera consiliare (neppure per relationem alla nota del Presidente del Consiglio dei ministri allegata alla medesima delibera) e che, comunque, la censura non sarebbe motivata.

Anche tale eccezione non può essere accolta.

In primo luogo, la suddetta delibera consiliare, pur senza menzionare espressamente l’ultima parte del primo comma dell’art. 120 Cost., fa ad essa chiaro riferimento allorché censura – richiamando la relazione del Presidente del Consiglio dei ministri – le illegittime limitazioni all’esercizio del diritto del lavoro che la Regione Puglia avrebbe apposto con la denunciata normativa (lesione del «diritto dei potenziali aspiranti a poter partecipare alla […] selezione» pubblica per l’inquadramento nei ruoli del nuovo ente pubblico, cioè dell’Autorità idrica pugliese). Ciò è sufficiente per ritenere autorizzata dal Consiglio dei ministri l’espressa evocazione, nel ricorso, di detto parametro.

In secondo luogo, l’assunto del ricorrente che la normativa impugnata, nel derogare illegittimamente al principio del concorso pubblico (non garantendo «a potenziali aspiranti – in possesso dei prescritti requisiti – il diritto di poter partecipare alla relativa selezione»), limita la possibilità di tutti i cittadini di accedere mediante pubbliche selezioni all’impiego presso l’Autorità idrica pugliese, è idoneo ad integrare la motivazione della censura basata sulla violazione dell’art. 120 Cost.

3.3. – Nel merito, le questioni non sono fondate.

Tutte le prospettate censure muovono dalle seguenti due premesse interpretative: 1) la soppressa ATO Puglia non costituiva un’amministrazione pubblica e, in particolare, un ente locale, cosí che ad essa non è applicabile l’art. 31 del d.lgs. 2001, n. 165 (secondo cui, «fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’art. 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428»); 2) la norma impugnata prevede la stabilizzazione o, comunque, l’assunzione a tempo indeterminato presso l’Autorità idrica pugliese del personale della soppressa ATO Puglia.

Entrambe tali premesse sono errate e dalla loro erroneità deriva la non fondatezza delle questioni.

3.3.1.– L’erroneità della prima premessa discende dal fatto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa dello Stato, l’Autorità d’àmbito per la gestione del servizio idrico pugliese (ATO Puglia) − costituita al fine di garantire la gestione unitaria delle funzioni in materia di servizio idrico integrato – aveva personalità giuridica e natura di consorzio obbligatorio di enti locali, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come espressamente stabilito dalla legge della Regione Puglia 26 marzo 2007, n. 8 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 6 settembre 1999, n. 28 – Delimitazione degli ambiti territoriali ottimali e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione tra gli enti locali, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36), emanata in attuazione dell’allora vigente comma 1 dell’art. 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), secondo il quale «L’Autorità d’ambito è una struttura dotata di personalità giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l’esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche […]».

Da ciò consegue che l’ATO Puglia, proprio in quanto consorzio obbligatorio di enti locali, va annoverata essa stessa tra gli «enti locali», ai sensi del citato art. 31 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza amministrativa (in tal senso, da ultimo, Consiglio di Stato, VI, sentenza 6 aprile 2010, n. 1918, per cui «non è dubbio che l’Autorità d’ambito, secondo la definizione che ne dà l’art. 148 d.lgs. n. 152 del 2006 − e desumibile già prima dagli artt. 8 e 9 legge n. 36 del 1994, oltre che dagli articoli da 24 a 26-bis della legge 8 giugno 1990, n. 142 −, costituita obbligatoriamente dagli enti locali e avente quale elemento costitutivo il territorio come delimitato dalla competente regione, sia ente locale»).

L’ATO Puglia, in quanto «ente locale», rientra indubbiamente tra le «pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture» per le quali è prevista, in caso di «trasferimento o conferimento» delle attività da esse svolte «ad altri soggetti, pubblici o privati», l’applicazione dell’art. 2112 del codice civile al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti (art. 31 del d.lgs. n. 165 del 2001).

La legge della Regione Puglia n. 9 del 2011 – in applicazione del comma 186-bis dell’art. 2 della legge n. 191 del 2009, il quale, nel sopprimere le AATO, aveva conferito alle Regioni il potere di attribuire con legge le funzioni già esercitate da dette autorità – ha istituito l’Autorità idrica pugliese quale soggetto rappresentativo dei Comuni pugliesi per il governo pubblico dell’acqua e le ha attribuito tutte le funzioni ed i cómpiti già propri della soppressa ATO Puglia. Ne deriva che è pienamente integrata la fattispecie prevista dal citato art. 31 del d.lgs. 2001, n. 165, e che, per il personale dell’ATO Puglia, «il rapporto di lavoro continua», ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., con l’Autorità idrica pugliese e che detto personale, in virtú di una peculiare ipotesi di successione legale a titolo particolare, «conserva tutti i diritti» che derivano da tale precedente rapporto di lavoro. In particolare, è legittimo l’automatico trasferimento all’Autorità idrica pugliese del personale in servizio a tempo indeterminato presso l’ATO Puglia alla data del 1° gennaio 2010, disposto dalla norma impugnata, con conservazione dei diritti spettanti a detto personale.

Va avvertito che, ai fini della qualificazione di «ente locale» dell’ATO Puglia, non assume alcun rilievo il fatto che, dopo la costituzione di tale ente, il comma 186-bis dell’art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (aggiunto dal comma 1-quinquies dell’art. 1, del decreto-legge n. 2 del 2010), ha abrogato il sopra citato art. 148 del d.lgs. n. 152 del 2006 e soppresso le Autorità d’àmbito territoriale ottimale (AATO) con effetto dall’anno successivo all’entrata in vigore della legge n. 191 del 2009 (termine poi prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2012, per effetto della successione dei seguenti atti: art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie», convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10; art. 1, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, recante «Ulteriore proroga di termini relativa al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare», emesso ai sensi del comma 2 del suddetto art. 1 del decreto-legge n. 225 del 2010; art. 13, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14). Nonostante la soppressione, infatti, l’ATO Puglia ha conservato, fino al momento della sua estinzione, la sua natura di «ente locale».

È appena il caso di osservare, infine, che non è fondato neppure l’assunto della parte ricorrente, secondo cui il richiamo – contenuto nella disposizione impugnata – ai commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007 sarebbe «inconferente», perché la procedura di stabilizzazione del personale non di ruolo prevista da tali commi non sarebbe applicabile alle AATO. Detti commi, invece, in quanto sono diretti (anche) alle «amministrazioni regionali e locali» (comma 90, alinea e lettera b), nonché alle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e quindi, in particolare, alle «Regioni, […] Province, […] Comuni, […] Comunità montane, e loro consorzi e associazioni […], enti pubblici non economici […] regionali e locali» (comma 94), si applicano anche agli enti locali costituenti consorzi di Comuni, come l’ATO Puglia. Ai fini del presente giudizio, poi, non rileva se, in concreto, la menzionata procedura di stabilizzazione sia stata correttamente applicata, essendo estraneo al thema decidendum ogni sindacato sulla legittimità delle assunzioni di personale effettuate a suo tempo dall’ATO Puglia.

3.3.2.– L’erroneità della seconda premessa del ricorrente discende dal fatto che la normativa impugnata non prevede – diversamente da quanto affermato dall’Avvocatura generale dello Stato – l’inquadramento nei ruoli del nuovo ente pubblico (l’Autorità idrica pugliese) di personale non di ruolo attraverso una stabilizzazione del personale della soppressa ATO Puglia o, comunque, attraverso l’assunzione di personale pubblico senza procedure di selezione pubblica. La normativa denunciata si limita, invece, a fare applicazione del combinato disposto del sopra citato art. 31 del d.lgs. 2001, n. 165, e dell’art. 2112 cod. civ., disponendo il trasferimento all’Autorità idrica pugliese del personale già in servizio a tempo indeterminato presso l’ente locale ATO Puglia alla data 1° gennaio 2010, nel rispetto delle procedure di informazione e di consultazione di cui all’art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428. Da ciò consegue che il suddetto personale dell’ATO Puglia «conserva» il proprio rapporto di lavoro con i correlativi diritti anche presso l’Autorità idrica pugliese, senza acquisire alcun ulteriore vantaggio in termini di stabilità del posto di lavoro. Ciò vale, ovviamente, anche per il personale a suo tempo stabilizzato presso la medesima ATO Puglia, ai sensi dei commi 90 e 94 dell’art. 3 della legge n. 244 del 2007.

3.3.3.– Il rispetto, da parte del legislatore della regione Puglia, della suddetta disciplina statale (cioè del combinato disposto degli artt. 31 del d.lgs. 2001, n. 165, e 2112 cod. civ.) esclude, dunque, la correttezza del presupposto interpretativo di tutte le censure prospettate con il ricorso n. 170 del 2011 e, come sopra anticipato, comporta la non fondatezza delle relative questioni.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

1) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale del testo originario dell’art. 11, comma 1, della legge della Regione Puglia 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese), promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 3, 51, 97, terzo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, con il ricorso n. 81 del 2011, indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, della legge reg. Puglia n. 9 del 2011, quale sostituito dall’art. 3 della legge della Regione Puglia 13 ottobre 2011, n. 27, recante «Modifiche alla legge regionale 30 maggio 2011, n. 9 (Istituzione dell’Autorità idrica pugliese)», promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli artt. 3, 51, 97, 117, terzo comma, e 120, primo comma, Cost., con il ricorso n. 170 del 2011, indicato in epigrafe.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'11 ottobre 2012.