Sentenza n. 71 del 2012

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 71

ANNO 2012

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-          Franco                          GALLO                                             Presidente

-          Luigi                             MAZZELLA                                        Giudice

-          Gaetano                        SILVESTRI                                                "

-          Sabino                          CASSESE                                                  "

-          Giuseppe                      TESAURO                                                 "

-          Paolo Maria                  NAPOLITANO                                         "

-          Giuseppe                      FRIGO                                                       "

-          Alessandro                   CRISCUOLO                                            "

-          Paolo                            GROSSI                                                     "

-          Giorgio                         LATTANZI                                                "

-          Aldo                             CAROSI                                                    "

-          Marta                           CARTABIA                                               "

-          Mario Rosario              MORELLI                                                  "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e in particolare dell’art. «9» [recte: 8] dello stesso decreto, promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 19 agosto 2011, depositato in cancelleria il 26 agosto 2011 ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2011.

         Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; 

         udito nell’udienza pubblica del 6 marzo 2012 il Giudice relatore Franco Gallo;

         uditi l’avvocato Paolo Chiapparrone per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 19 e depositato il successivo 26 agosto 2011 (reg. ric. n. 84 del 2011), la Regione siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e, in particolare, dell’art. 9 [recte: 8] di detto decreto, in riferimento agli artt. 38 e 43 dello statuto della Regione siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2).

2.– Il decreto legislativo oggetto di censura, adottato – come dichiara l’art. 1 – «in conformità al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione e in prima attuazione dell’articolo 16» della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), «definisce le modalità per la destinazione e l’utilizzazione di risorse aggiuntive, nonché per l’individuazione e l’effettuazione di interventi speciali, al fine di promuovere lo sviluppo economico e la coesione sociale e territoriale, di rimuovere gli squilibri economici, sociali, istituzionali e amministrativi del Paese e di favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona».

La ricorrente muove dalla premessa che il decreto legislativo impugnato sia direttamente applicabile nei suoi confronti, in assenza di una espressa clausola di salvaguardia che ne escluda l’efficacia rispetto alle Regioni ad autonomia differenziata, ed osserva in proposito che la previsione di una siffatta clausola era stata espressamente richiesta in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e che all’accoglimento di tale richiesta era stata subordinata l’intesa sugli schemi del decreto impugnato. Proprio in quanto applicabile alla ricorrente, il d.lgs. n. 88 del 2011 recherebbe un vulnus alla speciale autonomia finanziaria siciliana, in quanto la materia relativa all’attuazione del quinto comma dell’art. 119 Cost., in ossequio al principio pattizio consacrato nello statuto di autonomia e ribadito dall’art. 27 della citata legge di delegazione n. 42 del 2009, sarebbe affidata alla trattativa con la Regione «nelle forme di rito dell’attuazione degli statuti speciali». In particolare, sarebbe violato l’art. 43 dello statuto di autonomia siciliano, che affida a una Commissione paritetica la competenza a definire le norme di attuazione dello statuto medesimo. Solo questa Commissione rappresenta, infatti, secondo la ricorrente, «la sede appropriata per la individuazione e la quantificazione pattizia delle risorse aggiuntive e degli interventi speciali per la rimozione degli equilibri economici e sociali».

Il ricorso alla procedura negoziata prevista dall’art. 43 dello statuto, in particolare, sarebbe necessario anche per la parte concernente la perequazione infrastrutturale, in forza dell’art. 38 del medesimo statuto, indicato come ulteriore parametro. Detto articolo 38 – nel prevedere che lo Stato «verserà annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell’esecuzione di lavori pubblici», al fine di «bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto alla media nazionale» – disciplina, secondo la ricorrente, interventi statali finalizzati alla perequazione infrastrutturale. L’art. 1, comma 2, dell’impugnato d.lgs. n. 88 del 2011 dispone, a sua volta, che «gli interventi individuati ai sensi del presente decreto sono finalizzati a perseguire anche la perequazione infrastrutturale». In tal modo, ad avviso della Regione siciliana, il predetto decreto avrebbe attuato l’art. 38 dello statuto senza far ricorso allo speciale procedimento previsto dall’art. 43, che, pertanto, risulterebbe violato anche sotto questo profilo.

3.– Con atto depositato il 28 settembre 2011 si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile e, comunque, infondato.

3.1.– Quanto ai profili di inammissibilità, la difesa dello Stato premette che la legge 8 giugno 2011, n. 85 (Proroga dei termini per l’esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale), con l’art. 1, comma 1, lettera e), ha aggiunto all’art. 16 della legge di delegazione n. 42 del 2009, con effetto dal 18 giugno 2011, il comma 1-bis, il quale recita: «Gli interventi di cui al comma 1 sono riferiti a tutti gli enti territoriali per i quali ricorrano i requisiti di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione». Dal tenore letterale risulterebbe chiaro che nell’àmbito applicativo della disposizione ricadono sia gli enti ad autonomia ordinaria sia quelli ad autonomia differenziata. Il decreto legislativo impugnato, in quanto attuativo dell’art. 16 della legge di delega, dovrebbe, quindi, applicarsi direttamente alle Regioni autonome. Assumendo tali premesse, l’Avvocatura dello Stato afferma che la mancata impugnazione della disposizione che, introducendo il comma 1-bis nell’art. 16, lo ha reso applicabile alle autonomie speciali, realizza la conseguenza avversata dalla Regione siciliana e la rende inoppugnabile. Di qui la richiesta di dichiarare inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

3.2.– Venendo al merito della questione, l’Avvocatura dello Stato osserva che la citata legge n. 42 del 2009 ha previsto due ordini di deleghe: a) una delega – disposta dall’art. 2 – diretta a dare attuazione ai primi tre commi dell’art. 119 Cost., «al fine di assicurare, attraverso la definizione dei princípi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e la definizione della perequazione, l’autonomia finanziaria di comuni, province, città metropolitane e regioni, nonché al fine di armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti e i relativi termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di  programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica»; b) una delega – disposta nell’art. 16 – che è rivolta a dare attuazione al quinto comma dell’art. 119 Cost.

Secondo la difesa statale, la clausola di rinvio – contenuta nel richiamato art. 27 della legge n. 42 del 2009 – alle procedure previste per le norme di attuazione statutaria è riferibile soltanto alla delega conferita al Governo dall’art. 2 e non a quella di cui all’art. 16. Con la conseguenza che, per gli interventi di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., disciplinati dal decreto legislativo impugnato in attuazione del predetto art. 16, non opererebbe l’anzidetta clausola di rinvio.

La necessità di far ricorso alle speciali procedure previste per l’attuazione statutaria, al fine di adottare le misure di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., non è desumibile, secondo la parte resistente, neppure dagli articoli 38 e 43 dello statuto di autonomia, evocati come parametri. Tale parte osserva, al riguardo, che il decreto legislativo impugnato – per la parte in cui dispone interventi di perequazione infrastrutturale – non può considerarsi attuativo dell’art. 38, perché detto articolo «non ha alcuna connessione con il superamento delle disparità infrastrutturali tra il territorio siciliano e il territorio di altre regioni», ma prevede «il finanziamento di lavori pubblici con la sola finalità di sostenere l’occupazione». Quanto, infine, all’art. 43 dello statuto, rileva che esso «è una disposizione sulla produzione normativa, la quale prevede l’emanazione di norme di attuazione esclusivamente al fine di attuare “il presente Statuto”» e non anche di attuare l’art. 119 Cost. o la legge di delegazione sul federalismo fiscale n. 42 del 2009. Dalla richiamata disposizione statutaria, pertanto, ad avviso della difesa statale, «non può trarsi un autonomo titolo per il legislatore nazionale (in concorso con quello regionale), ad adottare disposizioni di attuazione volte, invece, ad attuare l’art. 16 della legge n. 42/2009».

4.– In prossimità dell’udienza pubblica, la Regione ricorrente ha depositato una ulteriore memoria, nella quale contesta, anzitutto, la distinzione – prospettata dal Presidente del Consiglio dei ministri – fra le deleghe di cui all’art. 2 e quelle di cui all’art. 16 della legge n. 42 del 2009. Siffatta distinzione, secondo la Regione, non trova alcun fondamento nella legge, perché «tutti i decreti attuativi in materia di federalismo fiscale sono previsti dall’art. 2, che fissa i princípi e criteri direttivi generali e rimanda, per quelli piú specifici, a quanto stabilito dalle disposizioni successive, tra le quali l’art. 16». Quanto alla modifica apportata al predetto art. 16 dall’art. 1, comma 1, lettera e), della legge n. 85 del 2011, essa non avrebbe inciso sulla perdurante inapplicabilità alle autonomie speciali di disposizioni diverse dagli artt. 15, 22 e 27 della legge n. 42 del 2009, «atteso che l’art. 1, c.2 della legge delega è rimasto immutato». In ogni caso, prosegue la difesa regionale, l’estensione dell’art. 16 a tutti gli enti territoriali «non può implicare l’attribuzione della materia ad una unilaterale determinazione statale e la sua sottrazione alle norme di attuazione degli statuti speciali e, quindi, alla trattativa» con la Regione medesima. La Regione siciliana contesta, da ultimo, la tesi della difesa statale secondo cui l’art. 38 dello statuto siciliano non avrebbe funzione perequativa e risponderebbe a mere esigenze di incremento dell’occupazione. La ricorrente ribadisce, infatti, che tale articolo è diretto ad intervenire proprio sullo squilibrio infrastrutturale della Regione, con conseguenze soprattutto, ma non esclusivamente, di tipo occupazionale.

Considerato in diritto

1.– La Regione siciliana ha promosso, in riferimento agli artt. «38 e 43» dello statuto speciale di autonomia (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42) e, «in particolare», dell’art. «9» [recte: 8] (recante le disposizioni transitorie e finali del decreto medesimo), nella parte in cui tale normativa – emessa in sede di prima attuazione dell’art. 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione) – «non fa espressa menzione dell’inapplicabilità del Decreto legislativo alle Regioni a Statuto speciale né contiene alcun rinvio alle norme di attuazione dei rispettivi Statuti quale fonte normativa attraverso la quale regolare in tali Regioni gli interventi previsti dall’art. 119, quinto comma della Costituzione».

La Regione, nel prospettare la censura, premette che l’impugnata normativa disciplina, in attuazione del quinto comma dell’art. 119 della Costituzione, la destinazione di risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali da parte dello Stato (art. 1, comma 1, del decreto), ivi compresi quelli finalizzati a perseguire la perequazione infrastrutturale (art. 1, comma 2, del decreto). Ad avviso della Regione, la materia cui è ascrivibile tale normativa riguarda: a) sia le Regioni ad autonomia ordinaria sia gli enti territoriali ad autonomia differenziata, perché il quinto comma dell’art. 119 Cost. è diretto a promuovere un complessivo ed equilibrato sviluppo dell’intero Paese e, quindi, è applicabile anche alle autonomie speciali in base all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2011, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), per il quale la riforma costituzionale è applicabile alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome per le parti in cui prevede «forme di autonomia piú ampie rispetto a quelle già attribuite»; b) in particolare, la Regione siciliana, perché l’art. 38 dello statuto d’autonomia – nel prevedere il versamento da parte dello Stato, in favore della Regione, di una somma annuale da impiegarsi nell’esecuzione di lavori pubblici al fine di bilanciare il minore ammontare dei redditi regionali di lavoro rispetto alla media nazionale – dispone, appunto, interventi statali di perequazione infrastrutturale, riconducibili agli interventi di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost.

La ricorrente premette altresí che, in difetto di una disposizione che ne escluda l’applicabilità alle Regioni ad autonomia differenziata, l’impugnato decreto legislativo trova applicazione immediata alla Regione siciliana, senza il ricorso alle peculiari procedure previste per l’adozione della normativa di attuazione degli statuti speciali e, in particolare, di quelle previste dall’art. 43 dello statuto siciliano, il quale riserva ad una Commissione paritetica tra Stato e Regione la determinazione di tale normativa.

La Regione conclude che la diretta applicazione del decreto lede la propria autonomia, perché sottrae al negoziato sul federalismo fiscale tra la Regione e lo Stato la materia relativa all’attuazione del quinto comma dell’art. 119 Cost., ivi compresa quella relativa agli interventi di perequazione infrastrutturale, che, secondo la medesima Regione, sono specificamente regolati dall’art. 38 dello statuto. In particolare, la lesione deriverebbe dalla mancata applicazione della regola stabilita dall’art. 43 dello statuto − ribadita dall’art. 27 della legge di delegazione − secondo cui per l’attuazione statutaria è necessario l’intervento della Commissione paritetica. Dalla formulazione della censura  emerge con chiarezza, dunque, che, pur essendo stato richiamato anche l’art. 38 dello statuto, il parametro evocato è esclusivamente l’art. 43 dello stesso statuto. La ricorrente, infatti, lamenta soltanto la mancata utilizzabilità, nell’introduzione delle predette misure perequativo-solidaristiche, della procedura paritetica tra Stato e Regione siciliana prevista per le norme di attuazione statutaria dal medesimo art. 43.

1.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito l’inammissibilità della questione per sopravvenuta carenza di interesse della Regione. La difesa statale osserva, al riguardo, che l’art. 16 della legge di delegazione n. 42 del 2009, avente ad oggetto la disciplina delle risorse aggiuntive e degli interventi speciali di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., non era ricompreso, originariamente, tra gli articoli applicabili alle Regioni a statuto speciale, in quanto il comma 2 dell’art. 1 della legge precisava che gli unici princípi applicabili a tali Regioni erano quelli contenuti negli articoli 15, 22 e 27, come sottolineato dalla sentenza di questa Corte n. 201 del 2010. Tuttavia, prosegue la difesa dello Stato, dopo la pubblicazione di detta sentenza, ma anteriormente alla proposizione del ricorso, l’art. 1, comma 1, lettera e), della legge 8 giugno 2011, n. 85 (Proroga dei termini per l’esercizio della delega di cui alla legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale), ha aggiunto al menzionato art. 16, con effetto dal 18 giugno 2011, il comma 1-bis, il quale stabilisce che «Gli interventi di cui al comma 1 sono riferiti a tutti gli enti territoriali per i quali ricorrano i requisiti di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione». Ad avviso della parte resistente, per effetto di tale modifica legislativa, anche l’art. 16 della legge n. 42 del 2009 − in base ad un’interpretazione conforme a Costituzione, diretta ad evitare una ingiustificata discriminazione − deve considerarsi applicabile alle Regioni ad autonomia differenziata e costituisce, perciò, legittimo fondamento del censurato decreto legislativo di attuazione n. 88 del 2011 (entrato in vigore il 7 luglio 2011). La mancata impugnazione, da parte della Regione siciliana, del suddetto ampliamento della legge di delegazione avrebbe reso inoppugnabile il decreto legislativo di attuazione, con conseguente sopravvenuta carenza di interesse al ricorso.

1.2.– L’eccezione non può essere accolta per tre diverse ragioni.

In primo luogo, va rilevato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di legittimità costituzionale, non trova applicazione l’istituto dell’inammissibilità della questione per acquiescenza o per il carattere confermativo del provvedimento impugnato (da ultimo, sentenze n. 187 e n. 165 del 2011, n. 40 del 2010, n. 98 del 2007, n. 74 del 2001, n. 20 del 2000). L’omessa impugnazione di una disposizione di legge avente il medesimo contenuto di altra disposizione sopravvenuta, dunque, non preclude l’autonoma impugnazione di quest’ultima (sentenze n. 298 del 2009, n. 443 e n. 430 del 2007, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 287 e n. 272 del 2004) e, nel caso di specie, impedisce di far derivare dalla mancata impugnazione dell’art. 16 della legge di delegazione n. 42 del 2009 l’inammissibilità del ricorso avente ad oggetto il decreto legislativo n. 88 del 2011, che al predetto art. 16 dà attuazione. Di qui l’irrilevanza della mancata impugnazione del comma 1-bis dell’art. 16 della legge n. 42 del 2009.

In secondo luogo, va osservato che, nel sollevare l’eccezione, la parte resistente inesattamente assume che la Regione abbia censurato il difetto di delega legislativa in ordine all’attuazione delle misure di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost. nei confronti degli enti ad autonomia differenziata; difetto che, per la difesa dello Stato, sarebbe stato colmato, appunto, dal sopravvenuto comma 1-bis dell’art. 16 della legge n. 42 del 2009. La ricorrente, in realtà, ha prospettato una censura radicalmente diversa da quella indicata dall’Avvocatura dello Stato, avendo dedotto l’illegittimità costituzionale dell’applicazione diretta alla Regione siciliana del decreto impugnato, indipendentemente dalla sussistenza di una valida delega legislativa. Da ciò consegue l’irrilevanza dell’asserito ampliamento della delega.

In terzo luogo, va evidenziato che il suddetto comma 1-bis dell’art. 16, come si vedrà in prosieguo al punto 2.1., non estende la delega contenuta in tale articolo agli enti ad autonomia differenziata. Di qui la mancanza di fondamento normativo dell’eccezione.

2.– Nel merito, la questione non è fondata, perché si basa sull’erroneo presupposto interpretativo che il decreto legislativo impugnato, in mancanza di un rinvio alla procedura pattizia prevista dall’art. 43 dello statuto siciliano, trovi «diretta e immediata applicazione nei confronti della Regione siciliana». L’erroneità di tale assunto interpretativo risulta evidente dall’esame del quadro normativo di riferimento, dal quale si desume che, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, il legislatore delegante, nel dare attuazione all’art. 119, quinto comma, Cost. nei confronti delle autonomie speciali, ha rinunciato – pur non essendo a ciò vincolato dal dettato del citato comma dell’art. 119 – a porre una disciplina unilaterale. Ha preferito infatti, nella sua discrezionalità, regolare la materia mediante il rinvio a norme da determinarsi attraverso le particolari procedure legislative previste per l’attuazione degli statuti speciali.

Per giungere a tale conclusione è necessario procedere ad un più approfondito esame dell’indicato quadro normativo.

2.1.– Occorre innanzitutto sottolineare che l’applicazione agli enti ad autonomia differenziata dell’art. 16 della legge di delega – concernente, come si è visto, gli interventi di cui al quinto comma dell’articolo 119 Cost., oggetto del decreto impugnato – è esclusa dal comma 2 dell’art. 1 della stessa legge. Esso, infatti, stabilisce espressamente – come riconosciuto da questa Corte nella sentenza n. 201 del 2010 – il principio generale che «Alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano si applicano, in conformità con gli statuti, esclusivamente le disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27». L’inapplicabilità a tali enti di detto articolo 16 comporta, quindi, che il suo comma 1-bis (efficace dal 18 giugno 2011), nel disporre che i predetti interventi perequativo-solidaristici «sono riferiti a tutti gli enti territoriali per i quali ricorrano i requisiti di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione», non amplia la sfera di efficacia soggettiva attribuita dal richiamato comma 2 dell’art. 1 all’intero art. 16, il quale, quindi, continua a riferirsi nel suo complesso esclusivamente alle Regioni a statuto ordinario ed agli enti territoriali in esse compresi.

2.2.– Per gli enti ad autonomia differenziata deve invece ritenersi applicabile – quanto ai suddetti interventi previsti dal quinto comma dell’articolo 119 Cost. – l’art. 27 della legge di delegazione, come espressamente stabilito dal comma 2 dell’art. 1 della medesima legge.

Detto art. 27, nel riferirsi espressamente ed esclusivamente – come affermato anche nella sua rubrica – alle «regioni a statuto speciale e […] province autonome», dispone, in particolare, che: a) gli enti ad autonomia differenziata, «nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà ed all’esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti […] secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi […]» (comma 1); b) alle norme di attuazione statutaria è affidata la disciplina delle «specifiche modalità attraverso le quali lo Stato assicura il conseguimento degli obiettivi costituzionali di perequazione e solidarietà per le regioni a statuto speciale i cui livelli di reddito pro capite siano inferiori alla media nazionale» (comma 2, secondo periodo).

Non è dubbio che l’ampia formulazione di tale articolo («interventi» diretti a perseguire «obiettivi di perequazione e di solidarietà») consente di ricomprendere in essa anche le misure perequativo-solidaristiche previste dal quinto comma dell’art. 119 Cost. («risorse aggiuntive» e «interventi speciali»), che integrano, come precisato da questa Corte, interventi straordinari, aggiuntivi e diretti a garantire i servizi indispensabili alla tutela di diritti fondamentali (sentenze n. 45 del 2008, n. 105 del 2007, n. 451 del 2006, n. 222 del 2005, n. 49 e n. 16 del 2004).

Ne consegue che, applicandosi nei confronti degli enti ad autonomia differenziata solo l’art. 27 e non anche l’art. 16 della legge di delegazione, l’impugnato decreto, al pari di tale art. 16 di cui costituisce attuazione, si riferisce alle sole Regioni ad autonomia ordinaria e non ha efficacia nei confronti della ricorrente Regione a statuto speciale. Ne consegue altresí che, in forza della scelta discrezionale operata dal legislatore statale attraverso l’art. 27, gli interventi di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost. sono riservati, per quanto attiene alla Regione siciliana, alle procedure paritetiche di attuazione statutaria previste dall’art. 43 dello statuto siciliano.

2.3.– Diversamente da quanto affermato dalle parti, il decreto legislativo impugnato non trova applicazione nei confronti delle Regioni a statuto speciale neppure per gli interventi di perequazione infrastrutturale (ai quali espressamente si riferisce il comma 2 dell’art. 1 del medesimo decreto legislativo). Infatti l’art. 27 riguarda tutte le misure di perequazione solidaristica, e, quindi, anche gli interventi di perequazione infrastrutturale.

Non osta a tale conclusione il disposto dell’art. 22 della legge di delegazione, riguardante specificamente la perequazione infrastrutturale, il quale, pur essendo applicabile – per espressa statuizione del ricordato comma 2 dell’art. 1 della medesima legge – agli enti ad autonomia differenziata, non prevede alcuna riserva di competenza alle norme di attuazione degli statuti speciali. Occorre precisare, in proposito, che l’art. 22 (composto da due commi), in realtà, è applicabile a detti enti non nella sua interezza – come potrebbe far erroneamente ritenere il generico richiamo, contenuto nel comma 2 dell’art. 1, alle «disposizioni di cui agli articoli […] 22 […]» –, ma limitatamente al comma 1, perché il comma 2 si riferisce non agli enti medesimi, ma alle Regioni a statuto ordinario ed agli enti locali esistenti nel territorio di queste. Infatti, quest’ultimo comma 2, nello stabilire alcuni criteri di individuazione degli interventi «finalizzati agli obiettivi di cui all’articolo 119, quinto comma, della Costituzione» in relazione al «recupero del deficit infrastrutturale», precisa che tali criteri operano «nella fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21», cioè nella fase transitoria prevista per le Regioni e per gli enti locali da due articoli della legge di delegazione che, in base al piú volte menzionato comma 2 dell’art. 1, non sono applicabili agli enti ad autonomia differenziata. Ne consegue che l’unica disposizione dell’art. 22 riguardante questi ultimi enti è il comma 1, il quale non tocca, però, la disciplina sostanziale delle misure di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., ma si limita a porre alcuni criteri procedurali per la loro applicazione. In particolare, detto comma 1, «in sede di prima applicazione», disciplina la «ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali e aeroportuali». Tale ricognizione − poi disciplinata con il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 26 novembre 2010 (Disposizioni in materia di perequazione infrastrutturale, ai sensi dell’articolo 22 della legge 5 maggio 2009, n. 42) − ha funzione meramente conoscitiva. Essa non integra una disciplina delle modalità di erogazione dei finanziamenti di cui al quinto comma dell’art. 119 Cost., ma costituisce solo il supporto cognitivo necessario alla interlocuzione fra Regioni e Stato che – in forza dell’art. 27 – deve avere luogo nell’àmbito delle procedure di attuazione statutaria. In altri termini, con valutazione che si inscrive nel campo delle scelte politiche compatibili con le previsioni del quinto comma dell’art. 119 Cost. (applicabile, per sua espressa previsione, a tutti gli enti territoriali e, quindi, anche agli enti ad autonomia differenziata), lo Stato ha inteso introdurre unilateralmente una disciplina di acquisizione di dati sulle infrastrutture (anche) degli enti ad autonomia speciale che non incide in modo sostanziale sulla trattativa politica da svolgersi nell’àmbito delle procedure di attuazione statutaria alle quali fa rinvio l’art. 27.

L’efficacia meramente transitoria («in sede di prima applicazione») e la sopra evidenziata peculiare ratio del comma 1 dell’art. 22 rendono tale disposizione lex specialis rispetto all’art. 27 della stessa legge di delegazione e giustificano la sua diretta applicazione agli enti ad autonomia differenziata, senza alcun rinvio alle procedure legislative previste per l’attuazione statutaria. Sotto tale profilo, la sottolineata specialità dell’art. 22 non smentisce, ma conferma la regola della riserva di competenza alle norme di attuazione degli statuti disposta dall’art. 27 della legge di delegazione.

2.4.– L’erroneità della premessa interpretativa della ricorrente circa la diretta applicabilità del decreto legislativo impugnato alla Regione siciliana e circa l’omessa previsione, nella legge di delegazione, di un rinvio alla procedura attuativa dello statuto d’autonomia per la disciplina degli interventi di cui all’art. 119, quinto comma, Cost. rende priva di fondamento la censura formulata dalla ricorrente in relazione all’art. 43 dello statuto. Resta in tal modo assorbita ogni valutazione sulla correttezza dell’interpretazione dell’art. 38 dello statuto fornita dalla ricorrente e, in particolare, sia sulla possibilità di ascrivere il contributo di solidarietà previsto da detto articolo tra gli interventi di «perequazione infrastrutturale» sia sulla dedotta necessità di ricorrere alla procedura di attuazione statutaria per disciplinare tale particolare contributo.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’intero decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88 (Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali, a norma dell’articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e in particolare dell’art. 8 del medesimo decreto, proposta dalla Regione siciliana, in riferimento all’art. 43 dello statuto di autonomia (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello Statuto della Regione siciliana», convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2012.

F.to:

Franco GALLO, Presidente e Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2012.