Ordinanza n. 195 del 2011

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ORDINANZA N. 195

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Paolo                          MADDALENA                     Presidente

-           Alfio                           FINOCCHIARO                     Giudice

-           Alfonso                       QUARANTA                                "

-           Franco                        GALLO                                         "

-           Luigi                           MAZZELLA                                 "

-           Gaetano                      SILVESTRI                                   "

-           Sabino                        CASSESE                                      "

-           Giuseppe                    TESAURO                                    "

-           Paolo Maria                NAPOLITANO                             "

-           Giuseppe                    FRIGO                                           "

-           Alessandro                 CRISCUOLO                                "

-           Paolo                          GROSSI                                        "

-           Giorgio                       LATTANZI                                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 6-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), introdotto dall’art. 2, comma 212, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», promosso dal Giudice di pace di Rimini nel procedimento vertente tra Picci Raffaello e il Comune di Riccione con ordinanza del 16 marzo 2010, iscritta al n. 2 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2011.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 maggio 2011 il Giudice relatore Luigi Mazzella.

Ritenuto che, con ordinanza del 16 marzo 2010, il Giudice di pace di Rimini ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), introdotto dall’art. 2, comma 212, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»;

che, riferisce il rimettente, con ricorso depositato il 4 gennaio 2010, R.P. aveva proposto opposizione contro il verbale redatto da Agenti del Corpo Intercomunale di Polizia Municipale Riccione e Coriano il 14 agosto 2009, notificato al ricorrente l’11 novembre 2009, con il quale veniva contestata la violazione dell’art. 158, comma 1, del codice della strada (divieto di sosta);

che, secondo il rimettente, in forza della norma censurata, un cittadino, legittimato alla opposizione avverso un provvedimento ritenuto ingiusto, è stato costretto al pagamento del contributo unificato;

che, pertanto, la questione sarebbe rilevante nel giudizio a quo poiché l’imposizione di tale contributo ai giudizi di opposizione a ordinanza ingiunzione non sarebbe equa, in caso di accertamento della fondatezza del ricorso, anche qualora fosse posta a carico dell’Amministrazione soccombente;

che, invero, detta norma, darebbe luogo ad una grave disparità di trattamento tra i cittadini, precludendo ai meno abbienti di poter proporre validamente le proprie ragioni in sede giudiziaria e realizzando in tal modo una violazione non soltanto dell’art. 3 Cost., che sancisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, ma altresì dell’art. 24 Cost.;

che, infatti, per effetto della disposizione censurata, i cittadini meno facoltosi si vedrebbero indirettamente privati della possibilità di tutelare i propri diritti in via giudiziaria, con grave pregiudizio al diritto di difesa riconosciuto come inviolabile dall’art. 24 Cost.;

che, in relazione alla disparità fra cittadini introdotta dalla norma de qua, non rileverebbe la circostanza che i soggetti meno abbienti possono comunque presentare il ricorso al Prefetto (che non prevede il pagamento del contributo in questione), in quanto il ricorso al giudice di pace resterebbe un mezzo di tutela riservato unicamente ai cittadini economicamente più abbienti;

che, il principio della inviolabilità del diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi in ogni stato e grado del procedimento, sarebbe stato ribadito nella sentenza di questa Corte n. 114 del 2004, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 30, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 4, comma 1-septies del d.l. 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, relativo all’obbligo di versare presso la cancelleria del Giudice di pace una somma a titolo di cauzione, all’atto del deposito di ricorso contro una sanzione per violazione dello stesso codice della strada;

che le motivazioni formulate in quella sentenza, secondo il rimettente, ben possono essere ritenute applicabili alla norma de qua;

che, secondo il Giudice di pace rimettente, anche nella norma censurata, come nel caso dell’obbligo di versamento della cauzione, l’imposizione, in via generalizzata, del pagamento del contributo unificato all’atto del deposito del ricorso in opposizione a sanzione amministrativa non è in alcun modo funzionale alle esigenze del processo, mostrandosi piuttosto come provvedimento introdotto al fine di restringere il campo dei possibili ricorrenti contro le sanzioni amministrative, scoraggiandone la tutela giurisdizionale;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri ed ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza nel giudizio a quo, dal momento che l’inadempimento, da parte del ricorrente, della prestazione patrimoniale imposta dalla censurata disposizione, a differenza da quella censurata nel precedente citato dal rimettente (sentenza n. 114 del 2004), non determinerebbe l’inammissibilità del gravame;

che, secondo l’interveniente, in ogni caso il rimettente non spiega in che modo il costo corrispondente al contributo unificato dovuto possa incidere nella decisione di adire o meno l’autorità giudiziaria;

che il Presidente del Consiglio, inoltre, ha eccepito la estrema genericità delle motivazioni poste a base dell’ordinanza di rimessione, evidenziando che, anche ammesso che l’obbligatorietà del contributo possa determinare un fattore di dissuasione alla proposizione del ricorso, non sarebbe stato individuato in che modo detto costo possa incidere, con modalità discriminatorie, nel caso in cui il giudizio abbia ad oggetto l’impugnazione di un verbale di accertamento della polizia stradale;

che, nel merito, il Presidente del Consiglio ha chiesto che sia dichiarata l’infondatezza del ricorso, dal momento che la ripartizione in fasce di valore dell’entità del contributo assicurerebbe che la copertura dei costi di giustizia sia posta a carico degli utenti in proporzione ai servizi offerti.

Considerato che, in base a quanto riferisce il rimettente nella propria ordinanza, il contributo unificato è stato già versato spontaneamente da parte del ricorrente;

che, dunque, la norma censurata, che impone il pagamento del predetto contributo, è già stata spontaneamente applicata dal ricorrente;

che, pertanto, l’asserito vulnus ai principi costituzionali invocati e, in particolare, a quello dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ed a quello dell’effettività della tutela giurisdizionale sarebbe, in ipotesi, determinato da una norma di cui il rimettente non deve fare applicazione nel giudizio a quo;

che pertanto, come recentemente affermato da questa Corte in caso analogo (ordinanza n. 143 del 2011), la questione è manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza nel giudizio a quo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 6-bis, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. - Testo A), così come modificati dall’art 2, comma 212, lettera b), della legge 21 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio dello Stato – legge finanziaria 2010), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Rimini con l’ordinanza indicata in epigrafe;

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2011.

F.to:

Paolo MADDALENA, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2011.