Ordinanza n. 99 del 2011

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ORDINANZA N. 99

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                               DE SIERVO                                      Presidente

-           Paolo                             MADDALENA                                   Giudice

-           Alfio                             FINOCCHIARO                                        "

-           Alfonso                         QUARANTA                                              "

-           Franco                           GALLO                                                       "

-           Luigi                             MAZZELLA                                               "

-           Gaetano                        SILVESTRI                                                "

-           Sabino                           CASSESE                                                   "

-           Giuseppe                       TESAURO                                                  "

-           Paolo Maria                   NAPOLITANO                                          "

-           Giuseppe                       FRIGO                                                        "

-           Alessandro                    CRISCUOLO                                             "

-           Paolo                             GROSSI                                                      "

-           Giorgio                          LATTANZI                                                 "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 2, primo comma, e 3, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) e dell’articolo 9, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), promosso dal Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria nel procedimento vertente tra Renga Gabriella e l’I.N.P.D.A.P. ed altri con ordinanza del 25 maggio 2010 iscritta al n. 265 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2010.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2011 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

Ritenuto che, con ordinanza del 25 maggio 2010, il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale: dell’art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), «nella parte in cui nega il diritto alla buonuscita al “personale supplente delle scuole di istruzioni primarie e secondarie e degli istituti professionali di istruzione artistica”»; dell’art. 3, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 1032 del 1973, «nella parte in cui richiede per la maturazione della buonuscita “almeno un anno di iscrizione al Fondo”»; dell’art. 9, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), «nella parte in cui subordina il diritto all’indennità di fine rapporto ad “almeno un anno di servizio continuativo”»;

che il rimettente è chiamato a giudicare sul ricorso proposto da un’insegnante di musica ai fini dell’accertamento del diritto a conseguire l’indennità di buonuscita (ai sensi del d.P.R. n. 1032 del 1973) e l’indennità di fine rapporto (ai sensi del d.lgs.C.p.S. n. 207 del 1947), in relazione al periodo di insegnamento – di complessivi trentaquattro anni – non di ruolo, bensì svolto in forza di una serie di incarichi continuativi, non essendo stata la medesima mai inserita nei ruoli del personale statale;

che il giudice a quo esclude di poter accogliere l’eccezione di prescrizione quinquennale delle pretese azionate dalla ricorrente, avanzata dalle Amministrazioni convenute, non essendo ancora decorso detto termine prescrizionale in ragione della ritenuta cessazione del rapporto di lavoro nel 1998, cui è seguita la proposizione del ricorso giudiziario nel 1999, e ciò sul presupposto della unicità del rapporto lavorativo degli insegnanti “precari” statali, in quanto tra un contratto a termine ed il successivo si verrebbe ad instaurare un “nesso istituzionale”;

che, tuttavia, il rimettente sostiene che all’affermazione di unicità del rapporto lavorativo di specie, siccome riconosciuta in riferimento all’istituto della prescrizione, non possa del pari giungersi quanto alle pretese concernenti le indennità pretese dalla ricorrente, basandosi esse su norme – quelle impugnate – «di stretta interpretazione perché comportano oneri per la finanza pubblica»;

che, difatti, la formulazione sia dell’art. 3, primo comma, del d.P.R. n. 1032 del 1973, là dove prevede che il diritto alla indennità di buonuscita si consegue «dopo almeno un anno di iscrizione al Fondo», sia dell’art. 9, primo comma, del d.lgs.C.p.S. n. 207 del 1947, là dove dispone che l’indennità di fine rapporto competa al personale «avente almeno un anno di servizio continuativo», non consentirebbero spazio alcuno ad interpretazione diversa da «quella logico-letterale»;

che, inoltre, in riferimento alla buonuscita, la pretesa della ricorrente non potrebbe trovare accoglimento anche in ragione del fatto che l’art. 2, primo comma, del d.P.R. n. 1032 del 1973 (anch’esso «di stretta interpretazione») esclude espressamente dal diritto all’indennità il «personale supplente delle scuole di istruzioni primarie e secondarie e degli istituti professionali di istruzione artistica»; ed alla “supplenza” è da ricondursi il servizio svolto dalla ricorrente, essendo «stato effettuato su posti non coperti dal personale di ruolo, vuoi per impedimenti temporanei, vuoi per mancata assegnazione»;

che, tanto premesso, il giudice a quo sostiene che «le citate disposizioni contrastino all’evidenza con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, rispettivamente per la violazione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità della retribuzione e di disponibilità di mezzi adeguati alle esigenze della vecchiaia»;

che, pertanto, il rimettente ritiene «non manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità degli artt. 3, primo comma, d.P.R. n. 1032/1973 e 9, primo comma, d.lgs. c.p.s. 4 aprile 1947, n. 207, prospettati dall’attenta difesa della ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.»;

che, inoltre, viene sollevata «d’ufficio la questione di costituzionalità dell’art. 2, primo comma, d.P.R. n. 1032/1973, per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 Cost., rammentando come sia già stata giudicata fondata l’analoga questione attinente all’art. 18 d.lgs. c.p.s. n. 207/1947 (Corte cost. Sent. 17 dicembre 1987, n. 518)».

che, quanto alla rilevanza delle questioni, il giudice a quo osserva che le norme impugnate risultano ostative all’accoglimento delle pretese azionate dalla ricorrente e, peraltro, anche là dove non fosse condivisa la tesi sull’unicità del rapporto di lavoro ai fini del computo del termine di prescrizione, «residuerebbe comunque la rilevanza della questione concernente l’art. 9, primo comma, d.lgs. c.p.s. 4 aprile 1947, n. 207», non essendo prescritta la domanda di corresponsione delle indennità di fine rapporto;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità o, comunque, l’infondatezza delle questioni proposte;

che la difesa dello Stato rileva, anzitutto, che il rimettente non chiarisce, in fatto, se gli incarichi di insegnamento svolti dalla ricorrente abbiano tutti avuto durata infrannuale, ciò ridondando sulla adeguatezza della motivazione in punto di rilevanza della questione;

che, inoltre, il giudice a quo non si sarebbe fatto carico di una lettura costituzionalmente orientata delle norme denunciate, posto che avrebbe escluso immotivatamente che l’unicità del rapporto possa valere non soltanto ai fini della prescrizione, ma anche per le indennità pretese dalla ricorrente;

che l’Avvocatura generale dello Stato osserva, poi, che le questioni sarebbero inammissibili non solo perché si richiede alla Corte di procedere ad una modifica complessiva del sistema in presenza di una gamma di soluzioni possibili, la cui scelta non potrebbe che spettare al legislatore, ma anche per l’assoluto difetto di motivazione dell’ordinanza di rimessione sulla non manifesta infondatezza, essendosi limitato il rimettente alla evocazione dei parametri che si reputano lesi dalle norme impugnate;

che, in ogni caso, ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri le questioni non sarebbero fondate, non essendo stato mai posto in discussione, né dalla sentenza n. 40 del 1973 di questa Corte, né dalla successiva sentenza n. 518 del 1987 (sull’incostituzionalità dell’art. 18 del d.lgs. C.p.S. n. 207 del 1947) «l’impianto della normativa oggi contestato dal TAR», quanto al possesso del requisito minimo di un periodo minimo di iscrizione al Fondo di previdenza ovvero di anzianità di servizio per il conseguimento dei benefici richiesti;

che, peraltro, proprio la previsione di un requisito specifico di anzianità contributiva «determina inevitabilmente il sorgere di situazioni differenziate nelle quali non per questo sono ravvisabili situazioni discriminatorie»;

che, inoltre, nessuna violazione dell’art. 36 Cost. potrebbe apprezzarsi ove non si consideri la retribuzione nella sua globalità e, dunque, «senza esaminare quanto è stato comunque erogato al lavoratore in ragione della (limitata) prestazione lavorativa svolta»;

che, conclude la difesa dello Stato, analogamente varrebbe per la dedotta lesione dell’art. 38 Cost., non potendosi reputare incostituzionale una disciplina che correla «la spettanza dei benefici ad una prestazione lavorativa connotata da minimi requisiti, ad esempio, di continuità», dovendosi anche tener conto della «discrezionalità legislativa nella determinazione della spettanza, dei tempi, modi e misura delle prestazioni sociali» in un bilanciamento con gli altri diritti costituzionalmente garantiti, «tra i quali anche, fondamentale, quello del buon andamento della finanza pubblica»;

che, in prossimità della camera di consiglio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa con la quale, ribadendo e sviluppando le argomentazioni già spese con l’atto di intervento, insiste per l’inammissibilità o, comunque, per la manifesta infondatezza delle questioni.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale:

- dell’art. 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), «nella parte in cui nega il diritto alla buonuscita al “personale supplente delle scuole di istruzioni primarie e secondarie e degli istituti professionali di istruzione artistica”»;

- dell’art. 3, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 1032 del 1973, «nella parte in cui richiede per la maturazione della buonuscita “almeno un anno di iscrizione al Fondo”»;

- dell’art. 9, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), «nella parte in cui subordina il diritto all’indennità di fine rapporto ad “almeno un anno di servizio continuativo”»;

che, ad avviso del rimettente, le disposizioni denunciate violerebbero gli artt. 3, 36 e 38 Cost. e cioè, «all’evidenza», rispettivamente i principi «di ragionevolezza, di proporzionalità della retribuzione e di disponibilità di mezzi adeguati alle esigenze della vecchiaia»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni sugli artt. 3, primo comma, d.P.R. n. 1032 del 1973 e 9, primo comma, d.lgs.C.p.S. n. 207 del 1947, essa è assunta in forza dei dubbi «prospettati dall’attenta difesa della ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.»;

che, inoltre, la questione sull’art. 2, primo comma, d.P.R. n. 1032 del 1973 è sollevata d’ufficio «rammentando come sia già stata giudicata fondata l’analoga questione attinente all’art. 18 d.lgs. c.p.s. n. 207/1947 (Corte cost. Sent. 17 dicembre 1987, n. 518)»;

che, alla luce di quanto emerge dall’ordinanza di rimessione, il giudice a quo non si fa carico di allegare alcuna reale argomentazione a sostegno dei parametri evocati (di cui agli 3, 36 e 38 Cost.), rinviando, altresì, per quanto concerne la denuncia degli artt. 3, primo comma, del d.P.R. n. 1032/1973 e 9, primo comma, del d.lgs.C.p.S. n. 207/1947, ai dubbi «prospettati dall’attenta difesa della ricorrente con riferimento agli artt. 3 e 36 Cost.»;

che si tratta, dunque, di rinvio motivazionale non soltanto per relationem – e, come tale, suscettibile di determinare l’inammissibilità della questione (tra le più recenti, sentenza n. 143 del 2010) – ma, viepiù, privo dei contenuti relazionali ai quali ci si rivolge;

che, anche in riferimento alla denuncia dell’ulteriore disposizione, le ragioni della censura appaiono assenti, non potendo integrare una motivazione a tal fine sufficiente il mero assunto per cui è «già stata giudicata fondata l’analoga questione attinente all’art. 18 d.lgs. c.p.s. n. 207/1947 (Corte cost. Sent. 17 dicembre 1987, n. 518)»;

che, peraltro, occorre rilevare che, nell’occasione evocata dal rimettente, veniva in rilievo la prevista esclusione degli insegnati con “nomina annuale” dal riconoscimento del diritto a percepire l’indennità di fine rapporto, non ponendosi in alcun modo in discussione la diversa posizione (così considerata nello stesso contesto della motivazione della sentenza n. 518 del 1987) degli insegnanti con nomina infra-annuale (analogamente, si veda anche sentenza n. 40 del 1973);

che, pertanto, in ragione delle riscontrate carenze dell’atto di promovimento del presente giudizio di legittimità costituzionale, le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato), 3, primo comma, dello stesso d.P.R. n. 1032 del 1973, e 9, primo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 4 aprile 1947, n. 207 (Trattamento giuridico ed economico del personale civile non di ruolo in servizio nelle Amministrazioni dello Stato), sollevate, in riferimento agli articoli 3, 36 e 38 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 marzo 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 marzo 2011.