Sentenza n. 90 del 2011

 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 90

ANNO 2011

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-           Ugo                  DE SIERVO                                   Presidente

-           Paolo                MADDALENA                               Giudice

-           Alfio                FINOCCHIARO                                   "

-           Alfonso            QUARANTA                                         "

-           Franco              GALLO                                                  "

-           Luigi                MAZZELLA                                          "

-           Gaetano           SILVESTRI                                           "

-           Sabino              CASSESE                                              "

-           Giuseppe          TESAURO                                             "

-           Paolo Maria      NAPOLITANO                                     "

-           Giuseppe          FRIGO                                                   "

-           Alessandro       CRISCUOLO                                        "

-           Paolo                GROSSI                                                 "

-           Giorgio            LATTANZI                                            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale foreste della Regione Siciliana del 22 ottobre 2009, promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 30 dicembre 2009 – 5 gennaio 2010, depositato in cancelleria il 5 gennaio 2010 ed iscritto al n.1 del registro conflitti tra enti 2010.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro;

udito l’avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 30 dicembre 2009 – 5 gennaio 2010, depositato il 5 gennaio 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti della Regione Siciliana, «per la declaratoria della illegittimità costituzionale in parte qua del decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale foreste in data 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 51 del 6 novembre 2009», in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione «e derivatamente» agli artt. 4, comma 3, e 45, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163» (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

1.1. – Il ricorrente premette che, con il predetto decreto, è stata disposta l’«approvazione dell’albo dei collaudatori per l’affidamento degli incarichi di collaudo, il cui importo stimato sia inferiore ad euro 100.000,00, I.V.A. esclusa, degli interventi finanziati aventi natura di lavori pubblici, di cui all’art. 28, comma 5, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) nel testo coordinato con le leggi regionali, e dei professionisti per l’affidamento degli incarichi, il cui importo stimato sia inferiore a euro 100.000,00, I.V.A. esclusa, di cui all’art. 17, comma 11, della legge n. 109 del 1994, come modificato ed integrato dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7 (Norme in materia di opere pubbliche. Disciplina degli appalti pubblici, di fornitura, di servizi e nei settori esclusi) e successive modificazioni ed integrazioni». L’articolo 2 del medesimo decreto stabilisce, in particolare, che «l’inserimento nell’albo è condizione necessaria per l’affidamento degli incarichi che sarà effettuato mediante selezione comparativa tra i soggetti iscritti secondo le procedure di cui all’art. 11, comma 2, e all’art. 57, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006».

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione contenuta nel citato articolo 2 violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) e l), Cost. che stabilisce la competenza legislativa esclusiva dello Stato nelle materie dell’ordinamento civile e della tutela della concorrenza, e, derivatamente, gli artt. 4, comma 3, e 45, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006.

L’art. 4, comma 3, del citato decreto dispone, infatti, che «le regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione […] alla stipulazione e all’esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell’esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo [...]». L’art. 45, comma 4, del medesimo decreto, a sua volta, prevede che «l’iscrizione in elenchi ufficiali di fornitori o prestatori di servizi non può essere imposta agli operatori economici in vista della partecipazione ad un pubblico appalto». Il decreto dirigenziale impugnato, pertanto, introducendo, all’art. 2, una disciplina diversa, contrasterebbe con quanto stabilito dal legislatore statale, violando peraltro, in tal modo, anche l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., che assegna alla competenza legislativa esclusiva dello Stato le materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile.

Il ricorrente ricorda, infatti, che questa Corte ha più volte affermato che, anche nelle Regioni ad autonomia speciale dotate di competenza «esclusiva» in materia di lavori pubblici di interesse regionale, il legislatore regionale non può introdurre una disciplina in materia di appalti pubblici diversa da quella dettata dal legislatore statale neanche in tema di collaudo di opere pubbliche, che è di esclusiva competenza statale (sentenze n. 411 del 2008 e n. 401 del 2007). In materia di collaudo, peraltro, l’art. 120, comma 2-bis, del codice degli appalti obbliga le stazioni appaltanti a valutare l’idoneità di propri dipendenti o di dipendenti di altra amministrazione aggiudicatrice, consentendo il ricorso a professionalità esterne «secondo le procedure e con le modalità previste per l’affidamento dei servizi solo in caso di carenza di organico o d’inidoneità dei dipendenti». Non sarebbe, quindi, consentita la previsione di un albo o elenco, l’iscrizione nel quale sia condizione necessaria per l’affidamento degli incarichi di collaudo.

1.2. – Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana, chiedendo che questa Corte dichiari il ricorso inammissibile e comunque infondato.

La Regione eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità del conflitto che non contiene come petitum la definizione delle rispettive sfere di attribuzione degli enti rispetto al provvedimento impugnato, ma è proposto per la declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua del decreto dirigenziale impugnato, risolvendosi nell’impugnazione del provvedimento per illegittimità e, in particolare, per violazione dell’art. 45, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Nel merito, la Regione Siciliana sostiene che la previsione della necessaria iscrizione all’albo non atterrebbe alla disciplina della «stipulazione ed esecuzione dei contratti» – che, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006 la Regione non potrebbe disciplinare in maniera difforme dal Codice – ma ad un momento anteriore concernente la disciplina del procedimento finalizzato all’individuazione dei soggetti interessati all’affidamento dei collaudi, in conformità a quanto prescritto dall’art. 57, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006, che lascerebbe una piena libertà alla stazione appaltante in ordine all’organizzazione amministrativa della propria attività contrattuale. Neppure potrebbe ritenersi che la materia oggetto del decreto impugnato sia quella dell’ordinamento civile, posto che quest’ultima attiene a profili di esecuzione del rapporto contrattuale, laddove, nel caso in esame, il decreto impugnato rientrerebbe, come detto, nell’ambito della regolazione amministrativa precontrattuale.

2. – All’udienza pubblica dell’8 febbraio 2011 l’Avvocatura dello Stato ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto «la declaratoria della illegittimità costituzionale in parte qua» del decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale foreste in data 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 51 del 6 novembre 2009», in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione «e derivatamente» agli artt. 4, comma 3, e 45, comma 4, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163» (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE).

In particolare, il ricorrente assume che l’art. 2 del richiamato decreto, recante l’approvazione dell’albo dei collaudatori, sia illegittimo nella parte in cui stabilisce che «l’inserimento nell’albo è condizione necessaria per l’affidamento degli incarichi che sarà effettuato mediante selezione comparativa tra i soggetti iscritti secondo le procedure di cui all’art. 11, comma 2, e all’art. 57, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006» (art. 2).

Così disponendo, infatti, l’art. 2 violerebbe gli artt. 4, comma 3, e 45, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, in base ai quali l’iscrizione in elenchi ufficiali di fornitori o prestatori di servizi non può essere imposta agli operatori economici come condizione necessaria per la partecipazione ad un pubblico appalto, neanche da un atto normativo secondario della Regione, che non può prevedere una disciplina diversa da quella del codice in relazione al collaudo. Tale previsione regionale, in quanto contrastante con la disciplina dettata dal legislatore statale, violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) Cost., che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva nelle materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, alle quali deve ricondursi la disciplina del collaudo.

2. – In via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dalla Regione Siciliana in riferimento a più di un profilo.

Secondo la resistente il conflitto sarebbe inammissibile perché non contiene come petitum la definizione delle rispettive sfere di attribuzione degli enti rispetto al provvedimento impugnato, ma sarebbe proposto per la declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua del medesimo provvedimento, risolvendosi nell’impugnazione di quest’ultimo per illegittimità.

2.1. – L’ eccezione è fondata, con conseguente inammissibilità del ricorso.

2.1.1. – Dall’intero testo del ricorso introduttivo risulta che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sollevando il conflitto di attribuzione fra enti, così qualificato esclusivamente nella delibera del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009 di promovimento del ricorso e nella relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni ad essa allegata, chiede a questa Corte di «dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale foreste in data 22 ottobre 2009», per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) Cost. e «derivatamente» degli articoli 4, comma 3, e 45, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Il ricorrente assume, in sostanza, che la richiamata disposizione del decreto dirigenziale regionale sia costituzionalmente illegittima, in quanto la disciplina del collaudo, dettata dal legislatore statale con l’art. 45, comma 4, del d.lgs n. 163 del 2006 (c.d. Codice dei contratti), deve ricondursi alle materie della tutela della concorrenza e dell’ordinamento civile, entrambe di competenza esclusiva statale ex art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) Cost..

Il ricorso in esame appare, quindi, espressamente proposto non già allo scopo di ottenere la declaratoria della spettanza dell’attribuzione rispetto al provvedimento impugnato, cui eventualmente consegua l’annullamento del medesimo provvedimento, ove lesivo della predetta attribuzione, scopo a cui il conflitto fra enti è per sua natura finalizzato, quanto piuttosto a quello di ottenere esclusivamente la declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua del decreto dirigenziale impugnato.

Come già rilevato da questa Corte, non è consentito far valere in sede di conflitto di attribuzione fra enti censure di illegittimità costituzionale inerenti ad atti non aventi forza di legge, in quanto, «diversamente argomentando, potrebbe accadere che, tramite lo strumento del conflitto, la Corte venga chiamata impropriamente ad un sindacato generale di legittimità costituzionale – del tutto estraneo al sistema – su atti non aventi forza di legge» (sentenza n. 9 del 2004).

Nella specie, peraltro, la denunciata illegittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto dirigenziale regionale sarebbe una mera conseguenza della pretesa violazione di legge della medesima disposizione del decreto dirigenziale: l’impugnato art. 2, nell’imporre come condizione necessaria per l’affidamento di un incarico di collaudo l’inserimento nell’albo regionale, contrasterebbe, ad avviso del ricorrente, con l’art. 45, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006 che, viceversa, esclude che l’iscrizione in elenchi ufficiali di fornitori o prestatori di servizi possa essere imposta agli operatori economici in vista della partecipazione ad un pubblico appalto.

Secondo la stessa prospettazione svolta dalla ricorrente, pertanto, l’atto impugnato sarebbe costituzionalmente illegittimo proprio in quanto emanato in violazione della norma di legge statale, adottata nell’esercizio della competenza stabilita dall’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l) Cost.. La lesione costituzionale lamentata non è che il riflesso di tale violazione di legge, sicché non residua «materia per un conflitto di attribuzione», restando invece aperta «la strada della ordinaria tutela giurisdizionale al fine di far valere la illegittimità dell’atto impugnato» (sentenza n. 235 del 2008 e n. 380 del 2007).

3. – Infine, il ricorso, sebbene proposto nei confronti di una Regione ad autonomia speciale, quale è la Regione Siciliana, si fonda esclusivamente sull’art. 117 Cost., senza alcun riferimento allo statuto speciale, nonostante quest’ultimo sia pienamente in vigore anche dopo la riforma del Titolo V, parte seconda della Costituzione, ed attribuisca alla predetta Regione una competenza esclusiva in materia di «lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente nazionale» (art. 14, primo comma, lettera g). L’omissione di ogni argomentazione sulle ragioni dell’applicazione, nella specie, delle norme del Titolo V della parte seconda della Costituzione determina, anche sotto questo profilo, l’inammissibilità del ricorso (sentenza n. 258 del 2004).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti della Regione Siciliana, in relazione al decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale foreste in data 22 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 51 del 6 novembre 2009, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2011.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2011.