Sentenza n. 360 del 2010

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SENTENZA N. 360

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Ugo                        DE SIERVO                Presidente

- Paolo                      MADDALENA             Giudice

- Alfio                      FINOCCHIARO                 "

- Alfonso                  QUARANTA                      "

- Franco                    GALLO                               "

- Luigi                      MAZZELLA                       "

- Gaetano                 SILVESTRI                         "

- Sabino                    CASSESE                            "

- Maria Rita              SAULLE                             "

- Giuseppe                TESAURO                          "

- Paolo Maria            NAPOLITANO                   "

- Giuseppe                FRIGO                                 "

- Alessandro             CRISCUOLO                      "

- Paolo                      GROSSI                              "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana del 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003), promosso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana nel procedimento vertente tra la Siciltuna Farm s.r.l. e l’Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell’artigianato e della pesca ed altri con ordinanza dell’11 maggio 2009, iscritta al n. 280 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di costituzione della Siciltuna Farm s.r.l. e della Regione siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 16 novembre 2010 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Maria Costanza e Aldo Bozzi per la Siciltuna Farm s.r.l. e l’avvocato Beatrice Fiandaca per la Regione siciliana.

Ritenuto in fatto

1. – Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sezione giurisdizionale, con ordinanza depositata l’11 maggio 2009 e notificata il 15 maggio 2009, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana del 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003), «per contrasto o incompatibilità con lo Statuto regionale siciliano, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dall’art. 1 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché con le competenze e funzioni che detto Statuto e la Costituzione della Repubblica Italiana attribuiscono alla Regione siciliana in materia di mare territoriale, per quanto concerne la relativa porzione ubicata al di fuori del demanio marittimo».

Il Collegio rimettente impugna la citata disposizione regionale nella parte in cui stabilisce che «La Regione esercita le funzioni relative al rilascio di concessioni demaniali marittime nel mare territoriale per tutte le finalità, ad eccezione di quelle relative all’approvvigionamento di fonti di energia».

La presente questione è stata sollevata nel corso del giudizio di appello sul ricorso proposto dalla Siciltuna Farm s.r.l. contro l’Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell’artigianato e della pesca e altri per ottenere l’annullamento della sentenza n. 122 del 27 gennaio 2006 del Tribunale regionale amministrativo per la Sicilia – sezione staccata di Catania – con la quale sono stati respinti sia il ricorso principale che il ricorso per motivi aggiunti proposto dalla citata società.

2. – Il rimettente ricorda come la società ricorrente abbia impugnato, nel giudizio di primo grado, gli atti che hanno determinato il diniego di finanziamento per la realizzazione di gabbie per l’allevamento in mare di tonni, diniego motivato dalla mancanza della concessione demaniale marittima necessaria per l’utilizzazione in via esclusiva dei pertinenti bracci di mare, nonché, coi motivi aggiunti, il parere della Soprintendenza contrario al rilascio della stessa concessione demaniale marittima e gli atti con cui la Capitaneria di porto ha omesso di provvedere sulla relativa istanza di rilascio di detta concessione.

Inoltre, sempre il Consiglio rimettente, ricorda come, già nel giudizio di primo grado, la ricorrente società Siciltuna s.r.l. avesse prospettato la presente questione di legittimità costituzionale, ma che il Tar adito aveva ritenuto che la stessa difettasse di rilevanza in quanto il giudizio «non riguarda[va] la questione del rilascio della concessione demaniale, bensì la diversa questione della legittimità o meno dell’esclusione del progetto della ricorrente dal contributo richiesto».

2.1. – Il C.G.A. afferma di non condividere la valutazione del Tar relativamente all’asserita irrilevanza della questione di legittimità costituzionale della norma regionale censurata; infatti, a suo avviso, senza l’intervenuta norma regionale (jus superveniens rispetto al procedimento per cui è causa), l’organo preposto a rilasciare la concessione marittima sarebbe rimasto la Capitaneria di porto, la quale non sarebbe stata costretta a trasmettere gli atti relativi alla concessione richiesta per la decisione in merito all’Assessorato regionale del territorio e dell’ambiente.

Conseguentemente – prosegue il rimettente – poiché «andrebbe affermata la pregiudizialità, rispetto all’esame di ogni altro motivo di ricorso, delle censure, disattese in primo grado e puntualmente riproposte in questa sede di gravame relative all’esatta individuazione del soggetto che abbia la competenza a provvedere sull’istanza di concessione demaniale marittima», la questione di costituzionalità della disposizione regionale denunciata sarebbe rilevante, poiché la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata determinerebbe l’annullamento della «determinazione con cui la Capitaneria di porto ha trasmesso gli atti all’Assessorato regionale» con ulteriore, conseguente, riflesso sugli altri provvedimenti amministrativi impugnati, i quali risulterebbero viziati nel presupposto, cioè fondati «sull’erroneo assunto del difetto di rilascio di una concessione, la cui istanza finora non sarebbe stata ancora esitata dall’organo competente».

2.2. – In punto di non manifesta infondatezza, il C.G.A. della Regione siciliana ritiene, poi, la questione non manifestamente infondata in quanto lo statuto d’autonomia e la stessa Costituzione non sembrano attribuire competenze alla Regione siciliana in materia di mare territoriale. Quindi, con l’approvazione e la promulgazione della disposizione regionale censurata, la Regione siciliana si sarebbe autoattribuita, «praeter vel contra Constitutionem, un ambito di competenza funzionale relativo al mare territoriale ubicato al di là del demanio marittimo (costiero) che, nel riparto delle attribuzioni tra Organi costituzionali, avrebbe dovuto rimanere allo Stato [..]; ovvero, in linea logicamente subordinata, che non avrebbe potuto essere distolto da quest’ultimo alla Regione siciliana, per mero atto unilaterale regionale».

Pertanto, conclude il rimettente, se la norma denunciata fosse dichiarata dalla Corte costituzionale legittima si dimostrerebbe che correttamente essa ha determinato, nella vicenda per cui è causa, la restituzione degli atti dalla Capitaneria di porto al competente Assessorato regionale, così che «il pertinente motivo di ricorso andrebbe necessariamente disatteso anche in questa sede di appello». Al contrario, se la norma citata venisse dichiarata costituzionalmente illegittima, il rifiuto da parte della Capitaneria di porto di provvedere sull’istanza di concessione sarebbe, di conseguenza, anch’esso illegittimo e andrebbe annullato.

3. – Nel giudizio davanti alla Corte è intervenuta la Regione siciliana chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

Secondo l’interveniente, la questione sarebbe innanzitutto manifestamente inammissibile per non aver sperimentato il rimettente il dovuto tentativo di dare alla disposizione impugnata un interpretazione secundum Constitutionem, in conformità ad un principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale (ordinanze n. 464 del 2007; n. 115 e n. 89 del 2005).

Inoltre, sempre secondo la difesa regionale, la questione risulterebbe anche inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto la norma in oggetto non sarebbe rilevante ai fini del presente giudizio, poiché – a prescindere dal problema dell’autorità competente, statale o regionale, a provvedere al rilascio della concessione demaniale marittima – il provvedimento sarebbe stato in ogni caso negativo per il diniego di nulla osta da parte della Sovrintendenza dei Beni culturali di Siracusa.

Un ulteriore profilo di inammissibilità viene individuato dalla Regione siciliana nella carente motivazione, riguardo alla non manifesta infondatezza della questione, per la genericità delle motivazioni in riferimento ai parametri di cui allo statuto regionale siciliano, nonché alle competenze e alle funzioni che lo stesso e la Costituzione attribuiscono alla regione Sicilia in materia di mare territoriale. La costante giurisprudenza di questa Corte – precisa ancora la Regione – richiede altresì al giudice rimettente, nel sollevare questione di legittimità costituzionale, di assolvere l’onere di esporre le motivazioni che lo fanno dubitare della costituzionalità della disposizione censurata in maniera tale da consentire la verifica «della valutazione sulla rilevanza», mentre, nel caso di specie, nell’ordinanza il Collegio si limiterebbe a riportare, sostanzialmente, le argomentazioni formulate dal ricorrente in primo grado.

3.1. – Nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, poiché la disposizione denunciata non avrebbe violato quanto disposto dall’art. 14, 1ettera l), dello statuto Regione siciliana che circoscrive l’esercizio della competenza della Regione al mare territoriale prospiciente il territorio isolano (sentenza n. 991 del 1988).

4. – Si è costituita nel giudizio davanti alla Corte la Siciltuna Farm s.r.l. chiedendo la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge regionale n. 4 del 2003.

La società ricorrente nel giudizio a quo, ricostruiti i pregressi fatti che avevano portato all’instaurazione del giudizio in primo grado, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la presente questione con motivazioni sostanzialmente analoghe a quelle del Collegio rimettente.

4.1. – Quanto al merito, per la difesa della parte privata, la questione sarebbe fondata, in quanto né la Costituzione, né gli artt. 14, 15 e 17 dello statuto della Regione Siciliana attribuiscono potestà legislativa alla Sicilia in materia di concessioni marittime nel «mare territoriale», poiché l’esercizio delle attività economiche esercitabili nel mare territoriale coinvolgerebbe funzioni che non possono essere trasferite o delegate, in quanto relative ad interessi che non sono certo esclusivi di determinate comunità territoriali, ma che rilevano per l’intera collettività.

Inoltre, prosegue la difesa privata, il mare territoriale non rientra tra i beni demaniali ex art. 822 del codice civile e ex artt. 28 e seguenti del codice della navigazione. Del resto, «tale esclusione è consequenziale alla natura del “mare territoriale” quale bene insuscettibile di appartenenza (res nullius o come meglio precisato res communes omnium)», né alcun riferimento al mare territoriale è operato dall’art. 32 dello statuto.

Infine, conclude la difesa, anche le funzioni amministrative trasferite alla Regione siciliana dall’art. 20 dello statuto della Regione e dall’art. 3 del d.P.R. del 1° luglio del 1977, n. 684 (Norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia di demanio marittimo), non contengono alcun riferimento al mare territoriale, ma esclusivamente ai beni del demanio sui quali l’amministrazione regionale esercita le attribuzioni di cui al sopra citato articolo.

5. – In prossimità dell’udienza, la difesa della Regione siciliana ha depositato una memoria nella quale ribadisce le argomentazioni già ampiamente svolte nell’atto d’intervento in ordine all’inammissibilità o, comunque, all’infondatezza della presente questione.

In particolare, per quanto riguarda l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale della disposizione regionale denunciata, la Regione sottolinea, altresì, sia come le norme di attuazione statutaria (artt. 1 e 2 d.P.R. 12 novembre 1975, n. 913, recante «Norme di attuazione dello statuto per la regione siciliana in materia di pesca marittima») abbiano trasferito le funzioni amministrative dell’autorità marittima statale in materia di pesca all’amministrazione regionale, sia come la stessa Corte costituzionale abbia riconosciuto la competenza regionale in materia di concessioni di pesca in acque marittime alle Regioni a statuto speciale e ordinarie (sentenza n. 343 del 1995), affermando che «il mare può ben essere oggetto della legislazione regionale (sentenza n. 102 del 2008)».

6. – Anche la difesa della Siciltuna Farm. s.r.l., in prossimità dell’udienza,ha depositato memoria illustrativa, nella quale – ribadite la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione – replica a quanto dedotto dalla Regione Sicilia relativamente alla infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma regionale censurata.

Secondo la società ricorrente, infatti, esisterebbero notevoli differenze tra le attività che implicano la «cattura» del pesce (pesca, in senso tecnico) e l’acquacoltura – materia nella quale rientrerebbe la fattispecie oggetto del giudizio a quo – volta, quest’ultima, alla riproduzione e/o all’allevamento del pesce, la quale, per le sue peculiarità (occupazione di bracci di mare, lontani varie centinaia di metri dalla costa, dove vengono collocate le gabbie, ancorate al fondo marino e non collegate alle coste o a luoghi di approdo), non verrebbe ad incidere sul demanio marittimo, ma solo sul mare, bene pubblico dello Stato. Eventualmente, a detta sempre della difesa della società, si potrebbero piuttosto ipotizzare che la norma censurata – a causa del possibile accumulo di residui organici nel mare per la presenza delle gabbie – abbia attinenza alla tutela dell’ambiente, materia di competenza esclusiva statale e non regionale.

Conclusivamente, sulla base delle precedenti considerazioni, la Siciltuna Farm s.r.l. ritiene l’art. 7, comma 1, della legge regionale siciliana n. 4 del 2003 – il quale viene ad attribuire alla Regione una competenza generale e generica («per tutte le finalità», salvo quelle attinenti alle fonti di energia) – si pone in contrasto sia con gli artt. 14, 32 e 33 dello statuto della Regione Sicilia, sia con l’art. 117 Cost., in quanto attribuirebbe ad una Regione, sia pure a statuto speciale, competenze in materia marittima ed ambientale, riservate in via esclusiva allo Stato.

Considerato in diritto

1. – Nel corso del giudizio sul ricorso in appello proposto dalla Siciltuna Farm s.r.l. contro l’Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell’artigianato e della pesca e altri per ottenere l’annullamento della sentenza del 27 gennaio 2006, n. 122, del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania – con la quale sono stati respinti sia il ricorso principale sia il ricorso per motivi aggiunti proposti dalla citata società, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sede giurisdizionale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della 1egge della Regione siciliana 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003), nella parte in cui prevede che «La Regione esercita le funzioni relative al rilascio di concessioni demaniali marittime nel mare territoriale per tutte le finalità, ad eccezione di quelle relative all’approvvigionamento di fonti di energia».

1.1. – Ad avviso del rimettente, la disposizione regionale censurata si porrebbe in contrasto «con lo Statuto regionale siciliano, approvato con decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dall’art. 1 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, nonché con le competenze e funzioni che detto Statuto e la Costituzione della Repubblica Italiana attribuiscono alla Regione siciliana in materia di mare territoriale, per quanto concerne la relativa porzione ubicata al di fuori del demanio marittimo». Infatti, poiché né lo statuto della Regione siciliana, né la stessa Costituzione – prosegue il Collegio rimettente – attribuiscono competenze in tema di demanio marittimo alla Sicilia, la Regione si sarebbe autoattribuita, con la norma regionale impugnata, una competenza funzionale, «praeter vel contra costitutionem», che sarebbe dovuta rimanere di spettanza dello Stato.

2. – Ciò premesso, la questione di legittimità dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana n. 4 del 2003 è inammissibile per più motivi.

2.1. – Un primo motivo di inammissibilità attiene alla carente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, in quanto il rimettente si limita ad elencare, sia nella parte in fatto che in quella in diritto, gli atti impugnati dalla società ricorrente nel ricorso principale e nel ricorso per motivi aggiunti, riportandosi, sostanzialmente, – come rilevato anche dalla difesa della Regione siciliana – alle argomentazioni formulate dal ricorrente in primo grado, omettendo la descrizione del caso concreto sottoposto al suo esame.

Tale carenza, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, rende impossibile ogni valutazione circa la rilevanza della questione, perché impedisce di vagliare l’effettiva applicabilità della norma denunciata al caso dedotto, e si risolve in una carente motivazione sulla rilevanza della questione (ordinanza n. 49 del 2008).

Tale vaglio appare, inoltre, particolarmente necessario nel caso di specie, in quanto lo stesso rimettente, pur ritenendo la disposizione regionale denunciata «jus superveniens rispetto al procedimento per cui è causa», non motiva in ordine alla sua applicabilità alla fattispecie del giudizio a quo, pur essendo questo volto all’annullamento di una molteplicità di provvedimenti amministrativi emanati (salvo uno) in data precedente a quella dell’entrata in vigore della norma impugnata, né chiarisce il percorso argomentativo che intenda seguire per sottoporre a giudizio di annullamento, superando i termini di decadenza, provvedimenti amministrativi adottati e, presumibilmente, (dato che la questione ha formato oggetto di precedente controversia) resi noti alla appellante nel giudizio principale molto tempo prima della data di presentazione dei motivi aggiunti, dal rimettente indicata nel 3 ottobre 2003.

Pertanto, poiché il contenuto dell’ordinanza di rimessione non chiarisce sufficientemente l’oggetto del giudizio principale ed, anzi, evidenzia questioni per la cui definizione la disposizione sospettata di illegittimità costituzionale potrebbe risultare irrilevante, non consentendo a questa Corte di vagliare l’effettiva applicabilità della norma, da parte del giudice a quo, al caso dedotto, la questione – secondo giurisprudenza costituzionale costante – deve essere dichiarata inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 294 e n. 281 del 2010; ordinanza n. 302 del 2009).

2.2. – Un ulteriore profilo di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della norma censurata – dedotto anch’esso dalla difesa regionale – attiene alla carente motivazione sulla non manifesta infondatezza della questione.

Al riguardo, difatti, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana si limita ad affermare genericamente che la Regione si sarebbe autoattribuita «praeter vel contra costitutionem, un ambito di competenza funzionale relativo al mare territoriale posto al di là del demanio marittimo (costiero) che, nel riparto delle attribuzioni stabilito fra organi costituzionali avrebbe dovuto rimanere allo Stato».

Il rimettente, quindi, non indica quali siano le disposizioni della Costituzione e dello statuto della Regione siciliana che si ritengono violati dalla norma censurata, né gli stessi possono essere dedotti, neppure in modo implicito, dal contesto dell’ordinanza di rimessione.

Inoltre, il Collegio rimettente – nel sostenere l’attribuibilità allo Stato delle competenze in materia di mare territoriale in carenza di disposizioni di rango costituzionale che conferiscano tale competenza alla Regione siciliana – solleva questione di legittimità costituzionale di una disposizione adottata da una Regione a statuto speciale, lamentando anche violazioni del riparto di competenze tra Stato e Regioni stabilite dalla Carta costituzionale. Non viene, però, ad individuare un preciso parametro rinvenibile nella Costituzione (la quale, tra l’altro, nel novellato quarto comma dell’art. 117 ha adottato l’opposto criterio dell’attribuzione «alle Regioni [della] potestà legislativa in […] ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato» e nel nuovo art. 118 individua nei «Comuni» gli «enti autonomi» cui sono naturalmente attribuite le funzioni amministrative) che possa essere preso a riferimento per procedere alla valutazione della questione sottoposta a questa Corte. Neppure fornisce elementi riguardo alla possibile estensione anche alla Regione siciliana delle disposizioni contenute nella Costituzione in ordine alla suddivisione delle competenze legislative tra lo Stato e la Regione stessa.

La censura, pertanto, appare formulata in modo generico ed apodittico, con conseguente inammissibilità della stessa (sentenza n. 288 del 2010; ordinanza n. 345 del 2008).

3. – Conclusivamente, secondo costante giurisprudenza costituzionale, dalle descritte omissioni deriva l’inammissibilità della questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione siciliana 16 aprile 2003, n. 4 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2003), sollevata, con riferimento allo statuto speciale della Regione siciliana (regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) nonché alla Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 2010.

F.to:

Ugo DE SIERVO, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 dicembre 2010.