Sentenza n. 181 del 2010

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SENTENZA N. 181

ANNO 2010

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-   Francesco               AMIRANTE                                         Presidente

-   Ugo                        DE SIERVO                                           Giudice

-   Paolo                      MADDALENA                                           ”

-   Alfio                        FINOCCHIARO                                         ”

-   Alfonso                   QUARANTA                                              ”

-   Franco                    GALLO                                                       ”

-   Luigi                        MAZZELLA                                                ”

-   Gaetano                  SILVESTRI                                                 ”

-   Sabino                    CASSESE                                                   ”

-   Maria Rita               SAULLE                                                     ”

-   Giuseppe                 TESAURO                                                  ”

-   Paolo Maria            NAPOLITANO                                          ”

-   Giuseppe                 FRIGO                                                        ”

-   Alessandro              CRISCUOLO                                             ”

-   Paolo                      GROSSI                                                      ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 74, comma 3, della legge della Regione Lombardia 14 luglio 2009, n. 11 (Testo unico delle leggi regionali in materia di trasporti), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 21 settembre 2009, depositato in cancelleria il successivo 22 settembre ed iscritto al n. 61 del registro ricorsi 2009.

Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Nicolò Zanon e Andrea Manzi per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

1.— Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 74, comma 3, della legge della Regione Lombardia 14 luglio 2009, n. 11 (Testo unico delle leggi regionali in materia di trasporti), per violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.

1.1.— In via preliminare, il ricorrente illustra il contenuto dell’impugnata disposizione.

In base ad essa, la Regione Lombardia provvede, quanto all’organizzazione dei servizi ferroviari, all’affidamento progressivo degli stessi attraverso la procedura ristretta prevista dall’art. 3, comma 38, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), «utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui all’art. 83 dello stesso decreto legislativo».

La norma impugnata, tuttavia, contrasterebbe con l’art. 81, comma 2, del medesimo Codice degli appalti, il quale stabilisce – sottolinea il ricorrente – che «la stazione appaltante sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa». Detto articolo, a propria volta, avrebbe recepito quanto affermato dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 7 ottobre 2004 resa nella causa C-247/02, secondo cui «la fissazione da parte del legislatore, in termini generali ed astratti, di un unico criterio di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici priva le amministrazioni aggiudicatrici della possibilità di prendere in considerazione la natura e le caratteristiche peculiari di tali appalti, isolatamente considerati, scegliendo per ognuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e ad assicurare la selezione della migliore offerta».

Infine, la disposizione regionale impugnata contrasterebbe con l’art. 54, comma 1, del medesimo Codice, secondo cui – prosegue il ricorrente – «per l’individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l’affidamento di un contratto pubblico, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo, lasciando, quindi, nuovamente un ampio margine di autonomia alle amministrazioni aggiudicatrici, rispetto, in tal caso, alla scelta della procedura di aggiudicazione».

1.2.— Tanto premesso, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, nella disciplina degli appalti – come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale (è richiamata, in particolare, la sentenza n. 411 del 2008) – «si profila un’interferenza tra materie di competenza statale e materie di competenza regionale», destinata, però, a risolversi «normalmente con la prevalenza della disciplina statale su ogni altra fonte normativa» (è citata, a riguardo, anche la sentenza n. 401 del 2007).

In particolare, secondo il ricorrente, sarebbe stato chiarito che «la disciplina delle procedure di gara» e, segnatamente, «la regolamentazione della qualificazione e della selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei criteri di aggiudicazione» sono dirette «a garantire che le stesse si svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi comunitari della libera circolazione delle merci, della libera prestazione dei servizi, delle libertà di stabilimento, nonché dei principi costituzionali di trasparenza e della parità di trattamento» (sentenze n. 431 e n. 401 del 2007).

Vengono, pertanto, in rilievo quelle esigenze, connesse alla necessità di «consentire la piena apertura del mercato nel settore degli appalti», che risultano «riconducibili alla tutela della concorrenza, di esclusiva competenza statale». Parimenti, ad un ambito di esclusiva competenza dello Stato deve essere ricondotta anche «la fase negoziale dei contratti della pubblica amministrazione, che ricomprende l’intera disciplina di esecuzione del rapporto contrattuale», connotandosi «per la normale mancanza di poteri autoritativi in capo al soggetto pubblico, sostituiti dall’esercizio di autonomie negoziali», sicché essa «deve essere ascritta all’ambito materiale dell’ordinamento civile» (sentenze n. 411 del 2008 e n. 401 del 2007).

Sulla base, dunque, di tali premesse il ricorrente ha concluso che l’impugnato art. 74, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2009, «introducendo il criterio esclusivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa nell’affidamento dei servizi ferroviari, viola il principio, di matrice anche comunitaria, della libera scelta del criterio di aggiudicazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice e, conseguentemente, invade la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza».

2.— Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o, in subordine, non fondata.

2.1.— La Regione eccepisce, innanzitutto, l’inammissibilità del ricorso sotto un duplice profilo.

2.1.1.— Viene dedotta, in primo luogo, la «violazione dei termini di cui all’art. 127 Cost.».

Si rileva, infatti, che la proposta impugnazione «ha ad oggetto una norma fedelmente riproduttiva di una disposizione entrata in vigore nel gennaio del 2002», ovvero il comma 2-bis dell’art. 22 della legge regionale 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), comma ivi inserito dall’art. 3, comma 1, della legge regionale 2 febbraio 2001, n. 3 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative regionali in materia di assetto istituzionale, sviluppo economico, territorio e ambiente e infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’art. 9-ter della legge regionale n. 34 del 1978).

La presente questione si indirizzerebbe, dunque, nei confronti di una previsione legislativa contenuta in un testo unico di natura meramente compilativa, nel quale sono riprodotte disposizioni già da tempo vigenti per la Regione Lombardia, sicché una eventuale declaratoria di ammissibilità di ricorsi – come quello in esame – che investono testi unici esclusivamente compilativi «finirebbe per consentire una sostanziale elusione del disposto dell’art. 127 Cost., secondo cui le leggi regionali vanno impugnate entro 60 giorni dalla loro pubblicazione». Per queste ragioni la Regione Lombardia insiste, in via preliminare, per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

2.1.2.— Il medesimo esito, in secondo luogo, si imporrebbe – prosegue la difesa regionale – anche a causa della «erronea indicazione dei termini della questione di costituzionalità».

Il ricorrente, difatti, assume che la norma sarebbe invasiva della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza. In particolare, essa violerebbe il principio della libera scelta del criterio di aggiudicazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, sancito dall’art. 81, comma 2, del Codice degli appalti, nonché il principio secondo cui le stazioni appaltanti sono libere di scegliere se fare ricorso ad una procedura aperta o ad una ristretta, ex art. 54 dello stesso Codice.

Tale presupposto – secondo la Regione – sarebbe, però, erroneo, giacché, in base a quanto previsto dall’art. 3, comma 5, del medesimo Codice, «il servizio del trasporto (incluso quello ferroviario) disciplinato dalla legge regionale rientra in uno dei cosiddetti “settori speciali” dei contratti pubblici», per i quali, ai sensi dell’art. 206, comma 2, del Codice non si applicano né l’art. 54 né il comma 2 dell’art. 81, ovvero le due norme statali delle quali il ricorso lamenta la violazione.

L’errore effettuato dal ricorrente renderebbe inammissibile il ricorso, giacché – conclude sul punto la difesa regionale – costringerebbe, di fatto, la parte resistente, ovvero la Corte costituzionale, «a sostituirsi al ricorrente nell’individuare le eventuali norme statali» con le quali la legge regionale si pone, in ipotesi, in contrasto.

2.2.— Nel merito, la Regione Lombardia assume che la disposizione impugnata sarebbe immune dai vizi denunciati, presentandosi pienamente conforme alla normativa statale.

Essa nega, infatti, che la disciplina in esame possa considerarsi lesiva dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., giacché essa, nell’ottica di favorire la concorrenza, «si colloca nel solco di quanto già disposto dal legislatore statale in merito alla procedura di scelta del contraente per i settori speciali».

Ribadisce, infatti, che, ai sensi dell’art. 206 del d.lgs. n. 163 del 2006, è stabilito «che per i contratti pubblici nei settori speciali, quale è il trasporto ferroviario, non trovi applicazione l’art. 81, comma 2, dello stesso Codice, che prevede la possibilità per le stazioni appaltanti di scegliere tra il criterio del prezzo più basso e quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa». Opererebbe, viceversa, il comma 1 del medesimo art. 81, secondo cui «la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa».

Ne consegue, secondo la Regione Lombardia, che in base a tale sistema residua – per i settori speciali – «uno spazio di discrezionalità che ben può essere occupato dal legislatore regionale».

Infine, si sottolinea che l’impugnato art. 74, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2009 sarebbe conforme alla normativa comunitaria, ed in particolare alla citata sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 7 ottobre 2004, intervenuta all’esito della causa C-247/02.

La ratio della pronuncia in esame sarebbe, difatti, solo quella – secondo la resistente – «di consentire, con tutti gli strumenti a tal fine necessari, all’amministrazione aggiudicatrice di scegliere l’offerta migliore», impedendo l’automatica applicazione del criterio del prezzo più basso, ma non anche di quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

3.— Con memoria depositata il 24 marzo 2010, la Regione Lombardia ha insistito per la declaratoria di inammissibilità o, in alternativa, per il rigetto della questione.

4.— Con memoria del 6 aprile 2010, il Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto rigettarsi l’eccezione di inammissibilità della questione, per intempestività del ricorso, sollevata dalla difesa regionale.

Rileva, difatti, l’Avvocatura generale dello Stato che – anche a voler ritenere «meramente formali le differenze tra la disposizione qui impugnata e la previgente norma regionale, che si assume meramente riprodotta nel Testo Unico» – l’oggetto del ricorso statale «è il contrasto tra la disposizione regionale ed una norma statale contenuta nel Codice dei contratti pubblici del 2006, l’art. 81, comma 2». Quest’ultima, in particolare, «innovando rispetto al passato», ha «stabilito che non esistono preclusioni normative rispetto all’adozione di uno dei criteri di selezione delle offerte, la cui scelta è demandata alla discrezionale valutazione dell’Amministrazione».

Ne consegue, pertanto, che se la norma regionale del 2002 era conforme alla disciplina statale allora vigente – prosegue il Presidente del Consiglio dei ministri – «non è possibile ipotizzare», come assume la difesa regionale, «che la sua mancata impugnazione costituisca manifestazione di acquiescenza da parte del Governo». Il contrasto, per contro, con la disciplina del Codice degli appalti, «che si assume essere espressione della competenza legislativa esclusiva in materia di concorrenza», ha determinato «una situazione di illegittimità costituzionale sopravvenuta, derivante dall’omesso adeguamento della disciplina regionale a quella statale», quest’ultima, a sua volta, costituente applicazione dell’interpretazione delle norme comunitarie effettuata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

5.— Con nuova memoria depositata il 6 aprile 2010, la Regione Lombardia ha ribadito le proprie difese.

In particolare, sottolinea come l’infondatezza della censura statale risulti confermata «anche alla luce di quanto prevede l’art. 18, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 422 del 1997». Tale norma, infatti, stabilisce che le gare per la scelta dei gestori dei servizi pubblici regionali e locali di trasporto devono essere aggiudicate «sulla base delle migliori condizioni economiche e di prestazione del servizio, nonché dei piani di sviluppo e potenziamento delle reti e degli impianti, oltre che della fissazione di un coefficiente minimo di utilizzazione per la istituzione o il mantenimento delle singole linee esercite». Sarebbe, in tal modo, ribadito che, «al fine di poter verificare l’esistenza dei requisiti richiesti per l’aggiudicazione dei servizi di trasporto ferroviario e verificare quali siano le migliori condizioni di prestazione del servizio, si rende necessario il ricorso al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa».

Considerato in diritto

1.— Con il ricorso indicato in epigrafe, il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’articolo 74, comma 3, della legge della Regione Lombardia 14 luglio 2009, n. 11 (Testo unico delle leggi regionali in materia di trasporti), in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.

1.1.— Secondo il ricorrente, la norma impugnata, «introducendo il criterio esclusivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa nell’affidamento dei servizi ferroviari», sarebbe in contrasto con il «principio, di matrice anche comunitaria, della libera scelta del criterio di aggiudicazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice» e, conseguentemente, invaderebbe «la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza». Detta norma, infatti, violerebbe, per un verso, l’art. 81, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), il quale, nello stabilire che «la stazione appaltante sceglie l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa», si porrebbe come «puntuale applicazione» del criterio di delega contenuto nell’art. 25, comma 1, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), in base al quale il legislatore delegato era tenuto ad adeguare la normativa vigente in materia alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 7 ottobre 2004 resa nella causa C-247/02. Per altro verso, la disposizione censurata violerebbe l’art. 54, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui – ad avviso del ricorrente – «per l’individuazione degli operatori economici che possono presentare offerte per l’affidamento di un contratto pubblico, le stazioni appaltanti utilizzano le procedure aperte, ristrette, negoziate, ovvero il dialogo competitivo, lasciando, quindi, nuovamente un ampio margine di autonomia alle amministrazioni aggiudicatrici, rispetto, in tal caso, alla scelta della procedura di aggiudicazione».

2.— La resistente Regione Lombardia – oltre a contestare nel merito la fondatezza della presente questione – ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità dell’impugnativa statale sotto un duplice profilo.

Ha dedotto, innanzitutto, la violazione del termine stabilito dall’art. 127 Cost., giacché il ricorso investirebbe una norma contenuta in un testo unico compilativo, e dunque «fedelmente riproduttiva di una disposizione entrata in vigore nel gennaio del 2002», ed esattamente il comma 2-bis dell’art. 22 della legge regionale 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia), comma ivi inserito dall’art. 3, comma 1, della legge regionale 2 febbraio 2001, n. 3 (Modifiche ed integrazioni a disposizioni legislative regionali in materia di assetto istituzionale, sviluppo economico, territorio e ambiente e infrastrutture e servizi alla persona, finalizzate all’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’art. 9-ter della legge regionale n. 34 del 1978).

In secondo luogo, l’inammissibilità della questione viene argomentata sul presupposto che ricorra un’«erronea indicazione dei termini della questione di costituzionalità», giacché, in base a quanto previsto dall’art. 3, comma 5, del citato d.lgs. n. 163 del 2006, «il servizio del trasporto (incluso quello ferroviario) disciplinato dalla legge regionale rientra in uno dei cosiddetti “settori speciali” dei contratti pubblici», per i quali, ai sensi dell’art. 206, comma 2, del medesimo Codice, non si applicano né l’art. 54 né il comma 2 dell’art. 81, ovvero le due norme statali delle quali il ricorrente lamenta la violazione.

Nel merito, la difesa regionale esclude che l’impugnato art. 74, comma 3, della legge regionale n. 11 del 2009 possa ritenersi in contrasto con l’obiettivo, sancito dall’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., della tutela della concorrenza.

3.— In limine, è necessario vagliare l’ammissibilità dell’impugnazione.

3.1.— Ritiene, in particolare, questa Corte – cui spetta, nel valutare il complesso delle eccezioni e delle questioni costituenti il thema decidendum devoluto al suo esame, «stabilire, anche per economia di giudizio, l’ordine con cui affrontarle nella sentenza e dichiarare assorbite le altre» (da ultimo, sentenza n. 262 del 2009) – che l’eccezione di inammissibilità per «erronea indicazione dei termini della questione di costituzionalità» meriti accoglimento.

3.2.— In base a quanto previsto dall’art. 3, comma 5, del già citato d.lgs. n. 163 del 2006, rientra tra i «settori speciali» dei contratti pubblici, tra gli altri, anche quello dei trasporti (compresi quelli ferroviari). Ne consegue che, ai sensi dell’art. 206, comma 2, dello stesso decreto legislativo, non si applicano, alla fattispecie disciplinata dalla norma impugnata, né l’art. 54 né il comma 2 dell’art. 81, del medesimo Codice, vale a dire proprio le due norme statali delle quali il ricorrente lamenta, invece, la violazione.

Il riferimento esclusivamente a disposizioni statali non conferenti rispetto al caso in esame, compiuto dal Presidente del Consiglio dei ministri nel suo ricorso, non consentendo neppure di stabilire «se le norme impugnate vengano censurate per il solo fatto di invadere la competenza esclusiva dello Stato in tema di tutela della concorrenza o di ordinamento civile» (competenze, entrambe, la cui violazione è contestata con il ricorso), si risolve nella proposizione di un’impugnazione le cui censure risultano «formulate in modo generico ed indeterminato» (sentenza n. 45 del 2010).

Deve, dunque, dichiararsi l’inammissibilità della questione, giacché il ricorrente avrebbe dovuto indicare le esatte disposizioni del predetto Codice «eventualmente recanti prescrizioni difformi rispetto a quelle oggetto di impugnazione» (così, nuovamente, la sentenza n. 45 del 2010).

Resta assorbito l’esame di ogni altra questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 74, comma 3, della legge della Regione Lombardia 14 luglio 2009, n. 11 (Testo unico delle leggi regionali in materia di trasporti), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere e) ed l), della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alfonso QUARANTA , Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2010.