ORDINANZA N. 163
ANNO 2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta
dai signori:
- Ugo DE
SIERVO Presidente
- Paolo MADDALENA Giudice
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha
pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità
costituzionale degli artt. 165, primo comma, 645, secondo comma e 647 del
codice di procedura civile promosso dal Giudice istruttore del Tribunale
ordinario di Messina nel procedimento vertente tra la Società Cooperativa di
Navigazione a r.l. Garibaldi e l’Ital
Proget s.r.l. ed altra con ordinanza del 28 novembre
2008 iscritta al n. 244 del registro ordinanze 2009 pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2009.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2010 il
Giudice relatore Alfio Finocchiaro.
Ritenuto che nel corso del giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo proposto dalla Società Cooperativa di navigazione a.r.l. Garibaldi, il Tribunale ordinario di Messina in
funzione di giudice istruttore, con ordinanza del 28 novembre 2008 (reg. ord. n. 244 del 2009), ha sollevato questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo
comma, 647, e 165, primo comma, codice di procedura civile, per violazione
degli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione e dell’art. 6 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848
(Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del
Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmata a Parigi il 20 marzo
1952);
che l’opposta Ital
Proget s.r.l., costituendosi in giudizio il 31
ottobre 2007, aveva eccepito in limine litis la «improcedibilità e/o inammissibilità
dell’opposizione per la tardiva costituzione della opponente», sulla base
dell’orientamento giurisprudenziale consolidato, costituente diritto vivente,
secondo cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la riduzione
alla metà del termine di costituzione dell’opponente, ai sensi dell’art. 645,
secondo comma, cod. proc. civ., consegue automaticamente al fatto obiettivo
della concessione all’opposto di un termine di comparizione inferiore a quello
previsto dall’art. 163-bis cod. proc.
civ., e che la tardiva costituzione dell’opponente è equiparata alla mancata
costituzione, determinando l’improcedibilità dell’opposizione;
che, secondo il giudice a quo, il
richiamato diritto vivente non può essere seguito, anche alla luce delle
argomentazioni sviluppate dal Tribunale di Monza con ordinanza del 5 maggio
2007, che ha sollevato la stessa questione di legittimità costituzionale,
peraltro già definita da questa Corte con ordinanza n. 407
del 2008 di manifesta inammissibilità;
che l’art. 645 cod. proc. civ. prevede
la riduzione dei termini di comparizione, non anche di quelli di costituzione;
che l’opponente è convenuto in senso
sostanziale e non ha pertanto l’onere, presupposto dall’art. 165 cod. proc.
civ., di dare contezza dei documenti al creditore opposto, perché questi possa
preparare la difesa, giacché costui, attore in senso sostanziale, già conosce
la materia del contendere, per avere introdotto la lite;
che, ove poi l’opponente intenda
proporre domanda riconvenzionale, la citazione in opposizione sarà,
limitatamente a questa, eventualmente nulla per inosservanza del termine a
comparire inferiore al minimo legale, ma non certo improcedibile,
se l’iscrizione avvenga dopo i cinque giorni, nel senso che si attiveranno i
meccanismi di sanatoria disciplinati dall’art. 164 cod. proc. civ., ma la
riconvenzionale non sarà in alcun modo affetta da improcedibilità;
che l’oggetto del giudizio di
opposizione è determinato dal ricorso per ingiunzione, non dall’atto di
opposizione, e la facoltà di dimidiare i termini a
comparire con l’atto di opposizione appare al rimettente coerente con le
caratteristiche del procedimento monitorio, che vedono l’inversione delle parti
e il succedersi, alla fase strettamente monitoria,
dell’iniziativa impugnatoria dell’opponente, volta ad
instaurare un giudizio ordinario di cognizione;
che, mentre la ratio della facoltà di dimidiare il
termine a comparire di cui all’art. 645 cod. proc. civ. è l’innestarsi
dell’opposizione sul pregresso procedimento monitorio, la ratio della dimidiazione prevista
dall’art. 163-bis, secondo comma,
cod. proc. civ., consiste nella pronta spedizione della causa e richiede il
vaglio del Presidente del Tribunale sulla sussistenza del presupposto
applicativo della norma;
che l’art. 645, secondo comma, ultimo
periodo, cod. proc. civ., lascia all’attore la libera facoltà di ridurre il
termine a comparire, proprio in considerazione del fatto che: a) egli non è attore in senso
sostanziale, b)
l’oggetto del giudizio di opposizione è già stato predeterminato, con il ricorso
monitorio, dal creditore intimante, c) l’opposizione s’innesta su un procedimento giurisdizionale
composito la cui pendenza ad ogni effetto si produce e si determina, a livello prodromico, con il deposito del ricorso monitorio e, sul
piano della produzione degli effetti sostanziali e processuali dalla domanda
giudiziale, con la notificazione del decreto ingiuntivo;
che l’equiparazione della costituzione
tardiva alla costituzione mancata, laddove l’art. 647 cod. proc. civ. fa
riferimento soltanto a quest’ultima, non è affatto scontata, né può discendere tout court dalla natura impugnatoria dell’opposizione;
che gli artt. 348, 369 e 399 cod. proc.
civ. contemplano espressamente la sanzione d’improcedibilità dell’impugnazione
per tardiva costituzione dell’impugnante, mentre l’art. 647 cod. proc. civ.
disciplina il solo caso della mancata costituzione dell’opponente e non quello
della tardiva costituzione;
che una sanzione d’improcedibilità
deteriore rispetto ai consueti meccanismi applicabili alla tardiva iscrizione
della causa a ruolo del processo di prime cure, qual è pur sempre il giudizio
di opposizione a decreto ingiuntivo (art. 307 cod. proc. civ.), appare
incompatibile con i principi del «giusto processo regolato dalla legge», poiché
tale sanzione, a differenza delle suddette regole in materia d’impugnazioni,
non è espressamente sancita dalle norme processuali e, in difetto di ciò, non
può essere desunta in via interpretativa;
che, alla luce del combinato disposto
degli artt. 645, secondo comma, ultima frase, 165, 647, primo comma (seconda
ipotesi) cod. proc. civ., ben può dubitarsi della
conformità agli artt. 111, 24 e 3 Cost. della norma che, nel diritto vivente,
rende improcedibile l’opposizione a decreto
ingiuntivo iscritta a ruolo oltre cinque giorni dalla notificazione;
che la contrarietà al principio del
giusto processo «regolato dalla legge» (art. 111 Cost.) si coglie nella
creazione, per via giurisprudenziale, di una sanzione d’improcedibilità
dell’opposizione che l’art. 647, primo comma (seconda ipotesi), cod. proc.
civ., commina soltanto per il caso di mancata costituzione dell’opponente, ma
non per quello di costituzione tardiva, specialmente se si considera che
l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura pur sempre un processo di primo grado,
in cui l’ipotesi di tardiva iscrizione a ruolo di una causa non è sanzionata
dall’improcedibilità;
che la disciplina appare altresì in
contrasto anche con il diritto ad un equo vaglio giurisdizionale, cui ogni
persona ha diritto ai sensi dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, che verrebbe a mancare
ove si voglia che dal mancato rispetto del termine di soli cinque giorni
derivino effetti irreversibili – anche quando l’assegnazione di termine a
comparire dimidiato ex art. 645 cod. proc. civ. non sia stata frutto di consapevole
scelta – se poi la sentenza di definizione di giudizio di opposizione a decreto
ingiuntivo, ove ne manchi la notificazione, divenga irrevocabile solo con il
decorso del termine di un anno (oltre al periodo di sospensione feriale);
che nel giudizio è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, che ha concluso per l’inammissibilità e, comunque, per la
manifesta infondatezza della questione, posto che la questione di legittimità
costituzionale sollevata dal Tribunale di Monza, cui l’attuale rimettente si
richiama, è stata dichiarata inammissibile dalla Corte costituzionale, per
omessa motivazione sulla circostanza che la dimidiazione
del termine a comparire sia stata effettivamente inconsapevole;
che, nel merito, non risultano
prospettate – osserva la difesa erariale –argomentazioni nuove o diverse
rispetto a quelle già esaminate e disattese dalla giurisprudenza costituzionale
che ha dichiarato la questione manifestamente infondata.
Considerato che il Tribunale ordinario di Messina dubita della
legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 645, secondo
comma, 647 e 165, primo comma, del codice di procedura civile, nella parte in
cui prevede, secondo il diritto vivente, che l’opposizione a decreto ingiuntivo
è improcedibile se iscritta a ruolo dopo il termine dimidiato di cinque giorni, allorché l’opponente abbia
assegnato, anche involontariamente, all’opposto un termine inferiore a quello
previsto dall’art. 163-bis cod. proc.
civ., per violazione degli artt. 111, 24 e 3 della Costituzione, nonché
dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
che la questione proposta è manifestamente
inammissibile per una molteplicità di ragioni;
che, anzitutto, l’ordinanza è carente
nella motivazione in ordine al contrasto con taluni dei parametri
costituzionali rilevati;
che l’art. 3 Cost. è invocato nella motivazione
dell’ordinanza, senza che tale parametro sia richiamato nel dispositivo;
che l’eventuale disparità di
trattamento, con riguardo alla sanzione dell’improcedibilità per tardiva
costituzione, è solo intuibile nel riferimento, che compare nella motivazione
dell’ordinanza, alla mancata costituzione e alla tardiva iscrizione della causa
a ruolo nel processo di primo grado, senza però che la motivazione sia
adeguatamente sviluppata come discriminazione tra soggetti in posizioni
processuali diverse (il che si risolve in carente motivazione sulla non
manifesta infondatezza: ordinanze n. 191 del 2009,
n. 114 del 2007
e n. 39 del 2005);
che neppure la violazione dell’art. 24
Cost. è argomentata, dal momento che l’ordinanza richiama solo i principi del
giusto processo, sicché il dubbio finisce per confluire nell’art. 111 Cost.,
sia per la creazione, da parte del diritto vivente, di una regola
pregiudizievole per le parti, quella dell’improcedibilità dell’opposizione a
decreto ingiuntivo per tardiva costituzione, sia per l’assenza «di un adeguato
vaglio giurisdizionale cui ogni persona ha diritto ai sensi dell’art. 6 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo»;
che se dai principi del giusto
processo discende il diritto ad un «equo vaglio giurisprudenziale», ciò non
toglie che il processo debba esser governato, per esigenze di certezza e
ragionevole durata, da scansioni temporali, il cui mancato rispetto va
assoggettato alla sanzione della decadenza dal compimento di determinate
attività (sentenze n. 11 del 2008
e n. 462 del
2006);
che, sul punto, nulla dice il
rimettente, anche solo per verificare la ragionevolezza della sanzione di
improcedibilità dell’opposizione per tardiva costituzione dell’opponente,
rispetto all’esigenza di certezza e di contenimento dei tempi processuali,
sicché, anche in tal caso, si profila la manifesta inammissibilità per carente
motivazione sulla non manifesta infondatezza, perché l’invocazione della
disciplina dell’irrevocabilità della sentenza resa in esito al giudizio di
opposizione, solo per decorso del termine annuale, investe un ordine di
questioni, relativo alla stabilità delle decisioni rese dal giudice, che è
diverso dalle sanzioni processuali per tardivo compimento di attività, per non
dire che anche in tal caso vi è un termine di decadenza dall’impugnazione, che
può essere più ristretto ove la sentenza sia stata notificata;
che l’art. 6 della Convenzione europea
dei diritti dell’uomo non costituisce disposizione da potere invocare come
parametro al fine di affermare l’incostituzionalità delle norme denunciate, dal
momento che la stessa costituisce solo norma interposta al fine di accertare la
violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., non invocato dal giudice a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo
1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 645, secondo
comma, ultima frase, 647 e 165, primo comma, del codice di procedura civile,
sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione e all’art.
6 della Convenzione dei diritti dell’uomo, dal Tribunale ordinario di Messina,
con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 aprile
2010.
F.to:
Ugo DE SIERVO, Presidente
Alfio FINOCCHIARO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2010.