Sentenza n. 27 del 2010

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SENTENZA N. 27

ANNO 2010

 

Commento alla decisione di

 

Nicola Viceconte

Comunità montane e Corte costituzionale: nuovi nodi da sciogliere?

 

(per gentile concessione della Rivista dell’AIC – Associazione Italiana dei Costituzionalisti)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                    AMIRANTE                                    Presidente

- Ugo                             DE SIERVO                                      Giudice

- Paolo                           MADDALENA                                                   "

- Alfio                            FINOCCHIARO                                                 "

- Franco                         GALLO                                                    "

- Luigi                            MAZZELLA                                            "

- Gaetano                       SILVESTRI                                             "

- Sabino                         CASSESE                                                "

- Maria Rita                   SAULLE                                                  "

- Giuseppe                     TESAURO                                               "

- Paolo Maria                 NAPOLITANO                                       "

- Giuseppe                     FRIGO                                                     "

- Alessandro                  CRISCUOLO                                          "

- Paolo                           GROSSI                                                  "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, promosso dalla Regione Liguria con ricorso notificato il 20 ottobre 2008, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2008 ed iscritto al n. 72 del registro ricorsi 2008.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2009 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;

uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Liguria e l’avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 20 ottobre 2008 e depositato il successivo 22 ottobre, la Regione Liguria ha promosso questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, e, tra queste, in riferimento agli artt. 117, comma quarto, e 119 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, dell’art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008 nella parte in cui prevede che: «Sono ridotti dell’importo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 i trasferimenti erariali a favore delle comunità montane. Alla riduzione si procede intervenendo prioritariamente sulle comunità che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquanta metri sopra il livello del mare. All’attuazione del presente comma si provvede con decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».

2.– La ricorrente formula tre distinte censure tutte aventi ad oggetto il comma 6-bis dell’art. 76 del decreto-legge citato.

2.1.– La prima censura riguarda la riduzione dell’importo di 30 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, dei trasferimenti erariali a favore delle comunità montane, la quale, secondo la Regione Liguria, si pone in contrasto, sia pure indirettamente, con l’autonomia finanziaria delle Regioni. Le comunità montane, infatti, rientrano nella sfera di competenza legislativa regionale (va citata la sentenza della Corte costituzionale n. 465 del 2005) e costituiscono strumenti a disposizione della Regione e degli enti locali per la riorganizzazione delle proprie funzioni. Pertanto, il loro finanziamento, nonostante allo stato attuale della legislazione sia costituito da trasferimenti diretti alle singole comunità montane, deve essere considerato parte della complessiva finanza regionale, come del resto dimostrerebbe «il fatto che il “Fondo Montagna”, destinato ai finanziamenti in conto capitale, è regionalizzato da moltissimi anni».

Una riduzione dei trasferimenti settoriali in termini significativi come quella in esame – con il possibile azzeramento del contributo ordinario, e la riduzione anche di quello detto “consolidato” – sarebbe suscettibile di produrre il tracollo economico e la scomparsa di numerose comunità montane, le quali, oltretutto, sono state appena riorganizzate dalle leggi regionali in attuazione dell’art. 2, comma 17, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008).

La Regione evidenzia che la riduzione di 30 milioni di euro per l’anno in corso va a sommarsi alle riduzioni anche maggiori previste dalla finanziaria 2008, pari a 66,4 milioni di euro, tanto che il taglio complessivo è di quasi 97 milioni di euro pari ad un decimo del contributo ordinario.

Secondo la ricorrente, l’art. 119 della Costituzione presuppone un equilibrio tra funzioni ed entrate, ed obbliga lo Stato a dotare le Regioni dei mezzi per fare fronte ai propri compiti, sia mediante trasferimenti di tributi erariali, sia mediante entrate proprie. Pertanto, sarebbe costituzionalmente illegittima una riduzione dei trasferimenti statali al sistema regionale in termini tali da compromettere l’esercizio delle funzioni e senza prevedere strumenti con i quali le Regioni possano rimediare alle riduzioni stesse.

La seconda censura formulata dalla Regione Liguria ha ad oggetto il comma 6-bis dell’art. 76 del d.l. n. 112 del 2008, nella parte in cui prevede che le comunità destinatarie della riduzione devono essere individuate, prioritariamente, tra quelle che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquanta metri sopra il livello del mare. La disposizione sarebbe costituzionalmente illegittima, perché invasiva della sfera di competenza legislativa regionale relativa alla politica della montagna (art. 27 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

L’adozione di un criterio altimetrico sarebbe del tutto irragionevole, in quanto non dipendono dalla mera altimetria le condizioni di maggiore o minore isolamento, di maggiore o minore difficoltà di comunicazione ed ogni altra condizione che possa suggerire di sostenere determinate comunità invece di altre. L’irragionevolezza del criterio si riverberebbe sull’esercizio dei poteri spettanti alla Regione in materia di comunità montane ex artt. 117, quarto comma, Cost. e 27 del d.lgs. n. 267 del 2000, quali: 1) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; 2) la determinazione dei criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea; 3) la disciplina dei rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

La soglia di 750 metri sopra il livello del mare quale limite da superare per non incorrere nella riduzione della contribuzione risulterebbe ulteriormente irragionevole «in quanto diversa e lontana da quella dei 500 metri sopra il livello del mare prevista all’art. 2, comma 20, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) ed assunta, insieme agli altri criteri ivi stabiliti, a riferimento dalle regioni nella redazione delle loro leggi di riordino. Si sarebbe introdotto, in tal modo, un elemento di contraddizione proprio nella fase di attuazione delle leggi regionali di riordino, richieste ed imposte dalla stessa legge statale.

La disposizione violerebbe, dunque, «ad un tempo l’autonomia finanziaria regionale, nel senso sopra indicato, e l’autonomia legislativa».

Infine, la terza censura riguarda il comma 6-bis dell’art. 76 del d.l. n. 112 del 2008 nella parte in cui demanda la sua attuazione ad un decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza la partecipazione delle Regioni, in violazione del principio di leale collaborazione.

La difesa regionale ritiene che la politica di finanziamento delle comunità montane debba essere necessariamente coordinata con le politiche regionali, esistendo una connessione indissolubile tra i problemi del finanziamento e i problemi della stessa esistenza ed articolazione delle comunità montane (oltre che della complessiva funzionalità e possibilità di assumere funzioni).

3.– In data 10 novembre 2008 si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza del ricorso.

Secondo l’Avvocatura dello Stato, la riduzione dei trasferimenti disposta dalla norma censurata concerne somme che, attraverso un apposito fondo previsto dall’art. 34, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421), lo Stato destina al finanziamento delle comunità montane, nella misura annualmente determinata dalla legge finanziaria. Si tratterebbe, come riconosce la stessa Regione ricorrente, di somme a carico dello Stato, che non rientrano nell’ambito della finanza regionale, perché destinate direttamente alle comunità montane.

Inoltre, a parere della parte resistente, la norma sarebbe espressione della politica economica del Governo finalizzata al contenimento della spesa pubblica. Pertanto, rientrerebbe nella potestà legislativa dello Stato disporre una simile riduzione attinenente esclusivamente alla gestione della propria finanza.

I riflessi indiretti che tale determinazione avrebbe sulla attività delle Regioni costituirebbero un’eventualità che, oltre a non essere dimostrata, non potrebbe certamente comportare un limite costituzionale per lo Stato nella determinazione annuale delle risorse da trasferire, in ragione delle proprie disponibilità finanziarie. Occorre considerare, a tale riguardo, che la politica di bilancio dello Stato deve tener conto della molteplicità degli interessi pubblici rimessi alla propria competenza, e che i vincoli prospettati dalla Regione comporterebbero un inammissibile condizionamento della potestà dello Stato di determinare le linee e gli obiettivi della propria politica economica.

Secondo la difesa del Presidente del Consiglio, non sarebbero violati i principi contenuti negli artt. 117, quarto comma, e 119 Cost., ovvero il principio di leale collaborazione. Infatti, in base all’art. 119 Cost., lo Stato è tenuto a destinare risorse per il finanziamento delle Regioni e degli Enti locali nei limiti necessari ad assicurare «lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni».

La fattispecie in esame non rientrerebbe in queste previsioni né sotto il profilo soggettivo, né sotto quello oggettivo, non potendosi ravvisare un obbligo costituzionale dello Stato ad operare il finanziamento delle comunità montane. Neppure potrebbero ipotizzarsi vizi di manifesta irragionevolezza delle disposizioni in esame, che – prevedendo la riduzione prioritaria dei trasferimenti alle comunità poste al di sotto dell’altitudine media di 750 metri sul livello del mare – intendono garantire l’uso efficiente delle risorse disponibili, assicurando che esse siano utilizzate in conformità con la loro destinazione, e perciò a favore di territori effettivamente disagiati, per la loro localizzazione in zone montuose.

La Regione non può dolersi della necessità di operare interventi per assicurare il funzionamento delle comunità montane, in conseguenza della riduzione delle risorse derivanti dal fondo statale. In primo luogo non è dimostrato il pregiudizio concreto che la misura adottata potrebbe arrecare alla Regione ricorrente. Sotto altro profilo, occorre ribadire che le misure di riequilibrio della finanza pubblica, di cui le disposizioni censurate costituiscono espressione, rientrano nell’ambito di una complessiva politica di coordinamento della finanza pubblica che lo Stato è tenuto ad adottare e che le Regioni sono chiamate ad osservare, nel rispetto dell’interesse nazionale, nonché del patto di stabilità previsto dagli artt. 73 e seguenti dello stesso d.1. in esame, secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 169 del 2007.

Da ciò consegue che ogni eventuale intervento regionale, che si rendesse necessario per effetto della disposta riduzione di spesa, non dovrebbe essere considerato come una lesione dell’autonomia legislativa ed organizzativa della Regione, ma costituirebbe espressione dei predetti principi costituzionali. Dalle considerazioni sopra svolte, si desumerebbe anche la manifesta infondatezza dell’ultimo profilo di censura, che riguarda la remissione delle norme attuative ad un successivo decreto ministeriale. È evidente che tale decreto non comporta l’adozione di misure di dettaglio in materia di competenza regionale, ma investe esclusivamente l’esecuzione di una disposizione relativa alla gestione di un fondo statale.

3.1.– Con memoria depositata in data 1° ottobre 2009, la difesa del Presidente del Consiglio ha ribadito le proprie difese richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 237 del 2009 con la quale si è riconosciuta la perfetta legittimità di disposizioni, concernenti la riduzione della spesa per il funzionamento delle comunità montane e la determinazione di alcuni “indicatori” di efficienza, analoghe a quelle che formano oggetto del presente giudizio.

La Corte costituzionale, in tale occasione, ha affermato che le disposizioni in quella sede censurate rientravano nella materia prevalente del coordinamento della finanza pubblica, ponendosi obiettivi di contenimento complessivo della spesa corrente ed individuando in modo non esaustivo strumenti e modalità per il perseguimento di tali obiettivi. Questi principi – sempre secondo la difesa erariale – sono certamente riferibili anche alla norma impugnata dalla Regione Liguria nella presente causa, che si inserisce nel programma strategico di politica economica e che concerne la medesima materia del coordinamento della finanza pubblica.

4.– Con memoria illustrativa depositata in prossimità dell’udienza, la Regione Liguria ha ribadito le argomentazioni esposte nell’atto introduttivo del giudizio, insistendo nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

1.– La Regione Liguria ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113.

Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altre disposizioni contenute nel d.l. n. 112 del 2008, viene in esame in questa sede la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 117, comma quarto, e 119 della Costituzione e al principio di leale collaborazione, dell’art. 76, comma 6-bis, del d.l. n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 113 del 2008, nella parte in cui prevede che: «Sono ridotti dell’importo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 i trasferimenti erariali a favore delle comunità montane. Alla riduzione si procede intervenendo prioritariamente sulle comunità che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquanta metri sopra il livello del mare. All’attuazione del presente comma si provvede con decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze».

2.– La ricorrente formula tre distinte questioni, la prima delle quali riguardante la decurtazione dei trasferimenti erariali a favore delle comunità montane che si porrebbe in contrasto con l’art. 119 della Costituzione in quanto, sommata alla precedente riduzione di cui all’art. 2, comma 16, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), «riduce i trasferimenti statali al sistema regionale in termini tali da compromettere l’esercizio delle funzioni regionali e senza prevedere strumenti con i quali queste ultime possano rimediare alle riduzioni stesse».

La questione non è fondata.

È preliminarmente opportuno chiarire che, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, spetta alle Regioni – onere che, se non assolto, determina la infondatezza della questione sollevata – dimostrare, allorché rivendichino l’illegittimità di norme che prevedono la riduzione dei trasferimenti erariali, che tale riduzione determini l’insufficienza dei mezzi finanziari per l’adempimento dei propri compiti, anche perché non è consentita una analisi atomistica di manovre finanziarie complesse mediante le quali spesso si verifica che alla riduzione di alcune risorse finanziarie si accompagni l’aumento di altre (sentenze n. 298 del 2009; n. 381 del 2004; n. 437 del 2001 e n. 507 del 2000).

La ricorrente non motiva in alcun modo nè, tantomeno, fornisce elementi tali da dimostrare che le comunità montane, a causa della riduzione del fondo loro destinato dallo Stato, non potranno più funzionare.

A ciò si aggiunga che, come questa Corte ha da tempo chiarito, la disciplina delle comunità montane rientra nella competenza residuale delle Regioni (sentenze n. 237 del 2009 e nn. 456 e 244 del 2005). Sono dunque le Regioni che, in base all’art. 119 Cost., devono provvedere al loro finanziamento insieme ai Comuni di cui costituiscono la «proiezione». Ne consegue che la progressiva riduzione del finanziamento statale relativo alle suddette comunità montane non contrasta con la giurisprudenza di questa Corte in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali.

Al riguardo, va considerato che una sua costante giurisprudenza, formatasi prima della revisione costituzionale del Titolo V della parte seconda della Costituzione, con riferimento ad una Regione a statuto speciale, e recentemente ribadita con la sentenza n. 237 del 2009, ha affermato che «Dato il carattere strumentale e non essenziale delle comunità montane, non può ricavarsi dagli artt. 28 e 29 della legge n. 142 del 1990 (ora artt. 27 e 28 del d.lgs. n. 267 del 2000) un principio generale dell’ordinamento o una norma fondamentale di riforma economico-sociale in ordine alla loro istituzione e alla loro natura di enti necessari, che precluderebbe alla regione il potere rivolto alla loro soppressione; né il divieto di soppressione si potrebbe far derivare dalla indefettibilità delle funzioni necessarie all’attuazione dei programmi e al perseguimento degli obiettivi di sviluppo delle zone montane stabiliti da atti dell’Unione europea e da leggi dello Stato; funzioni, queste ultime, che ben possono essere allocate altrimenti, in base alle particolarità delle situazioni locali, apprezzate dal legislatore regionale nell’esercizio discrezionale del suo potere legislativo in tema di “ordinamento degli enti locali”» (sentenza n. 229 del 2001).

Conclusivamente, con riferimento a questa specifica doglianza, non può che ribadirsi quanto precisato nella più volte citata sentenza n. 237 del 2009, vale a dire che la disposizione in esame costituisce «effettivamente espressione di princípi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica. […]. Ciò in quanto il [suo] scopo è quello di contribuire, su un piano generale, al contenimento della spesa pubblica corrente nella finanza pubblica allargata e nell’ambito di misure congiunturali dirette a questo scopo nel quadro della manovra finanziaria».

3.– La seconda questione sollevata dalla Regione Liguria è relativa alla previsione di un criterio altimetrico come unico riferimento per stabilire le modalità e i destinatari della riduzione dei trasferimenti. Detto criterio, a parere della ricorrente, sarebbe del tutto irragionevole poiché non dipenderebbero dalla mera altimetria «le condizioni di maggiore o minore isolamento, di maggiore o minore difficoltà di comunicazione ed ogni altra condizione che possa suggerire di sostenere determinate comunità». Tale irragionevolezza si riverberebbe sull’esercizio dei poteri spettanti alla Regione in materia di comunità montane ex art. 117, quarto comma, Cost. e art. 27 decreto legislativo n. 267 del 2000.

La questione è fondata.

La censura svolta dalla Regione è strettamente connessa con quella relativa ai commi da 17 a 22 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per l’anno 2008) in tema di comunità montane. Nella precedente legge finanziaria il legislatore statale aveva disposto che le Regioni, con proprie leggi, procedessero ad un riordino della disciplina delle comunità montane ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, in modo da ridurre, a regime, la spesa corrente per il loro funzionamento (art. 2, comma 17, della legge finanziaria per l’anno 2008). Le Regioni, nelle leggi di riordino, dovevano tener conto di alcuni criteri, indicati nel comma 18 dell’art. 2 della medesima legge finanziaria 2008, che venivano definiti «principi fondamentali».

Tali norme sono state oggetto del giudizio di costituzionalità conclusosi con la sentenza n. 237 del 2009 e sono state ritenute immuni dai vizi denunciati in quanto riconducibili alla materia del coordinamento della finanza pubblica e rispondenti ai requisiti che la giurisprudenza costituzionale richiede alle norme statali che fissano i relativi principi.

In particolare la Corte, affrontando la questione relativa al citato comma 18 dell’art. 2 della legge finanziaria per l’anno 2008, ha affermato che «il legislatore statale, con il predetto comma, in funzione dell’obiettivo di riduzione della spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane, e senza incidere in modo particolare sull’autonomia delle Regioni nell’attuazione del previsto riordino, si limita a fornire al legislatore regionale alcuni “indicatori” che si presentano non vincolanti, né dettagliati, né autoapplicativi e che tendono soltanto a dare un orientamento di massima alle modalità con le quali deve essere attuato tale riordino».

Tra i suddetti “indicatori” vi era anche quello altimetrico che, dunque, è stato ritenuto non costituzionalmente illegittimo solo in quanto espresso in modo generico, non vincolante e tendente a dare un orientamento di massima al riordino.

La previsione, viceversa, di un criterio altimetrico rigido, quale quello individuato dall’art. 76, comma 6-bis, come strumento per attuare la riduzione dei trasferimenti erariali diretti alle comunità montane esorbita dai limiti della competenza statale e viola l’art. 117 Cost. Si impone, pertanto, la declaratoria di illegittimità costituzionale della citata disposizione nella parte in cui prevede che le comunità destinatarie della riduzione devono prioritariamente essere individuate tra quelle che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquanta metri sopra il livello del mare.

4.– La Regione Liguria, infine, solleva una terza questione avente ad oggetto l’attuazione delle prescrizioni contenute nel comma 6-bis dell’art. 76 tramite un decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza la compartecipazione delle Regioni, lamentando la violazione del principio di leale collaborazione.

La questione è fondata.

Come si è detto, alle comunità montane è stata attribuita la natura giuridica di ente autonomo, quale «proiezione dei comuni che ad essa fanno capo» o di «unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani» (sentenza n. 244 del 2005) e si è stabilito che spetta alle Regioni in via residuale, ai sensi del quarto comma dell’art. 117 Cost., la competenza legislativa in ordine alla loro disciplina, salva la possibilità di ricondurre ai principi di coordinamento della finanza pubblica quelle norme dettate per il contenimento della spesa pubblica.

Pertanto, pur riconoscendosi come adeguato il livello di governo scelto dal legislatore, è necessario il pieno coinvolgimento delle Regioni nella individuazione dei criteri da adottare per la realizzazione della riduzione del fondo da destinare alle comunità montane, esistendo, come sostiene la Regione, una connessione indissolubile tra i problemi del finanziamento e i problemi della stessa esistenza ed articolazione delle comunità montane.

La disposizione deve essere pertanto dichiarata illegittima nella parte in cui non prevede per l’emanazione del decreto non regolamentare di attuazione, finalizzato all’attuazione della riduzione dei trasferimenti erariali alle comunità montane, lo strumento dell’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, proposte dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, nella parte in cui prevede che «i destinatari della riduzione, prioritariamente, devono essere individuati tra le comunità che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquanta metri sopra il livello del mare»;

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008 nella parte in cui non prevede che all’attuazione del medesimo comma si provvede con decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze «d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali)»;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008 avente ad oggetto la riduzione dell’importo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, dei trasferimenti erariali a favore delle comunità montane promossa, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 119 della Costituzione, dalla Regione Liguria con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2010.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2010.