Sentenza n. 276 del 2009

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SENTENZA N. 276

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco               AMIRANTE                            Presidente

- Ugo                        DE SIERVO                              Giudice

- Paolo                      MADDALENA                              “

- Alfio                      FINOCCHIARO                            “

- Alfonso                  QUARANTA                                  “

- Franco                    GALLO                                           “

- Luigi                      MAZZELLA                                   “

- Gaetano                 SILVESTRI                                    “

- Maria Rita              SAULLE                                         “

- Giuseppe                TESAURO                                      “

- Paolo Maria            NAPOLITANO                              “

- Giuseppe                FRIGO                                           “

- Alessandro             CRISCUOLO                                 “

- Paolo                      GROSSI                                          “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 300, comma quarto, del codice di procedura civile promosso dal Tribunale di La Spezia nel procedimento vertente tra Siboldi Ermenegildo, Siboldi Sirio ed altri, con ordinanza del 20 novembre 2006, iscritta al n. 56 del registro ordinanze 2009 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto in fatto

1. — Il Tribunale di La Spezia, con ordinanza del 20 novembre 2006, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 300, quarto comma, del codice di procedura civile, «nella parte in cui, non richiamando l’art. 789 cod. proc. civ., non prevede la dichiarazione d’interruzione del processo nel caso di morte del contumace, certificata dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione relativa al decreto di fissazione dell’udienza di discussione del progetto di divisione».

2. — Il rimettente espone di essere chiamato a pronunciare in un giudizio civile in corso tra diversi soggetti, avente ad oggetto lo scioglimento di una comunione ereditaria, concernente alcuni beni immobili.

Premesso che in tale giudizio nessuno dei convenuti si è costituito, con conseguente dichiarazione della loro contumacia, il giudice a quo riferisce che, per provvedere in ordine alla domanda di divisione, è stato nominato un consulente tecnico d’ufficio che, nell’espletamento dell’incarico, ha posto in evidenza la non comoda divisibilità degli immobili compresi nell’asse ereditario, rilevando inoltre l’avvenuto decesso, nelle more, di uno dei condividenti.

Il Giudice ha predisposto un progetto di divisione – consistente nella vendita all’incanto dell’intero compendio immobiliare, con attribuzione a ciascun coerede del ricavato, secondo la quota di spettanza – e ha fissato per la discussione l’udienza del 9 novembre 2006, mandando alla cancelleria di comunicare il decreto a tutti i condividenti, compresi i contumaci.

Espletato l’adempimento, l’ufficiale giudiziario, nella relazione di notifica del detto decreto ad uno dei convenuti contumaci, ha dato atto dell’avvenuto decesso di quest’ultimo.

Ciò posto, il rimettente osserva che, ai sensi dell’art. 300, quarto comma, cod. proc. civ., la morte della parte contumace determina l’interruzione del processo dal momento in cui il fatto interruttivo è notificato, oppure è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relata di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’art. 292 cod. proc. civ.

Tale disposizione prevede, con elencazione tassativa secondo costante giurisprudenza, la notifica dell’ordinanza che ammette l’interrogatorio o il giuramento del contumace, nonché delle comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali (cui si è aggiunto il verbale nel quale si dà atto della produzione di scrittura privata, per effetto di sentenze della Corte costituzionale). Nella norma censurata, quindi, non è richiamato il decreto di cui all’art. 789 cod. proc. civ., che pure, secondo prevalente giurisprudenza della Corte di cassazione, deve essere comunicato alle parti contumaci.

Di qui il dubbio circa la legittimità costituzionale del citato art. 300, quarto comma, cod. proc. civ., nella parte in cui, non richiamando l’art. 789 cod. proc. civ., non prevede l’interruzione del processo nel caso di morte della parte contumace, certificata dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notifica del decreto, col quale è stata fissata l’udienza di discussione del progetto di divisione.

Infatti, poiché l’elencazione di cui all’art. 292 cod. proc. civ. è tassativa, e poiché tale carattere «si trasfonde nell’art. 300, comma 4, cod. proc. civ. in virtù del rinvio ivi operato, alla stregua di quanto stabilito dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile nel caso di specie non è possibile, in applicazione della seconda di dette disposizioni, dichiarare l’interruzione del processo».

Tuttavia, ad avviso del giudice a quo, sembrano sussistere le ragioni per assimilare il decreto in questione agli atti contemplati nell’art. 292 cod. proc. civ., «confluito nell’alveo dell’art. 300, comma 4, cod. proc. civ.».

Invero, la ratio sottesa alla necessità di notifica degli atti da comunicare al contumace andrebbe identificata nell’esigenza di rispettare il diritto al contraddittorio, quanto meno con riferimento alle domande nuove o riconvenzionali, nonché nell’esigenza di rispettare il diritto di difesa con riferimento agli altri atti per i quali la notifica al contumace è prevista. Tali esigenze sembrano sussistere anche con riguardo al decreto che fissa l’udienza di discussione del progetto di divisione, prodromica alla verifica dell’esistenza di contestazioni ed all’eventuale adozione dell’ordinanza che dichiara esecutivo il progetto, provvedimento che, anche qualora non se ne volesse ammettere il carattere decisorio (questione dibattuta in giurisprudenza), incide su diritti soggettivi in via definitiva e dunque pone la necessità di garantire il contraddittorio (art. 111 Cost.) e il diritto di difesa (art. 24 Cost.), non diversamente da quanto assicura l’art. 292 cod. proc. civ. con la comunicazione dei provvedimenti in esso annoverati.

Alla stregua di queste considerazioni, ad avviso del rimettente il mancato richiamo dell’art. 789 cod. proc. civ. nell’art. 300, quarto comma, dello stesso codice sembra porsi in contrasto con le menzionate norme costituzionali e realizza un’irragionevole disparità di trattamento (in violazione dell’art. 3 Cost.), rispetto alla disciplina prevista per il caso in cui la morte del contumace sia certificata nella relazione di notifica di uno degli atti indicati nell’art. 292 cod. proc. civ.

Il giudice a quo conclude osservando che la questione è rilevante, perché nella specie il decreto che fissa l’udienza di discussione del progetto di divisione è stato notificato anche alla parte contumace, il cui decesso è stato certificato nella relazione di notifica dell’ufficiale giudiziario sicché, qualora la questione medesima risultasse fondata, il processo dovrebbe essere dichiarato interrotto.

Considerato in diritto

1. — Il Tribunale di La Spezia, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita – in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione – della legittimità costituzionale dell’art. 300, quarto comma, del codice di procedura civile, «nella parte in cui, non richiamando l’art. 789 cod. proc. civ., non prevede la dichiarazione d’interruzione del processo nel caso di morte del contumace certificata dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione relativa al decreto di fissazione dell’udienza di discussione del progetto di divisione».

Chiamato a pronunziare in un giudizio per lo scioglimento di comunione ereditaria, nel quale tutti i convenuti sono stati dichiarati contumaci, il rimettente, dopo aver predisposto un progetto di divisione sulla base degli accertamenti espletati dal consulente di ufficio, ha fissato l’udienza per la discussione di tale progetto ed ha disposto che il relativo decreto fosse comunicato a tutti i condividenti, compresi i contumaci (art. 789, primo e secondo comma, cod. proc. civ.). L’ufficiale giudiziario, nella relata di notifica del decreto ad uno dei contumaci, ha dato atto dell’avvenuto decesso di quest’ultimo.

Il giudice a quo osserva che, ai sensi dell’art. 300, quarto comma, cod. proc. civ., la morte della parte contumace determina l’interruzione del processo nel caso in cui il fatto interruttivo sia notificato, oppure sia certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notifica di uno degli atti previsti dall’art. 292, primo comma, cod. proc. civ., con elencazione ritenuta tassativa dalla costante giurisprudenza. Nel citato art. 300, quarto comma, non è però richiamato il decreto di cui all’art. 789 cod. proc. civ., con conseguente impossibilità, avuto riguardo a quanto statuisce l’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile, di dichiarare l’interruzione del processo, qualora la morte della parte contumace risulti dalla relata di notificazione del detto decreto.

Ad avviso del rimettente, le esigenze, che stanno alla base della necessità di notificare al contumace gli atti di cui all’art. 292, primo comma, cod. proc. civ., cioè il rispetto del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa, sarebbero sussistenti anche per il decreto che fissa l’udienza di discussione del progetto di divisione. Pertanto, il mancato richiamo nell’art. 300, quarto comma, cod. proc. civ. dell’art. 789 dello stesso codice sembra porsi in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., realizzando anche una irragionevole disparità di trattamento (in violazione dell’art. 3 Cost.) rispetto alla disciplina prevista nel caso in cui la morte del contumace sia certificata nella relazione di notifica di uno degli atti indicati nel detto art. 292, primo comma, cod. proc. civ.

2. — Si deve premettere che, senza addentrarsi nei problemi relativi alla natura giuridica del giudizio per lo scioglimento delle comunioni (artt. 784-791 cod. proc. civ.), con particolare riguardo ai caratteri della sua struttura procedimentale nei diversi momenti che la distinguono, è sufficiente considerare che esso «costituisce un procedimento previsto e disciplinato dal codice di procedura civile, per l’applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio e d’imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria» (sentenza n. 376 del 2001, in tema di procedimento arbitrale). La causa inizia nelle forme del processo di cognizione e si svolge attraverso fasi differenti, a seconda che manchino o insorgano contestazioni (art. 785 cod. proc. civ.). In essa deve essere assicurato il contraddittorio, le operazioni di divisione sono dirette dal giudice, ancorché egli possa delegarle ad un notaio (art. 786 cod. proc. civ.), e la stessa possibilità della nascita di contestazioni attribuisce all’iter procedimentale il carattere giurisdizionale, che legittima il giudicante a sollevare la questione di legittimità costituzionale quando, come nella specie, pur non essendo il processo nella fase decisoria definitiva, lo scioglimento del dubbio sulla legittimità costituzionale della norma da applicare sia necessario per consentire il corso ulteriore della causa. Pertanto, la questione è ammissibile.

3. — Essa, però, non è fondata, nei sensi di seguito precisati.

4. — L’art. 300, quarto comma, cod. proc. civ. dispone che, se il fatto interruttivo riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal momento in cui il fatto stesso è notificato o è certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notifica di uno dei provvedimenti di cui all’art. 292 del detto codice.

Tale norma stabilisce che l’ordinanza ammissiva dell’interrogatorio o del giuramento, o le comparse contenenti domande nuove o riconvenzionali, sono notificate personalmente al contumace nei termini fissati dal giudice istruttore con ordinanza. La Corte costituzionale, con sentenza n. 250 del 1986, ha dichiarato l’illegittimità del citato articolo, nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata nei procedimenti di cognizione ordinaria dinanzi al pretore e al conciliatore, di cui al titolo II del libro II cod. proc. civ.

Successivamente la Corte, con sentenza n. 317 del 1989, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del primo comma del medesimo articolo, in relazione all’art. 215, primo comma, dello stesso codice, nella parte in cui non prevede la notificazione al contumace del verbale in cui si dà atto della produzione della scrittura privata non indicata in atti notificati in precedenza.

Per giurisprudenza costante l’elencazione prevista nell’art. 292, primo comma, cod. proc. civ., come integrata dalle menzionate pronunzie additive, ha carattere tassativo (ex plurimis: Cass., sentenze n. 4440 del 2007; n. 27165 del 2006; nn. 18154, 8162 e 5057 del 2003).

A sua volta, l’art. 789 cod. proc. civ. stabilisce, nel primo comma, che il giudice istruttore predispone un progetto di divisione, lo deposita in cancelleria e fissa con decreto l’udienza di discussione del progetto, ordinando la comparizione dei condividenti e dei creditori intervenuti. Aggiunge, nel secondo comma, che «il decreto è comunicato alle parti». Con riguardo a quest’ultima norma, la giurisprudenza prevalente della Corte di cassazione ritiene necessario che il decreto, col quale è fissata l’udienza di discussione del progetto, sia comunicato anche alla parte contumace (Cass., sentenze n. 1018 del 2004; nn. 9849 e 8441 del 1997, n. 1818 del 1996; n. 9305 del 1993 e n. 7751 del 1990, richiamate nell’ordinanza di rimessione).

Tale interpretazione è senz’altro plausibile e va condivisa, perché trova conferma sia nel dettato testuale della norma – che, imponendo la comunicazione del decreto alle parti, senza distinguere tra quelle costituite o non costituite, comprende anche le parti contumaci – sia sul piano sistematico. Infatti, la mancanza della predetta comunicazione preclude alle parti (costituite o meno) la possibilità di comparire all’udienza di discussione e, quindi, di sollevare contestazioni. L’adempimento, dunque, è essenziale per consentire al procedimento di divisione di avanzare. Col verificarsi di un evento interruttivo il contraddittorio non è più assicurato (profilo ancor più rilevante in un giudizio a litisconsorzio necessario) e la parte colpita dal detto evento, o i successori universali della stessa (nei cui confronti il processo prosegue, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ.), non sono più in grado di esercitare diritti e facoltà per la difesa nel processo dei loro interessi.

5. — In questo quadro il rimettente, traendo spunto dal carattere tassativo dell’elencazione contenuta nell’art. 292 cod. proc. civ., che «si trasfonde nell’art. 300, comma 4, cod. proc. civ. in virtù del rinvio ivi operato», ritiene che non si possa dichiarare l’interruzione del processo, nonostante l’attestazione dell’ufficiale giudiziario circa l’avvenuto decesso di uno dei condividenti, perché, a suo avviso, vi osta l’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.

Tuttavia, l’interpretazione delle norme in questione operata dal rimettente non è l’unica possibile, ed egli non ha preliminarmente vagliato la praticabilità di soluzioni ermeneutiche diverse, tali da determinare il superamento dei dubbi di costituzionalità.

Invero, il giudice a quo ha trascurato di considerare che la comunicazione anche al contumace del decreto previsto dall’art. 789, secondo comma, cod. proc. civ., nell’interpretazione datane dalla giurisprudenza prevalente che egli mostra di condividere, è imposta dalla legge, ossia appunto dalla norma ora citata. Quest’ultima non può essere letta isolatamente, ma nel contesto del sistema processuale di cui è partecipe. D’altro canto, come lo stesso rimettente rileva, la necessità di notificare personalmente al contumace gli atti previsti dall’art. 292 cod. proc. civ. trova fondamento nell’esigenza di rispettare il diritto al contraddittorio e il diritto di difesa (sentenze n. 317 del 1989 e n. 250 del 1986). Tale ratio è certamente identificabile anche con riferimento al decreto sopra indicato, per quanto esposto nel paragrafo precedente.

Orbene, la sostanziale identità di ratio tra le fattispecie e la comune base normativa consentono una lettura costituzionalmente orientata della disposizione censurata, nel senso che si debba dichiarare l’interruzione del processo in presenza delle circostanze descritte nell’ordinanza di rimessione. Non si tratta di far luogo ad una interpretazione analogica, ma di prendere atto che il dettato dell’art. 789, secondo comma, ha funzione integrativa dell’art. 292 cod. proc. civ., sicché nel novero dei casi (tassativi) da questo previsti, richiamati nell’art. 300, quarto comma, cod. proc. civ., rientra anche la comunicazione a tutte le parti del decreto che fissa l’udienza di discussione del progetto di divisione (per una fattispecie analoga: ordinanza n. 130 del 2002).

Per giurisprudenza costante della Corte costituzionale, nessuna disposizione di legge può essere dichiarata illegittima sol perché suscettibile di essere interpretata in contrasto con i precetti costituzionali, ma deve esserlo soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione (ex plurimis: sentenze n. 165 del 2008 e n. 379 del 2007; ordinanze nn. 341, 268 e 165 del 2008; n. 115 del 2005).

Alla luce delle considerazioni esposte, tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, sicché la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata non fondata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 300, quarto comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui, non richiamando l’art. 789 del codice di procedura civile, non prevede la dichiarazione d’interruzione del processo nel caso di morte del contumace, certificata dall’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione relativa al decreto che fissa l’udienza di discussione del progetto di divisione, sollevata, con riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di La Spezia con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 ottobre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 ottobre 2009.