Ordinanza n. 269 del 2009

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ORDINANZA N. 269

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                        AMIRANTE                           Presidente

- Ugo                                 DE SIERVO                            Giudice

- Paolo                                MADDALENA                                  "

- Alfio                                 FINOCCHIARO                                "

- Alfonso                            QUARANTA                                     "

- Franco                             GALLO                                              "

- Luigi                                 MAZZELLA                                       "

- Gaetano                           SILVESTRI                                        "

- Maria Rita                        SAULLE                                            "

- Giuseppe                          TESAURO                                         "

- Paolo Maria                     NAPOLITANO                                 "

- Giuseppe                          FRIGO                                               "

- Alessandro                       CRISCUOLO                                    "

- Paolo                               GROSSI                                             "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, promosso dal Tribunale di Caltagirone nel procedimento vertente tra C.F. e I.N.P.S. ed altro con ordinanza del 9 agosto 2008, iscritta al n. 412 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell'anno 2008.

    Visti gli atti di costituzione di C.F., dell'I.N.P.S., nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nell'udienza pubblica del 22 settembre 2009 il Giudice relatore Maria Rita Saulle;

    uditi gli avvocati Michele Todde per C.G., n.q. di amministratore di sostegno di C.F., Alessandro Riccio per l'I.N.P.S. e l'avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

    Ritenuto che, il Tribunale di Caltagirone, nel corso di un procedimento civile promosso da C.F. contro l'I.N.P.S. e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con ordinanza emessa il 9 agosto 2008, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326;

    che il rimettente ritiene che la disposizione censurata, nella parte in cui assegna il termine di sei mesi per proporre ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento relativo alla domanda di riconoscimento dell'indennità di accompagnamento, sia in contrasto con gli indicati parametri costituzionali;

    che, in particolare, tale disposizione sarebbe irragionevole in quanto sottopone al medesimo termine di decadenza la domanda relativa all'accertamento di detto beneficio e quelle afferenti al riconoscimento della cecità civile, del sordomutismo, dell'handicap e della disabilità rilevante ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro;

    che in tal modo, a parere del rimettente, il legislatore avrebbe equiparato situazioni diseguali, poiché chi agisce, come nel giudizio principale, per il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento è colpito, a differenza delle altre fattispecie sopra indicate, da minorazioni fisiche o psichiche che ne determinano la totale inabilità e, dunque, la assoluta dipendenza da altri;

    che, quanto agli artt. 24 e 111 della Costituzione, il Tribunale osserva che proprio le condizioni sanitarie descritte «rendono oltremodo difficoltoso» per il richiedente, in ragione del termine decadenziale «piuttosto breve» imposto, comprendere il significato della legge a lui applicabile e attivarsi tempestivamente al fine di ottenere la tutela giurisdizionale da essa prevista, procurandosi la prova della tempestività dell'azione;

    che il rimettente, in punto di rilevanza, ritiene di dover fare applicazione della disposizione censurata, in quanto il giudizio è stato introdotto oltre il termine da essa previsto e il ricorrente non ha dato prova della eventuale tempestività del ricorso proposto;

    che si è costituito in giudizio, per mezzo del proprio amministratore di sostegno, il ricorrente nel giudizio principale chiedendo l'accoglimento della questione sollevata;

    che si è costituita in giudizio l'INPS chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;

    che, in via preliminare, l'Istituto di previdenza rileva che il rimettente chiede alla Corte un intervento creativo, dovendo essa individuare un diverso termine di decadenza per proporre l'azione giudiziaria volta ad ottenere l'indennità di accompagnamento;

    che, comunque, il rimettente, nel ritenere «piuttosto breve» il termine di sei mesi, non ha reputato lo stesso irragionevole, ma si è limitato ad affermare, in modo apodittico, che esso ha reso più difficile l'esercizio del diritto di difesa del ricorrente senza indicare, peraltro, l'eventuale sussistenza in capo a quest'ultimo delle condizioni sanitarie alle quali è subordinato il riconoscimento dell'indennità richiesta, né se queste hanno determinato l'intempestività del ricorso;

    che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la Corte dichiari la questione inammissibile o infondata;

    che la difesa erariale osserva che la richiesta del rimettente di individuare un diverso termine di decadenza rispetto a quello indicato dalla disposizione censurata esula dai poteri di questa Corte;

    che, nel merito, l'Avvocatura ritiene che non vi è un'apprezzabile diversità di posizione tra chi richiede l'indennità di accompagnamento rispetto a chi aspira a un diverso beneficio collegato ad una delle patologie indicate dall'art. 42 del d.l. n. 269 del 2003, risultando il termine di decadenza indicato dalla disposizione censurata congruo e tale da consentire a tali persone il pieno esercizio dei propri diritti in sede giurisdizionale;

    che in prossimità dell'udienza l'Avvocatura e la ricorrente nel giudizio principale hanno depositato memorie: la prima, ribadendo le motivazioni poste a fondamento del proprio atto di costituzione; la seconda, rilevando che il termine indicato dalla disposizione censurata non tiene conto della effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare da parte del destinatario che, come nel caso di specie, risulta privo anche di autonoma capacità decisionale.

    Considerato che, il Tribunale di Caltagirone dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326;

    che il rimettente ritiene irragionevole la diposizione censurata nella parte in cui assoggetta al medesimo termine di decadenza le azioni promosse in via giudiziaria volte al riconoscimento dei benefici connessi allo stato di invalidità civile, di cecità, di sordomutismo, di handicap e di disabilità ai fini del collocamento obbligatorio al lavoro;

    che, in particolare, il Tribunale ritiene che per colui che agisce per il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento deve essere previsto un diverso termine di decadenza al fine di assicurargli, in ragione della gravità delle condizioni sanitarie di cui è portatore, una adeguata tutela giurisdizionale;

    che la questione è manifestamente inammissibile, in quanto il rimettente, da un lato, affida a questa Corte il compito di individuare un termine di decadenza diverso da quello previsto dalla disposizione censurata sollecitando l'esercizio di un potere discrezionale riservato al legislatore e, dall'altro, lascia indeterminato l'ambito del possibile intervento della Corte omettendo di formulare un petitum specifico.

 

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

       dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Caltagirone con l'ordinanza in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2009.