Ordinanza n. 244 del 2009

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ORDINANZA N. 244

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                        AMIRANTE                       Presidente

- Ugo                                  DE SIERVO                          Giudice

- Paolo                               MADDALENA                           "

- Alfio                                 FINOCCHIARO                         "

- Alfonso                            QUARANTA                              "

- Franco                             GALLO                                       "

- Luigi                                 MAZZELLA                                "

- Gaetano                           SILVESTRI                                 "

- Sabino                              CASSESE                                   "

- Maria Rita                        SAULLE                                      "

- Giuseppe                          TESAURO                                  "

- Paolo Maria                     NAPOLITANO                           "

- Giuseppe                          FRIGO                                        "

- Alessandro                       CRISCUOLO                              "

- Paolo                               GROSSI                                      "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), promosso dalla Commissione tributaria regionale della Campania nella controversia vertente tra Le Magot Club e l’ufficio di Caserta dell’Agenzia delle entrate, con ordinanza depositata il 5 dicembre 2007, iscritta al n. 46 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 luglio 2009 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 5 dicembre 2007 e notificata il 17 novembre 2008, la Commissione tributaria regionale della Campania – nel corso del giudizio di appello proposto da Le Magot Club nei confronti dell’ufficio di Caserta dell’Agenzia delle entrate ed avente ad oggetto la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Caserta aveva ritenuto valido l’avviso di accertamento emesso dall’ufficio tributario prima del decorso di 60 giorni dalla notificazione al contribuente del processo verbale di accesso – ha sollevato, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del comma 7 dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente);

che detto comma – secondo il quale, «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza» – viene censurato dal giudice rimettente «nella parte in cui non prevede la nullità dell’atto di accertamento, qualora il medesimo venga notificato prima dello spirare del termine di 60 giorni che deve trascorrere dalla data di consegna del processo verbale di contestazione e la notifica dell’atto di accertamento»;

che il giudice a quo riferisce, in punto di fatto, che: a) il contribuente aveva impugnato, di fronte alla Commissione tributaria provinciale di Caserta, un avviso di accertamento relativo ad IVA, IRPEG e IRAP per l’anno 2002, notificato il 27 dicembre 2004, deducendone l’illegittimità «per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, avendo l’Ufficio notificato l’avviso di accertamento prima dello scadere dei 60 giorni dalla notifica del “processo verbale di accesso”»; b) il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso, sul rilievo che «il termine di 60 giorni dalla notifica del processo verbale prima dell’emissione dell’avviso di accertamento riguarda il “processo verbale di constatazione” e non il “processo verbale di accesso e richiesta di documenti”»; c) il contribuente aveva, quindi, proposto appello, «deducendo che erroneamente i primi giudici avrebbero ritenuto valido l’atto di avviso non ravvisando violazione del termine di cui all’art. 12, legge n. 212/2000»;

che il medesimo giudice premette, in punto di diritto, che: a) la disposizione denunciata disciplina «una fase procedimentale – diretta a garantire e incentivare il principio di cooperazione tra amministrazione finanziaria e contribuente – che esalta la funzione propria del contraddittorio», perché le regole da essa introdotte «mirano a salvaguardare i diritti e le garanzie del contribuente attraverso il rispetto delle formalità procedimentali previste, dando rilievo e tutela al contraddittorio quale fase che deve contraddistinguere il rapporto tributario»; b) il principio del contraddittorio è desumibile dagli artt. 24, secondo comma, e 111 Cost., e «costituisce l’insieme di regole che presiedono la partecipazione delle parti all’interno di ogni procedimento giurisdizionale, traducendosi in una possibilità di tutti i soggetti che partecipano al procedimento di riuscire a determinare una pronuncia a loro favorevole»; c) né la disposizione censurata né altre disposizioni della legge n. 212 del 2000 prevedono «alcuna sanzione […] nel caso in cui non venga rispettato il termine di 60 giorni che deve intercorrere fra la data di consegna del processo verbale di contestazione e la notifica dell’atto di accertamento»;

che, su tali premesse, la Commissione tributaria ritiene non manifestamente infondata la sollevata questione, perché, in conseguenza di tale mancata previsione di nullità, l’emanazione dell’avviso di accertamento prima dello spirare del suddetto termine di 60 giorni violerebbe sia il diritto di difesa del contribuente sia il principio del contraddittorio, garantititi, rispettivamente, dagli artt. 24 e 111 Cost.;

che, in punto di rilevanza, la stessa Commissione osserva che all’accoglimento della questione «conseguirebbe la nullità dell’accertamento»;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata «inammissibile ed infondata»;

che la difesa erariale afferma, in primo luogo, che la disposizione censurata reca una disciplina del procedimento amministrativo, mentre gli artt. 24 e 111, evocati quali parametri costituzionali, si riferiscono al processo giurisdizionale e non al procedimento amministrativo;

che, a sostegno di tale affermazione, richiama l’ordinanza della Corte di cassazione n. 19875 del 2008, secondo la quale la notifica dell’avviso di accertamento prima dello scadere del termine di 60 giorni previsto dalla disposizione censurata non ne determina la nullità, perché: a) tale atto ha natura vincolata rispetto al processo verbale di constatazione sul quale si fonda; b) manca una specifica previsione di nullità; c) resta garantito al contribuente il diritto di difesa in via giudiziaria e in via amministrativa attraverso l’autotutela;

che, in secondo luogo, l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che la mancata previsione della nullità non esclude che l’amministrazione sia vincolata al rispetto del termine di sessanta giorni previsto dalla disposizione denunciata, con conseguenze «sotto il profilo disciplinare per il funzionario incaricato», ovvero in sede di condanna alle spese legali nel caso di accoglimento del ricorso «allorché appaia evidente che il mancato rispetto del termine non ha consentito al contribuente di portare a conoscenza dell’ufficio circostanze tali da impedire la stessa emanazione dell’avviso»;

che, in terzo luogo – sempre per la difesa erariale – la nullità per il mancato rispetto del termine costituirebbe una sanzione sproporzionata rispetto alla tutela dell’interesse al buon andamento della pubblica amministrazione, perché tale interesse deve essere bilanciato con quello alla riscossione dei tributi, che trova fondamento nell’art. 53 Cost.

Considerato che la Commissione tributaria regionale della Campania dubita, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, della legittimità dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), secondo il quale: «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza»;

che il giudice rimettente censura la disposizione nella parte in cui «non prevede la nullità dell’atto di accertamento», qualora il medesimo venga «notificato prima dello spirare del termine di 60 giorni che deve trascorrere dalla data di consegna del processo verbale di contestazione e la notifica dell’atto di accertamento»;

che la questione di legittimità costituzionale è manifestamente inammissibile, perché il giudice a quo, invece di sollevarla, avrebbe dovuto preliminarmente esperire un tentativo di interpretare diversamente la disposizione censurata ed il complessivo quadro normativo in cui essa si inserisce, cosí da consentire di superare il prospettato dubbio di costituzionalità;

che, in particolare, la Commissione tributaria avrebbe dovuto saggiare la possibilità di ritenere invalido l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del suddetto termine di sessanta giorni, nel caso in cui tale avviso sia privo di una adeguata motivazione sulla sua «particolare […] urgenza»;

che, a sostegno di tale percorso ermeneutico, il giudice rimettente avrebbe potuto prendere in considerazione il combinato disposto della censurata disposizione con l’art. 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000 e con gli artt. 3 e 21-septies della legge 27 luglio 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi);

che, alla luce di tali disposizioni, la Commissione tributaria avrebbe potuto prendere atto del fatto che lo specifico obbligo di motivare, anche sotto il profilo dell’urgenza, l’avviso di accertamento emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni decorrente dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, da parte degli organi di controllo, è previsto dalla stessa disposizione censurata ed è espressione del generale obbligo di motivazione degli atti amministrativi e, tra essi, di quelli dell’amministrazione finanziaria (artt. 3 della legge n. 241 del 1990 e 7, comma 1, della legge n. 212 del 2000);

che, sulla base di tale premessa, la rimettente avrebbe potuto altresí valutare se, nel caso in esame, l’inosservanza dell’obbligo di motivazione, anche in relazione alla «particolare […] urgenza» dell’avviso di accertamento, sia già espressamente sanzionata in termini di invalidità dell’atto, in via generale, dall’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990 - che prevede tale sanzione per il provvedimento amministrativo privo di un elemento essenziale, quale è la motivazione - e, con speciale riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, dagli artt. 42, secondo e terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e 56, quinto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), i quali stabiliscono che l’avviso di accertamento deve essere motivato, a pena di nullità, in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che lo hanno determinato;

che il giudice a quo si è limitato, invece, ad asserire che la disposizione censurata non è assistita da alcuna sanzione di invalidità, facendo derivare da tale mera asserzione la prospettata illegittimità costituzionale;

che, anche a prescindere dalle considerazioni appena svolte in punto di manifesta inammissibilità della questione, va, in ogni caso, rilevata l’inconferenza degli artt. 24 e 111 Cost., quali evocati parametri di costituzionalità;

che, infatti, la norma censurata, essendo diretta a regolare il procedimento di accertamento tributario, non ha natura processuale ed è, quindi, estranea all’àmbito di applicazione dei suddetti parametri costituzionali (ex plurimis, sentenza n. 20 del 2009; ordinanze n. 211 e n. 13 del 2008, n. 180 del 2007; nonché, con particolare riferimento all’art. 24 Cost., ordinanze n. 940 e n. 21 del 1988, n. 324 del 1987).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Campania con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2009.