Ordinanza n. 202 del 2009

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ORDINANZA N. 202

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco          AMIRANTE                      Presidente

- Ugo                  DE SIERVO                      Giudice

- Paolo                MADDALENA                         “

- Alfio                 FINOCCHIARO                       “

- Alfonso             QUARANTA                            “

- Franco              GALLO                                   “

- Luigi                 MAZZELLA                             “

- Gaetano            SILVESTRI                              “

- Sabino              CASSESE                                “

- Maria Rita         SAULLE                                  “

- Giuseppe           TESAURO                               “

- Paolo Maria       NAPOLITANO                       “

- Giuseppe           FRIGO                                    “

- Alessandro        CRISCUOLO                           “

- Paolo                GROSSI                                  “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale promossi dal Giudice di pace di Bellano, con due ordinanze del 19 febbraio 2008, iscritte ai nn. 316 e 429 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2008 e n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2009.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 maggio 2009 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo.

Ritenuto che il Giudice di pace di Bellano, con ordinanza del 19 febbraio 2008 (r.o. n. 429 del 2008), ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24 e 11 (recte: 111) della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede espressamente l’obbligo del giudice di astenersi in tutti i casi in cui abbia concorso a formare il giudizio sugli stessi fatti o abbia avuto, comunque, modo di conoscere tali fatti ai fini della decisione, anche se relativi ad elementi circostanziali e non essenziali del fatto-reato contestato»;

che, secondo l’esposizione del rimettente, nel procedimento penale a carico di L. A., «sui fatti del 24.9.2004 il Giudice ha già avuto modo di pronunciarsi in un procedimento introdotto con giudizio immediato dall’imputato L. A. nei confronti della parte civile, R. A.»;

che in prima udienza nessuna questione è stata sollevata dall’imputato L. A.;

che, nell’udienza del 19 febbraio 2008, «la difesa dell’imputato ha sollevato la questione dell’eventuale necessità di astenersi del Giudice di pace, visto l’evolversi in senso negativo dei rapporti tra le parti, anche a seguito delle evidenze probatorie già agli atti, e che, comunque, la stessa parte civile sottolinea che il Giudice può astenersi ai sensi dell’art. 36 co.1 lett. h)»;

che, al contrario, «il Giudice adito e naturale nel presente giudizio non ritiene che vi siano i presupposti per l’applicazione dell’art. 36 co. 1 lett. h) così come non vi erano all’inizio del giudizio»;

che, tuttavia, «essendo questo un procedimento penale nel quale il diritto di difesa e il punto di vista dell’imputato abbiano diritto di priorità rispetto ad eventuali, seppur non secondarie ragioni di opportunità», la detta questione sarebbe «rilevante e non manifestamente infondata»;

che, con altra ordinanza in pari data (r. o. n. 316 del 2008), lo stesso Giudice di pace ha sollevato una questione di legittimità costituzionale sostanzialmente identica, considerando che «sui fatti del 24.9.2004 il Giudice ha già avuto modo di pronunciarsi in un procedimento parallelo introdotto con giudizio immediato dall’imputato L. A. nei confronti dell’imputato R. A. e che solo per puro errore vi è stata una scissione del giudizio allora instaurato tra i fatti del 20 settembre e quelli del 24 settembre del 2004, tanto che tali fatti appaiono comunque connessi nel presente giudizio»;

che, per quanto «la difesa dell’imputato R. all’udienza del 6.2.2007 abbia posto all’evidenza del Giudice la sostanziale identità dei fatti per cui è processo con quelli già oggetto del giudizio instaurato come sopra, all’epoca è stata effettuata una richiesta di pronuncia ai sensi dell’art. 129 facendo intendere al Giudice che vi era la volontà che lo stesso Giudice si pronunciasse su quei fatti»;

che, al contrario, «all’odierna udienza vi è una sostanziale univocità di richieste da parte dei due difensori dell’imputato L. A. e della parte civile R. A., che il Giudice risolva la questione di una sua eventuale incompatibilità nel prendere la decisione finale relativa ai fatti del presente giudizio»;

che «non è apparsa opportuna ai sensi dell’art. 36 co.1 lett. h) c. p. p. né una pronuncia di astensione all’inizio del presente giudizio né, tanto meno, da parte delle difese una ricusazione del Giudice ma che, tuttavia, le ragioni che avrebbero giustificato tali provvedimenti sembrano essersi esplicitate all’odierna udienza, evidentemente a seguito dell’evolversi della situazione tra le parti»;

che, pertanto, la prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 cod. proc. pen. sarebbe «rilevante e non manifestamente infondata»;

che, nel giudizio promosso con l’ordinanza n. 316 del 2008, ha spiegato intervento, con atto depositato il 4 novembre successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile, in quanto l’ordinanza di rimessione non consente di valutarne la rilevanza, o comunque manifestamente infondata.

Considerato che il Giudice di pace di Bellano, con le due ordinanze indicate in epigrafe, dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dell’articolo 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede espressamente l’obbligo del giudice di astenersi in tutti i casi in cui abbia concorso a formare il giudizio sugli stessi fatti o abbia avuto comunque modo di conoscere tali fatti ai fini della decisione, anche se relativi ad elementi circostanziali e non essenziali del fatto-reato contestato;

che i due giudizi, sostanzialmente d’identico tenore, devono essere riuniti e decisi con unica pronuncia;

che la questione è manifestamente inammissibile, in primo luogo a causa delle gravi carenze che segnano la descrizione delle fattispecie sottoposte a giudizio (ex plurimis, ordinanze n. 66 del 2009; n. 444 del 2008; n. 55 e n. 49 del 2008);

che, in particolare, il rimettente nulla riferisce in ordine ai fatti del 20 settembre ed a quelli del 24 settembre del 2004, limitandosi ad osservare che essi «appaiono comunque connessi nel presente giudizio», non riporta il capo (o i capi) d’imputazione, non indica il titolo del reato o dei reati, afferma di essersi pronunciato «in un procedimento parallelo introdotto con giudizio immediato dall’imputato L. A. nei confronti dell’imputato R. A.», ma non fornisce alcuna indicazione sul tipo di provvedimento adottato;

che, per il principio di autosufficienza dell’ordinanza di rimessione, non è possibile colmare tali lacune mediante l’esame diretto del fascicolo del giudizio principale (ex plurimis, ordinanze n. 395 del 2008 e n. 251 del 2007);

che le suddette lacune precludono a questa Corte ogni possibilità di verifica in ordine alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, rilevanza peraltro soltanto affermata ma non illustrata dal rimettente;

che, sotto altro profilo, il giudice a quo non fornisce motivazione sufficiente sulla non manifesta infondatezza della questione (ex plurimis, ordinanze n. 312, n. 249 e n. 126 del 2008) e si limita ad evocare i tre parametri costituzionali sopra indicati senza argomentare in alcun modo in ordine alla loro asserita violazione (ex plurimis, ordinanze n. 206, n. 204, n. 54 e n. 32 del 2008), così incorrendo in altra autonoma causa d’inammissibilità.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale  dell’articolo 34 del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice di pace di Bellano, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Alessandro CRISCUOLO, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 2 luglio 2009.