Sentenza n. 55 del 2009

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SENTENZA N. 55

ANNO 2009

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco                     AMIRANTE                Presidente

- Ugo                                                     DE SIERVO                                     Giudice

- Paolo                           MADDALENA                    "

- Alfonso                         QUARANTA                       "

- Franco                          GALLO                              "

- Luigi                             MAZZELLA                        "

- Gaetano                        SILVESTRI                         "

- Sabino                          CASSESE                           "

- Maria Rita                     SAULLE                             "

- Giuseppe                      TESAURO                          "

- Paolo Maria                  NAPOLITANO                   "

- Giuseppe                      FRIGO                               "

- Alessandro                    CRISCUOLO                      "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1076, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) e 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sul ricorso proposto da A. A. contro il Ministero dello sviluppo economico ed altri, con ordinanza del 19 dicembre 2007 iscritta al n. 177 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di costituzione di A. A.;

udito nell’udienza pubblica del 27 gennaio 2009 il Giudice relatore Sabino Cassese;

udito l’avvocato Marco Mariani per A. A..

Ritenuto in fatto

1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III ter, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione, degli articoli 1, comma 1076, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007) e 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, nella parte in cui dispongono la sostituzione automatica di tutti i «commissari monocratici» dei consorzi agrari in stato di liquidazione, in carica alla data di entrata in vigore della citata legge n. 233 del 2006, con altri «commissari monocratici».

1.1. - Il collegio rimettente premette che l’art. 1, comma 1076, della legge n. 296 del 2006 ha dettato una disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181 del 2006. La disposizione interpretata stabilisce che, per i consorzi agrari in stato di liquidazione coatta amministrativa, l’autorità di vigilanza (cioè il Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali) provvede alla nomina di un commissario unico in sostituzione dei commissari in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 181 del 2006. La norma interpretativa chiarisce che la sostituzione non riguarda solo gli organi commissariali collegiali, ma anche quelli monocratici, dovendo l’autorità di vigilanza nominare «un commissario unico in sostituzione di tutti i commissari, monocratici o collegiali, dei consorzi agrari in stato di liquidazione coatta amministrativa (..)». La disciplina che ne risulta, ad avviso del tribunale rimettente, risponde ad una duplice finalità: da un lato, l’obiettivo – considerato ragionevole dal giudice a quo – di riduzione dei costi, conseguibile «riducendo ad uno solo il soggetto incaricato di gestire l’intera procedura nei casi in cui la stessa era invece affidata ad un collegio»; dall’altro lato, lo scopo, «che emerge soprattutto quando vi sia una sostituzione di un commissario unico con altro commissario unico», di «accelerare la definizione delle procedure in corso (...) nel presupposto che con un mutamento radicale di persone sarebbe possibile ottenere una migliore e più proficua gestione della procedura stessa».

1.2. - Il giudice a quo riferisce che, in applicazione delle disposizioni censurate, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, ha provveduto alla nomina del nuovo commissario unico del Consorzio agrario provinciale di Nuoro, in sostituzione del ricorrente nel giudizio principale, il quale ha impugnato tale provvedimento proponendo sia censure di «illegittimità ordinaria» dello stesso, sia censure di illegittimità costituzionale delle norme legislative in base alle quali esso è stato adottato.

1.3. - Il collegio rimettente ritiene che il provvedimento impugnato resista alle censure di «illegittimità ordinaria» proprio in quanto adottato in «pedissequa applicazione» delle norme legislative censurate e, pertanto, ritiene necessario affrontare la questione di legittimità costituzionale di queste ultime. Tale questione, oltre che «certamente rilevante», in quanto il provvedimento impugnato è stato adottato in «dichiarata applicazione» delle predette disposizioni, appare al giudice a quo anche non manifestamente infondata.

1.4. - In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente rileva, innanzitutto, che la norma legislativa censurata introduce una «forma di sostituzione automatica del commissario», precludendo all’autorità di vigilanza qualsiasi valutazione in merito all’opportunità o meno di rimuovere il commissario stesso. Sotto tale profilo, la norma appare al giudice rimettente analoga ad altre fattispecie normative già dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, quali, in particolare, quelle relative alla cessazione automatica degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale (sentenza n. 103 del 2007) e quelle relative ad ipotesi di destituzione di diritto dei dipendenti pubblici (sentenze n. 197 del 1993 e n. 971 del 1988). Il tratto comune di queste pronunce, ad avviso del giudice a quo rimettente, è infatti che la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di forme di «rimozione automatica dalla funzione», che escludono il contraddittorio con il soggetto interessato. La disciplina legislativa censurata ripropone, dunque, una forma di rimozione automatica dalla funzione che, secondo il tribunale rimettente, contrasta con gli articoli 3 e 97 Cost.

In primo luogo, ad avviso del tribunale rimettente, tale disciplina contrasta con il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., «perché inibisce all’autorità di vigilanza di valutare l’opportunità e la convenienza, al fine del raggiungimento dell’obiettivo perseguito (id est, chiudere quanto prima la procedura liquidatoria), di sostituire il commissario in carica ove questi abbia dimostrato di essere in grado di svolgere in modo soddisfacente l’incarico assegnatogli e soprattutto, come nel caso in esame, di essere in procinto di chiudere la liquidazione prima ancora del termine finale fissato dal succitato art. 1, comma 1076, della legge n. 296 del 2006».

In secondo luogo, il giudice a quo ritiene che la disciplina legislativa censurata violi l’art. 3 Cost. anche sotto il profilo della ingiustificata disparità di trattamento, dal momento che essa riserva, ai commissari liquidatori di consorzi agrari, un trattamento diverso e deteriore rispetto a quello dei commissari straordinari di procedure di liquidazione disciplinate dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26 (Provvedimenti urgenti per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi), convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, per i quali l’art. 1, comma 498, della legge n. 296 del 2006 correttamente subordina la decadenza dall’incarico ad una previa valutazione dell’amministrazione circa l’opportunità di confermarli.

In terzo luogo, il rimettente afferma che le disposizioni legislative censurate contrastano con l’art. 97 Cost., sotto molteplici profili: esse innanzitutto privano l’autorità di vigilanza «del potere-dovere di valutare nell’interesse generale l’opportunità di continuare ad utilizzare i servigi di un commissario che sta svolgendo in modo soddisfacente l’incarico affidatogli»; non considerano, poi, le «indubbie difficoltà che il commissario subentrante incontrerà nel prendere conoscenza di fatti a lui sconosciuti fino al momento dell’incarico», senza comparare tali possibili difficoltà «con la posizione dell’attuale commissario, che potrebbe invece rapidamente portare a termine la liquidazione»; non tengono conto, infine, della «lievitazione dei costi economici che inevitabilmente deriverà in ragione non solo del duplice compenso che dovrà essere corrisposto sia al commissario sostituito che a quello subentrato ma anche delle nuove consulenze e perizie che quest’ultimo, richiamando le responsabilità che ricadono su di lui, potrebbe predisporre in aggiunta a quelle già acquisite dal suo predecessore ma da lui ritenute non satisfattive (...)».

2. - Si è costituito in giudizio il ricorrente nel giudizio principale, la cui difesa, richiamando le argomentazioni sviluppate nell’ordinanza di rimessione, ha insistito per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III ter, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli articoli 3 e 97 della Costituzione, degli articoli 1, comma 1076, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007) e 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

Secondo il rimettente, in particolare, tali disposizioni, nella parte in cui dispongono la sostituzione automatica di tutti i «commissari monocratici» dei consorzi agrari in stato di liquidazione coatta amministrativa, in carica alla data di entrata in vigore della legge n. 233 del 2006, con altri «commissari monocratici», si pongono in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto sottraggono all’autorità di vigilanza la possibilità di valutare la convenienza e l’opportunità di sostituire il commissario liquidatore, anche ove questi abbia dimostrato di svolgere in modo soddisfacente il proprio incarico e di poter chiudere rapidamente la procedura di liquidazione.

2. - La questione è fondata.

La legge 28 ottobre 1999, n. 410 (Nuovo ordinamento dei consorzi agrari), che ha disciplinato i consorzi agrari fino all’entrata in vigore delle norme impugnate, aveva stabilito, per la chiusura delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di tali consorzi, un termine triennale, successivamente più volte prorogato dal legislatore, con conseguente ulteriore protrarsi delle procedure di liquidazione in corso.

In tale contesto è intervenuta la disciplina oggetto di censura, la cui complessiva ratio, come correttamente ricostruita dal collegio rimettente, va individuata nel contenimento dei costi delle procedure di liquidazione (ad esempio, con la sostituzione degli organi commissariali collegiali con «commissari monocratici») e nell’accelerazione della loro conclusione (è previsto, in particolare, un termine massimo entro il quale il commissario liquidatore ha il compito di chiudere la procedura, depositando gli atti di cui all’art. 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, della amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa).

Con la ratio di tale complessiva disciplina si pone in contraddizione la norma censurata. Infatti, la sostituzione di tutti i «commissari monocratici» in carica, disposta indipendentemente da ogni valutazione circa lo stato di avanzamento della singola procedura di liquidazione, determina una discontinuità nella gestione. Ciò, anziché accelerare la conclusione delle procedure in corso, e ridurne i relativi costi, può comportare l’effetto opposto, cioè ulteriori ritardi e maggiori oneri.

Va quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale delle norme censurate nella parte in cui dispongono la sostituzione automatica di tutti i «commissari monocratici» dei consorzi agrari in stato di liquidazione, in carica alla data di entrata in vigore della legge n. 233 del 2006, con altri «commissari monocratici».

Gli altri profili di censura restano assorbiti.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale degli articoli 1, comma 1076, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007) e 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, nella parte in cui dispongono la sostituzione automatica di tutti i «commissari monocratici» dei consorzi agrari in stato di liquidazione, in carica alla data di entrata in vigore della legge n. 233 del 2006, con altri «commissari monocratici».

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2009.