Ordinanza n. 408 del 2008

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ORDINANZA N. 408

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giovanni Maria        FLICK                          Presidente

- Francesco               AMIRANTE                    Giudice

- Ugo                                DE SIERVO                                   "

- Paolo                      MADDALENA                     "

- Alfio                       FINOCCHIARO                  "

- Alfonso                   QUARANTA                       "

- Franco                    GALLO                               "

- Luigi                       MAZZELLA                        "

- Gaetano                  SILVESTRI                         "

- Sabino                    CASSESE                           "

- Maria Rita               SAULLE                             "

- Giuseppe                 TESAURO                           "

- Paolo Maria             NAPOLITANO                    "

- Giuseppe                 FRIGO                                "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 131, commi 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), promossi con ordinanze del 9 gennaio 2008 dal Tribunale di Catania e del 12 novembre 2007 dal Tribunale di Torino, rispettivamente iscritte ai numeri 135, 219 e 220 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 20 e 29, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 novembre 2008 il Giudice relatore Maria Rita Saulle.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento civile promosso da V. P. contro l’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania ed altro, il Tribunale di Catania, con ordinanza emessa il 9 gennaio 2008 (R.O. n. 135 del 2008), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia);

che il rimettente riferisce che la parte attrice, ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, agisce per il risarcimento dei danni patiti per fatti ascrivibili alla responsabilità medico-professionale dei convenuti; danni il cui accertamento è stato rimesso al nominato consulente tecnico d’ufficio, il quale, al termine dell’incarico, ha chiesto la liquidazione dei propri onorari;

che, in ragione di tale richiesta, il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata sia in contrasto con i parametri costituzionali evocati, in quanto prevede che l’opera svolta dal consulente tecnico d’ufficio possa essere in sostanza gratuita, quando la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato risulti soccombente e il suddetto beneficio non sia revocato: ipotesi che si potrebbe verificare nel giudizio principale, poiché la disposta consulenza «ha escluso la fondatezza, sotto il profilo tecnico medico-legale, degli assunti di parte attrice»;

che, a parere del Tribunale, tale previsione violerebbe l’art. 36 della Costituzione, in quanto consente che il patrocinio a spese dello Stato sia, in realtà, a carico del professionista chiamato a svolgere un ufficio pubblico irrinunciabile;

che, sempre secondo il rimettente, l’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002 violerebbe l’art. 97 della Costituzione, poiché far dipendere dall’esito del giudizio la remunerazione del consulente tecnico d’ufficio pone a rischio la sua imparzialità, potendo egli essere indotto a prediligere una ricostruzione tecnica che, rendendo vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, gli consenta di ottenere la liquidazione dei propri onorari;

che risulterebbe, altresì, violato l’art. 3 della Costituzione, in quanto la disposizione censurata pone in essere una disparità di trattamento con altre figure professionali – difensori, consulenti tecnici nei procedimenti penali – per le quali le norme sul patrocinio a spese dello Stato (artt. 131, comma 4, 107, comma 3, lettere d e f), prevedono il pagamento dei relativi onorari con anticipazione a carico dello Stato;

che tale diversità di trattamento comporterebbe l’ulteriore lesione dell’art. 97 della Costituzione, in quanto il consulente tecnico d’ufficio, a differenza del difensore, non ha la possibilità di rifiutare l’incarico e di condizionare il sorgere e il concludersi della lite: circostanze, queste, che rendono la disposizione censurata irragionevole, risultando più corretto pagare immediatamente un professionista che non può esimersi dal prestare la propria opera e prenotare a debito le somme dovute al difensore;

che, infine, il rimettente ritiene applicabili alla fattispecie al suo esame i principi enunciati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 174 del 28 aprile 2006, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 146, comma 3, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui non prevedeva che sono spese anticipate dall’erario le spese e gli onorari dovuti al curatore fallimentare;

che, in punto di rilevanza, il Tribunale osserva che l’eventuale accoglimento della questione consentirebbe la liquidazione di quanto richiesto dal consulente tecnico d’ufficio;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata;

che, in via preliminare, la difesa erariale oltre a dubitare della rilevanza della questione, rileva che il rimettente, da un lato, omette ogni tentativo di pervenire ad una interpretazione conforme a Costituzione della disposizione censurata; dall’altro, chiede alla Corte un intervento manipolativo al di fuori di qualsiasi vincolo costituzionale, in quanto il legislatore non è obbligato all’adozione di un unico procedimento per la liquidazione degli onorari dei diversi professionisti che intervengono nei procedimenti giurisdizionali;

che, comunque, l’Avvocatura ritiene, quanto alla presunta violazione degli artt. 3 e 36 della Costituzione, la questione infondata, in quanto non sarebbe irragionevole il procedimento di liquidazione disciplinato dall’art. 131, comma 3, d.P.R. n. 115 del 2002, potendo il sistema processuale prevedere anche incarichi gratuiti;

che, quanto all’evocato art. 97 della Costituzione, la difesa erariale ritiene il suo richiamo inconferente, in quanto la norma costituzionale ha ad oggetto esclusivamente l’organizzazione dei pubblici uffici, sotto il profilo del buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione;

che il Tribunale di Torino, con ordinanza emessa il 12 novembre 2007 (R.O. n. 219 del 2008), nel corso di un procedimento di istruzione preventiva, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131, commi 3 e 4, del d.P.R 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui preclude al consulente tecnico d’ufficio, che ha prestato l’opera in un processo promosso da soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il diritto di ottenere l’anticipazione dei propri onorari a carico dell’erario;

che, in punto di fatto, il Tribunale riferisce che, a seguito del ricorso proposto da C. V., ammesso al patrocinio a spese dello Stato, veniva disposto un accertamento tecnico preventivo, ex art. 696 codice procedura civile, e che, a seguito del deposito della relazione del consulente tecnico d’ufficio, con decreto del 29 luglio 2006, il rimettente provvedeva alla liquidazione degli onorari richiesti;

che il giudice a quo, dopo aver rilevato che né l’erario, né la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato hanno corrisposto gli onorari richiesti, ritiene che l’art. 131, commi 3 e 4, del d.P.R 30 maggio 2002, n. 115, nel precludere al magistrato di porre a carico dell’erario gli onorari spettanti all’ausiliario-consulente tecnico per l’opera prestata, dà luogo ad una irragionevole disparità di trattamento rispetto ad altre figure professionali, come i difensori (art. 131, comma 4, lettera c), che sono soddisfatte direttamente dall’erario, mediante anticipazione, nonché rispetto agli ausiliari del magistrato, nominati nel corso di un processo penale, ed ai curatori nelle procedure fallimentari;

che, in particolare, a parere del giudice a quo, stante la sostanziale identità dell’opera tecnico-valutativa compiuta dai diversi professionisti sopra indicati, non vi sarebbe ragione per differenziare la disciplina della liquidazione dei rispettivi onorari;

che, in punto di rilevanza, il rimettente osserva come in virtù della disposizione censurata risulti «escluso il diritto del dott. P. a vedersi anticipati dallo Stato i compensi liquidatigli a titolo di onorario e non ripetibili dalla parte che ha chiesto l’atto in quanto beneficiaria del patrocinio a spese dello Stato»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata sulla base delle identiche motivazioni riportate nell’atto di intervento relativo all’ordinanza emessa dal Tribunale di Catania, già sopra riferite;

che il Tribunale di Torino, con una seconda ordinanza (R.O. n. 220 del 2008), emessa sempre il 12 novembre 2007 nel corso di un procedimento di istruzione preventiva, ha sollevato identica questione di legittimità costituzionale;

che il rimettente, premesso che la ricorrente nel giudizio principale risulta ammessa al patrocinio a spese dello Stato, osserva che, a seguito del disposto accertamento tecnico preventivo ex art. 696 codice procedura civile, il consulente tecnico d’ufficio chiedeva il pagamento dei propri onorari, che venivano liquidati con decreto del 3 gennaio 2007 e posti a carico della ricorrente;

che, successivamente, in accoglimento della richiesta di rettifica avanzata dal cennato consulente, il rimettente, con provvedimento del 12  maggio 2007, modificava il precedente decreto, ponendo a carico dello Stato il compenso in precedenza liquidato;

che, così ricostruita la fattispecie al suo esame, il giudice a quo nel riferire che, né l’erario, né tantomeno la ricorrente, hanno provveduto al pagamento del nominato consulente – solleva, con una ordinanza identica nei contenuti a quella iscritta al n. 219 dell’anno 2008, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131, commi 3 e 4, del d.P.R. n. 115 del 2002;

che anche in tale giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata sulla base delle identiche motivazioni riportate nell’atto di intervento relativo all’ordinanza n. 135 del 2008, e riferite alla presunta lesione dell’art. 3 della Costituzione.

Considerato che il Tribunale di Catania e il Tribunale di Torino dubitano, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 131, commi 3 e 4, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui non prevede il diritto del consulente tecnico d’ufficio di ottenere l’anticipazione dei propri onorari a carico dell’erario;

che le ordinanze di rimessione propongono analoghe questioni, onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti con un’unica decisione;

che le questioni sollevate dal Tribunale di Torino sono manifestamente inammissibili;

che, infatti, risulta da entrambe le ordinanze emesse dal citato rimettente che egli solleva la questione di legittimità della norma, la quale disciplina il procedimento di liquidazione del consulente tecnico d’ufficio, dopo aver già emesso i relativi decreti di pagamento e, quindi, a conclusione del suddetto procedimento e senza che, avverso tali decreti, sia stata proposta opposizione nei modi e nei termini di cui agli artt. 84 e 170 del d.P.R. n. 115 del 2002;

che la questione sollevata dal Tribunale di Catania è manifestamente infondata;

che, in particolare, il richiamo fatto all’art 97 della Costituzione appare inconferente, avendo questa Corte affermato che il principio del buon andamento dei pubblici uffici è riferibile all’amministrazione della giustizia solo per quanto attiene all’organizzazione e al funzionamento degli uffici giudiziari, non anche all’attività giurisdizionale in senso stretto, quale è quella disciplinata dall’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002 (ex plurimis sentenza n. 117 del 2007);

che, quanto agli ulteriori profili di illegittimità costituzionale denunciati dal Tribunale di Catania, è sufficiente osservare che questa Corte, con la sentenza n. 287 del 2008, ha affermato che l’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel disciplinare il procedimento di liquidazione degli onorari dell’ausiliario, prevede il rimedio residuale della prenotazione a debito (con conseguente pagamento da parte dell’erario), proprio al fine di evitare che il diritto alla loro percezione venga pregiudicato dall’impossibile ripetizione dalle parti processuali;

che, pertanto, risulta evidente come il rimettente muova da un errato presupposto interpretativo, secondo il quale, nei casi di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la norma censurata può comportare, nel processo civile, che l’ausiliario del magistrato svolga la sua opera gratuitamente;

che, così ricostruita la portata della disposizione censurata, va altresì esclusa la denunciata disparità di trattamento rispetto al diverso meccanismo – previsto dagli artt. 107, lettere d) e f), e 131, comma 4, lettera a), del d.P.R. n. 115 del 2002  –  della anticipazione a carico dell’erario degli onorari dovuti al difensore e al consulente tecnico d’ufficio nel procedimento penale: e ciò in ragione, da un lato, della eterogeneità delle figure processuali messe a confronto; e, dall’altro, della diversità del processo penale rispetto a quello civile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 131, commi 3 e 4, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di di spese di giustizia), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Catania con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 dicembre 2008.

F.to:

Giovanni Maria FLICK, Presidente

Maria Rita SAULLE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 dicembre 2008.