Ordinanza n. 339 del 2008

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ORDINANZA N. 339

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori:

-      Franco                                 BILE                             Presidente

-      Giovanni Maria                    FLICK                                    Giudice

-      Francesco                             AMIRANTE                                 "

-      Ugo                                              DE SIERVO                                 "

-      Paolo                                   MADDALENA                    "

-      Alfio                                   FINOCCHIARO                  "

-      Alfonso                               QUARANTA                                "

-      Franco                                 GALLO                              "

-      Luigi                                   MAZZELLA                                 "

-      Gaetano                               SILVESTRI                        "

-      Sabino                                 CASSESE                           "

-      Maria Rita                                     SAULLE                             "

-      Giuseppe                              TESAURO                          "

-      Paolo Maria                          NAPOLITANO                   "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 324 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 18 febbraio 2006 dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di Esposito Leonardo, iscritta al n. 549 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 giugno 2008 il Giudice relatore Alfio Finocchiaro.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Reggio Emilia – nell’àmbito di un procedimento proposto per il riesame di un sequestro disposto in uno studio professionale e in altri luoghi nella disponibilità dell’indagato – ha sollevato, su istanza del pubblico ministero, questione di legittimità costituzionale dell’art. 324 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che l’avviso della data fissata per l’udienza di riesame del sequestro probatorio sia notificato anche alla persona offesa che abbia nominato un difensore e al difensore stesso, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che, secondo il giudice a quo, la norma impugnata ignora la persona offesa ed il suo difensore e ciò, da un lato, víola il diritto di difesa e, dall’altro, crea una ingiustificata disparità «nel confronto sia fra la persona offesa e gli altri soggetti del processo, sia con la disciplina di altre attività della stessa persona offesa», la quale «mentre può promuovere ex art. 368 cod. proc. pen., l’adozione del vincolo reale, non può poi, del tutto irrazionalmente, contribuire a difenderlo»;

che, per il rimettente, la rilevanza della questione è ovvia, «perché quella dell’integrità del contraddittorio – che qui si assume non integro per il vizio di costituzionalità della norma – è la prima verifica cui è chiamato il giudice del riesame, come del resto ogni altro giudice»;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, sul rilievo che la persona offesa dal reato è un soggetto del processo ma non una parte di questo e che, in ogni caso, i poteri processuali riconosciuti alla persona offesa rientrano nell’insindacabile discrezionalità del legislatore.

Considerato che il giudice rimettente richiede a questa Corte una pronuncia additiva che includa la persona offesa dal reato che abbia nominato un difensore e il difensore stesso fra i soggetti destinatari dell’avviso della data fissata per l’udienza di discussione del riesame del provvedimento di sequestro probatorio;

che, con particolare riguardo alla posizione del soggetto la cui sfera giuridica sia stata lesa dal reato, questa Corte ha più volte rilevato «che l’eventuale impossibilità per il danneggiato di partecipare al processo penale non incide in modo apprezzabile sul suo diritto di difesa e, ancor prima, sul suo diritto di agire in giudizio, perché resta intatta la possibilità di esercitare l’azione di risarcimento del danno nella sede civile, traendone la conclusione che ogni “separazione dell’azione civile dall’ambito del processo penale non può essere considerato come una menomazione o una esclusione del diritto alla tutela giurisdizionale”, essendo affidata al legislatore la scelta della configurazione della tutela medesima, in vista delle esigenze proprie del processo penale» (sentenze nn. 443 del 1990, 171 del 1982, 166 del 1975; ordinanza n. 124 del 1999);

che questa stessa Corte ha altresì affermato che «l’assetto generale del nuovo processo è ispirato all’idea della separazione dei giudizi, penale e civile, essendo prevalente, nel disegno del codice, l’esigenza di speditezza e di sollecita definizione del processo penale rispetto all’interesse del soggetto danneggiato di esperire la propria azione nel processo medesimo» (sentenze nn. 353 del 1994, 192 del 1991; ordinanza n. 124 del 1999);

che inoltre dall’intera impostazione del codice di procedura penale discende che alla persona offesa sono attribuiti poteri limitati e circoscritti rispetto a quelli riconosciuti al pubblico ministero o all’indagato;

che anche la Corte costituzionale, pur avendo emesso delle pronunce in cui si è mostrata favorevole ad interpretazioni delle norme del codice di procedura penale estensive delle facoltà e poteri della persona offesa (sentenze nn. 413 del 1994 e 353 del 1991), e pur riconoscendone l’importanza del ruolo, non l’ha mai assimilata al pubblico ministero o all’indagato;

che infatti la persona offesa, anche nel nuovo codice, conserva la veste di soggetto eventuale del procedimento o del processo, ma non di parte: ne discende che colui il quale venga offeso dal reato non è titolare del diritto alla prova che l’art. 190 cod. proc. pen. limita esclusivamente alle parti (“le prove sono ammesse a richiesta di parte”);

che invece il remittente vorrebbe attribuire alla persona offesa un diritto alla prova, consentendole di interloquire in merito al sequestro probatorio, diretto appunto ad assicurare il mantenimento delle fonti di prova;

che oltre tutto il pubblico ministero, c.d. dominus delle indagini, è già la figura preposta istituzionalmente alla raccolta delle prove, disponendo peraltro di poteri ben maggiori rispetto alla persona offesa nella raccolta di esse;

che ancora, fermo che la persona offesa abbia dei poteri ma non possa essere assimilata al pubblico ministero o all’indagato, è evidente che la decisione circa la portata di questi poteri non può che essere rimessa alla discrezionalità del legislatore, il quale solo può pervenirne ad un’armonica ed equilibrata definizione, non potendosi certo affermare che la notifica alla persona offesa della data dell’udienza del riesame del sequestro probatorio sia costituzionalmente imposta;

che, dunque, in relazione all’evidente eterogeneità delle situazioni di imputato e pubblico ministero da un lato e persona offesa dall’altro, nonché alla discrezionalità del legislatore nel modulare la configurazione della tutela di quest’ultima in vista delle necessità proprie del processo penale e delle esigenze di speditezza di quest’ultimo, la disciplina censurata non viola né il diritto alla tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 della Costituzione, né l’art. 3 della Costituzione, avendo semplicemente il legislatore trattato in maniera adeguatamente diseguale situazioni diseguali;

che, di conseguenza, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 324 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 ottobre 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfio FINOCCHIARO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2008.