Sentenza n. 279 del 2008

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SENTENZA N. 279

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                          BILE                           Presidente

- Giovanni Maria                      FLICK                                  Giudice

- Francesco                     AMIRANTE                        "

- Ugo                              DE SIERVO                        "

- Paolo                           MADDALENA                    "

- Alfio                             FINOCCHIARO                  "

- Alfonso                         QUARANTA                       "

- Franco                          GALLO                              "

- Luigi                             MAZZELLA                        "

- Gaetano                        SILVESTRI                         "

- Sabino                          CASSESE                           "

- Maria Rita                     SAULLE                             "

- Giuseppe                      TESAURO                          "

- Paolo Maria                  NAPOLITANO                   "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito del decreto del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torino del 18 settembre 2007, con cui veniva disposto il giudizio a norma dell’art. 429 del codice di procedura penale nei confronti del consigliere della Regione Piemonte Matteo Brigandì, promosso con ricorso della Regione Piemonte notificato il 27 marzo 2008, depositato in cancelleria il 28 marzo 2008 ed iscritto al numero 5 del registro conflitti tra enti 2008.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri nonché l’atto di intervento di Cavaletto Marco;

udito nell’udienza pubblica del 10 giugno 2008 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi gli avvocati Stefano Maccioni per Cavaletto Marco, Claudio Maria Papotti per la Regione Piemonte e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Piemonte, con ricorso del 19 marzo 2008, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, per violazione dell’art. 122, quarto comma, della Costituzione, in relazione al decreto del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torino del 18 settembre 2007, con cui è stato disposto il giudizio a norma dell’art. 429 del codice di procedura penale nei confronti del consigliere della Regione Piemonte Matteo Brigandì.

1.1. – Espone la Regione ricorrente che il consigliere, all’epoca dei fatti membro del Consiglio regionale del Piemonte e Assessore agli affari legali e contenzioso della stessa Regione, è imputato di reato di diffamazione nei confronti del dirigente, Marco Cavaletto, preposto alla «Direzione Commercio e Artigianato» della Regione Piemonte per aver:

- stilato e messo a disposizione dell’Assemblea regionale – nel periodo che va dal 18 giugno al 16 luglio 2003 – una relazione sulla «causa bi-alluvionati» (non sottoscritta e composta da 17 pagine) nella quale, tra l’altro, esprimeva le seguenti affermazioni: «l’unica cosa certa è che uno dei due fatti dati per certi dal dirigente è falso» [...] «delle due l’una o il direttore vuole vessare il cittadino o il direttore vuole applicare, essendo alla data delle lettere ormai noto il suo comportamento con la Fasti, una linea di comportamento simile a quella tenuta con la Fasti ma in aperto contrasto con la circolare 3/LAP e con le sue stesse delibere...» «Cavaletto afferma falsamente di avere rimborsato i danni» «strano quindi appare che un solerte dipendente che ha ritenuto di andare di persona a verificare addirittura la costituzione ... non ha visto queste macroscopiche discrasie ...» «ritiene lo scrivente che non vi sia spazio per pensare ad un fatto colposo ... come si può spiegare, se non con la presenza del dolo il fatto ...» «in altri termini il direttore propone delle soluzioni irrazionali ... con l’evidente scopo di affossare l’eventuale transazione ...» «non si può non tenere conto del grave danno che è stato cagionato alla p.a. in quanto la regione ha pagato la somma di lire 2.353.886.942 che proprio in base alla interpretazione della legge n. 365/2000 data dallo stesso direttore non avrebbero dovuto essere spesi ... E’ evidente che questi fatti appaiono di rilevante gravità basti pensare alla pervicacia con cui sono state dette cose false, alla prevaricazione cui sono stati sottoposti i cittadini ... il Cavaletto scrive: “la strada politicamente più percorribile per risolvere definitivamente ed in fretta la questione” facendo non solo evidenza di divergenze politiche ma, con il virgolettato sulle parole “in fretta” con una critica che appare anche ingiuriosa. Per tralasciare il fatto riportato in sede di Giunta ove lo stesso Cavaletto avrebbe adombrato interessi privati di alcuni degli assessori»;

- rilasciato un’intervista al quotidiano «La Repubblica», pubblicata in data 27 luglio 2003, nella quale dichiarava: «Io e i miei colleghi di Giunta abbiamo agito per limitare l’esborso di denaro pubblico. A differenza di quanto aveva fatto nei mesi scorsi Cavaletto che aveva deciso di liquidare i danni di un’altra ditta, la Fasti ... sulla base di un atto notorio, che non è una domanda di risarcimento, e di un nulla osta di liquidazione danni rilasciato da una banca a un’assicurazione per l’alluvione del 1994. Perchè la Fasti aveva diritto al risarcimento e l’Autovallere no?»;

- rilasciato, infine, un’altra intervista al telegiornale RAI 3 regionale  del Piemonte, diffusa in data 28 luglio 2003, nel corso della quale dichiarava: «la responsabilità della transazione è riconducibile solamente ai direttori, poiché l’Assessore mette firme ad atti da loro preparati».

La Regione Piemonte riferisce che a seguito delle sopra menzionate dichiarazioni, il direttore Cavaletto ha presentato querela per diffamazione e che la procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino, al termine delle indagini preliminari, ha richiesto il rinvio a giudizio del consigliere regionale. Successivamente, il Consiglio regionale ha dichiarato l’insindacabilità delle opinioni espresse dal consigliere regionale ai sensi dell’art. 122, quarto comma, della Costituzione e, nonostante tale delibera, il Giudice per l’udienza preliminare dello stesso Tribunale, dopo aver respinto con ordinanza del 18 settembre 2007 l’eccezione difensiva di insindacabilità, ha disposto, con decreto emesso nella stessa data, il rinvio a giudizio del consigliere regionale.

1.2. – In via preliminare, la Regione ricorrente sottolinea che l’ordinanza del Giudice per l’udienza preliminare in data 18 settembre 2007 ed il contestuale decreto che dispone il giudizio sono stati conosciuti dal Consiglio regionale del Piemonte, che non era parte in causa, solo in data 1 febbraio 2008, poiché comunicati dal consigliere Brigandì con lettera datata 29 gennaio 2008 e che, pertanto, è stato rispettato il termine per la proposizione del ricorso previsto dall’art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale). Inoltre, la ricorrente insiste per la sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del conflitto di attribuzioni proposto.

1.3 – Quanto alle ragioni del conflitto, la Regione Piemonte osserva che, in caso di delibera del Consiglio regionale con la quale si affermi l’immunità del consigliere ai sensi del citato art. 122, quarto comma, della Costituzione, il giudice «non potrebbe più proseguire il processo» dovendo, piuttosto, «affermarne l’improcedibilità» tenuto conto che l’art. 3 della legge regionale 19 novembre 2001, n. 32 (Norme in materia di valutazione di insindacabilità dei Consiglieri regionali, ai sensi dell’articolo 122, comma 4, della Costituzione), sancisce il divieto di chiamare a rispondere i consiglieri regionali per opinioni e voti espressi nell’esercizio delle loro funzioni.

La Regione insiste affinché l’orientamento giurisprudenziale costituzionale secondo cui «l’identità formale degli enunciati di cui all’art. 68, primo comma, e 122, quarto comma, Cost., non riflette, tuttavia, una compiuta assimilazione tra le assemblee parlamentari ed i consigli regionali» (sentenza n. 301 del 2007) «possa essere oggetto di una nuova riflessione» poiché, secondo la ricorrente, non si giustifica «un’interpretazione restrittiva dell’art. 122 rispetto al suo omologo applicabile ai membri del Parlamento».

La Regione richiama i caratteri costituzionali dell’autonomia regionale, che, sebbene distinti dal concetto di sovranità riservato allo Stato, assicurano all’ente regionale un’autonomia normativa, organizzatoria e politica. In tale ambito, l’art. 122, quarto comma, della Costituzione ha, secondo la ricorrente, una funzione di «schermo costituzionale» a difesa dell’autonomia normativa e politica delle Regioni.

1.4. – In relazione alla sussistenza, nel caso in esame, dei presupposti di insindacabilità delle opinioni espresse dal consigliere, la Regione, richiamata la giurisprudenza costituzionale in ordine alla prerogativa prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost. in favore dei consiglieri regionali (sentenze n. 276 e n. 76 del 2001), osserva che occorre valutare se, dal punto di vista oggettivo, «l’immunità de qua possa estendersi alle attività dei consiglieri regionali che al contempo rivestano la carica di membro della Giunta regionale». Nel caso di specie, ad avviso della difesa regionale, il consigliere regionale stava conducendo una «battaglia politica» di rinnovamento all’interno del Consiglio regionale e nel corso di questa aveva ritenuto, anche nello svolgimento delle funzioni di Assessore agli affari legali della Giunta regionale, che un dirigente della Regione Piemonte non avesse tenuto un comportamento all’altezza dei suoi doveri di efficienza e trasparenza nel corso della vicenda connessa al risarcimento dovuto alle imprese alluvionate.

A parere della Regione, «nel complesso procedimento istituzionale di “sindacato ispettivo” che, attraverso il suo legittimo “atto di denuncia politica”, ebbe origine con l’interrogazione mossa dai consiglieri Palma e Mellano, proseguì con l’intervento del Presidente della Giunta regionale onorevole Ghigo, per poi snodarsi nella presentazione di altre interpellanze sulla materia e nella istituzione di una Commissione di indagine sulle imprese bi-alluvionate che esaurì i lavori con relazione finale discussa nella seduta n. 490 del 12 ottobre 2004 cui lo stesso Brigandì rese legittimo intervento. La partecipazione del consigliere Brigandì nella instauranda complessa procedura consiliare ispettiva avvenne attraverso la presentazione e consegna al Consiglio di un dossier sulla vicenda “bi-alluvionati”».

Sostiene, quindi, la Regione che le dichiarazioni del consigliere regionale «possono considerarsi espressione di attività tipica» e, sebbene non ignori la giurisprudenza costituzionale secondo cui non è estensibile agli assessori la guarentigia prevista dall’art. 122 Cost., la Regione tuttavia ritiene che tale garanzia comunque si estenda all’esercizio di funzioni consiliari da parte del consigliere che rivesta anche la carica di assessore.

2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il conflitto sia dichiarato inammissibile o infondato, in ogni caso affermando che spetta allo Stato, e per esso alla magistratura, accertare e dichiarare se il fatto imputato al consigliere regionale sia assistito o meno dalla prerogativa prevista dall’art. 122, quarto comma, Cost.

La difesa erariale sottolinea come il caso in esame sia del tutto equivalente a quello già esaminato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 301 del 2007, nella quale la Corte ha ribadito l’impossibilità di assimilare i Consigli regionali alle Assemblee parlamentari e ha escluso l’estensibilità della disciplina prevista dalla legge n. 140 del 2003 in favore dei consiglieri regionali.

3. – In prossimità della data fissata per l’udienza, è intervenuto nel giudizio Marco Cavaletto, querelante-persona offesa nel procedimento penale principale, chiedendo dichiararsi «che spetta allo Stato, e per esso al Tribunale di Torino, decidere in merito alla vicenda in oggetto».

3.1. – In ordine alla propria legittimazione ad intervenire nel giudizio, l’interveniente richiama sia il quadro normativo (artt. 4 e 27, quarto comma, delle «Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale») sia l’orientamento costituzionale secondo cui nei giudizi per conflitto di attribuzione viene consentito l’intervento del terzo nel giudizio costituzionale atteso che, ove precluso, «finirebbe per risultare in concreto compromessa la stessa possibilità per la parte di agire in giudizio a tutela dei suoi diritti» (sentenza n. 195 del 2007).

3.2. – In primo luogo, l’interveniente contesta la sequenza fattuale e temporale posta sia a base della proposta della Giunta consiliare delle insindacabilità sia a fondamento del ricorso, precisando che la «Relazione causa bi-alluvionati» non venne distribuita a seguito dell’interrogazione n. 2321 (a firma dei consiglieri Palma e Mellano presentata il 22 luglio 2003), atteso che, al contrario, l’interrogazione venne presentata a seguito della diffusione della Relazione. Sottolinea, inoltre, che il Presidente Ghigo – nel periodo che va dal 18 giugno al 16 luglio 2003 – non intervenne in assemblea sulla questione bi-alluvionati, né, nel periodo successivo, rese interventi il cui contenuto possa essere sovrapposto alle argomentazioni contenute nella predetta Relazione (seduta n. 380 del 29 luglio 2003 e seduta n. 383 del 30 luglio 2003).

Precisa che il consigliere Brigandì (nella seduta n. 490 del 12 ottobre 2004, dedicata alla Relazione finale della Commissione d’indagine) si limitò ad un intervento su profili formali, senza rendere in alcun modo le affermazioni contenute nella «Relazione causa bi-alluvionati».

In secondo luogo, l’interveniente richiama quanto stabilito dall’art. 3 della legge della Regione Piemonte 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull’organizzazione degli uffici e sull’ordinamento del personale regionale), secondo cui spetta ai dirigenti regionali la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa dell’ente, mentre è riservata agli organi istituzionalmente preposti quella politica e che, per tale ragione, i dirigenti rispondono direttamente al Presidente della Giunta regionale.

Infine, quanto al contenuto delle interviste, la difesa del direttore Cavaletto sottolinea come gli stessi giornalisti si siano rivolti al consigliere Brigandì nella sua qualità di assessore e non di componente il consiglio regionale.

3.3. – Nel merito, l’interveniente sostiene, da un lato, l’infondatezza della tesi sostenuta dalla Regione Piemonte in ordine al preteso parallelismo tra la tutela assicurata dall’art. 68 Cost. e quella prevista dall’art. 122 Cost. e chiede pertanto il rigetto del ricorso. Dall’altro, egli insiste nel ritenere che la «Relazione causa bi-alluvionati» non sia un atto di controllo politico esercitato da un consigliere regionale ma, più semplicemente, una comunicazione ai consiglieri di un documento formato da un membro della Giunta. Secondo l’interveniente tale circostanza troverebbe conferma nel fatto che il soggetto autore del predetto dossier non lo abbia utilizzato per porre in essere alcuna attività tipica di indirizzo e controllo politico (interrogazioni, interpellanze o mozioni), sebbene, invece, tali attività siano state poste in essere da altri consiglieri e dopo la diffusione del medesimo dossier. L’interveniente aggiunge, infine, che le dichiarazioni rese nelle interviste non potrebbero in alcun modo essere interpretate come frutto dell’esercizio delle funzioni consiliari, in quanto il soggetto intervistato risulta aver risposto alle domande non in qualità di membro del consiglio regionale, ma di membro della Giunta.

4. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria insistendo per l’infondatezza del ricorso.

Considerato in diritto

1. – La Regione Piemonte ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, per violazione dell’art. 122, quarto comma, della Costituzione, in relazione al decreto del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torino del 18 settembre 2007, con cui è stato disposto il giudizio a norma dell’art. 429 del codice di procedura penale nei confronti del consigliere della Regione Piemonte Matteo Brigandì.

In primo luogo, la Regione Piemonte insiste perché l’orientamento giurisprudenziale costituzionale, secondo cui «l’identità formale degli enunciati di cui all’art. 68, primo comma, e 122, quarto comma, Cost., non riflette una compiuta assimilazione tra le assemblee parlamentari ed i consigli regionali in quanto, diversamente dalle funzioni assegnate alle Camere, le attribuzioni dei Consigli si inquadrano, invece, nell’esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranità» (sentenza n. 301 del 2007), «possa essere oggetto di una nuova riflessione» e chiede che, in caso di delibera di insindacabilità del Consiglio regionale a norma dell’art. 122, quarto comma, Cost., si affermi che l’autorità giudiziaria non può «più proseguire il processo».

In secondo luogo, la Regione osserva che occorre valutare se, dal punto di vista oggettivo, «l’immunità de qua possa estendersi alle attività dei consiglieri Regionali che al contempo rivestano la carica di membro della Giunta regionale». Ad avviso della Regione, nel caso di specie, il consigliere regionale «stava conducendo una “battaglia politica” di rinnovamento all’interno del Consiglio regionale e nel corso di questa aveva ritenuto che un dirigente della Regione Piemonte non avesse tenuto un comportamento all’altezza dei suoi doveri di efficienza e trasparenza, circostanze apprese in occasione dello “svolgimento delle funzioni di Assessore agli affari legali”». Sostiene la Regione che le dichiarazioni del consigliere regionale «possono considerarsi espressione di attività tipica poiché originarono, quale legittimo segmento istituzionale, un complesso sindacato ispettivo che recepì in toto tale forma di esternazione». Sul punto, la Regione, sebbene mostri di non ignorare la giurisprudenza costituzionale secondo cui non è estensibile agli assessori la guarentigia prevista dall’art. 122 Cost., ritiene che essa assista, comunque, lo svolgimento delle funzioni consiliari anche per chi sia assessore. Del resto, la ricorrente sottolinea come la qualità di Assessore agli affari legali del consigliere regionale fu solo l’occasione che permise allo stesso di conoscere più approfonditamente la vicenda in esame. Pertanto, ad avviso della Regione, la diffusione del dossier deve essere interpretata, così come ha fatto la Giunta regionale per le elezioni, le ineleggibilità e le incompatibilità, come atto di controllo ed indirizzo politico esercitato da un consigliere regionale. Sussiste, inoltre, secondo la Regione, il nesso funzionale tra tale attività funzionale e le dichiarazioni successive rese agli organi di stampa e televisione ed il legame temporale tra attività consiliare e attività esterna (sentenza n. 276 del 2001).

2. – Preliminarmente, va dichiarato ammissibile l’intervento spiegato in giudizio da Marco Cavaletto, parte del giudizio principale che ha originato il conflitto in esame.

Questa Corte ha più volte ritenuto che nei giudizi per conflitto di attribuzione, sebbene di regola non sia ammesso l’intervento di soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi, sia tuttavia ammissibile l’intervento di coloro che, quali parti del giudizio principale la cui decisione è oggetto di conflitto, sarebbero incisi, senza possibilità di far valere le proprie ragioni, dall’esito del giudizio relativo al conflitto. Tale è la situazione dell’interveniente nel giudizio in esame (sentenza n. 195 del 2007).

3. – Il ricorso non è fondato.

4. – Va, anzitutto, disattesa la richiesta formulata dalla Regione ricorrente «di una nuova riflessione» in ordine al costante orientamento espresso, anche di recente, da questa Corte sul fatto che «l’identità formale degli enunciati di cui all’art. 68, primo comma, e 122, quarto comma, Cost., non riflette una compiuta assimilazione tra le assemblee parlamentari ed i consigli regionali in quanto, diversamente dalle funzioni assegnate alle Camere, le attribuzioni dei Consigli si inquadrano, invece, nell’esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranità» (sentenza n. 301 del 2007).

Va parimenti disattesa la richiesta «di estendere alle Regioni l’efficacia inibitoria delle delibere parlamentari di insindacabilità dei membri delle Camere per le opinioni espresse e per i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni, disciplinata dalla legge n. 140 del 2003».

Questa Corte, considerata la diversa posizione dei Consigli regionali e delle Assemblee parlamentari nel sistema costituzionale, ha escluso che le delibere di insindacabilità regionali abbiano un’efficacia inibitoria nei confronti degli atti dell’autorità giudiziaria e ha negato l’estensibilità della disciplina prevista dalla legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), in favore dei consiglieri regionali (sentenza n. 195 del 2007).

Nel merito, si tratta di valutare se la «Relazione causa bi-alluvionati» avente ad oggetto la critica del comportamento del dirigente amministrativo della «Direzione Commercio e Artigianato» della Regione Piemonte, che ha dato origine al procedimento per reato di diffamazione ascritto al consigliere regionale, possa essere considerata come manifestazione di opinioni espresse nell’esercizio di funzioni consiliari assistite dalla prerogativa costituzionale di insindacabilità prevista dall’art. 122, quarto comma, della Costituzione.

Va osservato, in via preliminare, da un lato, che è pacificamente riconosciuto nel ricorso che tale «Relazione», sebbene stilata in modo anonimo, sia atto riconducibile all’imputato, e, dall’altro, che la diffusione del documento in sede consiliare suscitò la reazione di due consiglieri regionali, i quali, in data 22 luglio 2003, presentarono l’interrogazione n. 2321 con cui interrogarono la Giunta, tra l’altro, su «quali iniziative abbiano intrapreso su questa materia» e «se quanto riportato dal documento corrisponda al vero».

Tanto preliminarmente osservato, dalla lettura della menzionata Relazione risulta che il locutore si rivolge alla Giunta regionale in prima persona, talvolta con l’appellativo «questo assessore». E che la Relazione ha ad oggetto non soltanto le problematiche attinenti alla permanenza in carica del menzionato dirigente, ma anche e soprattutto i problemi amministrativi relativi alla concessione delle provvidenze connesse agli eventi alluvionali dell’autunno 2000, spettanti a norma della legge di conversione 11 dicembre 2000, n. 365 (Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali).

In ragione delle modalità di diffusione e dei contenuti di tale Relazione, deve ritenersi che tale documento sia atto formato dall’autore in qualità di Assessore agli affari legali della Giunta regionale del Piemonte, qualità rivestita dal consigliere regionale nel luglio 2003, all’epoca dei fatti.

La Relazione non può essere intesa come attività ispettiva o «atto di denuncia politica» compiuta dallo stesso in qualità di consigliere regionale, né come atto riconducibile ad una procedura consiliare di revoca del dirigente in base ai criteri di revoca delle funzioni dirigenziali fissati dalla legge regionale 8 agosto 1997, n. 51 (Norme sull’organizzazione degli uffici e sull’ordinamento del personale regionale).

La diffusione della stessa Relazione, infatti, avvenuta nel luglio 2003, non inerisce alla procedura di controllo politico avviata, invece, con l’istituzione di una Commissione di indagine sulle imprese «bi-alluvionate» da parte del Consiglio regionale del Piemonte, avvenuta il 9 dicembre 2003.

Non vi sono state neanche ulteriori attività funzionali compiute dal consigliere regionale su tale tema; difatti, lo stesso, intervenendo nella seduta consiliare n. 490 del 12 ottobre 2004, dedicata alla approvazione della «Relazione finale della Commissione d’indagine imprese bi-alluvionate», non rese alcuna delle affermazioni contenute nella «Relazione causa bi-alluvionati» diffusa nel luglio precedente. Né risulta che il Consiglio regionale abbia posto in essere atti riconducibili a un procedimento ispettivo.

Questa Corte ha chiarito che la prerogativa costituzionale di cui all’art. 122, quarto comma, Cost., riguarda soltanto gli atti compiuti dal membro del Consiglio regionale (sentenza n. 195 del 2007). Pertanto, la Relazione in esame non può ritenersi assistita dalla predetta prerogativa costituzionale (dell’art. 122, quarto comma, Cost.). Ne discende l’irrilevanza della verifica circa l’esistenza del nesso funzionale tra la Relazione e le interviste giornalistiche e televisive rilasciate dallo stesso consigliere regionale.

Infine, gli ulteriori atti funzionali citati nella relazione della Giunta regionale per le elezioni, le ineleggibilità e le incompatibilità a firma di altri consiglieri (interventi del Presidente della Giunta regionale, onorevole Ghigo, nella seduta n. 373 del 15 luglio 2003, nella seduta n. 380 del 29 luglio 2003, nella seduta n. 383 del 30 luglio 2003, l’interrogazione n. 2321 presentata il 22 luglio 2003 dai consiglieri regionali Palma e Mellano, le interpellanze presentate dal consigliere Contu n. 3031, il 22 settembre 2004, e n. 3128, il 12 novembre 2004), sono, per consolidato orientamento di questa Corte, «irrilevanti» ai fini della sussistenza sia della prerogativa costituzionale prevista dall’art. 68 Cost. (sentenza n. 97 del 2008), sia conseguentemente di quella prevista dall’art. 122 Cost.

Si deve, quindi, concludere che le dichiarazioni in esame non sono state rese nell’esercizio della funzione consiliare regionale e non sono, pertanto, coperte dalla immunità di cui all’art. 122, quarto comma, Cost.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettava allo Stato e, per esso, al Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Torino, emettere il decreto del 18 settembre 2007, con cui è stato disposto il giudizio nei confronti del consigliere regionale Matteo Brigandì per il reato di diffamazione a lui ascritto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2008.