Ordinanza n. 268 del 2008

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ORDINANZA N. 268

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                                        BILE                     Presidente

- Giovanni Maria                             FLICK                  Giudice

- Francesco                                   AMIRANTE                   "

- Ugo                                            DE SIERVO                    "

- Paolo                                          MADDALENA                "

- Alfio                                           FINOCCHIARO              "

- Alfonso                                       QUARANTA                   "

- Franco                                        GALLO                         "

- Luigi                                           MAZZELLA                   "

- Gaetano                                       SILVESTRI                     "

- Sabino                                         CASSESE                       "

- Maria Rita                                  SAULLE                         "

- Giuseppe                                     TESAURO                      "

- Paolo Maria                                 NAPOLITANO               "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14-bis, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488), promosso con ordinanza del 25 maggio 2007 dal Tribunale di Roma nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Massimo Vanni ed altra e l'I.N.P.D.A.P., iscritta al n. 757 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2007.

    Visto l'atto di costituzione dell'I.N.P.D.A.P. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nell'udienza pubblica del 24 giugno 2008 il Giudice relatore Luigi Mazzella;

    uditi gli avvocati Flavia Incletolli e Maria Morrone per l'I.N.P.D.A.P. e l'avvocato dello Stato Luca Ventrella per il Presidente del Consiglio dei ministri.

    Ritenuto che nel corso di due giudizi civili riuniti promossi da Vanni Massimo e Perticaroli Paola contro l'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP), il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 14-bis, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della le gge 19 dicembre 1992, n. 488), «nella parte in cui consente una interpretazione volta a non applicare il beneficio della restituzione dei contributi a tutti i dipendenti della ex Agensud, che, cessato ex lege il rapporto di lavoro con tale Agenzia ed esercitata l'opzione "b" di cui all'art. 14-bis, comma 1 dello stesso decreto, siano transitati presso amministrazioni statali ricongiungendo il servizio prestato in precedenza presso l'Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza»;

    che il giudice a quo espone che il Consiglio di Stato, il quale inizialmente aveva affermato che anche gli ex dipendenti della Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno (AGENSUD) che non fossero cessati dal servizio nel periodo indicato dalla norma censurata (cioè dal 13 ottobre 1993 all'8 febbraio 1995) avevano diritto ad ottenere la restituzione dei contributi non utili a fini pensionistici, successivamente si è espresso in senso contrario sia in sede consultiva, sia in sede giurisdizionale;

    che il rimettente, dopo aver criticato questo più recente orientamento del consesso amministrativo, afferma che, in generale, in caso di soppressione di enti, è prevista la restituzione dei contributi previdenziali non più utili a fini pensionistici per effetto del passaggio a nuova e diversa gestione previdenziale e che, invece, nel caso degli ex dipendenti dell'AGENSUD, l'infelice formulazione dell'art. 14-bis, comma 4, del d. lgs. n. 96 del 1993 consente un'interpretazione letterale (secondo cui il beneficio della restituzione dei contributi spetterebbe solamente ai lavoratori cessati dal servizio tra il 13 ottobre 1993 e l'8 febbraio 1995) incompatibile con la Costituzione;

    che, in particolare, il Tribunale di Roma ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 219 del 1998, sollecitata sugli artt. 14 e 14-bis, commi 1 e 3, del d. lgs. n. 96 del 1993, ha rigettato le censure di illegittimità costituzionale delle decurtazioni dello stipendio e del trattamento pensionistico subite dagli ex dipendenti della AGENSUD al momento del passaggio alle dipendenze delle amministrazioni statali, affermando che, a fronte di quelle decurtazioni, erano previsti alcuni benefici, fra i quali la restituzione dei contributi non più utili a fini pensionistici;

    che, ad avviso del rimettente, nell'occasione la Corte costituzionale non ha però affrontato specificamente il problema della compatibilità dell'art. 14-bis, comma 4, del d. lgs. n. 96 del 1993 con i precetti costituzionali;

    che, secondo il giudice a quo, se le decurtazioni di stipendio e trattamento pensionistico costituiscono un disagio subito da tutti gli ex dipendenti della AGENSUD e la loro legittimità si giustifica grazie alla fruizione di una serie di benefici, allora questi ultimi devono essere accordati a tutti, pena la violazione dei principi di eguaglianza ex art. 3 Cost., di imparzialità ex art. 97 Cost., di parità di retribuzione a parità di qualità e quantità di lavoro svolto, di cui all'art. 36 Cost., e di quelli che governano il diritto a pensione ai sensi dell'art. 38 Cost.;

      che si è costituito l'INPDAP, il quale eccepisce l'inammissibilità della questione perché irrilevante e perché la Corte costituzionale già si è pronunciata su di essa con la sentenza n. 219 del 1998;   

    che, nel merito, l'ente previdenziale deduce la manifesta infondatezza della questione alla luce del principio generale dell'ordinamento secondo cui i contributi versati alla gestione di appartenenza restano a questa acquisiti anche se non siano in concreto utili per la costituzione di un trattamento pensionistico;

    che l'INPDAP nega che sussista violazione degli artt. 3, 38 e 97 Cost., poiché il legislatore gode di ampia discrezionalità nell'attuazione degli obiettivi di previdenza pubblica e può incidere anche in senso peggiorativo su pregresse situazioni in itinere e sostiene che la censura formulata dal rimettente in riferimento al «principio di parità di retribuzione a parità di qualità e quantità di lavoro svolto, di cui all'art. 36 Cost.» è infondata, poiché tale principio non esiste, l'art. 36 Cost. limitandosi a prevedere l'adeguatezza e la proporzionalità della retribuzione in relazione al lavoro prestato;

      che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale chiede che la questione sia dichiarata inammissibile (poiché essa è finalizzata ad ottenere l'avallo della Corte a favore di una determinata interpretazione della norma censurata) o, in subordine, manifestamente infondata, perché in materia previdenziale vige il principio generale secondo cui coloro che transitano da un'amministrazione ad un'altra acquisiscono una nuova posizione previdenziale relativa ai contributi versati, anche quando questi ultimi non siano utili all'insorgenza di un trattamento pensionistico.

    Considerato che il Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 14-bis, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488), «nella parte in cui consente una interpretazione volta a non applicare il beneficio della restituzione dei contributi a tutti i dipendenti della ex Age nsud, che, cessato ex lege il rapporto di lavoro con tale Agenzia ed esercitata l'opzione "b" di cui all'art. 14-bis, comma 1 dello stesso decreto, siano transitati presso amministrazioni statali ricongiungendo il servizio prestato in precedenza presso l'Agensud e non abbiano scelto il mantenimento della posizione pensionistica di provenienza»;

      che la norma censurata prevede che gli ex dipendenti della AGENSUD transitati, a seguito della soppressione dell'Agenzia, alle dipendenze delle amministrazioni statali e che siano cessati dal servizio tra il 14 ottobre 1993 e l'8 febbraio 1995 hanno diritto alla restituzione dei contributi versati allorché erano alle dipendenze dell'AGENSUD e non più utili a pensione dopo l'iscrizione nella gestione previdenziale dell'INPDAP (e relativo trasferimento dei contributi stessi a quest'ultimo ente);

      che il giudice a quo, dopo aver dato atto che il più recente orientamento del Consiglio di Stato (e quello maggioritario dei giudici ordinari di merito) è nel senso dell'insussistenza del diritto dei dipendenti ex AGENSUD ancora in servizio dopo l'8 febbraio 1995 ad ottenere il rimborso dei contributi non utili a fini pensionistici e dopo aver esposto gli argomenti che i giudici amministrativi deducono a sostegno di tale loro tesi, ha svolto una serie di serrate critiche a quegli argomenti ed ha esposto, a sua volta, i motivi per i quali invece la norma censurata dovrebbe essere interpretata nel senso opposto;

      che il rimettente non indica le ragioni che gli impedirebbero di adottare, nella decisione della controversia, l'interpretazione da esso ritenuta costituzionalmente corretta e, anzi, afferma che «la questione è a tutt'oggi irrisolta e più che mai attuale, se si considera la pendenza di un contenzioso gravoso innanzi le corti di merito, il contrasto di orientamenti giurisprudenziali recentemente insorto fra i giudici sia ordinari sia amministrativi»;

      che, anche nella formulazione del petitum sottoposto alla Corte, il giudice a quo afferma che la disposizione censurata semplicemente consentirebbe un'interpretazione a suo avviso confliggente con la Costituzione, mentre, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nessuna disposizione di legge può essere dichiarata costituzionalmente illegittima sol perché suscettibile di essere interpretata in contrasto con precetti costituzionali, ma deve esserlo soltanto quando non sia possibile attribuirle un significato che la renda conforme a Costituzione;

      che è evidente, dunque, che la questione sia diretta ad ottenere l'avallo della Corte ad una determinata interpretazione della norma censurata e per tale motivo la questione medesima deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14-bis, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96 (Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della legge 19 dicembre 1992, n. 488), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con l'ordinanza indicata in epigrafe.

    Così deciso in Roma, nelle sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2008.