Sentenza n. 214 del 2008

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SENTENZA N. 214

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Franco                           BILE                                             Presidente

-      Giovanni Maria               FLICK                                           Giudice

-      Francesco                      AMIRANTE                                       "

-      Ugo                               DE SIERVO                                       "

-      Paolo                             MADDALENA                                  "

-      Alfio                               FINOCCHIARO                                "

-      Alfonso                          QUARANTA                                     "

-      Franco                           GALLO                                              "

-      Luigi                               MAZZELLA                                       "

-      Gaetano                         SILVESTRI                                        "

-      Sabino                           CASSESE                                          "

-      Maria Rita                      SAULLE                                             "

-      Giuseppe                        TESAURO                                         "

-      Paolo Maria                   NAPOLITANO                                  "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 1° giugno 2006, n. 5 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 42 – ordinamento della professione di maestro di sci – e disposizioni in materia ambientale), nel testo modificato dall’art. 25 della legge della Regione Emilia-Romagna 28 luglio 2006, n. 13 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40, in coincidenza con l’approvazione della legge di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio 2006 e del bilancio pluriennale 2006-2008. Primo provvedimento di variazione), promosso con ordinanza del 25 giugno 2007 dal Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna sul ricorso proposto dall’E.N.I. s.p.a. – Divisione Refining & Marketing contro il Comune di Migliarino ed altri, iscritta al n. 737 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti gli atti di costituzione dell’E.N.I. s.p.a. – Divisione Refining & Marketing e della Regione Emilia-Romagna;

udito nell’udienza pubblica del 6 maggio 2008 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.

uditi gli avvocati Stefano Grassi e Antonella Persico per l’E.N.I. s.p.a. – Divisione Refining & Marketing, Maria Chiara Lista e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna.

Ritenuto in fatto

1. – Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, con ordinanza del 25 giugno 2007, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 1° giugno 2006, n. 5 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 42 – ordinamento della professione di maestro di sci – e disposizioni in materia ambientale), nel testo modificato dall’art. 25 della legge della stessa Regione 28 luglio 2006, n. 13 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40, in coincidenza con l’approvazione della legge di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio 2006 e del bilancio pluriennale 2006-2008. Primo provvedimento di variazione), il quale stabilisce: «Restano di competenza dei Comuni i procedimenti di bonifica dei siti contaminati già avviati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che li concludono sulla base della legislazione vigente alla data del loro avvio».

2. – Il rimettente premette che nel giudizio principale l’E.N.I. s.p.a. Divisione Refining & Marketing (di séguito,  E.N.I.) – la quale, con delibera della Giunta comunale n. 78 del 18 novembre 2004, aveva ottenuto l’autorizzazione a realizzare gli interventi previsti nel progetto definitivo di bonifica dell’impianto di distribuzione di carburanti sito nel Comune di Migliarino – ha impugnato la nota del Comune di Migliarino del 28 dicembre 2006, n. 12598, con cui quest’ultimo aveva rigettato l’istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica, in relazione al proprio punto vendita 6060 ubicato nel territorio di detto Comune, presentata per suo conto dalla Petroltecnica s.r.l. il 27 ottobre 2006.

Il Tar ricorda che il d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) – di séguito, codice dell’ambiente – ha abrogato l’art. 17 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), basato sui limiti massimi di concentrazione, al superamento dei quali scattava l’obbligo di bonifica, introducendo, nell’art. 240, le nozioni di «concentrazioni soglia di contaminazione» (CSC), il cui superamento impone la caratterizzazione e la procedura di analisi di rischio sito specifica, e la nozione di «concentrazioni soglia di rischio» (CSR), che, se oltrepassata, determina il sorgere dell’obbligo di bonifica e di messa in sicurezza.

L’art. 265, comma 4, del codice dell’ambiente ha attribuito a quanti avevano conseguito l’autorizzazione secondo la previgente disciplina la facoltà di rimodulare i propri interventi sulla base del nuovo regime, stabilendo che «fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto». In applicazione di tale previsione l’E.N.I. aveva presentato istanza di rimodulazione degli obiettivi di bonifica in relazione all’intervento sopraindicato. L’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 5 del 2006 – come modificato dall’art. 25 della legge della stessa Regione n. 13 del 2006 – invece, oltre ad aver confermato l’attribuzione agli enti locali della titolarità delle funzioni in esame, ha stabilito per i procedimenti in corso un diverso regime transitorio, in quanto ha previsto che a questi deve applicarsi la disciplina previgente, in tal modo escludendo la possibilità della rimodulazione degli obiettivi di bonifica già autorizzati in conformità al precedente regime.

Sulla base di tali premesse il Tar per l’Emilia-Romagna dubita della legittimità costituzionale della citata norma regionale, nella parte in cui si porrebbe in contrasto con il menzionato art. 265, comma 4, del codice dell’ambiente, il quale stabilisce che le norme in materia ambientale recate da detto decreto legislativo sono applicabili a tutte le situazioni non irreversibilmente definite alla data della loro entrata in vigore, per violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente. Infatti, ad avviso del rimettente, sebbene nella materia della «tutela dell’ambiente», spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, le Regioni possano – in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale – emanare norme nel caso di interferenza con àmbiti materiali riconducibili alle loro competenze, nell’osservanza degli standard fissati dalle norme statali, «nel caso della bonifica dei siti inquinati» – oggetto della disposizione censurata – sarebbe «difficilmente confutabile che lo scopo primario sia la tutela dell’ambiente», con conseguente illegittimità costituzionale della norma regionale.

3. – Nel giudizio innanzi a questa Corte si è costituita la Regione Emilia-Romagna, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, parte nel processo principale, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque, infondata.

A séguito dell’entrata in vigore del nuovo codice dell’ambiente – che ha introdotto disposizioni radicalmente diverse rispetto a quelle di cui alla previgente normativa – la Regione ritiene che si sia determinata una situazione di grave incertezza giuridica con riferimento ai procedimenti autorizzatori di interventi di bonifica già avviati e in corso di istruttoria in base alla normativa pregressa, anche a causa della incompletezza di quanto prescritto dalla disposizione transitoria statale di cui all’art. 265, comma 4, dello stesso codice. In considerazione di ciò, la Regione Emilia-Romagna, con la norma censurata, avrebbe legittimamente integrato la disciplina statale transitoria, qualificata «incompleta e alquanto incerta», al fine di assicurare la continuità dell’intervento pubblico in materia di controllo e risanamento dei siti inquinati, semplicemente garantendo un «transito controllato» fra la disciplina statale precedente e quella successiva.

4. – Nel giudizio si è altresì costituita l’E.N.I. s.p.a. Divisione Refining & Marketing, chiedendo l’accoglimento della questione e deducendo l’illegittimità della norma censurata anche in riferimento ad altri profili ed in specie all’art. 117, primo e secondo comma, lettera m), della Costituzione.

5. – All’udienza pubblica le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.

Considerato in diritto

1. – La questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna investe l’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 1° giugno 2006, n. 5 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 42 – ordinamento della professione di maestro di sci – e disposizioni in materia ambientale), nel testo modificato dall’art. 25 della legge della stessa Regione 28 luglio 2006, n. 13 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40, in coincidenza con l’approvazione della legge di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio 2006 e del bilancio pluriennale 2006-2008. Primo provvedimento di variazione), il quale stabilisce: «Restano di competenza dei Comuni i procedimenti di bonifica dei siti contaminati già avviati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che li concludono sulla base della legislazione vigente alla data del loro avvio».

1.1. – Secondo il rimettente, la norma regionale censurata, disponendo che le norme abrogate di cui al d.lgs. n. 22 del 1997 restano applicabili ai procedimenti di bonifica ancora in corso, si porrebbe in contrasto con l’art. 265, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale stabilisce che le norme in materia ambientale recate da detto decreto legislativo sono applicabili a tutte le situazioni non irreversibilmente definite alla data della loro entrata in vigore, in tal modo violando la competenza statale esclusiva in tema di «tutela dell’ambiente».

2. – La questione va esaminata entro i limiti del thema decidendum individuato dall’ordinanza di rimessione (ex plurimis, sentenze n. 349 del 2007, n. 310 e n. 234 del 2006). Pertanto, non possono essere scrutinate le censure proposte dall’ENI, in riferimento a parametri e profili non prospettati dal giudice rimettente, che, in questa parte, ha ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla predetta società.

3. – La questione sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, è fondata.

Il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) – che ha introdotto una nuova disciplina in tema di bonifica dei siti contaminati – ha disposto, all’art. 264, comma 1, lettera i), l’abrogazione espressa del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio). E’ stato quindi abrogato l’art. 17 del medesimo decreto n. 22 del 1997, relativo alla bonifica ed al ripristino dei siti inquinati, basato sui limiti massimi di concentrazione, al superamento dei quali scattava comunque l’obbligo di bonifica.  Sono state, inoltre, introdotte, all’art. 240, due distinte soglie: la prima, corrispondente alle «concentrazioni soglia di contaminazione» (CSC), in relazione alla quale i livelli di contaminazione delle matrici ambientali costituiscono valori il cui superamento impone la caratterizzazione del sito e la procedura di analisi di rischio sito specifica; la seconda, corrispondente alle «concentrazioni soglia di rischio» (CSR), che, se oltrepassata, determina il sorgere dell’obbligo di bonifica e di messa in sicurezza.

Le novità apportate dal decreto legislativo n. 152 del 2006 sono rilevanti.

La previgente disciplina definiva «inquinato» il sito nel quale i livelli di contaminazione o alterazione erano «tali da determinare un pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente naturale», ciò che avveniva quando la concentrazione degli inquinanti risultava «superiore ai valori di concentrazione limite accettabili», fissati dall’apposita normativa tabellare. «Potenzialmente inquinato» era il sito in cui, a causa di attività pregresse o in atto, sussisteva la «possibilità» che fossero presenti sostanze inquinanti in concentrazioni tali da determinare «pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente» (art. 2, comma 1, lettera c), del decreto del Ministro dell’ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, contenente il «Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni e integrazioni»). Nel nuovo regime di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, i «valori limite» di concentrazione diventano «valori di attenzione» (cosiddette «concentrazioni soglia di contaminazione»), il cui superamento non determina, di per sé, l’automatica qualificazione giuridica di contaminazione del sito, ma obbliga unicamente alla caratterizzazione e all’analisi di rischio «sito specifica» (art. 240 del d.lgs. n. 152 del 2006). Nel d.m. n. 471 del 1999 il ruolo dell’«analisi di rischio» era definito eminentemente sussidiario. Nel nuovo regime, al contrario, l’analisi di rischio diviene strumento centrale e decisivo ai fini della qualificazione giuridica di contaminazione del sito e della conseguente insorgenza dell’obbligo di messa in sicurezza e di bonifica.

La portata delle modifiche introdotte in tema di bonifica dei siti inquinati ha indotto il legislatore statale ad agevolare la transizione dal vecchio al nuovo regime, mediante la previsione contenuta nell’art. 265, comma 4, secondo la quale, «fatti salvi gli interventi realizzati alla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, entro centottanta giorni da tale data, può essere presentata all’autorità competente adeguata relazione tecnica al fine di rimodulare gli obiettivi di bonifica già autorizzati sulla base dei criteri definiti dalla parte quarta del presente decreto. L’autorità competente esamina la documentazione e dispone le varianti al progetto necessarie».

Tale previsione esprime chiaramente il favor del legislatore statale per l’applicazione della disciplina sopravvenuta in riferimento non solo ai procedimenti in corso, ma anche ai procedimenti già conclusi, riconoscendo in relazione a questi ultimi – con una formula di non dubbia interpretazione – la facoltà di proporre istanza di rimodulazione degli interventi già autorizzati, ma non realizzati, sia pure nelle forme ed entro i limiti sopra richiamati.

In contrasto con detta previsione, la norma regionale censurata statuisce, in maniera altrettanto chiara, che «i procedimenti di bonifica dei siti contaminati già avviati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152» sono conclusi «sulla base della legislazione vigente alla data del loro avvio», in tal modo escludendo la facoltà che gli interventi di bonifica già autorizzati in forza del regime previgente possano essere rimodulati alla luce della  nuova disciplina e rivelando un disfavore per l’applicazione di quest’ultima.

Questa Corte ha più volte affermato che le Regioni, nell’esercizio di proprie competenze, possono perseguire fra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale (sentenza n. 246 del 2006; sentenza n. 182 del 2006). Tuttavia, il perseguimento di finalità di tutela ambientale da parte del legislatore regionale può ammettersi solo ove esso sia un effetto indiretto e marginale della disciplina adottata dalla Regione nell’esercizio di una propria legittima competenza e comunque non si ponga in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che proteggono l’ambiente (sentenza n. 431 del 2007).

Inoltre, questa Corte ha precisato che la disciplina ambientale, che scaturisce dall’esercizio di una competenza esclusiva dello Stato, costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per cui queste ultime non possono in alcun modo derogare il livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato (sentenza n. 62 del 2008; sentenza n. 378 del 2007). Spetta infatti alla disciplina statale tener conto degli altri interessi costituzionalmente rilevanti contrapposti alla tutela dell’ambiente. In tali casi, infatti, una eventuale diversa disciplina regionale, anche più rigorosa in tema di tutela dell’ambiente, rischierebbe di sacrificare in maniera eccessiva e sproporzionata gli altri interessi confliggenti considerati dalla legge statale nel fissare i cosiddetti valori soglia (sentenza n. 246 del 2006; sentenza n. 307 del 2003).

Nella specie, la norma censurata ha quale oggetto diretto e specifico la tutela dell’ambiente, imponendo, in violazione di detti princípi e in evidente contrasto con quanto statuito dal legislatore statale (art. 265, comma 4 del d.lgs. n. 152 del 2006), l’applicazione ai procedimenti in corso della normativa statale previgente (e dei valori-soglia da essa definiti), in luogo di quella nuova. In tal modo, la disposizione impedisce la rimodulazione, alla luce di quest’ultima, degli interventi già autorizzati, facoltizzata dalla normativa statale, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della legge della Regione Emilia-Romagna 1° giugno 2006, n. 5 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 42 – ordinamento della professione di maestro di sci – e disposizioni in materia ambientale), nel testo modificato dall’art. 25 della legge della stessa Regione 28 luglio 2006, n. 13 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale 15 novembre 2001, n. 40, in coincidenza con l’approvazione della legge di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio 2006 e del bilancio pluriennale 2006-2008. Primo provvedimento di variazione).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 18 giugno 2008.