Ordinanza n. 176 del 2008

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ORDINANZA N. 176

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco BILE                                                Presidente

-  Giovanni Maria FLICK                    Giudice

-  Francesco AMIRANTE                             “

-  Ugo DE SIERVO                                     “

-  Paolo MADDALENA                              “

-  Alfio FINOCCHIARO                               “

-  Alfonso QUARANTA                             “

-  Franco GALLO                                      “

-  Luigi MAZZELLA                                   “

-  Gaetano SILVESTRI                               “

-  Sabino CASSESE                                   “

-  Maria Rita SAULLE                                “

-  Giuseppe TESAURO                               “

-  Paolo Maria NAPOLITANO                    “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del primo comma dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), promosso con ordinanza depositata il 9 maggio 2003 dalla Commissione tributaria regionale della Toscana nei giudizi riuniti vertenti tra l’Agenzia delle entrate, uffici di Montepulciano e di Firenze 1, Franco Fontani ed Emanuele Francesco Reali, iscritta al n. 817 del registro ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell’anno 2008.

         Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nella camera di consiglio del 16 aprile 2008 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto che, nel corso di due giudizi d’appello riuniti, aventi ad oggetto sentenze riguardanti l’impugnazione del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza avanzata da due contribuenti per ottenere il rimborso dell’IRPEF da essi corrisposta mediante versamento diretto, la Commissione tributaria regionale della Toscana, con ordinanza depositata il 9 maggio 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, questioni di legittimità dell’art. 38 [rectius: del solo primo comma di tale articolo] del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale);

che la Commissione rimettente, con riguardo ad uno dei due giudizi di appello, dichiara di proporre, in riferimento ai suddetti parametri costituzionali, la medesima questione di legittimità costituzionale già sollevata nello stesso giudizio, in riferimento a parametri parzialmente diversi (cioè gli artt. 3 e 24 Cost.), con una precedente ordinanza di rimessione;

che, in relazione a tale ordinanza, la Corte costituzionale, con ordinanza n. 68 del 2002, aveva disposto la restituzione degli atti al giudice a quo perché motivasse sull’eventuale perdurare della rilevanza della questione anche dopo la sopravvenienza dei commi 6 e 5 dell’art. 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), i quali avevano rispettivamente modificato: a) il secondo comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, elevando da diciotto a quarantotto mesi il termine decadenziale, decorrente dalla data di effettuazione della ritenuta, previsto per la richiesta di rimborso da parte dei percipienti delle somme assoggettate a ritenuta medesima; b) l’art. 37 del d.P.R. n. 602 del 1973, assunto dal rimettente quale tertium comparationis, sostituendo all’originario termine prescrizionale decennale previsto dall’articolo 2946 del codice civile il termine di decadenza di quarantotto mesi, per la richiesta di rimborso da parte del contribuente assoggettato a ritenuta diretta;

che la medesima Commissione tributaria, con riferimento ad un secondo giudizio di appello, nelle more riunito al primo, dichiara di sollevare una questione di legittimità costituzionale identica a quella proposta nell’altro giudizio riunito;

che il predetto giudice a quo espone che, con la precedente ordinanza di rimessione, aveva sollevato, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, perché detta norma irragionevolmente sottopone il diritto al rimborso degli importi corrisposti all’erario con versamento diretto, al breve termine decadenziale di 18 mesi, mentre il diritto al rimborso delle somme assoggettate a ritenuta diretta, disciplinato dall’art. 37 dello stesso decreto, è invece sottoposto al ben piú ampio termine di prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 cod. civ.;

che il giudice rimettente aggiunge che, con la suddetta ordinanza di rimessione, aveva già precisato che la denunciata irragionevole disparità di trattamento non era venuta meno neppure con l’ampliamento del termine decadenziale previsto dal primo comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 da 18 a 48 mesi – ampliamento disposto dall’art. 1, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133 – perché, anche dopo tale modifica della norma censurata, permaneva pur sempre una rilevante differenza, in danno dell’avente diritto al rimborso, tra il termine decadenziale di 48 mesi e quello prescrizionale di 10 anni;

che la Commissione tributaria regionale, nel richiamare per entrambi i giudizi di appello riuniti, le suddette censure, evoca a parametro, oltre all’art. 3 Cost., anche l’art. 25 Cost., senza addurre al riguardo ulteriori motivazioni;

che il rimettente, dopo aver preso atto della citata ordinanza della Corte costituzionale n. 68 del 2002, ripropone sostanzialmente le censure già a suo tempo proposte ed afferma la rilevanza delle sollevate questioni osservando che le sopravvenute modificazioni apportate dall’art. 1, comma 5, della legge n. 133 del 1999 al primo comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, nonché quelle apportate dall’art. 34, comma 6, della legge n. 388 del 2000 al secondo comma dello stesso art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 non hanno efficacia retroattiva e, pertanto, non sono applicabili ai rapporti dedotti in ciascun giudizio di appello, nei quali si è già verificata in tutto o in parte, per effetto del decorso del termine di diciotto mesi, la decadenza prevista dalla disposizione denunciata;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo una pronuncia di inammissibilità o comunque di manifesta infondatezza delle sollevate questioni;

che, in rito, la difesa erariale eccepisce l’inammissibilità delle questioni poste con riferimento all’art. 25 Cost., sia perché tale parametro «pare all’evidenza indicato erroneamente», sia perché, anche ove il rimettente avesse inteso evocare l’art. 24 Cost., resterebbe comunque immotivata la non manifesta infondatezza;

che, nel merito, l’Avvocatura afferma: a) con riferimento all’art. 24 Cost., che «il parametro risulta inconferente perché attinente all’aspetto processuale della tutela dei diritti e non all’aspetto sostanziale della disciplina del rapporto (qual è quella dettata dal censurato art. 38)»; b) con riferimento all’art. 3 Cost., che le «fattispecie disciplinate dagli articoli 37 e 38 del DPR 602/73 non sono omogenee e, dunque, non sussiste alcuna irragionevolezza nella diversità di disciplina»;

Considerato che la Commissione tributaria regionale della Toscana dubita, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, della legittimità dell’art. 38 [rectius: del solo primo comma di tale articolo] del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale);

che il primo comma della disposizione denunciata stabilisce che «Il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare all’intendente di finanza nella cui circoscrizione ha sede l’esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di diciotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento»;

che, secondo la Commissione rimettente, detta disposizione víola gli evocati parametri costituzionali, perché irragionevolmente sottopone il diritto al rimborso degli importi corrisposti all’erario con versamento diretto al breve termine decadenziale di 18 mesi, mentre il diritto al rimborso delle somme assoggettate a ritenuta diretta, disciplinato dal primo comma dell’art. 37 del d.P.R. n. 602 del 1973, è invece sottoposto al piú ampio termine di prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 del codice civile;

che le questioni prospettate in riferimento all’art. 25 Cost sono manifestamente inammissibili per difetto di motivazione, perché il giudice rimettente non svolge alcuna argomentazione in ordine alla affermata non manifesta infondatezza delle questioni medesime, ma si limita a dedurre la violazione di tale articolo della Costituzione;

che alla stessa conclusione di manifesta inammissibilità si perverrebbe anche se si ritenesse che il rimettente ha indicato l’art. 25 Cost. per mero errore materiale, intendendo invece evocare (come nell’ordinanza di rimessione da lui precedentemente emessa in uno dei due giudizi a quibus riuniti) l’art. 24 Cost.;

che, infatti, la Commissione tributaria non ha fornito alcuna motivazione circa la non manifesta infondatezza della questione con riferimento all’art. 24 Cost. né nell’attuale né nella richiamata precedente ordinanza di rimessione;

che il giudice a quo ha adeguatamente motivato sulla rilevanza delle questioni prospettate con riferimento all’art. 3 Cost.;

che dette questioni sono, tuttavia, manifestamente infondate;

che infatti, come più volte affermato da questa Corte, la norma denunciata – nel prevedere il breve termine decadenziale di 18 mesi per l’esercizio del diritto al rimborso delle imposte corrisposte mediante versamento diretto – non comporta un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto al primo comma dell’art. 37 del d.P.R. n. 602 del 1973, evocato dal rimettente quale tertium comparationis, il quale prevede solo un termine prescrizionale decennale per l’esercizio del diritto al rimborso delle imposte corrisposte mediante assoggettamento a ritenuta diretta;

che, in particolare, il rimborso disciplinato dal primo comma dell’art. 37 del d.P.R. n. 602 del 1973, per il caso di ritenuta diretta, e il rimborso disciplinato dal primo comma dell’art. 38 dello stesso decreto, per il caso di versamento diretto, afferiscono «a meccanismi di riscossione del tributo aventi spiccata autonomia e caratteristiche del tutto peculiari», perché «la procedura di rimborso viene a trarre origine, nell’un caso (ritenuta diretta) da un comportamento erroneo riconducibile al solo ente creditore del tributo, senza alcun concorso del debitore, il quale perciò ha diritto di ripetere quanto indebitamente trattenuto; nell’altro caso (versamento diretto), da un comportamento ascrivibile allo stesso contribuente (eventualmente a mezzo di un sostituto d’imposta), sul quale grava dunque l‘onere di richiedere la restituzione di quanto non dovuto entro un termine di decadenza, così operandosi un contemperamento del diritto alla restituzione con l’interesse pubblicistico di garantire la necessaria celerità di un gettito fiscale certo» (ordinanza n. 430 del 2000);

che la rilevata non omogeneità delle situazioni poste a raffronto dal giudice a quo esclude la necessità di una disciplina unitaria delle fattispecie disciplinate, rispettivamente, dal primo comma dell’art. 37 e dal primo comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 ed esclude, quindi, che la disciplina censurata arrechi il denunciato «vulnus al principio di uguaglianza» (ordinanza n. 430 del 2000; nonché ordinanze n. 545 del 1987 e n. 305 del 1985);

che la circostanza che il legislatore ha successivamente e gradatamente introdotto per i rimborsi delle imposte corrisposte mediante assoggettamento a ritenuta diretta (primo comma dell’art. 37 del d.P.R. n. 602 del 1973) ovvero mediante versamento diretto, personale o tramite sostituto d’imposta (primo e secondo comma dell’art. 38 dello stesso decreto), un unico termine decadenziale di quarantotto mesi (art. 1, comma 5, della legge n. 133 del 1999; art. 34, commi 5 e 6, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001») è effetto di una sua scelta discrezionale diretta a unificare i termini per esercitare il diritto al rimborso, che non elimina la riscontrata non omogeneità delle situazioni comparate dal rimettente;

che, al riguardo, il rimettente non prospetta profili diversi da quelli già presi in esame con le citate pronunce, o, comunque, tali da indurre questa Corte a modificare il precedente orientamento.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale del primo comma dell’art. 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) – nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 5, della legge 13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale) – sollevate, in riferimento all’art. 25 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale del medesimo primo comma dell’art. 38 del d. P.R. n. 602 del 1973 – nel testo anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 5, della legge n. 133 del 1999 – sollevate, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 maggio 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2008.