Ordinanza n. 126 del 2008

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ORDINANZA N. 126

ANNO 2008

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco               BILE                                        Presidente

-  Giovanni Maria   FLICK                                       Giudice

-  Ugo                   DE SIERVO                                    ”

-  Paolo                 MADDALENA                                 ”

-  Alfio                  FINOCCHIARO                              ”

-  Alfonso              QUARANTA                                   ”

-  Franco               GALLO                                           ”

-  Luigi                  MAZZELLA                                    ”

-  Gaetano             SILVESTRI                                     ”

-  Sabino               CASSESE                                       ”

-  Maria Rita          SAULLE                                         ”

-  Giuseppe            TESAURO                                       ”

-  Paolo Maria       NAPOLITANO                                ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2 sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo originario risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze del 20 dicembre 2006 dal Giudice di pace di Notaresco, del 6 giugno 2006 dal Giudice di pace di Afragola, del 26 settembre 2006 dal Giudice di pace di Foggia, del 12 gennaio 2007 dal Giudice di pace di Cervignano del Friuli, del 13 dicembre 2006 dal Giudice di pace di Melfi, del 16 gennaio 2007 dal Giudice di pace di Catanzaro e del 18 settembre 2006 dal Giudice di pace di Piove di Sacco rispettivamente iscritte ai nn. 374, 376, 520, 580, 597, 639 e 640 del registro ordinanze 2007 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21, 28, 34, 35 e 37, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 2 aprile 2008 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.

Ritenuto che i Giudici di pace di Notaresco, Cervignano del Friuli e Catanzaro, con le ordinanze di cui in epigrafe, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 27, 16 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo originario risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che anche i Giudici di pace di Afragola, Foggia, Melfi e Piove di Sacco, con le ordinanze di cui in epigrafe, hanno, del pari, sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies del d.lgs. n. 285 del 1992, limitandosi, peraltro, il secondo dei rimettenti ad ipotizzare il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nonché, l’ultimo di essi, anche con l’art. 27 Cost.;

che il Giudice di pace di Notaresco (r.o. n. 374 del 2007), in particolare, ipotizza che la norma censurata violi gli artt. 3, 16 e 27 Cost.;

che il rimettente – premesso di essere chiamato a giudicare dell’opposizione proposta dal genitore di un minorenne, avverso il verbale con il quale veniva contestata, al secondo, l’infrazione consistente nella guida di un veicolo a due ruote senza l’uso del casco protettivo, nonché disposto il sequestro del mezzo, di proprietà del primo, in vista della successiva confisca – reputa che il predetto art. 213, comma 2-sexies, contrasti, innanzitutto, con il principio dell’eguaglianza formale e sostanziale dei cittadini;

che esso censura, in particolare, la circostanza che la sanzione della confisca venga applicata «solo nel caso in cui la violazione sia commessa utilizzando un ciclomotore o un motociclo e non nel caso in cui sia determinata servendosi di un altro tipo di veicolo, ad esempio un’automobile», e segnatamente allorché si realizzi, ad esempio, l’infrazione consistente nel mancato uso delle cinture di sicurezza;

che il giudice a quo deduce, poi, la ricorrenza di «un aperto contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità» (artt. 3 e 27 Cost.), che impongo l’adozione di sanzioni adeguate, atteso che, nella specie, la sanzione della confisca «risulta sproporzionata rispetto alla pena principale», tanto da assumere «un carattere prevalente e preponderante»;

che il rimettente – richiamato quell’indirizzo della giurisprudenza costituzionale che ammette il sindacato sulle scelte sanzionatorie del legislatore, allorché esse contrastino in modo manifesto con il canone della ragionevolezza, e rilevato che la Corte costituzionale, su tali basi, ha già dichiarato l’illegittimità dell’art. 134, comma 2, del codice della strada «che prevedeva la confisca del veicolo solo perché era scaduta la carta di circolazione dello stesso» – reputa che l’adozione di analoga soluzione s’imponga nel caso in esame;

che, infine, ipotizza la violazione anche dell’art. 16 Cost., atteso che la libertà di circolazione «con la confisca del mezzo viene compressa e limitata notevolmente»;

che anche il Giudice di pace di Cervignano del Friuli (r.o. n. 580 del 2007) censura il predetto art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada con riferimento agli artt. 2, 3 e 42 Cost.;

che esso, nel premettere di essere investito dell’opposizione proposta avverso «verbale di accertamento di violazione dell’art. 171» del codice della strada, nonché avverso il «contestuale verbale di sequestro amministrativo di ciclomotore», assume, in primo luogo, la violazione dell’art. 3 Cost.;

che viene dedotta, difatti, l’esistenza di un’evidente «sproporzione tra la violazione e le conseguenze economiche della sanzione», dipendente dalla «notevole diversità di valore economico» tra i singoli ciclomotori o motoveicoli colpiti dalla confisca, con la conseguenza, quindi, che «vengono puniti in modo ingiustificatamente diverso i trasgressori rispetto alla medesima violazione»;

che, inoltre, poiché «il diritto di eguaglianza» rientra tra quelli inviolabili di cui all’art. 2 Cost., si assume che anche tale articolo risulterebbe violato dalla norma in esame, giacché essa «pone una evidente disparità di trattamento tra conducenti di ciclomotori e motoveicoli e conducenti di tutti gli altri veicoli»;

che infine, è dedotta, la violazione dell’art. 42 della Carta fondamentale, in quanto la disposizione in contestazione, in particolar modo quando il veicolo confiscato appartenga ad un soggetto diverso dal trasgressore, darebbe luogo «ad una sottrazione illegittima del bene», gravando, per giunta, il proprietario del mezzo «delle spese di custodia senza limite di tempo»;

che anche il Giudice di pace di Catanzaro (r.o. n. 639 del 2007) ipotizza l’illegittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3, 27 e 42 Cost. – del medesimo art. 213, comma 2-sexies, del codice della strada;

che il rimettente deduce preliminarmente, in punto di fatto, di essere investito dell’opposizione proposta – avverso un verbale di contestazione di infrazione stradale comportante il sequestro del mezzo in vista della successiva confisca – dal proprietario di un veicolo a due ruote sanzionato per aver condotto il mezzo senza l’uso del casco protettivo;

che, ciò premesso, il giudice a quo assume che il citato articolo sarebbe «contrario agli artt. 3 (principio di uguaglianza) e 27 (principio della responsabilità penale personale) della Costituzione», oltre che ai principi «di ragionevolezza e proporzionalità della sanzione»;

che, in particolare, si evidenzia come, in presenza di violazioni analoghe, la sanzione accessoria della confisca sia prevista «soltanto quando la violazione sia commessa per l’utilizzo di un ciclomotore» e non pure di un altro veicolo;

che, del pari, l’art. 3 Cost. risulterebbe violato «per l’incongruità tra la sanzione principale, piuttosto modesta e la sanzione accessoria eccessivamente penalizzante»;

che, infine, la norma censurata contrasterebbe anche con l’art. 42 Cost., «il quale tutela la proprietà privata ammettendo l’espropriazione solo in presenza di motivi di interesse generale», tale, invece, non essendo «il mancato uso del casco»;

che anche i Giudici di pace di Afragola (r.o. n. 376 del 2007), Foggia (r.o. n. 520 del 2007), Melfi (r.o. n. 597 del 2007) e Piove di Sacco (r.o. n. 640 del 2007), hanno, del pari, sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies del d.lgs. n. 285 del 1992, limitandosi, peraltro, il secondo dei rimettenti ad ipotizzare il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nonché, l’ultimo di essi, anche con l’art. 27 Cost., nessuno dei giudici a quibus provvedendo, invece, né a descrivere le fattispecie oggetto dei giudizi principali, né a motivare le ragioni della non manifesta infondatezza e della rilevanza della questione sollevata;

che è intervenuto in ciascun giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;

che la difesa dello Stato – eccepita, in via preliminare, l’inammissibilità delle questioni, in quanto prive di motivazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza (eccezione specificamente riproposta, con un ulteriore memoria, per la questione sollevata dal rimettente foggiano) – assume che i dubbi di costituzionalità sollevati dai rimettenti sarebbero «irrilevanti» per la definizione dei giudizi pendenti innanzi ad essi;

che, difatti, i giudici a quibus non avrebbero chiarito se, nei casi oggetto dei giudizi principali, risulti provato «il fatto che il veicolo circolava contro la volontà del proprietario», giacché, ricorrendo detta ipotesi, difetterebbe un’adeguata motivazione sull’influenza dei prospettati dubbi di costituzionalità;

che, in subordine, l’Avvocatura generale dello Stato deduce l’infondatezza delle questioni sollevate;

che, a suo dire, la confisca è rivolta a sottrarre la disponibilità di ciclomotori e motoveicoli a coloro i quali, mostrandosi indifferenti all’obbligo di indossare il casco protettivo, realizzano, con il proprio contegno, «una causa di incremento del pericolo di lesioni craniche da circolazione di motocicli», sicché – sottolinea la difesa erariale – anche «il proprietario che autorizzi o tolleri l’uso del motociclo da parte di soggetti che non rispettano l’obbligo in questione» è ragionevolmente sottoposto, da censurato art. 213, comma 2-sexies, a tale sanzione;

che l’applicazione di tale sanzione troverebbe, dunque, la sua ragion d’essere nella circostanza che il proprietario del veicolo «ha accettato di concorrere all’incremento complessivo del rischio da circolazione e, contemporaneamente, ha rinunciato ad esercitare un controllo personale e diretto sul comportamento del conducente», di talché, quella ipotizzabile nei suoi confronti, non è un’ipotesi di responsabilità per fatto altrui;

che nessuna violazione del principio di eguaglianza, poi, potrebbe essere ravvisata nel caso di specie, essendo priva di fondamento, in particolare, la censura che tende a stigmatizzare il fatto che la confisca obbligatoria «non sia prevista per violazioni stradali che il giudice rimettente considera più gravi sotto il profilo degli interessi protetti», atteso che la legittimità costituzionale di una sanzione va riconosciuta «qualora sussista una ragionevole coerenza tra la sua misura ed entità e gli interessi protetti dal precetto di cui la sanzione è presidio»;

che nella specie, prosegue la difesa erariale, «la prevenzione del rischio individuale e sociale da trauma cranico, specifico e peculiare della circolazione motociclistica, rende ragione sufficiente di una misura intesa a togliere la disponibilità del mezzo specifico della creazione di tale rischio»;

che tali rilievi, inoltre, varrebbero a fugare l’ulteriore dubbio relativo alla violazione dell’art. 3 della Costituzione, dimostrando come nell’applicazione della sanzione de qua «non abbia alcun rilievo il valore dei motocicli confiscati», giacché attraverso di essa non si «tende a colpire il patrimonio del responsabile, bensì a rimuovere una causa di incremento del rischio di cui si è detto».

Considerato che i Giudici di pace di Notaresco, Cervignano del Friuli e Catanzaro hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale – in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 27, 16 e 42 della Costituzione – dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo originario risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada);

che anche i Giudici di pace di Afragola, Foggia, Melfi e Piove di Sacco hanno, del pari, sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies, del d.lgs. n. 285 del 1992, limitandosi, peraltro, il secondo dei rimettenti ad ipotizzare il contrasto con l’art. 3 della Costituzione, nonché, l’ultimo di essi, anche con l’art. 27 Cost.;

che, preliminarmente, deve essere disposta la riunione dei giudizi, atteso che la loro identità di oggetto ne giustifica l’unitaria trattazione ai fini di un’unica decisione;

che tutte le questioni sono manifestamente inammissibili, ancorché per ragioni differenti;

che quanto, in particolare, alle questioni sollevate dai Giudici di pace di Notaresco, Cervignano del Friuli e Catanzaro, deve rilevarsi che i predetti remittenti hanno assunto la propria iniziativa successivamente alle modifiche, recate al testo della norma censurata, dal comma 169 dell’art. 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), inserito dalla relativa legge di conversione 24 novembre 2006, n. 286;

che non avendo i medesimi minimamente affrontare il problema della incidenza di tale sopravvenienza normativa rispetto ai giudizi principali, le questioni da essi sollevate sono manifestamente inammissibili;

che tale è, infatti, secondo l’indirizzo di questa Corte, l’esito della questione allorché il rimettente non abbia «svolto alcuna motivazione in ordine alla incidenza della novella sulla fattispecie al suo esame (…) quanto alla perdurante rilevanza della questione nel giudizio a quo» (così, in particolare, da ultimo, l’ordinanza n. 310 del 2007);

che in merito, invece, alle questioni sollevate dai rimettenti di Afragola, Foggia, Melfi e Piove di Sacco, l’esito della manifesta inammissibilità appare imposto dalle gravissime carenze – non solo quanto alla descrizione delle fattispecie oggetto dei giudizi principali, ma anche quanto alla motivazione in ordine alla rilevanza e non manifesta infondatezza dei dubbi di costituzionalità (in due casi non sono neppure indicate le norme costituzionali asseritamente violate dalla censurata disposizione) – che inficiano le ordinanze di rimessione (cfr., da ultimo, proprio con riferimento alla norma oggi censurata, l’ordinanza n. 243 del 2007).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 213, comma 2-sexies (comma introdotto dall’art. 5-bis, comma 1, lettera c, numero 2, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione», nel testo originario risultante dalla relativa legge di conversione 17 agosto 2005, n. 168), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate – in riferimento, nel complesso, agli artt. 2, 3, 27, 16 e 42 della Costituzione – dai Giudici di pace di Notaresco, Afragola, Foggia, Cervignano del Friuli, Melfi, Catanzaro e Piove di Sacco, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 2008.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2008.