Sentenza n. 412 del 2007

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SENTENZA N. 412

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-    Franco                      BILE                                   Presidente

-    Giovanni Maria         FLICK                                    Giudice

-    Francesco                  AMIRANTE                               "

-    Ugo                          DE SIERVO                               "

-    Paolo                        MADDALENA                           "

-    Alfio                        FINOCCHIARO                         "

-    Alfonso                    QUARANTA                              "

-    Franco                      GALLO                                      "

-    Luigi                        MAZZELLA                               "

-    Gaetano                    SILVESTRI                                "

-    Sabino                      CASSESE                                   "

-    Maria Rita                 SAULLE                                    "

-    Giuseppe                   TESAURO                                  "

-    Paolo Maria               NAPOLITANO                           "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 30 e 34, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), promossi: dalla Regione Veneto con ricorsi notificati il 31 agosto 2006 ed il 5 ottobre 2006, depositati in cancelleria l’11 settembre 2006 e l’11 ottobre 2006 ed iscritti ai nn. 96 e 103 del registro ricorsi 2006; dalla Regione Toscana con ricorso notificato il 28 settembre 2006, depositato in cancelleria il 26 settembre 2006 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2006; dalla Regione Valle d’Aosta con ricorso notificato il 10 ottobre 2006, depositato in cancelleria il 19 ottobre 2006 ed iscritto al n. 107 del registro ricorsi 2006.

         Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nell’udienza pubblica del 6 novembre 2007 il giudice relatore Luigi Mazzella;

         uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Andrea Manzi per la Regione Veneto, Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana e l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

         1. – Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la Regione Veneto ha proposto in via principale questioni di legittimità costituzionale, tra l’altro, degli artt. 30 e 34, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), lamentando la violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

         Dopo la conversione in legge del menzionato decreto-legge – avvenuta con legge 4 agosto 2006, n. 248 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale) – la medesima Regione Veneto ha proposto analoghe questioni contro le norme prima citate così come convertite dalla legge, mentre la Regione Toscana e la Regione Valle d’Aosta, con distinti ricorsi, hanno proposto, tra l’altro, questione di legittimità costituzionale del solo art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 convertito in legge, denunciando la violazione, la prima, degli artt 117 e 119 Cost. e, la seconda, degli artt. 116, primo comma, 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

         2. – Con riferimento all’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006, la Regione Veneto denuncia che la norma, introducendo il divieto di assunzioni di personale, a qualsiasi titolo, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa previsti nell’art. 1, comma 198, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006), violerebbe la sfera di autonomia delle Regioni garantita dalla Costituzione.

La ricorrente, ricordato che l’art. 1, comma 198, della legge n. 266 del 2005 impone alle amministrazioni regionali, agli enti locali ed agli enti del servizio sanitario nazionale di adottare le misure necessarie a garantire che le spese di personale non superino, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’1 per cento, deduce che l’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 ha sostituito l’originario comma 204 del citato art. 1 della legge n. 266 del 2005. Tale norma ora prevede, ai fini del monitoraggio e della verifica degli adempimenti di cui al comma 198, la costituzione di un tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali, del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento degli affari regionali e del ministero dell’interno, con l’obiettivo di acquisire, dagli enti destinatari della norma, la documentazione (certificata dall’organo di revisione contabile), delle misure adottate e dei risultati conseguiti, di fissare specifici criteri e modalità operative per il monitoraggio e la verifica dell’effettivo conseguimento, da parte degli enti, dei previsti risparmi di spesa, di verificare la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento, di elaborare analisi e proposte operative dirette al contenimento strutturale della spesa di personale.

Inoltre la norma impugnata ha introdotto un comma 204-bis che prevede, da un lato, la trasmissione alla Corte dei conti delle risultanze delle operazioni di verifica del tavolo tecnico di cui al comma 204 e, dall’altro, il divieto di assunzioni a qualsiasi titolo a carico degli enti che omettono di inviare al tavolo tecnico la documentazione, certificata dall’organo di revisione contabile, relativa alle misure adottate ed ai risultati conseguiti nel contenimento delle spese per il personale.

         La ricorrente lamenta che quelle introdotte dall’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 sarebbero norme contenenti precetti puntuali e specifici che non lascerebbero alla Regione margini di disposizione in via autonoma, nonostante la materia rientri nell’ambito del «coordinamento della finanza pubblica» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., rispetto al quale allo Stato spetta solo il potere di dettare i principi fondamentali.

Quanto al divieto di assunzione di personale quale conseguenza della mancata realizzazione degli obiettivi di risparmio di spesa, esso, ad avviso della Regione, violerebbe l’autonomia regionale in materia di organizzazione degli uffici, nonché l’autonomia di spesa, di cui agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

3. – Nel proprio ricorso, la Regione Toscana sostiene che l’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006, aggravando il vincolo derivante dall’art. 1, comma 198, della legge n. 266 del 2005 (mediante la previsione del divieto di procedere ad assunzioni a carico degli enti che non abbiano potuto rispettarlo), lede l’autonomia in materia di ordinamento degli uffici e di stato giuridico dei dipendenti – in cui rientra anche la disciplina delle assunzioni – che compete alle Regioni ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione ed incide sull’ordinamento e sull’organizzazione regionali.

Né la norma potrebbe ritenersi legittima in virtù del necessario concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, perché il legislatore statale deve comunque salvaguardare l’autonomia degli enti nell’attuazione di quegli obiettivi.

La Regione conclude ribadendo che limiti e vincoli puntuali a specifiche voci di spesa delle Regioni e degli enti regionali, aggravati con la previsione, posta dall’impugnata disposizione, del divieto di future assunzioni in caso di inosservanza dei vincoli stessi, sono illegittimi per violazione degli artt. 117 e 119 Costituzione.

4. – Anche la Regione Valle d’Aosta impugna il citato art. 30 nella parte in cui, modificando il comma 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, stabilisce a carico delle amministrazioni regionali e locali un divieto assoluto e temporalmente illimitato di procedere ad assunzioni di personale, perché la norma, ponendo un limite diretto, immediato ed integrale ad una singola voce di spesa, quale quella relativa alle assunzioni, non può essere considerata come rivolta alla posizione di norme di principio ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

La Regione aggiunge che il divieto di assumere personale a tempo indeterminato contrasta anche con l’art. 2, primo comma, dello statuto della Regione Valle d’Aosta, il quale, alle lettere a) e b), stabilisce, rispettivamente, che la Regione ha potestà legislativa piena sia in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale», sia in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni». Conseguentemente esula dalla competenza dello Stato intervenire con norme, come quella censurata, che incidono sull’ordinamento degli uffici regionali, pretendendo di definirne la composizione attraverso divieti relativi all’assunzione di personale, e sullo stato giuridico del personale medesimo, mediante il divieto di assunzioni a qualsiasi titolo. Parimenti, la competenza legislativa regionale sull’ordinamento degli enti locali implica la competenza della Regione a dettare la disciplina riguardante anche gli aspetti concernenti l’entità numerica del personale dipendente.

Infine, la ricorrente lamenta che la norma impugnata contrasta con l’art. 4 dello statuto della Regione Valle d’Aosta che, attribuendo alla Regione le funzioni amministrative sulle materie nelle quali essa ha potestà legislativa, implicitamente tutela l’autonomia regionale in materia di attività (e relative determinazioni di spesa) dirette all’assunzione del personale necessario per svolgere dette funzioni ed assicurare il buon andamento ed il funzionamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione stessa.

4.1. – La Regione Valle d’Aosta impugna l’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 anche nella parte in cui, modificando il comma 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, prevede la costituzione di un tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali e dello Stato, con la finalità di monitorare e verificare gli adempimenti, posti anche a carico delle Regioni, previsti al comma 198 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005.

Ad avviso della ricorrente quelle attribuite al tavolo tecnico sarebbero funzioni di controllo sugli atti di spesa degli enti destinatari, incompatibili sia con l’art. 9, secondo comma, della legge cost. n. 3 del 2001, che tali controlli esclude, sia con l’art. 2, primo comma, lettera b), dello statuto della Regione Valle d’Aosta che, attribuendo alla potestà legislativa primaria della Regione la materia «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni», comprenderebbe tra le attribuzioni regionali anche il regime dei controlli sugli atti degli enti locali.

Secondo la Regione, poi, l’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 sarebbe illegittimo anche con riguardo alle modalità di composizione del tavolo tecnico. La norma, infatti, nello stabilire genericamente che esso include «rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali», non terrebbe conto della posizione differenziata che nell’impianto costituzionale assumono le Regioni speciali ed in particolare la Valle d’Aosta. Infatti il vago richiamo agli «enti esponenziali» del sistema delle autonomie trascurerebbe che tra le autonomie regionali esistono posizioni costituzionalmente differenziate, con conseguente menomazione della garanzia che l’art. 116, primo comma, Cost., accorda alle Regioni a statuto speciale, garanzia la quale richiederebbe che, nel disciplinare la composizione del tavolo tecnico, il legislatore statale predisponga un sistema in grado di assicurare la distinta rappresentanza delle predette Regioni.

         5. – La sola Regione Veneto impugna anche l’art. 34, comma 1, del d. l. n. 223 del 2006, il quale aggiunge all’art. 24, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), un ulteriore periodo a norma del quale i criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi spettanti al personale dirigenziale sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, secondo principi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione.

A parere della Regione, anche questa sarebbe una norma statale in materia di coordinamento della finanza pubblica dal contenuto specifico, dettagliato ed autoapplicativo. Essa non rispetterebbe gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., perché non detta un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica e non consente al legislatore regionale di porre in essere alcuna normativa di dettaglio della materia, non solo in via legislativa, ma nemmeno attraverso una normazione secondaria di mera esecuzione, impedendo alle Regioni di stabilire un diverso regime economico dei trattamenti accessori massimi per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale, in relazione alle concrete realtà regionali.

         6. – Il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito in ciascuno dei quattro giudizi.

         6.1. – In quello promosso dalla Regione Toscana eccepisce preliminarmente l’inammissibilità, per carenza di interesse a ricorrere, della questione sollevata rispetto all’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006, deducendo che tale norma sostituisce – con disposizioni di contenuto analogo – il comma 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, a suo tempo già impugnato dalla stessa regione Toscana.

6.2. – Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene l’infondatezza di tutte le questioni, affermando che sia l’art. 30, sia l’art. 34, comma 1, del d. l. n. 223 del 2006 sono norme di contenimento della spesa pubblica che rientrano nella competenza statale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

Né l’art. 34, comma 1, potrebbe essere considerato una norma di dettaglio, perché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da esso previsto dovrà stabilire solamente i criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi dovuti ai dirigenti e non i limiti massimi di quei trattamenti; inoltre tale previsione risulta adeguata e proporzionale all’obiettivo di contenimento della spesa pubblica.

         7. – In prossimità dell’udienza pubblica la Regione Veneto ed il Presidente del Consiglio dei ministri hanno depositato memorie.

         Quelle della Regione Veneto (una per ciascuno dei due giudizi da essa introdotti) ripetono argomentazioni e conclusioni già contenute nei ricorsi.

         Quella del Presidente del Consiglio dei ministri contiene, in aggiunta a quanto già dedotto in sede di costituzione in giudizio, il richiamo alla sentenza n. 169 del 2007 di questa Corte a sostegno della tesi dell’infondatezza delle questioni relative all’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006, norma che costituirebbe anch’essa un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica.

8. – La Regione Valle d’Aosta, invece, ha depositato atto di rinuncia al proprio ricorso, limitatamente alle questioni sollevate rispetto all’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato atto di accettazione della predetta rinuncia.

Considerato in diritto

1. – Le Regioni Veneto, Toscana e Valle d’Aosta, con distinti ricorsi, hanno impugnato, tra l’altro, gli artt. 30 e 34, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

In particolare, la Regione Veneto ha proposto in via principale questioni di legittimità costituzionale degli artt. 30 e 34, comma 1, del d. l. n. 223 del 2006 n. 223, denunciando la violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

Successivamente alla conversione in legge del menzionato decreto-legge, la medesima Regione Veneto ha proposto analoghe questioni contro le norme prima citate così come convertite dalla legge, mentre la Regione Toscana e la Regione Valle d’Aosta hanno proposto, tra l’altro, questione di legittimità costituzionale del solo art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 convertito in legge, denunciando la violazione, la prima, degli artt 117 e 119 Cost. e, la seconda, degli artt. 116, primo comma, 117, terzo comma, e 119, secondo comma, Cost., 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).

         2. – La trattazione delle indicate questioni di legittimità costituzionale viene qui separata da quella delle altre, promosse con i medesimi ricorsi, per le quali è opportuno procedere ad un esame distinto. I giudizi, così separati e delimitati nell’oggetto, vanno riuniti per essere congiuntamente trattati e decisi in considerazione della analogia delle questioni prospettate.

         3. – Preliminarmente, ai sensi dell’art. 25 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, deve essere dichiarata l’estinzione del giudizio limitatamente alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Valle d’Aosta ed aventi ad oggetto l’art. 1, comma 204, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006), come sostituito dall’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006.

         Infatti, con atto del 15 ottobre 2007, la Regione ha rinunciato al proprio ricorso limitatamente a tali questioni ed il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto del 5 novembre 2007, ha dichiarato di accettare la rinuncia.

         4. – Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse a ricorrere sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri rispetto all’impugnazione dell’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 proposta dalla Regione Toscana.

         Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che l’inammissibilità deriverebbe dall’aver la Regione Toscana già impugnato a suo tempo l’art. 1, comma 204, della legge n. 266 del 2005, norma sostituita dall’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 con disposizioni di contenuto analogo.

L’eccezione è infondata.

Infatti l’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 è norma distinta dall’art. 1, comma 204, della legge n. 266 del 2005; inoltre essa sostituisce integralmente il testo originario della seconda con disposizioni di contenuto differente. Non possono esservi dubbi, pertanto, sulla sussistenza dell’interesse della Regione Toscana ad impugnare anche la norma più recente.

         5. – Passando al merito ed iniziando dalle questioni relative all’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006, occorre premettere che l’art. 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2005), aveva previsto che, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo in sede di Conferenza unificata, per le amministrazioni regionali, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale sarebbero stati fissati criteri e limiti per le assunzioni per il triennio 2005-2007; le predette misure avrebbero comunque dovuto garantire la realizzazione di economie di spesa non inferiori a determinati importi fissati dalla stessa norma.

         Successivamente la legge n. 266 del 2005, al comma 198 dell’art. 1, ha disposto che le amministrazioni regionali, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, «fermo restando il conseguimento delle economie di cui all’articolo 1, commi 98 e 107, della legge 30 dicembre 2004, n. 311», avrebbero dovuto concorrere alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica adottando misure necessarie a garantire che le spese di personale non superassero, per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, il corrispondente ammontare dell’anno 2004 diminuito dell’un per cento.

         Il comma 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 aveva previsto, poi, un meccanismo di verifica del rispetto dell’obbligo stabilito nel comma 198. In particolare, esso disponeva che a quella verifica si sarebbe proceduto, per le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti e le comunità montane con popolazione superiore a 50.000 abitanti, attraverso il sistema di monitoraggio di cui all’art. 1, comma 30, della legge n. 311 del 2004 e, per gli altri enti destinatari della norma, attraverso apposita certificazione, sottoscritta dall’organo di revisione contabile, da inviare al Ministero dell’economia e delle finanze.

         L’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 ha sostituito il menzionato comma 204 con una nuova norma che contiene sia una misura sanzionatoria, sia un nuovo sistema di controllo.

Innanzi tutto, il primo periodo del nuovo comma 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005 prevede che alle amministrazioni regionali ed agli enti locali, in caso di mancato conseguimento degli obiettivi di risparmio di spesa indicati dal precedente comma 198 dello stesso art. 1, è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.

Inoltre, il nuovo testo del citato comma 204 dispone, nel secondo periodo, che, ai fini del monitoraggio e della verifica degli adempimenti di cui al comma 198, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro il 30 settembre 2006 previo accordo tra Governo, regioni ed autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, avrebbe dovuto essere costituito un tavolo tecnico con rappresentanti del sistema delle autonomie designati dai relativi enti esponenziali e dello Stato, con l’obiettivo di acquisire, dagli enti destinatari della norma, la documentazione delle misure adottate e dei risultati conseguiti, di fissare specifici criteri e modalità operative per il monitoraggio e la verifica dell’effettivo conseguimento dei previsti risparmi di spesa, di verificare la puntuale applicazione della disposizione ed i casi di mancato adempimento, di elaborare analisi e proposte operative dirette al contenimento strutturale della spesa di personale.

         Inoltre, l’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 ha introdotto nella legge n. 266 del 2005 due nuovi commi (204-bis e 204-ter). Il comma 204-bis stabilisce che le risultanze delle operazioni di verifica del tavolo tecnico di cui al comma 204 sono trasmesse annualmente alla Corte dei conti e che il mancato invio della documentazione da parte degli enti interessati comporta, in ogni caso, il divieto di assunzione a qualsiasi titolo. Il comma 204-ter dispone che, ai fini dell’attuazione dei commi 198, 204 e 204-bis, limitatamente agli enti locali in condizione di avanzo di bilancio negli ultimi tre esercizi, sono escluse dal computo le spese di personale riferite a contratti di lavoro a tempo determinato, anche in forma di collaborazione coordinata e continuativa, stipulati nel corso dell’anno 2005.

         Successivamente all’entrata in vigore del d. l. n. 223 del 2006, l’art. 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), ha stabilito che le disposizioni di cui all’art. 1, comma 98, della legge n. 311 del 2004 ed all’art. 1, commi da 198 a 206, della legge n. 266 del 2005, fermo restando quanto da esse previsto per il 2005 ed il 2006, sono disapplicate per gli enti soggetti al patto di stabilità interno, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge (vale a dire dal 1° gennaio 2007: art. 1, comma 1364, della legge n. 296 del 2006). Il successivo comma 565 ha dettato nuove disposizioni in tema di contenimento della spesa per il personale per gli enti del servizio sanitario nazionale, stabilendo, tra l’altro, che alla verifica dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa previsti per tutto l’arco del periodo 2005-2009, si deve provvedere in sede di Tavolo tecnico previsto dall’intesa del 23 marzo 2005 raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni (lettera e del comma 565).

6. – Le Regioni Veneto e Toscana lamentano, in primo luogo, che il divieto di assunzioni previsto dal testo dell’art. 1, comma 204, primo periodo, della legge n. 266 del 2005 introdotto dall’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006 contrasterebbe con gli artt. 117 e 119 Cost. (ad avviso della Regione Veneto anche con l’art. 118 Cost.), perché violerebbe l’autonomia regionale in materia di ordinamento degli uffici e in materia spesa.

6.1. – La questione non è fondata.

         La Corte ha già affermato che non è illegittima l’imposizione, da parte dello Stato, del limite alla spesa complessiva del personale previsto dall’art. 1, comma 198, della legge n. 266 del 2005, poiché trattasi di un principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica (materia oggetto di potestà legislativa concorrente) e perché una simile disposizione può dar luogo, nell’organizzazione degli uffici, ad inconvenienti di mero fatto, come tali non incidenti sul piano della legittimità costituzionale (sentenza n. 169 del 2007, che ha escluso in fattispecie analoghe la violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione).

         Nella stessa pronuncia la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’originario comma 204 dello stesso art. 1 (che, come ricordato in precedenza, prevedeva un periodico monitoraggio al fine di controllare l’effettivo rispetto del limite previsto dal comma 198), in quanto disposizione che si saldava direttamente con il precedente comma 198. Si deve aggiungere, poi, che, più in generale, la Corte ha rigettato la questione di legittimità costituzionale delle norme statali dirette ad assicurare la concreta realizzazione delle misure di coordinamento finanziario (sentenze n. 35 del 2005 e n. 376 del 2003).

         Infine, con la sentenza n. 4 del 2004, la Corte ha escluso che contrastasse con gli artt. 117, 118 e 119 Cost. una norma statale che prevedeva la sanzione del divieto di nuove assunzioni a carico degli enti locali che avessero violato il patto di stabilità interno.

         Tali principi sono applicabili anche alla presente questione.

         Infatti, il primo periodo del comma 204 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, nel testo introdotto dall’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006, non fa altro che prevedere, al fine di assicurare il rispetto in concreto di una legittima misura di coordinamento finanziario, una sanzione a carico degli enti che non rispettino il limite posto alla spesa per il personale.

         Né sono utilmente invocabili, a favore delle tesi sostenute dalle Regioni ricorrenti, le pronunce con le quali la Corte ha dichiarato l’illegittimità di norme di leggi finanziarie che stabilivano limiti specifici alle assunzioni da parte delle Regioni (sentenze n. 88 del 2006 e n. 390 del 2004). L’art. 1, comma 204, della legge n. 266 del 2005, invece, non impone alcun divieto di assunzioni a Regioni ed enti locali che rispettino i limiti generali di spesa per il personale. Il divieto è previsto solamente a carico degli enti che abbiano violato quei limiti generali e pertanto, a differenza delle disposizioni censurate dalle sentenze della Corte richiamate per ultime, si tratta di norme che fanno corpo con i principi generali in materia di coordinamento della finanza pubblica.

         7. – La sola Regione Veneto censura, inoltre, sia l’art. 1, comma 204, secondo periodo, della legge n. 266 del 2005 (così come sostituito dall’art. 30 del d. l. n. 223 del 2006), che dispone, ai fini del monitoraggio e della verifica degli adempimenti di cui al comma 198 dello stesso art. 1, la costituzione di un “tavolo tecnico” con rappresentanti del sistema delle autonomie e dello Stato, sia l’art. 1, comma 204-bis, della legge n. 266 del 2005 (introdotto dall’art. 30 del citato d. l. n. 223 del 2006), il quale prevede la trasmissione alla Corte dei conti delle risultanze delle operazioni di verifica del tavolo tecnico di cui al comma 204 ed il divieto di assunzioni a qualsiasi titolo a carico degli enti che omettono di inviare al “tavolo tecnico” la documentazione relativa alle misure adottate ed ai risultati conseguiti nel contenimento delle spese per il personale.

         Ad avviso della ricorrente, tali disposizioni violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., perché detterebbero precetti puntuali e specifici che non lascerebbero alla Regione margini di disposizione in via autonoma, nonostante che la materia rientri nell’ambito del «coordinamento della finanza pubblica» nel quale allo Stato spetta solo il potere di dettare i principi fondamentali.

         7.1. – Rispetto a tale questione deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

         Infatti, non risulta essere stato mai emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto costituire il tavolo tecnico. Conseguentemente, poiché – come si è già detto – le disposizioni in oggetto sono ormai disapplicate (per regioni ed enti locali: art. 1, comma 557, legge n. 296 del 2006) ovvero sostituite (per gli enti del servizio sanitario nazionale: art. 1, comma 565, legge n. 296 del 2006), esse non hanno mai prodotto, né potranno in futuro produrre, le lesioni delle competenze regionali prospettate dalla ricorrente.

         8. – La Regione Veneto impugna, infine, l’art. 34, comma 1, del d. l. n. 223 del 2006 e lamenta che la norma, aggiungendo all’art. 24, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), un ulteriore periodo secondo il quale i criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi dovuti per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in base a principi di contenimento della spesa e di uniformità e perequazione, viola gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., perché non detta un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica e non consente al legislatore regionale di porre in essere alcuna normativa di dettaglio.

         8.1. – La questione non è fondata.

         La ricorrente trascura di considerare che le disposizioni del Capo II del Titolo II del d. lgs. n. 165 del 2001 (tra le quali è compreso anche l’art. 24) si applicano solamente «alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo» (art. 13) e che il successivo art. 27 dello stesso d. lgs. n. 165 stabilisce che «le regioni a statuto ordinario, nell’esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, nell’esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell’articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità».

         Conseguentemente la doglianza della Regione Veneto non ha ragion d’essere. Infatti, i criteri per l’individuazione dei trattamenti accessori massimi dettati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contemplato dalla norma censurata si applicheranno esclusivamente agli incarichi di direzione di uffici dirigenziali di livello generale delle amministrazioni statali e le Regioni non saranno vincolate a quei criteri.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         riservata a separate pronunce la decisione delle restanti questioni di legittimità costituzionale sollevate con i ricorsi indicati in epigrafe,

         riuniti i giudizi,

         1) dichiara estinto il giudizio concernente le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 204, della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2006), come sostituito dall’art. 30 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sollevate, in riferimento agli artt. 116, primo comma, 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione, 2, primo comma, lettere a) e b), 3, primo comma, lettera f), e 4 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), e 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), dalla Regione Valle d’Aosta con il ricorso indicato in epigrafe;

         2) dichiara cessata la materia del contendere relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 204, secondo periodo, della legge n. 266 del 2005 – come sostituito dall’art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006 –, e dell’art. 1, comma 204-bis, della legge n. 266 del 2005 – introdotto dallo stesso art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006 –, sollevate, in riferimento all’art. 117, terzo comma, della Costituzione, dalla Regione Veneto con i ricorsi indicati in epigrafe;

         3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 204, primo periodo, della legge n. 266 del 2005, come sostituito dall’art. 30 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, sollevate, in riferimento artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, dalle Regioni Veneto e Toscana con i ricorsi indicati in epigrafe;

         4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, sollevata dalla Regione Veneto con i ricorsi indicati in epigrafe.

         Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Luigi MAZZELLA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 5 dicembre 2007.