SENTENZA N. 314
ANNO 2007
Commento alla decisione di
Laura Marzano
(dal sito www.giustizia.amministrativa.it
– che si ringrazia)
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai Signori:
-
Franco BILE Presidente
-
Giovanni Maria FLICK Giudice
-
Francesco AMIRANTE "
-
Ugo DE
SIERVO "
-
Paolo MADDALENA "
-
Alfio FINOCCHIARO "
-
Alfonso QUARANTA "
-
Franco GALLO "
-
Luigi MAZZELLA "
-
Gaetano SILVESTRI "
-
Sabino CASSESE "
-
Maria
Rita SAULLE "
-
Giuseppe TESAURO "
-
Paolo
Maria NAPOLITANO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale dell’art. 10 comma 9, della legge della Regione Campania 13
agosto 1998, n. 16 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale),
e dell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 2001 n.
10 (Disposizioni di finanza regionale anno 2001), promossi con sette ordinanze
del 20 maggio 2004 dal Consiglio di Stato, rispettivamente iscritte ai nn. da
Visti gli atti di costituzione di Aquilante Vittoria ed altri, dell’IMPRE.CO
Società Consortile a r.l., di Santagata Antonio ed
altri, di De Angelis Angelo nonché l’atto di intervento fuori termine della Di
Marino S.r.l.;
udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2007 il Giudice relatore Alfio
Finocchiaro;
uditi gli avvocati Antonio Romano e
Ritenuto in fatto
1. Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 252 del 2005) – nel corso di giudizio di appello
avverso decisione del Tribunale amministrativo regionale della Campania,
sezione V, 5 novembre 2005, n. 6888, proposto, con separati atti, dalla Regione
Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di Caserta e
dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità costituzionale
degli art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n.
16 (Assetto
dei Consorzi per le aree di sviluppo industriale), e 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11
agosto 2001, n. 10 (Disposizioni di finanza regionale anno 2001), per
violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 della Costituzione.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Vittorio
Aquilante, Arturo Mastroianni, Maria Dello Margio, Andrea Aquilante, Lucia
Aquilante, Giovanni Buonanno, Vincenzo Di Domenico,
Vincenzo Di Domenico, Maia Moretti, Antonio Moretti, Rosa Moretti, Giovanna
Moretti, Filomena Moretti, Maria Verde,
Giuseppe Verde, Domenico Di Foggia, Antimo Verde, Giuseppe Della
Gatta e Nicola Santagata, proprietari in
agro del Comune di Gricignano di Aversa di alcuni fondi ricompresi nel
piano regolatore dell’area di sviluppo industriale di Caserta, ha annullato il
decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale
della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano
di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque,
delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo “Filiera
del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di
Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli
atti della procedura espropriativa.
Ad avviso del TAR della Campania, l’impugnato decreto di occupazione non
era supportato da una valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, in
quanto il piano regolatore dell’area di sviluppo industriale (d’ora in avanti,
piano a.s.i.) di Caserta, su cui asseritamente
si fondava, approvato una prima volta con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 16 gennaio 1968 e successivamente, a seguito di un’estensione
dell’area interessata, con decreto del 28 luglio 1970, era irrimediabilmente
scaduto fin dal 28 luglio 1980 e ad esso, alla stregua di un’interpretazione
costituzionalmente orientata, non potevano applicarsi né le successive proroghe
disposte con leggi statali, né tanto meno quella prevista dall’articolo 10,
comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente
interpretato dall’articolo 77, comma 2, della successiva legge regionale n. 10
del 2001.
La rimettente sezione del Consiglio di Stato premette che, pronunciandosi
sulle singole istanze cautelari proposte dagli appellanti, ha sospeso
l’efficacia dell’impugnata sentenza. Con sentenza non definitiva, in pari data,
inoltre, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de
qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di
appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per
tardività dei ricorsi di primo grado.
Quanto al terzo motivo di appello, diversamente da quanto ritenuto dai
primi giudici, il giudice rimettente assume che esso è astrattamente fondato,
non potendo ragionevolmente dubitarsi dell’applicazione al piano a.s.i. di Caserta della disposizione contenuta
nell’articolo 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998,
autenticamente interpretato dall’articolo 77, comma 2, della legge regionale n.
10 del 2001: su tali norme tuttavia grava il sospetto di contrarietà ai
principi costituzionali sopra indicati.
Il piano a.s.i. di Caserta è effettivamente scaduto, in data 28
luglio 1980, per decorso del decennio di efficacia, previsto dell’art. 25 della
legge 3 gennaio 1978, n. 1 (e dell’art. 52, secondo comma, del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218).
Al piano consortile in esame non è applicabile l’articolo 11 della legge
31 maggio 1990, n. 128, che ha prorogato al 31 dicembre 1990 il termine di
validità dell’art. 25 della legge n. 1 del 1978, non potendo ammettersi la
prorogabilità di un provvedimento non più efficace perché scaduto, e nemmeno
l’ulteriore proroga triennale di validità di detti piani, prevista dal secondo
comma dell’articolo 52 del d.P.R. 6 marzo 1978, n.
218 (nel testo novellato dall’articolo 25 della legge 3 gennaio 1978, n. 1) –
il termine è stato a sua volta prorogato dal decreto-legge 13 febbraio 1981, n.
19, convertito in legge, con
modificazioni, dalla legge 15 aprile 1981, n. 128 (art. 2)
di tre anni (15.1.1984), dal decreto-legge 28 febbraio 1986, n. 48, convertito
in legge, con modificazioni, dall’art. 1, primo comma, della legge 18 aprile
1986, n. 119 (art. 1) per un altro anno, dall’art. 1 del decreto-legge 20
novembre 1987, n. 474, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1
della legge 21 gennaio 1988, n. 12, fino al 30 giugno 1988, dall’art. 13 della
legge 10 febbraio 1989, n. 48, fino al 31 dicembre 1989, e dall’art. 11 della
legge 31 maggio 1990 n. 128 fino al 31 dicembre 1990 – in quanto l’art. 52 deve
essere interpretato alla luce del suo complessivo disposto: al primo comma è
fissata in linea generale in dieci anni la durata dell’efficacia dei piani
regolatori consortili; alla data del 15 gennaio 1981 (triennio successivo
all’entrata in vigore della legge 3 gennaio 1978, n. 1) è fissata altresì la
scadenza dell’efficacia dei piani approvati da oltre un decennio rispetto alla
data dei 15 gennaio 1978; in linea generale, è confermata la durata decennale
dei piani approvati da meno di un decennio rispetto alla data del 15 gennaio
1978 (com’è quello del Consorzio per l’Area di sviluppo industriale di
Caserta), puntualizzandosi che detta durata (decennale) non potrà essere
inferiore ad un triennio dalla predetta data (del 15 gennaio 1978).
Venendo alla proroga disposta dall’art. 10 della legge della Regione
Campania n. 16 del 1998, della cui legittimità costituzionale si dubita, detta
norma, rubricata «Piani regolatori
delle aree e dei nuclei industriali»,
al comma 9, dopo aver fissato in via generale l’efficacia dei piani dei
Consorzi in dieci anni, espressamente afferma che «La validità dei piani esistenti è prorogata per tre anni dalla data di
entrata in vigore» e l’art. 77, comma 2, legge regionale n. 10 del 2001,
fornendone l’interpretazione autentica, ha disposto che la proroga di validità
ed efficacia dei Piani regolatori delle Aree e dei Nuclei di cui all’articolo
10, comma 9, della legge regionale n. 16 del 1998, è intesa nel senso che la
stessa si applica a tutti i Piani esistenti, anche se medio tempore scaduti.
Secondo il rimettente, l’art. 10 della legge della Regione Campania n. 16
del 1998 è applicabile al giudizio a quo,
mentre non lo era secondo la decisione impugnata del TAR, dal momento che
l’espressione «medio tempore scaduti»
non poteva riferirsi indiscriminatamente a tutti i piani a.s.i.
comunque scaduti (ed indipendentemente dal momento della scadenza), ma doveva
riferirsi esclusivamente, in virtù di un’interpretazione conforme a
Costituzione, a quei piani venuti in scadenza tra il 1° gennaio 1991 (data di
scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con norma statale e cioè
con la legge 31 maggio 1990, n. 128) ed il 25 agosto 1998, data di entrata in
vigore della legge regionale 13 agosto 1998, n. 16, poiché l’intenzione del
legislatore regionale era stata quella di eliminare ogni incertezza in materia,
raccordando in questo modo, ai fini della efficacia dei piani esistenti, la
legislazione statale a quella regionale, con la conseguenza che, pertanto,
poiché il piano a.s.i. di Caserta, scaduto il 28
luglio 1980, non rientrava in tale lasso di tempo, ad esso non poteva
applicarsi la citata normativa di proroga.
Con l’ordinanza di rimessione,
Il giudice rimettente, proponendosi un’interpretazione fondata sul dato
letterale dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n. 16 del
1998, e sull’effettiva intenzione del legislatore, fatta palese
dall’interpretazione autentica dell’articolo 77, comma 2, della legge della
Regione n. 10 del 2001, per cui lo scopo delle ricordate disposizioni era
proprio quello di rendere validi ed efficaci i piani che i Consorzi per le aree
di sviluppo industriale avevano già elaborato anche da tempo e che, dunque,
fossero suscettibili di immediata attuazione, deduce che l’espressione non
tecnica usata dal legislatore che, come ricordato, parla di «piani esistenti»,
impedisce l’individuazione di qualsiasi lasso di tempo entro il quale
individuare la eventuale scadenza dei piani consortili al fine di legittimare
la loro proroga legislativa: in realtà la voluntas
del legislatore è stata evidentemente quella di "prorogare"
(impropriamente, ovvero di far rivivere) tutti i piani approvati, in qualsiasi
tempo scaduti. Ciò del resto ben può giustificarsi in considerazione del fatto
che la legge n. 16 del 1998 costituisce il primo intervento normativo regionale
nell’ambito di una materia così delicata qual è quella dei consorzi per le aree
di sviluppo industriale.
Motivata dunque l’applicabilità della normativa regionale di proroga del
piano a.s.i. di Caserta – che dunque porterebbe
all’accoglimento dell’appello – il Consiglio di Stato solleva d’ufficio la
questione di legittimità costituzionale della norma richiamata: l’ulteriore
vigenza triennale del piano, a partire dall’entrata in vigore della legge
regionale n. 16 del 1998, determina compressione del diritto di proprietà per
effetto della reiterazione del vincolo e assoggettamento alla procedura
espropriativa.
L’art. 53 del d.P.R. 6 marzo 1978, n. 218,
attribuisce all’approvazione dei piani a.s.i.
l’effetto di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle
opere ivi previste, con sottoposizione delle aree ivi contemplate a evidenti
vincoli espropriativi.
La giurisprudenza costituzionale insegna che la reiterazione dei vincoli
decaduti (preordinati all’espropriazione o con carattere sostanzialmente
espropriativo), ovvero la loro proroga in via legislativa, non costituiscono
fenomeni per ciò solo inammissibili dal punto di vista costituzionale, potendo
in concreto sussistere ragioni giustificative, accertate attraverso l’opportuna
e motivata valutazione procedimentale dell’amministrazione competente, ovvero
apprezzate dalla discrezionalità del legislatore entro i limiti della non
irragionevolezza e della non arbitrarietà. Sono però inammissibili dal punto di
vista costituzionale le reiterazioni dei vincoli espropriativi nei casi di
proroga sine die o
all’infinito (nel senso cioè della reiterazione di proroghe a tempo
indeterminato che si aggiungano le une alle altre), ovvero quando il limite
temporale di efficacia delle disposte reiterazioni è indeterminato, cioè non
sia certo, preciso e sicuro e quindi sia sostanzialmente irragionevole,
sempreché ovviamente non sia stato previsto l’indennizzo (oltre il periodo
tollerabile di durata dei vincolo stesso). La reiterazione del vincolo espropriativo
è consentita purché puntualmente motivata circa la necessità e l’attualità di
acquisire la proprietà privata (da valutare sulla base di una apposita
istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza dell’interesse pubblico
rispetto a quello privato da sacrificare) e sia contemporaneamente prevista
anche la corresponsione del giusto indennizzo al cittadino sacrificato (sentenze n. 179 del
1999 e n.
411 del 2001, quest’ultima dichiarativa dell’illegittimità costituzionale
dell’art. 58 del d.P.R. n. 218 del 1978).
La generalizzata proroga dei piani medio
tempore scaduti, che induce a qualificare la legge in esame come legge
provvedimento, non toglie che manchi qualsiasi elemento volto a provare
l’effettivo svolgimento di una puntuale procedura di valutazione degli
interessi pubblici e privati in gioco, in relazione alla necessità ed
all’attualità da parte della pubblica amministrazione di disporre della
proprietà privata per realizzare un progetto di interesse generale, difettando
altresì della conseguente adeguata motivazione, e che manchi inoltre qualsiasi
previsione di indennizzo per l’ulteriore compressione delle facoltà di
godimento del diritto di proprietà. Elementi non ricavabili dal contesto
normativo né dai lavori preparatori.
La richiamata normativa ha così comportato un’inammissibile reiterazione
dei vincoli espropriativi scaduti, assoggettando ingiustificatamente, in palese
contrasto delle previsioni contenute nell’articolo 42, terzo comma, Cost., le
aree rientranti nel piano a.s.i. di Caserta (tra cui
quelle della originaria parte ricorrente), approvato una prima volta con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 gennaio 1968 e poi, a
seguito di un ampliamento dell’estensione territoriale dell’area consortile,
con decreto del 28 luglio 1970, ad un ulteriore vincolo espropriativo, senza
che siano state accertate ed evidenziate le ragioni di pubblico interesse che
giustificavano il perdurante sacrificio della proprietà privata, e senza alcuna
previsione di indennizzo.
Risultano, altresì, violati, ad avviso della Sezione rimettente, anche il
principio di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la
discrezionalità del legislatore, nonché i principi di legalità e di buon
andamento, cui deve ispirarsi l’azione amministrativa. La proroga interviene
indiscriminatamente su qualsiasi piano regolatore dei consorzi per le aree di
sviluppo industriale per il fatto della sua semplice esistenza,
indipendentemente dal fatto che essi siano eventualmente già scaduti e per di
più indipendentemente dal momento in cui essi siano già venuti a scadenza: la
proroga di un provvedimento amministrativo, quale provvedimento di secondo
grado, accede necessariamente ad un precedente provvedimento esistente e
efficace, incidendo proprio sulla sua efficacia, mentre la previsione della cui
legittimità si dubita appare evidentemente irrazionale, rappresentando una vera
e propria contraddizione in termini la proroga di un provvedimento non più
efficace.
In realtà, utilizzando in modo distorto lo strumento dell’interpretazione
autentica di una propria precedente norma legislativa, il legislatore
regionale, con disposizione innovativa (e non meramente interpretativa), ha
sostanzialmente "riadottato" un precedente atto amministrativo, che
aveva definitivamente esaurito il suo periodo di efficacia ed era quindi del
tutto incapace di produrre propri effetti giuridici, conferendogli una nuova efficacia (con effetto retroattivo)
attraverso una fictio iuris
(cioè l’interpretazione di una norma giuridica che poteva
logicamente e razionalmente riguardare solo i piani validi ed efficaci al
momento della entrata in vigore della legge n. 16 del 1998): tutto ciò al di
fuori delle norme procedimentali che ne disciplinavano l’emanazione, e, dunque,
in patente violazione dell’articolo 97 Cost.
Senza contare che, altrettanto irragionevolmente, in stridente contrasto
con il principio di uguaglianza sostanziale sancito dall’articolo 3, secondo
comma, Cost., la riadozione o la rinnovata efficacia attribuita al piano a.s.i. di Caserta è avvenuta ad oltre venti anni dalla sua
originaria scadenza, senza che sia stata svolta alcuna valutazione sulla
necessità dell’intervento pubblico da realizzare in relazione al sacrificio
imposto al privato.
1.1. – Nel giudizio si sono costituiti Aquilante Vittoria, Mastroianni
Antonio, Dello Margio Maria, Aquilante Andrea, Aquilante Lucia, Buonanno Carlo e Buonanno
Antonietta eredi di Buonanno Giovanni, Moretti
Antonio e Moretti Rosa e Moretti Giovanna e Moretti Filomena e Verde Maria,
Verde Giuseppe, Di Foggia Domenico, Della Gatta Agnese, Santagata Nicola. Le
parti private sottolineano che, costituendosi nel giudizio d’appello davanti al
Consiglio di Stato, essi avvaloravano l’interpretazione data dal TAR della
Campania, della inapplicabilità della proroga regionale ai piani a.s.i. già da tempo scaduti, a meno di non voler adottare
un’interpretazione, quella della reviviscenza di detti piani, palesemente in
contrasto con i principi costituzionali: sia per il carattere sostanzialmente
espropriativo della disposizione, non accompagnata da previsione di indennizzo,
sia perché in tal modo l’art. 77 della legge regionale n. 10 del 2001 non
avrebbe avuto un fine semplicemente interpretativo, bensì inammissibilmente
estensivo dell’applicabilità dell’art. 10 della legge regionale n. 16 del 1998,
eludendo per di più il giudicato di precedenti decisioni del Consiglio di
Stato, con cui il piano a.s.i. di Caserta era stato
dichiarato decaduto. Nel qual caso non poteva che rimettersi la questione al
giudizio di legittimità costituzionale, anche alla luce della giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il Consiglio di Stato, considerando applicabile la proroga di cui alla
legge regionale, come da interpretazione autentica, ha sollevato la questione
di legittimità costituzionale. Gli originari ricorrenti sostengono che la
disposizione censurata, ove non interpretata come da essi ritenuto, cioè nel
senso che l’espressione «medio tempore scaduti»
si riferisca esclusivamente ai piani dei consorzi delle aree industriali che
erano venuti o andavano a scadere nel periodo tra il 1° gennaio 1991, data di
scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con una disposizione
statale e cioè con la legge n. 128 del 1990 ed il 25 agosto 1998, data di
entrata in vigore della legge regionale n. 16 del 1998, e che quindi la proroga
non fosse applicabile ai piani a.s.i. di Caserta,
chiedono che
1.2. – Si è costituito altresì l’Impre.co. s.r.l., deducendo
l’inammissibilità, irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con
riserva di ogni ulteriore deduzione.
1.3. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica l’Impre.co. s.r.l. ha
depositato memoria, con la quale deduce: a) l’inammissibilità della questione sollevata dal Consiglio di
Stato, non configurandosi la giurisdizione del giudice amministrativo, poiché
l’illegittimità del decreto di occupazione consegue alla carenza di una valida
ed efficace dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che la causa
attiene ad un comportamento materiale della p.a., per il quale è configurabile
la giurisdizione ordinaria; b)
l’inammissibilità della questione per l’inapplicabilità al decreto di
occupazione oggetto del giudizio (13 marzo 2002) della proroga che comunque
decorre dall’entrata in vigore della legge della Regione Campania n. 16 del
1998 e che, in virtù della norma interpretativa di cui alla legge regionale n.
10 del 2001, si applica anche ai piani scaduti; c) l’infondatezza della
questione, dato che dalla scadenza dei piani a.s.i.
fino alla reviviscenza del vincolo, la proprietà non ha subito compressioni ed
il nuovo vincolo è stato posto in essere con un termine certo e determinato,
per il quale non si pone neppure questione di indennizzo.
1.4. – Nello stesso giudizio, con atto
depositato il 19 aprile 2007 – quindi oltre il termine stabilito dall’art. 25
della legge 11 marzo 1953, n. 87 – ha spiegato intervento
L’interveniente afferma la propria legittimazione dato che il Consorzio a.s.i. di Salerno ha iniziato la procedura espropriativa di
quell’area in base al piano consortile approvato nel 1992, che, grazie alla
proroga disposta dalle leggi regionali n. 16 del 1998 e n. 10 del 2001, andrà a
scadere nel 2008, anziché nel 2005.
L’intervento mira ad avallare i dubbi di legittimità costituzionale
palesati dalle ordinanze del Consiglio di Stato, rammentando che, già con la sentenza n. 260 del
1976,
2. – Il Consiglio di Stato, sezione IV,
con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 253 del
2005) – nel corso di giudizio di appello avverso decisione del TAR della
Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6883, proposto, con separati atti,
dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area di sviluppo industriale di
Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione di legittimità
costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge della Regione Campania n.
16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della Regione Campania n. 10 del 2001,
per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Giuseppe e
Celeste Della Gatta e Angela Buonanno, ha annullato
il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta
regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di
Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di
anni cinque, delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo
“Filiera del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato
industriale di Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti,
oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo
grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, come
sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa
l’efficacia anche della sentenza n. 6883 del TAR della Campania, con sentenza
non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de
qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di
appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per
tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il
giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo
ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i.
di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e
sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 10
della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato
dall’articolo 77, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2001, ed ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le
ragioni sopra richiamate.
2.1. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità,
irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni
ulteriore deduzione.
3. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg.
ord. n. 254 del 2005) – nel corso di giudizio di
appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005,
n. 6886, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per
l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l., ha sollevato
questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9, della legge
della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della Regione
Campania n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e 97
Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Agnese Della
Gatta, e Angela Buonanno, ha annullato il decreto n.
212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della Campania,
surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha
disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree
occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo “Filiera del sistema
moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra
cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della
procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo
grado coincidono con quelle adottate con la sentenza n. 6888 del 2005, sopra
riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della
sentenza n. 6886 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti
gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la
giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello
relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei
ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice
rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo
ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i.
di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e
sopra sintetizzate) delle disposizioni contenute nell’articolo 10, comma 9,
della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato
dall’articolo 77 della legge della stessa Regione n. 10 del 2001, ed ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le
ragioni sopra richiamate.
3.1. Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità,
irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni
ulteriore deduzione.
4. Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg. ord. n. 255 del 2005) – nel corso di giudizio di appello
avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n. 6885,
proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per l’area
di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha sollevato questione
di legittimità costituzionale degli stessi artt. 10, comma 9, della legge della
Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della stessa
Regione Campania n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma,
e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Giuseppe Munno, Giovanna Di Lorenzo, in proprio e quale erede di
Michele Picone, Vincenzo Picone,
Francesco Picone, Andrea Picone,
Gerardo Picone, Salvatore Picone,
eredi di Michele Picone, ha annullato il decreto n.
212 del 13 marzo 2002, con cui il Presidente della Giunta regionale della
Campania, surrogandosi all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di
Aversa, ha disposto l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque,
delle aree occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo “Filiera
del sistema moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di
Aversa Nord, tra cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli
atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo
grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, sopra
riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della
sentenza n. 6885 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti
gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la
giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello
relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei
ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice
rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo
ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i.
di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e
sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 10,
della legge regionale della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente
interpretato dall’articolo 77, della legge regionale della stessa Regione, n.
10 del 2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle
stesse norme, per le ragioni come sopra richiamate.
4.1. – Si è costituta l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità,
irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni
ulteriore deduzione.
5. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg.
ord. n. 256 del 2005) – nel corso di giudizio di
appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005,
n. 6882, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per
l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9,
della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge
della stessa Regione n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo
comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Raffaele Tolaneri, Giuseppe Munno, Luciano
Palmiero, Carmine Mauriello, Mario Di Luise, Agostino Di Domenico, Nicola
Sardo, Andrea Mauriello, Andrea Carlea, Stefano
Coltella, Andrea Moretti, Concetta Petrarca, Maria Petrarca, Salvatore Sardo,
Maria Barbato, Agnese Barbato, Antonio Santagata, Giuseppe Santagata, Maria
Rosaria Santagata, Maria Santagata, Coppola Umberto e Giovanni Tetrarca, ha
annullato i decreti n. 3483 del 15
maggio 2001 del Sindaco del Comune di Carinaro e n. 212 del 13 marzo 2002, del
Presidente della Giunta regionale della Campania (quest’ultimo surrogandosi
all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa), con cui si è
disposta l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree
occorrenti alla realizzazione dell’intervento produttivo “Filiera del sistema
moda e dei servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra
cui anche i fondi dei predetti ricorrenti, oltre a tutti gli atti della
procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo
grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, sopra
riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa l’efficacia anche della
sentenza n. 6882 del TAR della Campania, con sentenza non definitiva, riuniti
gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de qua la
giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello
relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei
ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice
rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo ragionevolmente
dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i. di
Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e sopra
sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9 dell’articolo 10 della
legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato
dall’articolo 77 della legge della stessa Regione, n. 10 del 2001, ed ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le
ragioni come sopra richiamate.
5.1. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità,
irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni
ulteriore deduzione.
5.2. – Nell’imminenza dell’udienza pubblica, il 18 aprile 2007 i signori
Raffaele Tolaneri, Giuseppe Munno,
Luciano Palmiero, Carmine Mauriello, Mario Di Luise, Agostino Di Domenico,
Nicola Sardo, Andrea Mauriello, Andrea Carlea,
Stefano Coltella, Andrea Moretti, Concetta Petrarca, Maria Petrarca, Salvatore
Sardo, Maria Barbato, Agnese Barbato, Antonio Santagata, Giuseppe Santagata,
Maria Rosaria Santagata, Maria Santagata, Coppola Umberto e Giovanni Tetrarca
hanno depositato memoria, con la quale deducono che la giurisprudenza
costituzionale va chiarendo da tempo che i vincoli preordinati ad
espropriazione, o che comunque comprimano le facoltà del diritto dominicale –
esclusi quelli che interessano intere categorie di beni e interessano, senza
distinzione, la generalità dei proprietari – devono essere ragionevolmente
limitati nel tempo.
Tra i vincoli espropriativi rientrano quelli apposti dai piani a.s.i., la cui scadenza non sarebbe di ostacolo alla
riadozione, purché in ragione di motivate esigenze di interesse pubblico e
previo completo riesame dell’assetto urbanistico dell’area industriale, e a
condizione che i vincoli che si vanno a prorogare non siano ancora scaduti. La
proroga può essere disposta anche in via legislativa, purché a forza di
reiterazioni non diventi a tempo indeterminato, e in mancanza di indennizzo,
dal momento che una proroga sine die incide sul nucleo essenziale della
proprietà per lo stato di incertezza che induce, sottraendo al proprietario la
possibilità di adeguata e razionale utilizzazione del bene.
Il piano a.s.i. di cui si discute è scaduto il
28 luglio 1980 per decorso del decennio e, come esattamente rilevato dal
Consiglio di Stato, non sono applicabili le proroghe disposte da leggi statali,
da ultima quella di cui all’art. 11 della legge n. 128 del 1990, che non può
intervenire su provvedimenti già scaduti.
L’originaria proroga è stata differita solo fino al 15 gennaio
La prorogabilità del piano in oggetto resta affidata alle leggi della cui
legittimità dubita, condivisibilmente, il Consiglio
di Stato. Tali leggi, assimilabili alla categoria della “leggi provvedimento”,
non recano alcun elemento da cui sia desumibile la valutazione degli interessi
pubblici e privati coinvolti, perché, al contrario, il carattere generale della
proroga dimostra l’assenza di una valutazione analitica sulle specifiche
esigenze connesse all’operatività di ciascuno dei piani, e senza previsione di
alcun indennizzo. In particolare, l’art. 77, comma 2, della legge regionale n.
10 del 2001, riadotta i piani già scaduti attraverso una surrettizia
interpretazione autentica, intervenendo su una norma, l’art. 10 della legge
regionale n. 16 del 1978, che poteva logicamente e razionalmente riguardare i
soli piani validi ed efficaci al momento della sua entrata in vigore.
La questione sollevata dal Consiglio di Stato appare dunque fondata, per
violazione degli artt. 3, secondo comma, 97 e 42, terzo comma, Cost.
6. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg.
ord. n. 264 del 2005) – nel corso di giudizio di
appello avverso decisione del TAR Campania, sezione V, 5 novembre 2005, n.
6887, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per
l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, comma 9,
della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge
della stessa Regione n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo
comma, e 97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto dal Comune di
Gricignano di Aversa, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui
il Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi
all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto
l’occupazione d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti
alla realizzazione dell’intervento produttivo “Filiera del sistema moda e dei
servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, oltre a tutti
gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo
grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, come
sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa
l’efficacia anche della sentenza n. 6887 del TAR della Campania, con sentenza
non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de
qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di
appello relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per
tardività dei ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il
giudice rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo
ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i.
di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e
sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9, dell’articolo
10, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente
interpretato dall’articolo 77, della legge della stessa Regione, n. 10 del
2001, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse
norme, per le ragioni come sopra richiamate.
6.1. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità,
irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni
ulteriore deduzione.
7. – Il Consiglio di Stato, sezione IV, con ordinanza 20 maggio 2004 (reg.
ord. n. 265 del 2005) – nel corso di giudizio di
appello avverso decisione del TAR della Campania, sezione V, 5 novembre 2005,
n. 6884, proposto, con separati atti, dalla Regione Campania, dal Consorzio per
l’area di sviluppo industriale di Caserta e dall’Impre.co. s.r.l. – ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli art. 10, comma 9, della
legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e 77, comma 2, della legge della
stessa Regione n. 10 del 2001, per violazione degli artt. 3, 42, terzo comma, e
97 Cost.
Il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso proposto da Angelo De
Angelis, ha annullato il decreto n. 212 del 13 marzo 2002, con cui il
Presidente della Giunta regionale della Campania, surrogandosi all’inadempiente
Sindaco del Comune di Gricignano di Aversa, ha disposto l’occupazione
d’urgenza, per la durata di anni cinque, delle aree occorrenti alla
realizzazione dell’intervento produttivo “Filiera del sistema moda e dei
servizi collegati”, nell’agglomerato industriale di Aversa Nord, tra cui anche i
fondi del ricorrente, oltre a tutti gli atti della procedura espropriativa.
Le motivazioni della sentenza di primo
grado coincidono con quelle adottate dalla sentenza n. 6888 del 2005, come
sopra riportate. La sezione IV del Consiglio di Stato, sospesa
l’efficacia anche della sentenza n. 6884 del TAR della Campania, con sentenza
non definitiva, riuniti gli appelli e ritenuta sussistente nella controversia de
qua la giurisdizione del giudice amministrativo, ha respinto i motivi di appello
relativi alla dedotta omessa declaratoria di inammissibilità, per tardività dei
ricorsi di primo grado. Quanto al terzo motivo di appello, il giudice
rimettente assume che esso sia astrattamente fondato, non potendo
ragionevolmente dubitarsi dell’applicabilità al piano a.s.i.
di Caserta, per le stesse ragioni esposte nell’ordinanza n. 252 del 2005 (e
sopra sintetizzate), delle disposizioni contenute nel comma 9, dell’articolo
10, della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, autenticamente interpretato
dall’articolo 77, della legge della stessa Regione, n. 10 del 2001, ed ha
sollevato la questione di legittimità costituzionale delle stesse norme, per le
ragioni come sopra richiamate.
7.1. – Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale si è
costituito Angelo De Angelis, il quale rammenta che, costituendosi nel giudizio
d’appello davanti al Consiglio di Stato, avvalorava l’interpretazione data dal
giudice di primo grado, sulla inapplicabilità della proroga regionale ai piani a.s.i., come quello oggetto di causa, già da tempo scaduti,
a meno di non voler adottare un’interpretazione, quella della reviviscenza di
detti piani, palesemente in contrasto con i principi costituzionali. Nel qual
caso non poteva che rimettersi la questione al giudizio di legittimità
costituzionale, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo.
Il Consiglio di Stato, considerando applicabile la proroga di cui alla
legge regionale, come da interpretazione autentica, ha sollevato la questione
di legittimità costituzionale. Il De Angelis ritiene che la disposizione
censurata, ove non la si debba interpretare come egli ha ritenuto, ovvero nel
senso che l’espressione «medio tempore scaduti»
si riferisca esclusivamente ai piani dei consorzi delle aree industriali che
erano venuti o andavano a scadere nel periodo tra il 1° gennaio 1991, data di
scadenza dell’ultima proroga degli stessi stabilita con una disposizione
statale e cioè con la legge n. 128 del 1990 ed il 25 agosto 1998, data di entrata
in vigore della legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e che quindi la
proroga non fosse applicabile al piani a.s.i. di
Caserta, chiede che
7.2. – Si è costituita l’Impre.co. s.r.l., deducendo l’inammissibilità,
irrilevanza e infondatezza della sollevata questione, con riserva di ogni
ulteriore deduzione.
7.3. – Il 23 aprile 2007, nell’imminenza
dell’udienza pubblica, De Angelis Angelo ha depositato memoria, con la quale
sottolinea il tentativo della legge regionale di far passare per
interpretazione autentica un contenuto estraneo ed innovativo, cui si conferisce
sostanzialmente efficacia retroattiva, in aperta violazione delle norme
costituzionali che ammettono la retroattività nei limiti della ragionevolezza.
Nella specie, rendendo retroattiva la norma sui vincoli dei piani a.s.i., la legge regionale ha violato i limiti apposti alla
potestà legislativa a salvaguardia di valori fondamentali di civiltà giuridica,
quali la ragionevolezza (per avere fatto rivivere vincoli scaduti),
l’uguaglianza, la tutela dell’affidamento (per l’imprevedibilità della
soluzione interpretativa adottata), ed il rispetto delle funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario (perché l’invalidità ed
inefficacia del piano a.s.i. era stata oggetto di
sentenze del giudice amministrativo, passate in giudicato).
1. – Con sette ordinanze, identicamente
motivate (reg. ord. n. 252, 253, 254, 255, 256, 264 e
265 del 2005), il Consiglio di Stato, sezione IV, dubita della legittimità
costituzionale degli artt. 10, comma 9,
della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16 (Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo
industriale), e 77, comma 2, della legge della stessa Regione 11 agosto
2001, n. 10 (Disposizioni di finanza
regionale anno 2001), laddove prorogano per un triennio, senza
previsione di indennizzo, i piani regolatori delle aree e dei nuclei
industriali (piani a.s.i.), per violazione del
diritto di proprietà, non essendosi previsto l’indennizzo per la reiterazione
dei vincoli di inedificabilità imposti dai piani (art. 42, terzo comma, della
Costituzione); del principio di ragionevolezza, essendosi prorogati vincoli già
scaduti, anche da tempo considerevole, senza valutazione della necessità
dell’intervento pubblico da realizzare, in riferimento al sacrificio imposto al
privato (art. 3 della Costituzione); nonché del principio di buona
amministrazione, non essendo stata la proroga disposta con applicazione delle
norme procedimentali disciplinanti l’emanazione dell’atto prorogato (art. 97
della Costituzione).
2. – Le sette ordinanze sollevano la stessa
questione di legittimità costituzionale, onde deve essere disposta la riunione
dei relativi giudizi.
3. – Va preliminarmente dichiarata
l’inammissibilità dell’intervento della Di Marini-Rovani s.r.l., che non
riveste la qualità di parte nel giudizio principale (r.o.
n. 252 del 2005), in conformità al principio, più volte affermato da questa
Corte, della necessaria corrispondenza tra le parti del giudizio incidentale di
costituzionalità con quelle costituite nel giudizio principale.
4. – L’eccezione di inammissibilità sollevata dalla s.r.l. Impre.co., per
l’insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo (l’illegittimità
del decreto di occupazione per la carenza di una valida ed efficace
dichiarazione di pubblica utilità determinerebbe la giurisdizione del giudice
ordinario, attenendo la controversia ad un comportamento), è infondata.
Il giudice rimettente ha motivato non implausibilmente
la sussistenza della propria giurisdizione dal momento che i giudizi principali
riguardavano l’impugnazione di provvedimenti della pubblica amministrazione e,
precisamente, per tutti, il decreto di occupazione n. 212 del 13 marzo 2002, del Presidente della Giunta regionale della
Campania, adottato in surroga all’inadempiente Sindaco del Comune di Gricignano
di Aversa, e, per il ricorso di cui all’ordinanza n. 256
del 2005, anche il decreto di occupazione d’urgenza del Sindaco di Carinaro del 15 maggio 2001, mentre è
irrilevante, ai fini della giurisdizione, l’eventuale illegittimità degli
stessi.
5. – Parimenti infondata è l’ulteriore
eccezione di inammissibilità per l’inapplicabilità della normativa impugnata
alle fattispecie.
E’ sufficiente rilevare, in proposito,
l’applicabilità delle disposizioni censurate al decreto di occupazione del Sindaco di Carinaro del 15 maggio 2001, intervenuto
nel triennio dall’approvazione della legge regionale.
6. – Passando all’esame del merito, la
questione di costituzionalità è fondata, alla stregua delle considerazioni che
seguono.
6. 1. – Il giudice a quo, con una
esauriente motivazione, da ritenere del tutto plausibile, propone
un’interpretazione fondata sul dato letterale dell’art. 10, comma 9, della
legge della Regione Campania n. 16 del 1998, e sull’effettiva intenzione del legislatore, fatta palese
dall’interpretazione autentica della citata norma, contenuta nell’art. 77,
comma 2, della legge della Regione Campania n. 10 del 2001, per cui lo scopo
delle ricordate disposizioni è stato quello di rendere validi ed efficaci i
piani che i Consorzi per le aree di sviluppo industriale avevano già elaborato
anche da tempo e che, dunque, erano meno suscettibili di immediata attuazione.
L’espressione, non tecnica, di piani esistenti, usata dal legislatore regionale, impedisce l’individuazione di
qualsiasi lasso di tempo entro il quale determinare l’eventuale scadenza dei
piani consortili al fine di legittimare la loro proroga legislativa: la voluntas del legislatore è stata quella di
"prorogare" (impropriamente, perché in realtà li ha fatti rivivere)
tutti i piani approvati, in qualsiasi tempo scaduti. Ciò, del resto, deriva dal
fatto che la legge n. 16 del
Il rimettente deduce che la reiterazione
dei vincoli espropriativi è consentita in via amministrativa, e a maggior
ragione, per legge. Essa però deve essere puntualmente motivata con riguardo
alla persistente necessità di acquisire la proprietà privata (da valutare sulla
base di una apposita istruttoria procedimentale da cui emerga la prevalenza
dell’interesse pubblico rispetto a quello privato da sacrificare); e,
contemporaneamente, deve prevedere la corresponsione del giusto indennizzo. In
mancanza di tali presupposti vi è lesione del diritto di proprietà.
La proroga di tutti i piani a.s.i. della Campania, invece, interviene
indiscriminatamente per il semplice fatto della loro esistenza, siano essi già
scaduti o meno, e per di più indipendentemente dal momento in cui essi siano
venuti a scadenza: la proroga di un provvedimento non più efficace violerebbe
il principio di ragionevolezza, cui deve attenersi intrinsecamente la
discrezionalità del legislatore, nonché i princípi di
legalità e di buon andamento, cui deve ispirarsi l’azione amministrativa.
Altrettanto irragionevolmente, in
stridente contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale, la riadozione
o la rinnovata efficacia attribuita al piano a.s.i.
di Caserta, che è oggetto d’impugnazione nel giudizio a quo, è avvenuta,
si rileva, ad oltre venti anni dalla sua originaria scadenza, senza che sia
stata svolta alcuna valutazione sulla necessità dell’intervento pubblico da
realizzare in relazione al sacrificio imposto al privato.
6. 2. – E’ appena il caso di precisare
che non viene qui in discussione la natura del vincolo, per la quale
L’iter interpretativo della
garanzia costituzionale in materia di espropriazione ha portato a riconoscere
il principio secondo cui, per gli anzidetti vincoli (urbanistici)
espropriativi, la reiterazione (o la proroga) comporta – oltre la temporaneità
– necessariamente un indennizzo, diretto al ristoro del pregiudizio causato dal
protrarsi della durata (sentenza n. 148 del
2003). Ed infatti, questa Corte ha dichiarato la illegittimità
costituzionale dell’art. 147, primo ed ultimo comma, del previgente testo unico
delle leggi sul Mezzogiorno, approvato con d.P.R. 30
giugno 1967, n. 1523, nella
parte in cui dette norme consentivano, senza previsione di indennizzo, che
vincoli di destinazione preordinati all’esproprio fossero imposti sui beni di
proprietà privata dai piani regolatori delle aree dei nuclei di sviluppo
industriale, senza prefissione di un termine di
durata (sentenza
260 del 1976).
La regola dell’indennizzabilità
dei vincoli espropriativi reiterati è ormai un principio consolidato
nell’ordinamento, anche per l’entrata in vigore dell’art. 39 del testo unico
delle espropriazioni (d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327).
La reiterazione di qualsiasi vincolo preordinato all’esproprio, o
sostanzialmente espropriativo, dunque, è da intendere implicitamente
integrabile con il principio generale dell’indennizzabilità
(sentenza n. 397
del 2002), tanto più che al momento in cui il Consiglio di Stato ha
sollevato la questione, la regione Campania, con la legge
22 dicembre 2004, n. 16 (Norme sul governo del territorio), ha recepito
il principio nel proprio ordinamento urbanistico, rinviando, per la
quantificazione dell’indennizzo, al testo unico delle espropriazioni.
Le censure del Consiglio di Stato
appaiono fondate, nella misura in cui pongono in rilievo l’assenza di una
qualsivoglia valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti dalla
proroga (rectius:
rinnovo) dei vincoli posti dai piani a.s.i., in
relazione alla persistente necessità da parte della pubblica amministrazione di
disporre della proprietà privata per realizzare un progetto di interesse
generale.
Va osservato che se, da un lato, la
proroga di vincoli ancora in corso, attraverso un provvedimento generale (art.
10, comma 9, della legge regionale n. 16 del 1998), connesso ad un intervento
normativo che regola l’intera materia dei consorzi a.s.i.
ai fini dell’incremento e dello sviluppo delle iniziative industriali nel
territorio regionale, appare giustificata, purché assistita dalla
corresponsione di un indennizzo, a conclusioni diverse induce la constatazione
dell’intento di far rivivere, secondo l’interpretazione autentica contenuta
nell’art. 77, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2001, vincoli ormai
scaduti, indipendentemente dal periodo della loro pregressa efficacia.
Il piano a.s.i.,
seppure tipologicamente assimilabile al piano territoriale di coordinamento,
incide direttamente sulle proprietà interessate, esponendole al procedimento
espropriativo cui è prodromica la dichiarazione di pubblica utilità in essi
implicita. La generalità dell’intervento non consente il bilanciamento
dell’interesse pubblico, come concretamente può atteggiarsi nelle varie
porzioni del territorio, con gli interessi dei proprietari destinatari del
vincolo, i quali vengono così esposti ad un ulteriore periodo di compressione
del proprio diritto, quando la decorrenza, anche lontana, del periodo, legale e
prevedibile, di efficacia del vincolo, poteva aver creato in essi un legittimo
affidamento sulla riespansione del diritto medesimo.
L’effetto di limitare i diritti dei cittadini, attraverso la reviviscenza dei
piani a.s.i., non avrebbe potuto prescindere dalla
procedimentalizzazione di una verifica, caso per caso, della persistente
attualità dell’interesse allo sviluppo industriale a distanza di tempi anche
considerevoli, sugli specifici contesti territoriali, in rapporto all’interesse
dei proprietari.
L’art. 10, comma 9, della legge della
Regione Campania n. 16 del 1998, come interpretato dall’art. 77, comma 2, della
legge della stessa Regione 11 agosto 2001, n. 10, va, pertanto, dichiarato
incostituzionale nella parte in cui proroga i piani a.s.i.
già scaduti al momento della sua entrata in vigore.
per
questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i
giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale del combinato disposto
dell’art. 10, comma 9, della legge della Regione Campania 13 agosto 1998, n. 16
(Assetto dei Consorzi per le aree di sviluppo
industriale), e
dell’art. 77, comma 2, della legge della Regione Campania 11 agosto 2001, n. 10
(Disposizioni di finanza regionale anno 2001),
nella parte in cui proroga per un triennio i piani regolatori dei nuclei e
delle aree industriali già scaduti.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio
2007.
F.to:
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in