Sentenza n. 286 del 2007

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SENTENZA N. 286

ANNO 2007

 

Commento alla decisione di

Paolo Giangaspero

 

La potestà ordinamentale delle Regioni speciali e la tutela costituzionale del ruolo della provincia

(per gentile concessione del Forum dei Quaderni Costituzionali)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                         BILE                    Presidente

- Francesco                    AMIRANTE                    Giudice     

- Ugo                    DE SIERVO                         “

- Paolo                           MADDALENA                    “

- Alfio                            FINOCCHIARO        “

- Alfonso                        QUARANTA                       “

- Franco                         GALLO                                “

- Luigi                            MAZZELLA                         “

- Gaetano                       SILVESTRI                           “

- Sabino                         CASSESE                            “

- Maria Rita                    SAULLE                               “

- Giuseppe                     TESAURO                  “

- Paolo Maria                 NAPOLITANO                    “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 13 dicembre 2005, n. 30 (Norme in materia di piano territoriale regionale), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato l’11 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 21 febbraio 2006 ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 2006.

Visto l’atto di costituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2007 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

Ritenuto in fatto

1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso – con ricorso notificato l’11 febbraio 2006 e depositato il successivo 21 febbraio – questione di legittimità costituzionale degli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 2005, n. 30 (Norme in materia di piano territoriale regionale), in relazione agli artt. 5, 114 e 118, della Costituzione e in relazione agli artt. 114, secondo comma e 118, secondo comma Cost., nonché per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e, infine, per contrasto con l’art. 118, primo comma, della Costituzione.

Il ricorrente premette che la Regione Friuli-Venezia Giulia, in base al proprio statuto speciale (art. 4, numero 1-bis e numero 12 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 recante «Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia») ed alle relative norme di attuazione (art. 22, lettera c, del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia» in materia di agricoltura e foreste, industria e commercio, turismo e industria alberghiera, istituzioni ricreative e sportive, lavori pubblici»), è dotata di competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali e in materia di urbanistica; le disposizioni legislative impugnate, tuttavia, eccederebbero le competenze statutarie e violerebbero norme costituzionali «laddove sistematicamente non tengono conto dell’esistenza delle funzioni proprie della Provincia, quale ente intermedio tra Regione e Comune».

In particolare, le disposizioni di cui agli articoli 1 e 4 della legge regionale in questione, nel disciplinare le attribuzioni dei Comuni in materia di pianificazione territoriale, ignorerebbero le funzioni proprie delle Province relative ai piani di area vasta. Esse, infatti, ripartirebbero il potere di pianificazione solo tra la Regione e i Comuni, attribuendo a questi ultimi anche compiti relativi alla pianificazione intermedia e sovracomunale e non prevedendo, invece, alcun intervento della Provincia nelle forme associative finalizzate alla stessa pianificazione. Quanto, invece, agli articoli 8, 11 e 12, essi, rispettivamente, escluderebbero qualsiasi intervento qualificato della Provincia nell’ambito delle procedure di approvazione e adozione del piano territoriale regionale (PTR) e prevederebbero la costituzione di Società di trasformazione urbana regionale (STUR) con la sola intesa dei Comuni. Inoltre, consentirebbero alla Regione di dettare, nelle more dell’approvazione del PTR, norme di salvaguardia delle aree soggette a vincolo paesaggistico, senza alcuna partecipazione dell’ente intermedio.

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, le citate disposizioni regionali, ignorando sistematicamente l’ente Provincia, comporterebbero una grave lesione della relativa sfera di autonomia, costituzionalmente garantita, ed eccederebbero la competenza statutaria, ponendosi in contrasto con l’art. 4 dello statuto di autonomia speciale, il quale – pur attribuendo le materie «urbanistica» e «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» alla potestà legislativa primaria della Regione – impone che tale potestà sia esercitata «in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato».

Il ricorrente osserva, in proposito, che il principio dell’autonomia, consacrato negli articoli 5, 114 e 118 della Costituzione, costituisce «principio generale dell’ordinamento giuridico della Repubblica, come tale vincolante anche nei confronti delle Regioni ad autonomia speciale (sentenza Corte cost. n. 48 del 2003)», aggiungendo che una legislazione «differente» sarebbe comunque «non in armonia con la Costituzione».

Più specificamente, dall’art. 114, secondo comma, e dall’art. 118, secondo comma, Cost. si desumerebbe che «gli enti locali (comprese le Province) sono titolari, oltre che delle funzioni conferite, anche di funzioni proprie, intendendo per tali quelle storicamente attribuite, o comunque ritenute necessarie per l’esistenza e il corretto sviluppo delle rispettive comunità territoriali e degli interessi di cui sono esponenziali e quindi non comprimibili dal legislatore (nazionale o regionale)»; e, sotto tale profilo, nel ricorso si rileva che «la funzione di pianificazione di vasta area è sempre stata considerata di competenza delle Province, come originariamente disposto dagli artt. 14 e 15 della legge n. 142 del 1990 (in particolare dall’art. 15, comma 2) ed ora dagli artt. 19 e 20 del decreto legislativo n. 267 del 2000».

Il ricorrente afferma, inoltre, che la potestà legislativa primaria della Regione in materia di “organizzazione degli enti locali” non consentirebbe una distribuzione delle funzioni amministrative completamente libera e svincolata dai principi costituzionali; in proposito, assumerebbero fondamentale rilievo i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, sanciti dall’art. 118, primo comma, Cost. Tali principi non risulterebbero rispettati dalle disposizioni regionali impugnate, le quali – secondo quanto si prospetta nel ricorso – «attribuiscono esclusivamente ai Comuni (o alle associazioni di Comuni) tutte le funzioni di pianificazione territoriale, comprese quelle di vasta area, che invece, proprio per l’entità degli interessi cui fanno riferimento – interessi che trascendono la dimensione comunale – dovrebbero essere conferite alle Province, quali enti territoriali intermedi tra Comuni e Regioni».

Né il contrasto con i principi da ultimo richiamati potrebbe ritenersi evitato dal fatto che la stessa Regione Friuli-Venezia Giulia, con la coeva legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia), abbia attribuito tali funzioni di pianificazione territoriale alle Città metropolitane: in primo luogo perché, secondo la stessa legge regionale (art. 9, comma 1), l’istituzione delle Città metropolitane sarebbe solo eventuale e non obbligatoria; in secondo luogo, perché il territorio di tali instituendi enti locali non coinciderebbe con quello dell’intera Provincia di riferimento.

Per queste stesse ragioni, ad avviso del ricorrente, le censurate norme regionali si porrebbero in diretto contrasto anche con l’art. 59 dello statuto speciale della Regione, secondo il quale «Le Province […] sono Enti autonomi ed hanno ordinamenti e funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e dalla Regioni». Infatti, nel caso di specie, l’attribuzione alle Province delle funzioni di pianificazione territoriale ad opera della legislazione statale, comporterebbe «una gradazione della pianificazione territoriale secondo parametri tendenzialmente uniformi sull’intero territorio nazionale, dando luogo ad assetto ragionevole» che risulterebbe pregiudicato da una diversa disciplina regionale.

Sotto altro profilo, si ribadisce nel ricorso, le funzioni delle Province, quali enti esponenziali di una collettività insediata ed esistente su un determinato territorio, dovrebbero essere considerate – soprattutto in materia di pianificazione territoriale e paesistica di area vasta – funzioni proprie e non derogabili, neppure da una competenza legislativa primaria.

Da ultimo, il ricorrente afferma che la disciplina introdotta dalla legge regionale n. 30 del 2005 investirebbe anche materie estranee all’urbanistica ed all’ordinamento degli enti locali, come quelle concernenti il paesaggio ed il governo del territorio, per le quali varrebbe «la competenza esclusiva (art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione) o concorrente (art 117, comma 3, della Costituzione) dello Stato, con conseguente vincolo della legislazione regionale al rispetto dei principi della legislazione statale, ai sensi del citato articolo 117 Cost., in combinato disposto con l’art 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ed incompetenza della regione a statuto speciale ad interloquire al di fuori degli ambiti fissati dalla legislazione statale».

2. – Con atto depositato il 7 marzo 2006, si è costituita in giudizio la Regione Friuli-Venezia Giulia, per chiedere che la Corte costituzionale respinga il ricorso in quanto inammissibile e infondato, rinviando a separata memoria l’illustrazione delle ragioni a sostegno della propria difesa.

3. – In prossimità dell’udienza, la Regione ha depositato una memoria nella quale sostiene, innanzitutto, che la censura formulata dallo Stato in relazione alla asserita violazione del limite dell’armonia con la Costituzione sarebbe infondata, dal momento che detto limite non potrebbe riferirsi alle disposizioni del titolo V della Costituzione in quanto destinate ad applicarsi alle sole Regioni ordinarie.

Inoltre, la condizione degli enti locali nella Regione Friuli-Venezia Giulia sarebbe disciplinata non dalle disposizioni del Titolo V Cost., bensì dall’art. 59 dello statuto, secondo il quale le Province e i Comuni sono enti autonomi ed hanno ordinamenti e funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e della Regione.

La legislazione regionale rispetterebbe, peraltro, l’autonomia delle Province, dal momento che la legge regionale n. 1 del 2006 attribuirebbe molteplici funzioni a tali enti locali, così riconoscendo il loro importante ruolo.

Inoltre, la legge reg. n. 30 del 2005 non disconoscerebbe un ruolo alle Province nella pianificazione sovracomunale, dal momento che l’art. 4, comma 2, dispone che tale funzione è esercitata «anche con enti pubblici diversi dal Comune». Ciò varrebbe anche per il procedimento di approvazione del Piano regionale, al quale è previsto che la Provincia prenda parte sia tramite il Consiglio delle autonomie locali, sia attraverso la presentazione di osservazioni (art. 8).

D’altra parte, il principio costituzionale di autonomia non vieterebbe al legislatore regionale di disciplinare, nei termini ritenuti più opportuni, l’esercizio delle funzioni provinciali nelle materie di propria competenza legislativa. Sarebbe preclusa soltanto l’introduzione di limitazioni gravi che incidano sul «nucleo fondamentale delle libertà locali».

Infondata sarebbe anche la dedotta violazione dell’art. 118, secondo comma, Cost. derivante dalla asserita soppressione di «funzioni proprie delle province», dal momento che, come già rilevato, tale disposizione non sarebbe applicabile alle Regioni ad autonomia speciale. Tale conclusione troverebbe conferma anche dal fatto che le funzioni proprie di cui alla disposizione costituzionale richiamata sarebbero collegate alle funzioni fondamentali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., la cui determinazione spetterebbe alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Tuttavia, poiché tale disposizione sarebbe inapplicabile alle Regioni speciali, medesima sorte toccherebbe anche all’art. 118, secondo comma, Cost.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni), spetterebbe alla Regione, nelle materie attribuite alla sua potestà legislativa esclusiva di cui all’art. 4 dello statuto, il compito di determinare le funzioni degli enti locali. La previsione dell’art. 59 dello statuto, che riconosce la possibilità anche al legislatore statale di stabilire le funzioni degli enti locali, dovrebbe pertanto intendersi limitata alle «materie diverse da quelle che lo statuto assegna alla Regione».

La difesa regionale sostiene inoltre che la funzione di adozione del Piano territoriale provinciale di coordinamento non sarebbe una funzione essenziale, non essendo mai stata esercitata dalle province friulane, ed inoltre non rientrerebbe tra quelle storicamente attribuite, dal momento che sarebbe stata introdotta solo nel 1990 con la legge n. 142.

Infondata sarebbe altresì la invocata violazione dell’art. 118, primo comma, Cost., stante l’inapplicabilità anche di tale disposizione alle Regioni speciali in relazione alle competenze legislative aventi fondamento nello statuto, per le quali varrebbe il principio del parallelismo, come confermato anche dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 236 del 2004).

Anche la dedotta violazione dell’art. 59 dello statuto sarebbe infondata, dal momento che le disposizioni censurate non violerebbero il principio dell’autonomia provinciale e in quanto lo Stato potrebbe attribuire funzioni agli enti locali della Regione Friuli-Venezia Giulia solo nelle proprie materie, tra le quali non rientrerebbero quelle disciplinate dalle norme regionali impugnate.

Inammissibile sarebbe, infine, la dedotta violazione dell’art. 117, secondo e terzo comma, Cost., dal momento che il ricorrente non avrebbe illustrato le ragioni per cui tali norme dovrebbero applicarsi alla Regione, in luogo di quelle dello statuto speciale. In ogni caso, nel ricorso non sarebbero individuate le norme della legge reg. n. 30 del 2005 che inciderebbero sulla materia del paesaggio e del governo del territorio.

L’unica disposizione che attiene alla tutela del paesaggio, ad avviso della difesa regionale, sarebbe l’art. 12, comma 2, della legge impugnata, ma la censura ad essa riferita sarebbe inammissibile, dal momento che si lamenta la violazione dei principi della legislazione statale senza indicare le norme asseritamente violate. Essa sarebbe comunque infondata alla luce della giurisprudenza costituzionale, la quale avrebbe ormai riconosciuto la competenza delle Regioni a dettare norme anche ai fini della tutela paesaggistica.

Ancora più specificamente, risulterebbero infondate le censure concernenti l’art. 8, in quanto esso riconoscerebbe alle Province il diritto di intervenire nella procedura di approvazione del Piano regionale, sia perché tale piano è soggetto al previo parere del Consiglio delle autonomie locali di cui fanno parte le Province, sia perché queste ultime possono presentare osservazioni al PTR.

Anche l’art. 11, il quale disciplina la costituzione di Società di trasformazione urbana regionale, nel prevedere che ad esse possano partecipare anche «enti locali territoriali», riconosce la possibilità di coinvolgimento delle Province. D’altra parte, il ricorso non avrebbe indicato «alcun fondamento costituzionale della necessità dell’intesa delle Province per la costituzione delle STUR».

Quanto, infine, all’art. 12, la difesa regionale deduce la mancanza di un fondamento costituzionale «della presunta necessità di un coinvolgimento delle Province nella definizione degli indirizzi per la salvaguardia delle aree assoggettate a vincolo paesaggistico», esso non potrebbe neppure rinvenirsi nel generale principio di autonomia provinciale, il cui significato sarebbe ben diverso, secondo quanto già illustrato.

Considerato in diritto

1. – Il Governo ha impugnato gli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 2005, n. 30 (Norme in materia di piano territoriale regionale) per contrasto con gli articoli 4 e 59 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia), in relazione agli artt. 5, 114 e 118, della Costituzione e in relazione agli artt. 114, secondo comma e 118, secondo comma Cost., nonché per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e, infine, per contrasto con l’art. 118, primo comma, della Costituzione.

Sostiene il ricorrente che, malgrado la Regione sia dotata di competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali e in materia di urbanistica, essa avrebbe adottato disposizioni legislative eccedenti le competenze statutarie e tali da violare norme costituzionali, «laddove sistematicamente non tengono conto dell’esistenza delle funzioni proprie della Provincia, quale ente intermedio tra Regione e Comune».

In particolare, le disposizioni di cui agli articoli 1 e 4 della legge regionale ignorerebbero le funzioni proprie delle Province relative ai piani di area vasta, ripartendo il potere di pianificazione territoriale solo tra la Regione e i Comuni. Quanto agli articoli 8, 11 e 12, essi, rispettivamente, escluderebbero qualsiasi intervento qualificato della Provincia nell’ambito delle procedure di approvazione e adozione del Piano territoriale regionale e prevedrebbero la costituzione di Società di trasformazione urbana regionale con la sola intesa dei Comuni. Inoltre, consentirebbero alla Regione di dettare, nelle more dell’approvazione del Piano, norme di salvaguardia delle aree soggette a vincolo paesaggistico, senza alcuna partecipazione dell’ente intermedio.

Le norme impugnate violerebbero l’art. 4 dello statuto speciale, sia in quanto si porrebbero in contrasto con il “principio dell’autonomia” ricavabile dagli artt. 5, 114 e 118 Cost. e da ritenere «principio generale dell’ordinamento giuridico della Repubblica», sia in quanto non sarebbero «in armonia con la Costituzione» e, in particolare, con gli articoli 114, secondo comma, e 118, secondo comma, Cost., dai quali si ricaverebbe la titolarità in capo alle Province di “funzioni proprie” non comprimibili dal legislatore nazionale o regionale. Le disposizioni regionali violerebbero, inoltre, gli artt. 4 e 59 dello statuto speciale ponendosi in contrasto con le funzioni di pianificazione territoriale attribuite alle Province dalla legislazione statale e, particolarmente, dagli artt. 19 e 20 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

Contrasterebbero, altresì, con l’art. 118, primo comma, Cost., secondo cui le funzioni amministrative devono essere attribuite ai livelli di governo idonei, per la propria struttura organizzativa e per le proprie dimensioni, ad esercitarle con efficacia ed efficienza.

Infine le norme regionali censurate contrasterebbero con l’art. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, in quanto, in relazione ai profili della disciplina incidenti nelle materie del paesaggio e del governo del territorio, la Regione sarebbe intervenuta «al di fuori degli ambiti fissati dalla legislazione statale».

2. – In via preliminare devono essere dichiarate inammissibili le questioni, aventi ad oggetto tutti gli articoli impugnati, fondate sulla pretesa diretta applicabilità alla Regione Friuli-Venezia Giulia di alcune disposizioni del Titolo V della Costituzione relative al regime giuridico degli enti locali operanti nella Regione.

Come questa Corte ha avuto occasione di recente di affermare nella sentenza n. 238 del 2007 (n. 3 del Considerato in diritto), in relazione al ricorso proposto avverso alcune disposizioni della legge 9 gennaio 2006 n. 1 (Principi e norme fondamentali del sistema Regione-autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia) della medesima Regione, non è possibile invocare, quanto meno in assenza di adeguate motivazioni, disposizioni costituzionali quali l’art. 117, secondo e terzo comma, o l’art. 118 Cost. in riferimento ad una Regione ad autonomia speciale dotata di potestà legislativa primaria in tema sia di enti locali che di urbanistica e nella quale vige il principio del parallelismo tra le funzioni legislative e le funzioni amministrative (si vedano l’art. 4, n. 1-bis e n. 12, e l’art. 8 dello statuto).

Sono altresì inammissibili le censure con le quali si denuncia la violazione del “limite dell’armonia con la Costituzione” posto dall’art. 4 dello statuto di autonomia. Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate non terrebbero conto delle funzioni proprie di cui le Province sarebbero titolari ai sensi degli artt. 114, secondo comma, e 118, secondo comma Cost. e che non sarebbero comprimibili da parte del legislatore nazionale o regionale.

Anche in tal caso, il ricorso non illustra in alcun modo le ragioni per cui si imporrebbe alla Regione Friuli-Venezia Giulia l’applicazione di disposizioni del titolo V della Costituzione, né in quale rapporto queste si trovino rispetto alle disposizioni contenute nello statuto speciale (sentenza n. 238 del 2007). Tali carenze argomentative impediscono di giudicare il merito delle censure.

3. – Venendo ad esaminare le censure formulate con riferimento agli artt. 4 e 59 dello statuto speciale, il ricorrente lamenta, innanzitutto, la violazione del principio di autonomia degli enti locali, il cui rispetto si imporrebbe anche alla Regione Friuli-Venezia Giulia. Non vi è dubbio che tale principio deducibile dall’art. 5 della Costituzione limiti le stesse potestà legislative esclusive della Regione, in quanto “principio generale dell’ordinamento giuridico della Repubblica”, in forza del quale tutte le Regioni debbono riconoscere e promuovere le autonomie locali (sentenza n. 83 del 1997).

Peraltro, tutto ciò deve avvenire in riferimento anche alle specifiche attribuzioni costituzionali o statutarie delle diverse Regioni. Da questo punto di vista, occorre allora ricordare, in via preliminare, che con la legge costituzionale 23 settembre 1993 n. 2 (Modifiche ed integrazioni agli statuti speciali per la Valle d’Aosta, per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia, per il Trentino-Alto Adige), la competenza legislativa della Regione in tema di ordinamento degli enti locali è stata trasformata da concorrente in esclusiva e che l’art. 2 del d.lgs. 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni) ha chiarito che, nell’ambito di questa competenza, la Regione «fissa i principi dell’ordinamento locale e ne determina le funzioni, per favorire la piena realizzazione dell’autonomia degli enti locali».

Come questa Corte ha di recente ricordato (sentenza n. 238 del 2007, n. 5 del Considerato in diritto), la giurisprudenza costituzionale relativa all’applicazione della legge cost. n. 2 del 1993 (sentenze n. 48 del 2003, n. 230 e 229 del 2001, e n. 415 del 1994) «ha riconosciuto al legislatore delle Regioni ad autonomia speciale una potestà di disciplina differenziata rispetto alla corrispondente legislazione statale, salvo il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico dello Stato e dell’ambito delle materie di esclusiva competenza statale (individuate sulla base di quanto prescritto negli statuti speciali)».

Tenendo anche conto che costantemente la legislazione fondamentale in tema di ordinamento degli enti locali fa salve le “attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione” delle Regioni ad autonomia speciale (si vedano l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000; l’art. 1, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142 recante «Ordinamento delle autonomie locali»; l’art. 2, comma 4, lettera q, della legge 5 giugno 2003, n. 131 recante «Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3»), la legislazione relativa agli enti locali della Regione Friuli-Venezia Giulia «non è vincolata all’osservanza delle singole disposizioni del testo unico degli enti locali, ma deve rispettare il principio autonomistico o – meglio ancora – tramite le sue autonome determinazioni deve “favorire la piena realizzazione dell’autonomia degli enti locali”» (sentenza n. 238 del 2007).

Su questa base occorre prendere in considerazione le specifiche censure sollevate nei riguardi delle norme impugnate.

4. – Si deve preliminarmente rilevare che, nelle more della decisione, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha emanato la legge regionale 23 febbraio 2007, n. 5 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio), la quale ha disciplinato organicamente la materia dell’urbanistica e della pianificazione territoriale, conferendo alcune specifiche attribuzioni alle Province e, all’art. 64, lettera w), ha abrogato, tra l’altro, l’art. 4 della legge regionale n. 30 del 2005.

Tale abrogazione, tuttavia, non esime questa Corte dall’esaminare la censura prospettata dal ricorrente dal momento che la norma impugnata, sopprimendo asseritamente una funzione provinciale, ha comunque avuto applicazione, avendo precluso – secondo la prospettazione del ricorso – per tutto il tempo della sua vigenza, l’adozione di piani territoriali provinciali.

Le disposizioni contenute negli artt. 1 e 4 della legge regionale n. 30 del 2005, ad avviso dell’Avvocatura, sarebbero illegittime perché «ripartiscono il potere di pianificazione solo tra la Regione e i Comuni», con ciò ponendosi in contrasto con l’asserita appartenenza della competenza provinciale in materia di pianificazione sovracomunale addirittura ad una area di «funzioni proprie e non derogabili, neppure da una competenza legislativa primaria». In altri termini, gli enti locali sarebbero «titolari, oltre che delle funzioni conferite, anche di funzioni proprie, intendendo per tali quelle storicamente attribuite, o comunque ritenute necessarie per l’esistenza e il corretto sviluppo delle rispettive comunità territoriali e degli interessi di cui sono esponenziali e quindi non comprimibili dal legislatore (nazionale o regionale)». Tra queste funzioni, secondo il ricorrente, vi sarebbe anche quella di pianificazione territoriale dell’area vasta.

Una concezione del genere appare peraltro estranea al nostro modello di amministrazione locale, come ha riconosciuto questa Corte (sentenza n. 238 del 2007): “la innegabile discrezionalità riconosciuta al legislatore statale nell’ambito della propria potestà legislativa e la stessa relativa mutevolezza nel tempo delle scelte da esso operate con riguardo alla individuazione delle aree di competenza dei diversi enti locali impediscono che possa parlarsi in generale di competenze storicamente consolidate dei vari enti locali (addirittura immodificabili da parte sia del legislatore statale che di quello regionale). Questa Corte non ha escluso la utilità del criterio storico “per la ricostruzione del concetto di autonomia provinciale e comunale”, ma tuttavia ne ha circoscritto l’utilizzabilità «a quel nucleo fondamentale  delle libertà locali che emerge da una lunga tradizione e dallo svolgimento che esso ebbe durante il regime democratico (sentenza n. 52 del 1969)».

Da questo punto di vista, appare allora significativo, con specifico riferimento alla pianificazione sovracomunale, che l’art. 23 del d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di agricoltura e foreste, industria e commercio, turismo e industria alberghiera, istituzioni ricreative e sportive, lavori pubblici) abbia attribuito alla Regione l’approvazione dei piani territoriali di coordinamento e cioè dell’istituto che solo le successive leggi sull’amministrazione locale hanno attribuito alle Province. Inoltre, pur dopo che l’art. 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva per la prima volta previsto la competenza della Provincia in tema di piano territoriale di coordinamento, la Regione Friuli-Venezia Giulia, evidentemente utilizzando le proprie competenze legislative di tipo esclusivo in materia urbanistica (ai sensi dell’art. 4, numero 12 dello statuto e dell’art. 22, lettera c, del d.P.R. n. 1116 del 1965) e di ordinamento degli enti locali, lo aveva configurato nella legge regionale 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica) con caratteristiche in parte differenziate, come uno strumento di specificazione a livello provinciale della pianificazione regionale, nonché come quadro di riferimento di livello sovracomunale per la pianificazione territoriale e urbanistica subordinata, sottoposto alla necessaria approvazione degli organi regionali.

Deve pertanto concludersi che, come già affermato nella richiamata sentenza n. 238 del 2007, ai fini della verifica del rispetto dell’autonomia degli enti locali ciò che rileva non è la disciplina di un particolare settore o di uno specifico istituto, ma la complessiva configurazione da parte della legislazione regionale del ruolo della Provincia in termini effettivamente adeguati alla sua natura di ente locale necessario di secondo livello: valutazione, che può essere operata solo avendo riguardo al complesso della legislazione sull’amministrazione locale per accertare la sua coerenza con il principio di autonomia. A ciò si aggiunga che la successiva legge regionale n. 5 del 2007, all’art. 4, ha previsto e disciplinato alcune attribuzioni della Provincia in materia di pianificazione territoriale.

5. – Per quanto concerne le censure rivolte all’art. 8 della legge reg. n. 30 del 2005, impugnato perché escluderebbe qualsiasi intervento qualificato della Provincia nell’ambito delle procedure di approvazione e adozione del Piano territoriale regionale, si osserva innanzitutto che anche tale norma è stata abrogata dal menzionato art. 64 della legge regionale n. 5 del 2007.

Attualmente il procedimento di approvazione del PTR è regolato dall’art. 10 della citata legge del 2007 in termini identici – per quanto qui interessa – a quelli contenuti nella disposizione censurata. Pertanto, poiché dalla disposizione legislativa sopravvenuta è desumibile una norma sostanzialmente coincidente con quella impugnata nel ricorso, la questione – in forza del principio di effettività della tutela costituzionale delle parti nei giudizi in via d’azione – deve essere estesa anche alla nuova norma (sentenza n. 533 del 2002; ordinanza n. 137 del 2004).

Una volta chiarito che lo scrutinio di questa Corte deve avere anche ad oggetto l’art. 10 della legge regionale n. 5 del 2007, nel merito la questione non è fondata.

Oltre a valere le medesime considerazioni svolte al n. 3, già per sé sufficienti ad escludere la fondatezza della censura, si deve considerare che la disposizione in esame prevede espressamente che l’elaborazione del progetto definitivo del piano territoriale regionale debba avvenire previo parere del Consiglio delle Autonomie locali, nel quale, ai sensi dell’art. 31, comma 2, lettera a), della legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e norme fondamentali del sistema Regione - autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia), sono necessariamente presenti anche le Province.

Queste, inoltre, rientrano senz’altro tra «gli enti ed organismi pubblici» che l’art. 10, comma 5, lettera a), della legge regionale n. 5 del 2007 legittima a presentare osservazioni avverso al PTR entro 60 giorni dalla sua pubblicazione.

Priva di fondamento risulta anche la censura avente ad oggetto la disciplina regionale delle società di trasformazione urbana regionale dettata dall’art. 11, della legge reg. n. 30, dal momento che le Province non risultano titolari di specifiche funzioni neppure nell’ambito della legislazione statale.

La medesima conclusione vale altresì in relazione all’art. 12 della stessa legge regionale, impugnato in ragione della mancata previsione della partecipazione della Provincia alla elaborazione  di «indirizzi per la salvaguardia delle aree assoggettate a vincolo paesaggistico» nelle more dell’entrata in vigore del PTR. Oltre a valere, anche in tal caso, le considerazioni sopra svolte in relazione al potere del legislatore regionale di conformare le funzioni degli enti locali, si deve osservare come la recente legislazione statale, per un verso, non prevede alcuna funzione necessaria delle Province in relazione alla predisposizione di norme di salvaguardia nelle more dell’approvazione del piano territoriale regionale e, per altro verso, è esplicita nel riconoscere alle Regioni un ruolo fondamentale nella pianificazione paesaggistica e certamente preminente rispetto ai poteri in materia degli enti locali (si veda il Capo III del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137», nonché le sentenze di questa Corte n. 182 e n. 51 del 2006).

6. – Deve pertanto concludersi che non sono fondate le questioni relative  agli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 2005 sollevate in riferimento agli articoli 4 e 59 dello statuto speciale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 dicembre 2005, n. 30 (Norme in materia di piano territoriale regionale) sollevate in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché in relazione all’art. 118, primo e secondo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 2005, sollevate, in riferimento all’art. 4 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), per violazione del limite dell’«armonia con la Costituzione» e in particolare degli artt. 114, secondo comma, e 118, secondo comma Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, 4, 8, 11 e 12 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 2005 sollevate, in riferimento all’art. 4 della legge costituzionale n. 1 del 1963, per lesione del “principio dell’autonomia” degli enti locali ricavabile dagli artt. 5, 114 e 118 Cost., nonché in riferimento all’art. 59 dello stesso statuto speciale, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge regionale 23 febbraio 2007, n. 5 (Riforma dell’urbanistica e disciplina dell’attività edilizia e del paesaggio), in riferimento all’art. 4 della legge costituzionale n. 1 del 1963, per lesione del «principio dell’autonomia» degli enti locali ricavabile dagli artt. 5, 114 e 118 Cost., nonché in riferimento all’art. 59 dello stesso statuto speciale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 17 luglio 2007.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA