Ordinanza n. 280 del 2007

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ORDINANZA N. 280

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                          BILE                          Presidente

- Giovanni Maria             FLICK                          Giudice

- Francesco                     AMIRANTE                       "

- Ugo                             DE SIERVO                       "

- Paolo                           MADDALENA                   "

- Alfio                            FINOCCHIARO                 "

- Alfonso                        QUARANTA                      "

- Franco                          GALLO                             "

- Luigi                            MAZZELLA                      "

- Gaetano                       SILVESTRI                       "

- Sabino                          CASSESE                          "

- Maria Rita                    SAULLE                            "

- Giuseppe                      TESAURO                         "

- Paolo Maria                  NAPOLITANO                  "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promosso con ordinanza del 27 aprile 2005 dal Giudice di pace di Osimo nel procedimento penale a carico di Proietti Matteo, iscritta al n. 475 del registro ordinanze del 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2005.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 giugno 2007 il Giudice relatore Sabino Cassese.

Ritenuto che il Giudice di pace di Osimo ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 76, 111, commi primo e quinto, e 112 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), «nella parte in cui limita la facoltà dell’imputato di presentare domanda di oblazione alla fase precedente la dichiarazione di apertura del dibattimento e non la differisce, quanto meno, a quella immediatamente precedente l’istruzione dibattimentale»;

che il rimettente premette di procedere, nel giudizio principale, per una contravvenzione di guida in stato di ebbrezza a norma dell’art. 186, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e di aver ammesso l’imputato al beneficio dell’oblazione, benché lo stesso avesse presentato l’istanza di ammissione, in udienza, dopo l’apertura del dibattimento;

che il giudice di pace, dopo aver ricostruito il quadro normativo in tema di oblazione, osserva che la «normativa evidenziata» contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 24, comma secondo, Cost., poiché il diritto di chiedere – mediante oblazione – una pronuncia di improcedibilità conseguente all’estinzione del reato non può essere compresso dal mero decorso del termine previsto dall’art. 162-bis del codice penale e, in secondo luogo, con l’art. 111, commi primo e quinto, Cost., atteso che la norma è finalizzata «ad assicurare una ragionevole durata del processo ma, anche e soprattutto, ad offrire una giustizia sostanziale nella quale il diritto del cittadino» di chiedere l’oblazione, non può «essere subordinato ad un termine nel suo esercizio» e ad una limitazione temporale così restrittiva; inoltre, contrasterebbe con l’art. 112 Cost., atteso che la norma denunciata non terrebbe in alcun conto la volontà del pubblico ministero il quale, come avvenuto nel caso di specie, abbia espresso il proprio consenso ad una definizione anticipata del processo; infine, con l’art. 76 Cost., atteso che il legislatore delegato, riproducendo nella norma censurata quanto previsto dall’art. 162-bis cod. pen. (istituto dell’oblazione discrezionale), non avrebbe attuato, con riferimento al procedimento dinanzi al giudice di pace, il criterio direttivo della «massima semplificazione» di cui all’art. 17 della legge di delega 24 novembre 1999, n. 468 (Modifiche alla legge 21 novembre 1991, n. 374, recante istituzione del giudice di pace. Delega al Governo in materia di competenza penale del giudice di pace e modifica dell’articolo 593 del codice di procedura penale), per attuare il quale, avuto riguardo alla specifica finalità dell’udienza di comparizione dinanzi al predetto giudice, il legislatore delegato avrebbe dovuto prevedere l’eliminazione del limite temporale per chiedere l’oblazione, anche perché in tale procedimento (a differenza della disciplina relativa alla citazione diretta contenuta nell’art. 555 del codice di procedura penale) l’apertura del dibattimento costituisce il momento ultimo soltanto per chiedere di essere ammessi all’oblazione;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza della questione proposta;

che in particolare, per la difesa erariale, la questione sarebbe infondata in relazione all’art. 24 Cost., atteso che la ratio dell’istituto dell’oblazione, misura premiale, è coerente con la previsione di un termine perentorio, tenuto conto, in primo luogo, che mantenere la facoltà in capo all’imputato di richiedere l’oblazione anche oltre la soglia dell’apertura del dibattimento equivarrebbe a frustrare l’efficacia deflattiva della misura premiale, in secondo luogo, che, non a caso, la riapertura del termine è consentita nelle ipotesi (modificazione dell’originaria imputazione o contestazione suppletiva) in cui la richiesta di oblazione non poteva essere esercitata nel previsto termine di legge, ed infine che la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 57 del 2004) e quella di legittimità (sentenza n. 4851 del 1998) hanno affermato la piena coerenza con l’ordinamento della previsione del termine perentorio in esame;

che ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, poi, non sarebbe fondato il dubbio di costituzionalità prospettato in relazione all’art. 111 Cost., atteso che il diritto al giusto e breve processo non appare in alcun modo inciso dalla previsione del termine processuale in esame;

che non sarebbe fondato neppure il dubbio di costituzionalità riferito all’art. 112 Cost., poiché il principio di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale non ha nulla a che vedere con le ipotesi di estinzione del reato, e poichè la circostanza che il pubblico ministero abbia espresso il proprio consenso alla richiesta di oblazione formulata oltre il previsto termine è solo accidentale e, in ogni caso, non può essere considerata come una rinunzia all’azione;

che neppure fondato sarebbe il dubbio riferito ad un preteso eccesso di delega, atteso che gli intenti di semplificazione e di deflazione del processo penale non sono incisi dalla previsione di termini perentori, essendo inoltre rimesso al legislatore di individuare in concreto le modalità di perseguimento dello scopo.

Considerato che il Giudice di pace di Osimo ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), «nella parte in cui limita la facoltà dell’imputato di presentare domanda di oblazione alla fase precedente la dichiarazione di apertura del dibattimento e non la differisce, quanto meno, a quella immediatamente precedente l’istruzione dibattimentale»;

che lo stesso giudice, nell’ordinanza di rimessione, precisa di aver già ammesso l’imputato, su parere conforme del pubblico ministero, al beneficio dell’oblazione, sebbene lo stesso avesse presentato l’istanza di ammissione in udienza dopo l’apertura del dibattimento;

che, quindi, il giudice di pace afferma di aver già fatto applicazione della norma della cui legittimità dubita, con ciò esaurendo la propria cognizione in relazione alla norma oggetto di censura;

che, inoltre, il rimettente omette qualsiasi motivazione sulla rilevanza della questione;

che la questione di costituzionalità deve, pertanto, dichiararsi manifestamente inammissibile, sia per difetto di pregiudizialità (tra le molte e da ultimo, ordinanze n. 388 del 2006, n. 370 del 2005 e n. 405 del 2004), sia per omessa motivazione sulla rilevanza (ordinanze n. 127 del 2007 e n. 183 del 2005).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 6, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), «nella parte in cui limita la facoltà dell’imputato di presentare domanda di oblazione alla fase precedente la dichiarazione di apertura del dibattimento e non la differisce, quanto meno, a quella immediatamente precedente l’istruzione dibattimentale», sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 76, 111, commi primo e quinto, e 112 della Costituzione, dal Giudice di pace di Osimo, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Sabino CASSESE, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2007.