Ordinanza n. 233 del 2007

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ORDINANZA N. 233

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                       Presidente

- Giovanni Maria        FLICK                    Giudice

- Francesco               AMIRANTE                 "

- Ugo                        DE SIERVO                 "

- Paolo                      MADDALENA             "

- Alfio                       FINOCCHIARO           "

- Alfonso                   QUARANTA                "

- Franco                    GALLO                        "

- Luigi                       MAZZELLA                 "

- Gaetano                  SILVESTRI                  "

- Sabino                    CASSESE                    "

- Maria Rita               SAULLE                      "

- Giuseppe                 TESAURO                   "

- Paolo Maria             NAPOLITANO             "

ha pronunciato la seguente

                                                ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 3 agosto 2004, n. 206 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice), promosso con ordinanza del 31 gennaio 2006 dal Tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Giovanni Magno e la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altro, iscritta al n. 612 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2007.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 31 gennaio 2006, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 3 agosto 2004, n. 206 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice), nella parte in cui stabilisce il termine di decadenza di sei mesi, a decorrere dall’entrata in vigore della legge medesima, per l’instaurazione del procedimento civile volto al riconoscimento di ulteriori benefici in favore delle vittime del terrorismo;

che il rimettente espone che la parte privata del giudizio principale, il 23 dicembre 1984, si trovava a bordo del treno rapido 904, oggetto di un attacco terroristico nel corso del quale persero la vita quindici persone e ne rimasero ferite altre 268;

che, a seguito di tale evento, al ricorrente, per il persistere di una dolenzia al rachide dorsale accompagnata da una sindrome ansioso depressiva, è stata riconosciuta un’invalidità lavorativa pari al 30 per cento, e gli è stata liquidata una somma equivalente a 26.000 euro, ai sensi della legge 20 ottobre 1990, n. 302 (Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata);

che, successivamente, la legge n. 206 del 2004 ha previsto per le vittime degli episodi di terrorismo ulteriori benefici, quali la possibilità di ottenere la rideterminazione dell’elargizione prevista dalla legge n. 302 del 1990 (in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale di invalidità riportata), nonché la rivalutazione delle percentuali di invalidità già riconosciute tenendo conto dell’eventuale aggravamento fisico e del danno biologico e morale;

che il giudizio a quo ha ad oggetto la richiesta di accertamento del diritto del ricorrente a che la somma dallo stesso percepita in virtù della legge n. 302 del 1990 venga ricalcolata come previsto dall’art. 5 della legge 206 del 2004, tenendo conto anche del danno biologico, morale ed esistenziale subito e la conseguente richiesta di condanna della Presidenza del Consiglio dei ministri e del Ministero dell’interno al pagamento della somma dovuta;

che le Amministrazioni resistenti, costituitesi nel giudizio, hanno, in via preliminare, eccepito l’inammissibilità del ricorso, in quanto proposto oltre il termine di sei mesi previsto dall’art. 11 della legge n. 206 del 2004;

che, a seguito di tale eccezione, il rimettente, sollecitato dalla parte ricorrente, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione della legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge n. 206 del 2004, nella parte in cui prevede il termine di decadenza di sei mesi dall’entrata in vigore della legge per l’instaurazione del procedimento civile volto al riconoscimento dei suddetti benefici;

che, secondo il giudice rimettente, la legge n. 206 del 2004 ha previsto un sistema a doppio binario con due strumenti alternativi di tutela: l’uno, amministrativo (artt. 13 e 14), da avviare, da parte dell’interessato, senza termini diversi da quelli derivanti dalla prescrizione; l’altro, giurisdizionale, sottoposto invece ad un ristrettissimo termine decadenziale per l’instaurazione del procedimento (art. 11 e 12);

che l’art. 11 della legge in esame, nel subordinare la possibilità concreta di riconoscimento dei benefici ivi previsti ad un’azione da intraprendere entro il termine irragionevolmente breve di sei mesi, renderebbe di fatto, se non impossibile, quanto meno molto difficile la proposizione della domanda e, dunque, la tutela giurisdizionale dei propri diritti, tanto più – afferma il rimettente –  ove si tenga conto che si tratta di legge approvata in pieno periodo estivo e relativa ad avvenimenti verificatisi a distanza anche di 43 anni dalla sua approvazione;

che, per il rimettente, la questione è rilevante, in quanto la difesa delle amministrazioni convenute in giudizio ha ritualmente eccepito la tardività della domanda, evidenziando che la legge è entrata in vigore il 26 agosto 2004 mentre il ricorso è stato depositato in cancelleria il 22 marzo 2005, dunque, anche tenendo conto della sospensione feriale dei termini processuali, ben oltre il termine di sei mesi previsto dalla norma censurata;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente infondata;

che, secondo la difesa erariale, non è esatta la ricostruzione operata dal rimettente circa la coesistenza di due procedimenti per l’attribuzione dei benefici alle vittime del terrorismo: l’uno giurisdizionale (artt. 11 e 12) con un termine di decadenza di soli sei mesi dalla entrata in vigore della legge, l’altro amministrativo (artt. 13 e 14) «ad attivazione discrezionale da parte dell’amministrazione e finalizzato alla determinazione stragiudiziale della definitiva liquidazione della provvidenza»;

che in realtà, secondo l’Avvocatura dello Stato, la norma censurata individua, nell’ambito delle vittime di fatti di terrorismo, una “sottocategoria” costituita da coloro che hanno già ottenuto il riconoscimento di benefici in base ad atti definitivi ottenuti in sede giurisdizionale, amministrativa o contabile.

che, pertanto, l’art. 11 della legge n. 206 del 2004 avrebbe lo scopo di estendere le nuove misure di favore anche a quelle vittime che abbiano già beneficiato delle provvidenze concesse dalle precedenti leggi e si riferirebbe solo a quelle situazioni già divenute definitive per le quali, altrimenti, l’estensione non potrebbe operare, essendo principio generale del nostro ordinamento giuridico che «le stesse dichiarazioni di incostituzionalità delle leggi trovano un limite di efficacia nelle situazioni definite in base a provvedimenti giurisdizionali o amministrativi incontrovertibili»;

che, inoltre, per la difesa erariale non è possibile comparare la situazione soggettiva di coloro che hanno già ottenuto il riconoscimento dei benefici previsti dalla legge per le vittime del terrorismo in base ad un provvedimento definitivo con quella di coloro che, pur essendosi attivati nei termini di legge, non hanno ancora ottenuto il riconoscimento definitivo del diritto all’applicazione dei benefici;

che, infine, il termine semestrale entro il quale deve essere promossa l’azione prevista dall’art. 11 della legge n. 206 del 2004 per il conseguimento dei benefici in essa previsti non è così irragionevolmente breve da pregiudicare l’esercizio del sotteso diritto sostanziale.

Considerato che il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 31 gennaio 2006, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale, dell’art. 11 della legge 3 agosto 2004, n. 206 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice), nella parte in cui prevede il termine di decadenza di sei mesi dall’entrata in vigore della legge per l’instaurazione del procedimento civile volto al riconoscimento dei nuovi benefici attribuiti alle vittime del terrorismo;

che, in particolare, il rimettente dubita della congruità del termine decadenziale, previsto dall’art. 11 della legge n. 206 del 2004, ritenendo che il subordinare il riconoscimento degli ulteriori benefici al positivo esperimento di un’azione civile da intraprendere entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della legge stessa sia in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione in quanto la sua irragionevole brevità rende di fatto impossibile o, quanto meno, molto difficile, la tempestiva proposizione della domanda e, dunque, la tutela giurisdizionale dei diritti in questione;

che il giudice a quo non contesta che sia legittimo apporre un termine di decadenza per l’esercizio dell’azione, ma dubita della scelta operata dal legislatore, giudicando il termine di sei mesi troppo breve per garantire l’effettività della tutela giurisdizionale;

che, tuttavia, il rimettente omette di indicare una soluzione costituzionalmente obbligata per l’individuazione del termine “congruo” che dovrebbe sostituire quello di sei mesi, eventualmente dichiarato costituzionalmente illegittimo nell’ipotesi di accoglimento della questione;

che l’indicazione eventuale di un altro termine, in mancanza di una soluzione costituzionalmente obbligata, presuppone l'esercizio di valutazioni discrezionali che esulano dalle funzioni di questa Corte (si vedano, ex plurimis, la sentenza n. 109 del 2005 e le ordinanze n. 273 e n. 260 del 2005);

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile perché il giudice a quo chiede alla Corte una pronuncia additiva a contenuto non costituzionalmente obbligato (si vedano, da ultimo, le ordinanze n. 210 e n. 185 del 2006).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

per questi  motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge 3 agosto 2004, n. 206 (Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2007.