Sentenza n. 173 del 2007

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SENTENZA N. 173

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco               BILE                                                Presidente

- Giovanni Maria  FLICK                                               Giudice

- Francesco          AMIRANTE                                            ”

- Ugo                   DE SIERVO                                            ”

- Paolo                 MADDALENA                                        ”

- Alfio                 FINOCCHIARO                                      ”

- Alfonso             QUARANTA                                           ”

- Franco               GALLO                                                   ”

- Luigi                 MAZZELLA                                            ”

- Gaetano             SILVESTRI                                             ”

- Sabino               CASSESE                                               ”

- Maria Rita         SAULLE                                                 ”

- Giuseppe           TESAURO                                              ”

- Paolo Maria       NAPOLITANO                                        ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dell’ordinanza di fissazione dell’udienza di trattazione, di cui al verbale del 5 luglio 2005, adottata dal giudice istruttore del Tribunale di Roma, sezione prima civile, nel giudizio per risarcimento dei danni subiti dal dott. Corrado Clini a seguito delle opinioni espresse dal consigliere regionale Gianfranco Bettin (r.g. n. 24632/05), promosso con ricorso della Regione Veneto notificato il 19 luglio 2005 ed il 21 novembre 2006, depositato in cancelleria il 26 luglio 2005 ed il 7 dicembre 2006 ed iscritto al n. 24 del registro conflitti tra enti 2005.

Udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2007 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato il 19 luglio 2005 e depositato il successivo 26 luglio, la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza di fissazione dell’udienza di trattazione, di cui al verbale del 5 luglio 2005, adottata dal giudice istruttore del Tribunale di Roma, sezione prima civile, nel giudizio per risarcimento dei danni subiti dal dott. Corrado Clini a seguito delle opinioni espresse dal consigliere regionale Gianfranco Bettin (r.g. n. 24632/05), per violazione dell’art. 122, quarto comma, e, «suo tramite», degli artt. 121 e 123 della Costituzione.

1.1. – In punto di fatto, la Regione ricorda che nel settimanale L’Espresso del 10 febbraio 2005, diffuso nelle edicole il 4 febbraio 2005, è stato pubblicato un articolo, intitolato «Uranio Rosso», a firma di Riccardo Bocca, avente ad oggetto un traffico illegale di rifiuti radioattivi e tossici avvenuto tra il 1989 e il 1990. In particolare, secondo quanto riferito dal periodico, il materiale tossico sarebbe stato trasportato in Italia e poi bruciato in un inceneritore di Porto Marghera, come confermato, a dire del giornalista, da un referto del 28 febbraio 1990 dell’Unità locale socio sanitaria 36 di Venezia, rimasto segreto e attestante l’esistenza nella condensa dei fumi del forno SG 31 di Marghera di tracce di uranio ben oltre il limite stabilito per legge.

In proposito, l’articolo di Bocca evidenziava come l’allora direttore del servizio di igiene pubblica alla ULSS 36 di Venezia, il dott. Corrado Clini, in una relazione datata 8 gennaio 1990 sullo smaltimento dei fusti contenenti rifiuti tossici a Porto Marghera, non avesse fatto alcun riferimento a tracce di uranio nei fumi emessi dai detti forni. A conclusione dell’inchiesta il giornalista si chiedeva perché il dott. Clini non avesse provveduto a comunicare l’emissione di sostanze radioattive agli organi competenti e se davvero il Governo dell’epoca non fosse a conoscenza dei fumi tossici.

A seguito della pubblicazione del suddetto articolo, il consigliere regionale del gruppo dei Verdi Gianfranco Bettin ha presentato al Consiglio regionale, nella stessa giornata del 4 febbraio 2005, un’interrogazione a risposta scritta, intitolata «Materiale radioattivo bruciato a Porto Marghera, vogliamo la verità!», rubricata il successivo lunedì 7 febbraio 2005, sub n. 641.

Contemporaneamente, il consigliere Bettin ha riprodotto il contenuto dell’inchiesta giornalistica in un articolo, intitolato «Avevamo ragione, hanno bruciato uranio a Marghera e hanno mentito» e pubblicato sul sito internet del Gruppo consiliare regionale dei Verdi del Veneto il 4 febbraio 2005, in cui, peraltro, si dava notizia dell’avvenuta presentazione dell’interrogazione alla Giunta regionale.

A questi avvenimenti hanno fatto seguito: un ulteriore articolo di Riccardo Bocca sul settimanale L’Espresso del 3 marzo 2005, una interrogazione parlamentare da parte del deputato Luana Zanella e una conferenza stampa congiunta del consigliere Bettin, dell’on. Zanella e del giornalista Riccardo Bocca, tenuta il 22 febbraio 2005. Il dott. Clini, dopo aver smentito attraverso vari quotidiani locali il fondamento delle denunce giornalistiche, ha convenuto in giudizio, con atto di citazione del 30 marzo 2005, notificato a Bettin il 31 marzo 2005, lo stesso consigliere regionale, l’on. Zanella e il giornalista Bocca per essere risarcito dei danni materiali e all’immagine subiti dalla «campagna giornalistica […] manifestamente inesatta, infondata e per molti aspetti non veritiera».

Su espressa richiesta di «tutela delle proprie prerogative» da parte del consigliere Bettin, il Presidente del Consiglio regionale del Veneto, ritenendo che l’attivazione del procedimento civile incidesse «in via diretta sull’autonomia di un consigliere regionale ed in via mediata sulla stessa autonomia costituzionalmente garantita della Regione», ha «invitato» la Giunta regionale a promuovere conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale. Invito, che è stato accolto dalla Giunta la quale, in data 14 giugno 2005, ha deliberato di autorizzare il proprio Presidente a proporre conflitto di attribuzione.

Prima ancora che venisse notificato e depositato il ricorso per conflitto, nella udienza di prima comparizione delle parti, tenuta il 5 luglio 2005, il giudice istruttore, «nonostante gli atti della Regione e l’eccezione diretta ad evidenziare il difetto di giurisdizione ex art. 122, quarto comma, Cost.», ha rinviato la causa all’udienza del 15 novembre 2005 per la sua trattazione, ai sensi dell’art. 180, secondo comma, del codice di procedura civile.

A questo punto la Giunta regionale, ritenendo opportuno «confermare e rinnovare sul nuovo presupposto l’autorizzazione a promuovere il giudizio per conflitto di attribuzioni», ha integrato la precedente delibera con una nuova, ribadendo l’autorizzazione di cui sopra.

1.2. – In punto di diritto, la Regione ricorrente si sofferma principalmente sull’ammissibilità del conflitto, evidenziando come la fattispecie in esame presenti «caratteri di assoluta singolarità». Nell’odierno conflitto, infatti, si chiede di far valere lo status di consigliere regionale «non nei confronti di un atto di esercizio della giurisdizione penale o contabile, bensì di quella civile, come invero è già accaduto, in pendenza, tuttavia, del relativo giudizio e in assenza di una decisione di merito, foss’anche solo di primo grado».

La difesa regionale evidenzia quindi la necessità di individuare «il momento a partire dal quale, avviato con un atto propulsivo di parte privata un giudizio civile, si può ritenere di essere in presenza di un atto statale invasivo dell’autonomia regionale costituzionalmente garantita, contro il quale poter reagire per conflitto di attribuzioni». A tal fine vengono illustrati alcuni «punti fermi», che sarebbero desumibili dalla giurisprudenza costituzionale e dalla «migliore dottrina» e che confermerebbero l’ammissibilità del conflitto.

In particolare, la Regione, dopo aver sottolineato le analogie esistenti tra le prerogative consiliari di cui all’art. 122, quarto comma, Cost. e quelle previste dall’art. 68 Cost. per i parlamentari, ricorda come, per orientamento giurisprudenziale costante, anche atti giurisdizionali o comunque «strumentalmente inerenti all’esplicazione di funzioni giurisdizionali» siano ritenuti idonei a dar luogo a conflitti di attribuzione tra Stato e Regione.

Sulla base dei suddetti argomenti, alla ricorrente non pare dubbio che il giudice, e per esso lo Stato, esercitando la giurisdizione «nonostante il parere contrario della Regione e l’eccezione fondata sull’art. 122, quarto comma, Cost.», abbia violato «la posizione di autonomia e di indipendenza costituzionalmente garantita ai componenti il Consiglio regionale e, loro tramite, al Consiglio stesso».

Peraltro, aggiunge la difesa regionale, la giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che la prerogativa di cui all’art. 122, quarto comma, Cost. possa essere lesa dal decreto che dispone il giudizio o dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica o, ancora, dall’invito, rivolto da quest’ultima, a presentarsi per essere interrogato in qualità di persona sottoposta ad indagini o, infine, dall’atto di citazione emesso dalla Procura presso la Corte dei conti. Dunque, ai fini dell’ammissibilità del conflitto, «è sufficiente il solo fatto della pretesa dell’esercizio della giurisdizione manifestato da un organo statale (non necessariamente un giudice) a fronte di una situazione di immunità ex art. 122, quarto comma, Cost.» e «non è affatto necessario che l’esercizio della giurisdizione acquisti la forma di sentenza o di un atto altrimenti definitivo».

Si sostiene, pertanto, che mentre l’atto introduttivo di un giudizio civile, di per sé, non violerebbe la prerogativa del consigliere regionale, la lesione sarebbe prodotta dalla successiva attività processuale, che, nel caso de quo, è consistita nel rinvio all’udienza di trattazione.

La Regione Veneto precisa, inoltre, che con il conflitto in esame non intende contestare gli errori in iudicando che il giudice avrebbe commesso, là dove non ha dichiarato il difetto di giurisdizione e non ha sospeso il giudizio; si vuole piuttosto denunciare «l’illegittimo convincimento che ha indotto il Tribunale di Roma ad esercitare un potere che non gli competeva e non gli compete».

Né, secondo la Regione, la parte asseritamente lesa dalle opinioni espresse dal consigliere regionale sarebbe priva della possibilità di esercitare le proprie difese in sede di conflitto di attribuzione, stante quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 76 del 2001.

1.3. – Ancora in riferimento all’ammissibilità del conflitto, la difesa regionale ritiene che l’esistenza di un atto statale illegittimamente invasivo dell’autonomia regionale possa essere affermata estendendo ai consiglieri regionali le conclusioni cui la Corte costituzionale è pervenuta a proposito della insindacabilità dei parlamentari ex art. 68 Cost.

In particolare, la ricorrente, «pur nella consapevolezza che la tesi è assolutamente minoritaria», ritiene che, analogamente alla delibera di insindacabilità della Camera di appartenenza, anche gli atti con i quali la Regione interviene a tutela del consigliere regionale abbiano «un’efficacia inibitoria del procedimento giurisdizionale in corso». Argomenti a sostegno di questa tesi si trarrebbero dall’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), che, ad avviso della difesa regionale, dovrebbe applicarsi, per via analogica, ai consiglieri di tutte le Regioni, al fine di assicurare loro una eguale protezione nell’esercizio delle medesime funzioni.

Aderendo a questa ricostruzione si avrebbe «per dimostrata, nuovamente e in secondo grado, la menomazione dell’autonomia costituzionale del Veneto, ad opera del Tribunale di Roma, nella forma “invasiva” dell’esercizio di un potere di giurisdizione assolutamente mancante».

1.4. – In riferimento al merito del conflitto, la ricorrente, dopo aver evidenziato che le attività di indirizzo e di controllo (e quindi anche le interrogazioni e le interpellanze) esercitate dai consiglieri regionali rientrano fra quelle per le quali opera la guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost., sottolinea come l’insindacabilità si estenda alle dichiarazioni rilasciate al di fuori dell’esercizio di funzioni consiliari qualora queste siano contestuali ad atti parlamentari tipici e presentino una sostanziale corrispondenza di contenuti con questi ultimi.

Nel caso di specie sussisterebbero entrambe queste condizioni, con la conseguenza che il consigliere Bettin non potrebbe «essere sottoposto a giudizio né in ragione delle dichiarazioni contenute nell’interrogazione consiliare, in quanto atto tipico inerente l’esercizio delle sue attribuzioni; né in ragione dell’articolo pubblicato via internet, considerate la “sostanziale corrispondenza” e la “contestualità” […] intercorrente tra questo e quella».

La Regione conclude chiedendo che la Corte dichiari che non spettava allo Stato, e per esso, al Tribunale di Roma accertare la responsabilità civile del consigliere regionale Gianfranco Bettin quale autore dell’interrogazione a risposta scritta n. 641 del 2005 e dell’articolo pubblicato il 4 febbraio 2005 sul sito internet del Gruppo consiliare regionale dei Verdi del Veneto e, conseguentemente, annulli l’atto di fissazione dell’udienza di trattazione di cui al verbale del 5 luglio 2005 e tutti gli atti processuali adottati e che saranno medio tempore eventualmente adottati dal Tribunale civile di Roma nel giudizio per risarcimento dei danni subiti dal dott. Corrado Clini a seguito delle opinioni espresse dal consigliere regionale Gianfranco Bettin.

2. – In prossimità dell’udienza del 24 ottobre 2006 la Regione Veneto ha depositato una memoria con la quale riferisce il seguito della vicenda processuale che sta alla base del conflitto.

Si apprende, in particolare, che nell’udienza di trattazione del 15 novembre 2005, il giudice si è riservato la decisione sull’eccezione diretta ad attivare la guarentigia ex art. 122, quarto comma, Cost., nuovamente riproposta dal convenuto. Successivamente, sciogliendo la riserva in data 12 gennaio 2006, ha pronunciato un’ordinanza con la quale, previa separazione del procedimento nei confronti dell’on. Zanella, ha sospeso il giudizio nei confronti del consigliere Bettin fino all’esito della definizione del ricorso per conflitto di attribuzioni ed ha rinviato la causa ad una udienza successiva per la precisazione delle conclusioni in ordine alla domanda proposta nei confronti della citata on. Zanella.

In relazione a quest’ultimo punto, con la sentenza n. 17995 dell’8 agosto 2006 il giudice civile ha rigettato la domanda dell’attore sulla base della delibera di insindacabilità della Camera dei deputati.

Quanto riportato, a parere della difesa regionale, confermerebbe l’idoneità dell’atto di citazione civile «ad aprire indebitamente il varco all’esercizio di una giurisdizione costituzionalmente vietata», in presenza della prerogativa di cui all’art. 122, quarto comma, Cost.

2.1. – Per quanto attiene al merito del conflitto, la Regione ritiene che sia sufficiente estendere al consigliere Bettin le conclusioni cui è pervenuta la Giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati relativamente alle dichiarazioni rese dall’on. Zanella. A suo dire, infatti, tra le opinioni espresse dal consigliere regionale e dal parlamentare da ultimo citato vi sarebbe analogia nelle modalità di espressione, identità di «fatto ispiratore: l’articolo de L’Espresso» e di «presa di posizione in sede di divulgazione mediatica». Identici sono, inoltre, il tenore letterale e la ratio degli artt. 68, primo comma, e 122, quarto comma, Cost.

Per le ragione suesposte la difesa regionale insiste nella richiesta dell’accoglimento delle conclusioni formulate nel ricorso.

3. – All’esito dell’udienza del 24 ottobre 2006 la Corte costituzionale ha disposto, con l’ordinanza n. 353 del 2006, che l’atto introduttivo del conflitto fosse notificato, a cura della ricorrente, al Tribunale di Roma in persona del suo Presidente, ai sensi dell’art. 27, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

4. – La Regione Veneto ha notificato al Tribunale di Roma il ricorso e l’ordinanza n. 353 del 2006 in data 21 novembre 2006 e li ha depositati il successivo 7 dicembre.

Considerato in diritto

1. – Con ricorso notificato il 19 luglio 2005 e depositato il successivo 26 luglio, la Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione all’ordinanza di fissazione dell’udienza di trattazione, di cui al verbale del 5 luglio 2005, adottata dal giudice istruttore del Tribunale di Roma, sezione prima civile, nel giudizio per risarcimento dei danni subiti dal dott. Corrado Clini a seguito delle opinioni espresse dal consigliere regionale Gianfranco Bettin (r.g. n. 24632/05), per violazione dell’art. 122, quarto comma, e, «suo tramite», degli artt. 121 e 123 della Costituzione.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – È stata impugnata l’ordinanza di fissazione dell’udienza di trattazione della causa per risarcimento danni di cui sopra, in quanto asseritamente lesiva della sfera di attribuzioni costituzionalmente protette della ricorrente Regione Veneto. Tale atto è stato adottato dal giudice istruttore nell’udienza di prima comparizione, tenutasi il 5 luglio 2005. Ai sensi dell’art. 180 del codice di procedura civile – nel testo in vigore alla suddetta data – il giudice era tenuto «in ogni caso» a fissare a data successiva la prima udienza di trattazione. Secondo la citata norma processuale, nella udienza di prima comparizione il giudice doveva limitarsi a verificare d’ufficio la regolarità del contraddittorio ed a pronunciare, ove occorrenti, i provvedimenti previsti dagli artt. 102, secondo comma, 164, 167, 182 e 291, primo comma, cod. proc. civ. Ogni determinazione in ordine alle eccezioni processuali e di merito proposte dal convenuto era riservata all’esito dell’udienza di trattazione. Quest’ultima si poneva pertanto, rispetto all’udienza di prima comparizione, in un rapporto di sequenza necessaria, ritenuta inderogabile, salvo consenso di tutte le parti, dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalenti.

Poiché il giudice, in sede di prima comparizione, non avrebbe potuto assumere alcun provvedimento in ordine all’eccezione di insindacabilità, ai sensi dell’art. 122, quarto comma, Cost., proposta dal convenuto consigliere regionale, l’atto impugnato, con il quale il giudice stesso ha doverosamente fissato la data dell’udienza di trattazione, non è idoneo a produrre alcuna menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite della Regione Veneto, a prescindere da ogni valutazione sulla fondatezza dell’eccezione medesima. Secondo il regime processuale vigente alla data dell’udienza di prima comparizione, quest’ultima era caratterizzata da una funzione meramente preparatoria rispetto alla trattazione in senso stretto della causa, essendo riservata all’udienza successiva l’adozione di provvedimenti astrattamente e potenzialmente lesivi della dedotta guarentigia di cui all’art. 122, quarto comma, Cost. e come tali suscettibili di essere presi in considerazione da questa Corte nell’ambito di un conflitto di attribuzione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Veneto nei confronti dello Stato, in relazione all’ordinanza di fissazione dell’udienza di trattazione adottata dal giudice istruttore del Tribunale di Roma, sezione prima civile, nel giudizio r.g. n. 24632/05, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Gaetano SILVESTRI, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2007.