Sentenza n. 162 del 2007

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SENTENZA  N. 162

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

-    Franco                    BILE                                                   Presidente

-    Giovanni Maria      FLICK                                                  Giudice

-    Francesco               AMIRANTE                                             

-    Ugo                        DE SIERVO                                             

-    Romano                 VACCARELLA                                       

-    Paolo                      MADDALENA                                        

-    Alfio                      FINOCCHIARO                                      

-    Alfonso                  QUARANTA                                            

-    Franco                    GALLO                                                     

-    Luigi                      MAZZELLA                                             

-    Gaetano                 SILVESTRI                                              

-    Sabino                    CASSESE                                                 

-    Maria Rita              SAULLE                                                   

-    Giuseppe                TESAURO                                                

-    Paolo Maria            NAPOLITANO                                        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 282, 283, 284 e 409 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano, della Regione Emilia-Romagna, della Provincia autonoma di Trento e della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificati il 24 e il 27 febbraio 2006, depositati in cancelleria il 2, il 3 e il 4 marzo 2006 ed iscritti ai numeri 33, 39, 40 e 41 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna e per la Provincia autonoma di Trento, Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e gli avvocati dello Stato Franco Favara e Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.— La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 24 febbraio 2006 e depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 2 marzo (iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2006), la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il successivo 3 marzo (iscritto al n. 39 del registro ricorsi 2006), la Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il successivo 3 marzo (iscritto al n. 40 del registro ricorsi 2006), la Regione Friuli-Venezia Giulia, con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 e depositato il successivo 4 marzo (iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2006), nel promuovere questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005 n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), hanno impugnato, tra l’altro, l’art. 1, commi 282, 283, 284 e 409 della suddetta legge.

In particolare le Province autonome hanno impugnato entrambe l’art. 1, commi 282, 283 e 284; la sola Provincia di Bolzano ha ritenuto costituzionalmente illegittimo anche il comma 409; le Regioni ricorrenti sospettano di illegittimità costituzionale i soli commi 283 e 284 del suddetto art. 1.

2.— Un primo gruppo di censure, prospettate da entrambe le Province autonome, riguarda l’art. 1, comma 282, nella parte in cui stabilisce il divieto della sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) e prevede che, nel disciplinare i casi in cui la suddetta sospensione sia legata a motivi tecnici, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano devono sentire le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti.

Tali disposizioni, in quanto norme di dettaglio, violerebbero gli artt. 9, numero 10; 16; 31; 49; 54, numeri 1, 2 e 3; 55, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché sia l’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), sia l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

La sola Provincia autonoma di Bolzano ha, inoltre, impugnato la disposizione contenuta nel medesimo comma 282, relativamente alla previsione dell’obbligo di informazione semestrale da rendere al Ministero della salute, ritenuto lesivo dell’art. 4, comma 1, del citato d.lgs. n. 266 del 1992.

2.2.— Le norme sospettate di illegittimità costituzionale, secondo le ricorrenti, non potrebbero trovare fondamento nella potestà legislativa dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in quanto quest’ultimo non sarebbe applicabile alle Province autonome, né le norme stesse esprimerebbero principi fondamentali della legislazione statale o disposizioni fondamentali delle riforme economico-sociali.

3.— Un secondo gruppo di censure, comuni a tutti i ricorsi, sia pure prospettate in riferimento a distinti parametri, attiene al sistema sanzionatorio delineato dall’art. 1, commi 283 e 284, in relazione alla violazione del divieto di sospendere le attività di prenotazione, nonché ai compiti affidati alla Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni.

Le disposizioni ora richiamate stabiliscono, in particolare, che la predetta Commissione è incaricata di fissare i criteri per la determinazione delle sanzioni amministrative, previste dal successivo comma 284 e che devono essere applicate dalle Regioni e dalle Province autonome. Alla medesima Commissione sono affidati compiti di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico e per i soggetti utenti del Servizio sanitario, di monitoraggio, studio e predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri concernente la priorità di appropriatezza delle prestazioni, di forme idonee di controllo dell’appropriatezza delle prescrizioni mediche, nonché di promozione di analoghi organismi a livello regionale e aziendale.

In ordine a tali disposizioni le Province ricorrenti prospettano la violazione delle loro competenze in materia di personale degli enti sanitari e di assistenza sanitaria e ospedaliera (artt. 8, numero 1; 9, numero 10; 16 dello statuto di autonomia; art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975), rispetto alle quali la disciplina delle suddette sanzioni amministrative sarebbe accessoria, nonché la violazione degli artt. 3 e 4, comma 1, del d. lgs. n. 266 del 1992, del principio di legalità delle sanzioni amministrative e dell’art. 117, sesto comma, Cost. – invocato anche ai sensi dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 che reca «Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione» –, non potendosi, inoltre, ravvisare i presupposti per l’applicazione del principio di sussidiarietà ai sensi dell’ art. 118, primo comma, Cost.

4.— La Provincia autonoma di Bolzano prospetta, in particolare, due distinti profili di illegittimità costituzionale del censurato comma 283, da un lato per la parte in cui si demandano alla suddetta Commissione competenze in materia di formazione e addestramento professionale, in quanto riservate alle prerogative provinciali dall’art. 8, numero 29, dello statuto di autonomia, e, dall’altro, in quanto il compito di predisporre le linee-guida in ordine all’appropriatezza delle prestazioni e ai controlli sull’appropriatezza delle prescrizioni sarebbe lesivo delle attribuzioni provinciali in tema di assistenza sanitaria ed ospedaliera, tanto più che le relative disposizioni dovrebbero essere adottate, nella specie, con atto non avente natura legislativa.

5.— In via subordinata, la sola Provincia autonoma di Trento chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 1, comma 283, nella parte in cui non prevede che detta Commissione sia istituita, e i suoi componenti siano nominati, con decreto del Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni.

6.— Sempre in riferimento al sistema sanzionatorio delineato nei commi 283 e 284, la Regione Emilia-Romagna, con il suo ricorso, prospetta la lesione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo comma, Cost., nonché del principio di leale collaborazione.

La Regione Friuli-Venezia Giulia, a sua volta, denuncia la lesione dell’art. 5, numero 15 (recte: numero 16), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), degli artt. 117, sesto comma e 118, primo comma, Cost. – anche ai sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001–, nonché del medesimo principio di leale collaborazione.

7.— Un terzo gruppo di censure investe l’art. 1, comma 409, il quale è impugnato dalla sola Provincia autonoma di Bolzano in quanto esso integrerebbe una disciplina di dettaglio lesiva delle proprie competenze in merito all’ordinamento degli uffici provinciali ed alla materia igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, nonché dell’attribuzione alla Provincia di quote delle entrate tributarie statali (artt. 8, numero 1; 9, numero 10; 16 e 75 dello statuto di autonomia e art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975).

7.1.— Il citato comma 409, innanzitutto, prevede che sia istituito un repertorio generale dei dispositivi medici, approvato con decreto del Ministro della salute, previo accordo con le Regioni e le Province autonome sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni. In base al combinato disposto di cui alle lettere a) e b) del comma 409, l’iscrizione nel suddetto repertorio costituisce conditio sine qua non affinché il dispositivo medico possa essere acquistato, utilizzato o dispensato nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e, dunque, anche nelle due Province ricorrenti.

La Provincia autonoma di Bolzano ritiene che tale normativa, proprio perché di dettaglio, violerebbe l’art. 9, numero 10, dello statuto di autonomia, in quanto il legislatore statale, nella materia «igiene e sanità», può intervenire solo mediante norme fondamentali delle riforme economico-sociali o principi fondamentali della materia stessa e non anche con disposizioni legislative di dettaglio.

7.2.— Il medesimo comma 409, inoltre, fa obbligo alle Regioni, qualora le Aziende sanitarie omettano di trasmettere al Ministero della salute le previste informazioni sui dispositivi medici, secondo le modalità stabilite con la stessa procedura fissata per la loro classificazione, di adottare i medesimi provvedimenti stabiliti per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria.

La ricorrente sospetta di illegittimità costituzionale anche tale disposizione, in quanto questa introduce norme di dettaglio nelle materie dell’ordinamento degli uffici provinciali, dell’igiene e sanità e dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, di competenza provinciale.

7.3.— Ancora, il comma 409 stabilisce che le aziende che producono o immettono in commercio dispositivi medici dichiarino la spesa annualmente sostenuta per la promozione di tali prodotti presso medici ed operatori sanitari e versino un contributo pari al cinque per cento di detta spesa in conto entrate del bilancio dello Stato. È, altresì, previsto che i proventi derivanti da tali versamenti siano riassegnati, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sulle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute. È poi stabilito che per l’inserimento delle informazioni nella banca dati necessaria alla istituzione e alla gestione del repertorio dei dispositivi medici, i produttori ed i distributori siano tenuti al pagamento di una tariffa di cento euro per ogni dispositivo. Secondo la Provincia ricorrente, anche tali previsioni contrasterebbero con le competenze provinciali in materia di igiene e sanità, nonché con quanto previsto dall’art. 75 dello statuto di autonomia.

8.— In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l’inammissibilità o l’infondatezza dei ricorsi.

8.1.— Il resistente, nell’esaminare le censure formulate in ordine ai commi 282, 283 e 284, dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, ha osservato che gli stessi contengono, in sintesi, tre nuclei precettivi: il divieto di sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni sanitarie; la istituzione di una complessa organizzazione volta alla predisposizione di linee-guida di fissazione di criteri di priorità e di appropriatezza delle prestazioni, in cui un ruolo centrale è svolto dalla Conferenza Stato-Regioni; la previsione di sanzioni per la violazione del suddetto divieto.

La funzione delle norme impugnate, quindi, è quella di garantire su tutto il territorio nazionale l’adeguatezza delle prestazioni sanitarie e la certezza della loro erogazione nel tempo.

Pertanto, le norme stesse sono espressione di un principio fondamentale della riforma sanitaria di sicura competenza statale.

È pur vero, secondo la difesa dello Stato, che a tali affermazioni di principio si accompagnano alcune previsioni di dettaglio, ma queste ultime sarebbero legittimate dal medesimo principio fondamentale, rispetto al quale appaiono strumentali, e dalla previsione delle intese Stato-Regioni.

Infine, l’Avvocatura dello Stato deduce che, qualora dovesse essere riscontrata una qualche interferenza con le competenze dei ricorrenti enti ad autonomia speciale, soccorrerebbe la norma di chiusura di cui al comma 610 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005.

8.1.— In ordine all’impugnazione dell’art. 1, comma 409, della suddetta legge, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che la disposizione non è estranea alle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, in quanto tende a contenere i costi del Servizio sanitario.

Non si tratterebbe, inoltre, di una normativa di dettaglio, in quanto sarebbe stata emanata nell’esercizio della potestà legislativa statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., attenendo non all’organizzazione sanitaria, quanto al coordinamento informatico dei dati dell’amministrazione, che ha come presupposto essenziale la omogeneità dei criteri di raccolta.

 Infine, la difesa dello Stato rileva come la esigenza di unitarietà investe tutte le attività strumentalmente collegate, postulando l’accordo Stato-Regioni come valida soluzione collaborativa.

9. — In prossimità dell’udienza tutte le ricorrenti hanno depositato memorie con le quali hanno ribadito le difese svolte nei ricorsi.

9.1.— In particolare, la Provincia autonoma di Bolzano pone in evidenza che l’art. 1, commi 282, 283 e 284, della legge n. 266 del 2005 contiene norme di dettaglio che ledono le competenze provinciali, come del resto sembra riconosciuto dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri nell’atto di costituzione. La suddetta ricorrente richiama altresì la legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7 (Riordinamento del Servizio sanitario provinciale), che all’art. 16 detta una disciplina per i controlli sulle attività delle Aziende sanitarie locali della Provincia. Ricorda, infine, che la legge provinciale 4 gennaio 2000, n. 1 (Riordinamento della struttura dirigenziale amministrativa, tecnica e professionale delle Aziende speciali Unità sanitarie locali), ha istituito, presso il direttore generale, un nucleo di valutazione.

In ordine all’impugnazione del comma 409 del citato art. 1 della legge finanziaria per il 2006, la Provincia autonoma di Bolzano assume, in particolare, che lo stesso non esprime norme fondamentali delle riforme economico-sociali o principi fondamentali, ma una disciplina di estremo dettaglio estranea ad esigenze di coordinamento della finanza pubblica.

9.2.— La Regione Friuli-Venezia Giulia e la Regione Emilia-Romagna sottolineano di aver mosso specifiche censure alle norme impugnate, non limitandosi a dedurne il carattere di disciplina di dettaglio.

10. — Anche il Presidente del Consiglio dei ministri, in prossimità dell’udienza, ha depositato memorie con le quali pone in luce lo stretto collegamento tra la disposizione che reca il divieto di sospendere le prenotazioni delle prestazioni oggetto di livelli essenziali di assistenza e le cosiddette liste di attesa, richiamando in proposito gli Accordi Stato-Regioni del 14 febbraio 2002 e dell’11 luglio 2002.

L’Avvocatura dello Stato invoca, altresì, l’art. 52 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003) e l’art. 1, comma 172, della legge finanziaria 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2005), contenenti disposizioni per il contenimento delle suddette liste di attesa.

La difesa statale, altresì, pone in luce il compito di ausilio scientifico a favore delle Regioni e delle Province autonome svolto dalla Commissione sull’appropriatezza delle prescrizioni, ferme restando le competenze amministrativa e legislativa di queste ultime.

In ordine al comma 409, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito il carattere di norma di coordinamento della finanza pubblica, in quanto volta al contenimento della spesa generica e diretta al coordinamento informatico dei dati dell’amministrazione.

Considerato in diritto

1.— Vengono all’esame della Corte quattro ricorsi, rispettivamente proposti dalla Provincia autonoma di Bolzano (ric. n. 33 del 2006), dalla Regione Emilia-Romagna (ric. n. 39 del 2006), dalla Provincia autonoma di Trento (ric. n. 40 del 2006) e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia (ric. n. 41 del 2006), con i quali sono state impugnate, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 282, 283, 284 e 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006).

2.— Preliminarmente, riservata a separate pronunce la decisione delle questioni di legittimità costituzionale promosse con gli stessi ricorsi in riferimento a distinte norme contenute in altri commi del medesimo art. 1 della citata legge finanziaria, si deve disporre la riunione, ai fini di un’unica trattazione, dei quattro ricorsi sopra indicati, in ragione della analogia di gran parte delle questioni prospettate.

3.— Un primo gruppo di censure, proposte dalle Province autonome, riguarda l’art. 1, comma 282, della legge finanziaria per il 2006.

La norma stabilisce che «alle aziende sanitarie ed ospedaliere è vietato sospendere le attività di prenotazione delle prestazioni di cui al (…) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adottano, sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti, operanti sul proprio territorio e presenti nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo (…), disposizioni per regolare i casi in cui la sospensione dell’erogazione delle prestazioni è legata a motivi tecnici, informando successivamente, con cadenza semestrale, il Ministero della salute».

3.1.— Tali disposizioni, secondo le Province ricorrenti, avrebbero carattere di disciplina di dettaglio, pur intervenendo in materia oggetto di legislazione ripartita.

3.1.1.— Ad avviso, in particolare, della Provincia autonoma di Bolzano le stesse sarebbero lesive delle proprie attribuzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera, di cui agli artt. 9, numero 10, e 16, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità). La previsione dell’obbligo di informazione semestrale da rendere al Ministero della salute, è poi ritenuta lesiva dell’art. 4, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

3.1.2.— La Provincia autonoma di Trento, a sua volta, sospetta di illegittimità costituzionale le sole disposizioni contenute nel suddetto art. 1, comma 282, relative al richiamato divieto di sospensione delle prenotazioni e alla previsione di un vincolo procedimentale posto alle attività regolative della ricorrente medesima.

Essa prospetta, segnatamente, la lesione dell’art. 9, numero 10, dello statuto di autonomia, dell’art. 2, comma 1, del citato d.lgs. n. 266 del 1992, in ordine al rapporto tra legislazione nazionale e legislazione provinciale, nonché «delle competenze sul procedimento legislativo, regolamentare e amministrativo» (disciplinate, in particolare, dalle norme statutarie di cui all’art. 54, numeri 1, 2 e 3; all’art. 55, primo comma, e all’art. 31, a sua volta richiamato dall’art. 49).

3.2.— Le norme sospettate di illegittimità costituzionale, secondo le ricorrenti, non potrebbero trovare fondamento nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, in quanto quest’ultimo non sarebbe applicabile alle Province autonome, né le norme stesse esprimerebbero principi fondamentali della legislazione statale o costituirebbero norme fondamentali delle riforme economico-sociali.

4.— Specifiche censure, proposte dalla sola Provincia autonoma di Bolzano, riguardano alcuni compiti attribuiti dall’art. 1, comma 283, alla istituenda Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni.

Ed infatti, detto comma prevede, al primo periodo, che «è istituita la Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni, cui sono affidati compiti di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico e per i soggetti utenti del Servizio sanitario, di monitoraggio, studio e predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri di priorità di appropriatezza delle prestazioni, di forme idonee di controllo dell’appropriatezza delle prescrizioni delle medesime prestazioni, nonché di promozione di analoghi organismi a livello regionale e aziendale».

4.1.— La Provincia di Bolzano sospetta di illegittimità costituzionale la suddetta disposizione, da un lato, per la parte in cui si demandano alla Commissione competenze in materia di formazione e addestramento professionale, in quanto riservate alle prerogative provinciali dall’art. 8, numero 29, dello statuto di autonomia, e, dall’altro, per il fatto che il compito di predisporre le linee-guida in ordine all’appropriatezza delle prestazioni e ai controlli sull’appropriatezza delle prescrizioni sarebbe lesivo delle attribuzioni provinciali in tema di assistenza sanitaria e ospedaliera, tanto più che le relative disposizioni dovrebbero essere adottate, nella specie, con atto non avente natura legislativa.

5.— Un ulteriore gruppo di censure, comuni a tutti i ricorsi, anche se proposte in riferimento a distinti parametri, attiene sia al sistema sanzionatorio stabilito dall’art. 1, commi 283 e 284, per la violazione del divieto di sospendere le attività di prenotazione, sia ai compiti affidati alla Commissione sull’appropriatezza delle prescrizioni.

5.1.— Il comma 283, al quarto periodo, stabilisce, in particolare, che alla predetta Commissione, istituita con decreto del Ministro della salute, «è (…) affidato il compito di fissare i criteri per la determinazione delle sanzioni amministrative previste dal comma 284».

Il richiamato comma 284 prevede, a sua volta, che «ai soggetti responsabili delle violazioni al divieto di cui al comma 282 è applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 6.000 euro. Ai soggetti responsabili delle violazioni all’obbligo di cui all’articolo 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è applicata la sanzione amministrativa da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 20.000 euro. Spetta alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano l’applicazione delle sanzioni di cui al presente comma, secondo i criteri fissati dalla Commissione prevista dal comma 283».

5.2.— La Provincia autonoma di Bolzano prospetta la lesione degli artt. 8, numero 1; 9, numero 10 e 16 dello statuto di autonomia – in quanto le sanzioni amministrative attengono a materie riservate alla propria potestà legislativa, relative al personale degli enti sanitari della Provincia e all’assistenza sanitaria e ospedaliera –, nonché dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992, parametro quest’ultimo richiamato con specifico riguardo alla prevista sottoposizione della Provincia, in sede di applicazione delle sanzioni amministrative, ai criteri fissati dalla Commissione.

5.3.— La Provincia autonoma di Trento, a sua volta, deduce che non sussiste alcun titolo di legittimazione che consenta allo Stato di imporsi, mediante l’indicato strumento, sull’attività amministrativa della Provincia.

Ed infatti, il limite dei principi fondamentali esclude la possibilità di avvalersi di atti diversi da quelli legislativi, e l’art. 117, sesto comma, Cost., richiamato ai sensi dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), vieta allo Stato, nelle materie oggetto di potestà legislativa concorrente o residuale, di esercitare la potestà regolamentare. La fissazione dei predetti criteri contrasterebbe, altresì, con l’art. 3 del d.lgs. n. 266 del 1992.

Deduce infine che, in ogni caso, l’intreccio degli interessi imporrebbe che la Commissione fosse istituita e nominata previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni.

5.4.— Sempre in riferimento al compito attribuito alla Commissione di fissare i criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative, la Regione Emilia-Romagna prospetta la lesione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo comma, Cost., nonché, in ordine alle modalità di nomina della Commissione, del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

5.5.— La Regione Friuli-Venezia Giulia, infine, sempre per quanto attiene ai suddetti criteri, denuncia la lesione dell’art. 5, numero 15 (recte: numero 16), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), degli artt. 117, sesto comma, e 118, primo comma, Cost., dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, nonché del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

6.— Un ultimo gruppo di censure investe l’art. 1, comma 409, il quale è impugnato dalla sola Provincia autonoma di Bolzano, in quanto esso integrerebbe una disciplina di dettaglio lesiva delle competenze provinciali in merito all’ordinamento degli uffici provinciali ed alla materia igiene e sanità, assistenza sanitaria e ospedaliera, nonché della attribuzione alla Provincia di quote delle entrate tributarie statali (artt. 8, numero 1; 9, numero 10; 16 e 75 dello statuto di autonomia; art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975).

6.1.— Il citato comma 409, innanzitutto, prevede che sia istituito un repertorio generale dei dispositivi medici, approvato con decreto del Ministro della salute, previo accordo con le Regioni e le Province autonome sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni (lettere a e b). In base al combinato disposto di cui alle citate lettere a) e b) del comma 409, l’iscrizione nel suddetto repertorio costituisce condizione affinché il dispositivo medico possa essere acquistato, utilizzato o dispensato nell’ambito del Servizio sanitario nazionale e, dunque, anche nelle due Province autonome.

La Provincia ricorrente ritiene che tale normativa, proprio perché di dettaglio, violi l’art. 9, numero 10, dello statuto speciale, in quanto il legislatore statale nella materia «igiene e sanità» può intervenire solo mediante norme fondamentali delle riforme economico-sociali o principi fondamentali della materia stessa e non anche con disposizioni legislative di dettaglio.

6.2.— Il medesimo comma 409, inoltre, prevede alcuni adempimenti a carico delle Aziende sanitarie e fa obbligo alle Regioni, qualora queste ultime omettano di trasmettere al Ministero della salute le previste informazioni sui dispositivi medici, secondo le modalità stabilite con la stessa procedura fissata per la loro classificazione, di adottare le medesime sanzioni stabilite per i direttori generali in caso di inadempimento degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa sanitaria (lettera a, numero 2).

La ricorrente sospetta di illegittimità costituzionale anche tale disposizione, in quanto essa introduce norme di dettaglio nelle materie dell’ordinamento degli uffici provinciali, dell’igiene e sanità e dell’assistenza sanitaria e ospedaliera, di competenza provinciale.

6.3.— Il comma 409 stabilisce, inoltre, che le aziende che producono e immettono in commercio dispositivi medici dichiarino la spesa annualmente sostenuta per la promozione di tali prodotti presso medici e operatori sanitari e versino un contributo pari al cinque per cento di detta spesa in conto entrate del bilancio dello Stato. È, altresì, previsto che i proventi derivanti da tali versamenti siano «riassegnati, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sulle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute» (lettera d). È poi stabilito che, per l’inserimento delle informazioni nella banca dati necessaria alla istituzione e alla gestione del repertorio dei dispositivi medici, i produttori ed i distributori siano tenuti al pagamento di una tariffa di cento euro per ogni dispositivo (lettera e).

Secondo la Provincia ricorrente, anche tali previsioni contrasterebbero con le competenze provinciali in materia di igiene e sanità, nonché con quanto previsto dall’art. 75 dello statuto di autonomia.

7.— Tanto premesso, viene, innanzitutto, in esame la questione di legittimità costituzionale promossa dalle due Province autonome in ordine al comma 282 dell’art.1 della legge n. 266 del 2005.

Come si è accennato, le doglianze delle ricorrenti si incentrano sul divieto di sospendere le attività di prenotazione delle prestazioni oggetto dei livelli essenziali di assistenza sanitaria; sulla previsione di una disciplina per stabilire i casi in cui detta sospensione è consentita, in quanto dovuta a motivi tecnici, da adottare sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti; sulla informazione semestrale da rendere al Ministero della salute in merito.

Le ricorrenti, nel dedurre la illegittimità costituzionale delle citate disposizioni, invocano le proprie prerogative come delineate dallo statuto di autonomia e dalle relative norme di attuazione.

8.— In via preliminare, deve essere disattesa l’eccezione proposta dall’Avvocatura dello Stato in ordine alla non applicabilità delle disposizioni in esame alle Province autonome ricorrenti, che si basa sull’art. 1, comma 610, della medesima legge finanziaria per il 2006, secondo cui «le disposizioni della presente legge sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti».

Come già ritenuto in analoghe fattispecie, detta previsione deve ritenersi generica rispetto a norme del medesimo testo di legge che risultano formulate in termini inequivoci come riferite a tutte le Regioni (sentenze numeri 105 del 2007, 134 e 88 del 2006).

9.— La questione di costituzionalità del comma 282, nella parte in cui prescrive il divieto della sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni aventi ad oggetto i livelli essenziali di assistenza (L.E.A.) sanitari, non è fondata.

9.1.— Il divieto in questione, in quanto volto ad impedire il "blocco” delle cosiddette liste di attesa, è preordinato a consentire la fruizione, in modo continuativo, da parte degli utenti del Servizio sanitario, delle prestazioni costituenti livelli essenziali di assistenza sanitaria, salvo che motivi di ordine tecnico impongano tale blocco. La disposizione impugnata, pur intersecando la sfera di competenza legislativa concorrente assegnata dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione alle due Province autonome ricorrenti nelle materie «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera», nonché in quella relativa al funzionamento e alla gestione delle istituzioni ed enti sanitari, rinviene, tuttavia, il suo prevalente titolo di legittimazione nella competenza legislativa esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Competenza, questa, che, come di seguito sarà specificato, deve ritenersi operante anche in relazione alle suddette Province autonome, in ragione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

9.2.— Né è conferente, in merito, quanto argomentato dalle ricorrenti con riguardo alla sentenza di questa Corte n. 145 del 2005.

In tale sentenza la Corte, dopo aver richiamato l’art. 2, commi 1 e 4, del decreto legislativo n. 266 del 1992, quale normativa che esclude in via generale l’immediata applicabilità alle Province autonome della legislazione statale, sancendo solo un obbligo di adeguamento della legislazione regionale e provinciale alle condizioni e nei limiti specificati in tale normativa, ha esaminato la problematica dell’applicabilità dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., rispetto ad un ambito di disciplina diverso da quello in esame, vale a dire al settore dell’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici. Da ciò consegue che la pronuncia stessa non può essere utilmente invocata nel caso qui in contestazione, che attiene specificamente alla tematica, del tutto diversa, dei livelli essenziali di assistenza nella sanità.

9.3.— Occorre, invece, ribadire quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare, e cioè che la competenza legislativa concorrente concernente la «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, della Costituzione) è «assai più ampia» rispetto a quella precedente dell’«assistenza ospedaliera» (sentenze numeri 134 del 2006 e 270 del 2005), ed esprime «l’intento di una più netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282 del 2002).

Ciò comporta che, anche in riferimento alle attribuzioni proprie delle Province autonome, l’applicazione dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001 trovi fondamento nella maggiore estensione della «tutela della salute» rispetto alle corrispondenti competenze statutarie in materia sanitaria (sentenza n. 134 del 2006).

La riconduzione delle attribuzioni in materia sanitaria delle Province ricorrenti all’art. 117, terzo comma, Cost. implica l’assoggettamento delle stesse ai limiti, espressi od impliciti, contenuti nel nuovo Titolo V, e, in particolare, all’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in ordine alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, alla quale, come si è affermato, va ricondotta la previsione del divieto in esame.

9.4.— Va, infine, rilevato, come la sentenza n. 80 del 2007, richiamata nel corso dell’udienza dalla difesa della Provincia autonoma di Bolzano – avente ad oggetto, ancora in materia di L.E.A. sanitari, un conflitto di attribuzione tra la medesima ricorrente e lo Stato – abbia ritenuto sussistente «la competenza delle Province autonome quanto all’attività di verifica delle liste di attesa, data la stretta inerenza di queste ultime con la "garanzia” della erogazione delle prestazioni sanitarie, secondo standard non inferiori a quelli previsti a livello nazionale o comunitario, che esse sono tenute ad assicurare».

È, quindi, da rimarcare che detta pronuncia è intervenuta in ordine ad atti incidenti sul potere delle Province di verifica dell’attività svolta dalle Aziende sanitarie locali e dalle Aziende ospedaliere, con specifico riguardo al settore concernente i tempi di attesa relativi all’attività di erogazione delle prestazioni di assistenza sanitaria.

 Ben diverso è l’ambito della disposizione qui in esame, la quale attiene alla continuità ed effettività della prestazione dei L.E.A., giacché individua appunto nella continuità della erogazione delle prestazioni sanitarie un livello essenziale di fruizione degli stessi.

10.— Fondata, invece, deve ritenersi la questione di legittimità costituzionale relativa al vincolo procedurale imposto dall’art. 1, comma 282, secondo periodo, nella adozione delle disposizioni finalizzate a regolare i casi in cui la sospensione dell’erogazione delle prestazioni sia legata a motivi tecnici, limite costituito dalla necessità di sentire «le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti, operanti sul proprio territorio e presenti nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206».

Come si è già affermato, nel caso in esame viene in rilievo un concorso di competenze legislative che rende necessario fare applicazione del principio di prevalenza, nonché, in particolare, in ragione dell’intreccio delle discipline, del criterio di leale cooperazione (si vedano, ex multis, le sentenze numeri 133 del 2006 e 231 del 2005).

La competenza statale prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., non può, pertanto, giustificare, nella fattispecie in questione, una disciplina, marcatamente dettagliata, quale è quella che impone il rispetto di determinate modalità procedurali nell’emanazione di disposizioni per regolare i casi in cui la sospensione dell’erogazione delle prestazioni sanitarie è consentita per la sussistenza di motivi di natura tecnica.

La disposizione impugnata, pertanto, deve ritenersi illegittima nella parte in cui prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono tenute, al fine di disporre la sospensione delle liste di attesa per motivi tecnici, a sentire le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti, operanti sul proprio territorio e presenti nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

11.— Non fondata deve, invece, ritenersi la questione di legittimità costituzionale del medesimo comma 282 nella parte in cui stabilisce che anche le Province autonome informano «successivamente, con cadenza semestrale, il Ministero della salute secondo quanto disposto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 aprile 2002», in merito alla sospensione delle prenotazioni dovuta a motivi tecnici.

Si tratta, infatti, di una previsione che introduce un meccanismo di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, in linea con quanto previsto dall’allegato 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 – come modificato dal suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 aprile 2002 – recante «Linee guida sui criteri di priorità per l’accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e sui tempi massimi di attesa», e che al punto 6 prevede che «le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad attivare sistemi di monitoraggio dei tempi e dei procedimenti trasmettendo i relativi dati al Ministero della salute».

12.— Tutte le ricorrenti impugnano, sia pure per diversi profili, i commi 283 e 284 dell’art. 1 della legge contestata.

12.1.— Una prima questione, proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano, riguarda l’attribuzione, alla Commissione nazionale sull’appropriatezza delle prescrizioni, di compiti di promozione di iniziative formative e di informazione per il personale medico e per gli utenti del Servizio sanitario, studio e predisposizione di linee-guida per la fissazione di criteri di priorità relativi alla appropriatezza delle prescrizioni, di forme di controllo di tale appropriatezza, nonché di promozione di analoghi meccanismi a livello regionale e aziendale.

12.2.— Una ulteriore questione, sostanzialmente comune sia alle Province autonome che alle Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia, riguarda il sistema sanzionatorio previsto dai citati commi, in forza del quale è attribuito alla suddetta Commissione il compito di fissare i criteri per la determinazione e l’applicazione, da parte delle Regioni e delle Province autonome, delle sanzioni stabilite per la violazione del divieto di sospendere le prenotazioni nelle liste di attesa.

12.2.1.— Tuttavia, mentre la Provincia autonoma di Bolzano censura sia la previsione delle sanzioni amministrative di cui al comma 284, sia l’attribuzione alla Commissione della determinazione dei criteri per l’applicazione delle stesse, le altre ricorrenti sospettano di illegittimità costituzionale solo la richiamata fissazione dei suddetti criteri.

12.2.2.— Infine, altro profilo di censura attiene alle modalità di nomina della Commissione stessa, in quanto la Provincia autonoma di Trento e le Regioni ricorrenti si dolgono della mancata previsione di meccanismi che consentano l’applicazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

13.— La questione relativa ai compiti attribuiti alla predetta Commissione, sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano, non è fondata.

La norma impugnata ha carattere meramente propulsivo e propositivo, tendendo unicamente a sollecitare – nell’ottica del principio di leale collaborazione – lo svolgimento delle iniziative ivi indicate, sicchè essa non invade le competenze provinciali, né si sovrappone alle stesse. Esula, pertanto, dai compiti della Commissione l’adozione diretta di misure amministrative attuative, le quali restano di spettanza delle autorità che ne sono titolari.

Va, altresì, rilevato, con riguardo al compito di mero studio e predisposizione di linee-guida in ordine al settore dell’appropriatezza delle prestazioni e delle relative prescrizioni, che le stesse devono essere approvate con decreto del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, e quindi mediante un procedimento fondato su un meccanismo di garanzia dell’attuazione del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

 Non è dato ravvisare, pertanto, alcun vulnus a competenze provinciali, costituzionalmente garantite, per effetto delle disposizioni oggetto di censura.

14.— Come si è dianzi rilevato, è sospettato di illegittimità costituzionale il combinato disposto dei commi 283 e 284, in ragione del complessivo sistema sanzionatorio ivi previsto, oltre che del ruolo svolto in merito dalla suddetta Commissione.

14.1— La questione non è fondata.

Questa Corte ha più volte affermato che la regolamentazione delle sanzioni amministrative spetta al soggetto nella cui sfera di autonomia rientra la disciplina della materia, la inosservanza della quale determina l’atto sanzionabile (sentenze numeri 384 del 2005 e 12 del 2004).

La pertinenza del divieto di sospendere le prenotazioni delle prestazioni costituenti livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo quanto si è prima affermato, alla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., radica la potestà legislativa statale in ordine anche alle relative sanzioni amministrative.

Conseguentemente, deve ritenersi immune da censure anche la parte del comma in esame che affida alla Commissione sull’appropriatezza delle prescrizioni sanitarie il compito di elaborare i criteri per la determinazione e l’applicazione delle sanzioni amministrative previste per l’ipotesi di violazione del divieto di sospendere l’operatività delle liste di attesa; compito che non dà luogo all’esercizio di potestà regolamentare da parte della Commissione stessa, ma al quale può essere attribuito rilievo meramente endoprocedimentale in una materia di competenza dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

Analogamente, deve ritenersi destituita di fondamento la censura relativa sia alla composizione della Commissione, sia alla modalità di nomina dei suoi componenti.

Proprio perchè si tratta dell’esercizio di una competenza statale, trova giustificazione, anche sotto l’indicato aspetto, la norma censurata.

D’altronde, la previsione della partecipazione alla Commissione anche di rappresentanti designati dalla Conferenza permanente Stato-Regioni può ritenersi, nella specie, adeguato strumento di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni.

Le considerazioni innanzi svolte valgono, oltre che per la Regione Emilia-Romagna e dunque per le Regioni a statuto ordinario, più in generale, anche per la Regione Friuli-Venezia Giulia, nei cui confronti trova applicazione il novellato art. 117 Cost., ai sensi dell’ art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, pur in presenza di una sua potestà legislativa statutaria in materia di «igiene e sanità, assistenza sanitaria ed ospedaliera» (art. 5, numero 16, dello statuto di autonomia).

 15.— Da ultimo, quanto al gruppo di censure concernenti la questione di costituzionalità del comma 409 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, proposte dalla sola Provincia autonoma di Bolzano, deve essere valutato, in via preliminare, l’effetto, nel presente giudizio, della disposizione sopravvenuta in corso di causa, con la quale è stata operata la integrale sostituzione del comma stesso.

15.1.— La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), con l’art. 1, comma 825, ha novellato l’impugnato comma 409, lasciando sostanzialmente inalterate le lettere a) e b), modificando, in modo significativo, la lettera c), e sostituendo integralmente le lettere d) ed e).

Nello specifico, la lettera c) è stata modificata disponendosi che le aziende, le quali commercializzano i «dispositivi medico-diagnostici in vitro e i dispositivi su misura», vengono ricomprese tra quelle tenute all’autocertificazione, che è funzionale al versamento del contributo del cinque per cento posto a loro carico. La lettera d), a sua volta, prevede, da un lato, una maggiorazione del suddetto importo in caso di ritardo nel pagamento e una sanzione amministrativa nel caso di mancato pagamento del contributo, e stabilisce, dall’altro, che detti proventi devono essere «utilizzati dalla Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici per il miglioramento e il potenziamento della attività del settore dei dispositivi medici, con particolare riguardo alle attività di sorveglianza del mercato, anche attraverso l’aggiornamento e la manutenzione della classificazione nazionale dei dispositivi e la manutenzione del repertorio generale (…), alla attività di vigilanza sugli incidenti, alla formazione del personale ispettivo, all’attività di informazione nei riguardi degli operatori professionali e del pubblico, alla effettuazione di studi in materia di valutazione tecnologica, alla istituzione di registri di patologie che implichino l’utilizzazione di dispositivi medici, nonché per la stipula di convenzioni con università e istituti di ricerca o con esperti del settore». Infine, è stata modificata la lettera e), prevedendosi, in particolare, che i proventi derivanti dal versamento della tariffa debbano essere «utilizzati dalla Direzione generale dei farmaci e dispositivi medici per la manutenzione del repertorio generale (…)».

15.2.— Orbene, questa Corte ha affermato, con giurisprudenza costante, che, in forza del principio di effettività della tutela delle parti nei giudizi in via di azione, s’impone il trasferimento della questione alla norma che, sebbene portata da un atto legislativo diverso da quello oggetto di impugnazione, sopravvive immutata nel suo contenuto precettivo (sentenze numeri 449 del 2006, 424 del 2004 e 533 del 2002). Tuttavia, nella specie, il nuovo testo del comma 409 modifica sostanzialmente, ancorché in modo non satisfattivo, il contenuto del testo originario, ragione per cui il trasferimento della questione, lungi dal garantire il richiamato principio di effettività, supplirebbe impropriamente all’onere di impugnazione gravante sulle parti (ordinanza n. 137 del 2004).

Né, sotto altro aspetto, come si può desumere dal rilevato carattere non satisfattivo del ius superveniens, si può procedere ad una declaratoria di cessazione della materia del contendere.

Pertanto, lo scrutinio di costituzionalità deve essere effettuato sul testo originario dell’art. 1, comma 409, della legge n. 266 del 2005.

15.3.— Ciò precisato, va chiarito che la ricorrente, come si è già accennato, si duole dell’introduzione, ai sensi del comma 409 in questione, di un sistema normativo che, nel condizionare l’acquisto, l’utilizzazione o la dispensa dei dispositivi medici all’iscrizione degli stessi in un repertorio nazionale, formato a livello centrale, sia pure con la previsione di un meccanismo di coinvolgimento delle Regioni, quale l’accordo tra lo Stato e le Regioni medesime, limiterebbe eccessivamente le scelte gestionali e di spesa delle Aziende sanitarie locali, incidendo anche sulla competenza della ricorrente relativa all’ordinamento degli uffici provinciali, nonché in materia di igiene e sanità e assistenza sanitaria e ospedaliera.

La ricorrente lamenta, altresì, che il contributo calcolato sulle spese promozionali e la tariffa per l’inserimento dei dispositivi nell’albo nazionale, posti a carico dei produttori e dei distributori operanti in ambito provinciale, ridurrebbero le entrate della Provincia medesima, dal momento che la norma impugnata non richiama l’art. 75, primo comma, lettera g), e secondo comma, dello statuto di autonomia, secondo il quale sono attribuiti alle due Province i nove decimi del gettito delle entrate tributarie dello Stato, comunque denominate, percette nei rispettivi territori.

16.— La previsione di un repertorio nazionale generale dei dispositivi medici, realizzato previo accordo Stato-Regioni, idoneo a costituire una sorta di albo degli stessi, ai fini dell’approvvigionamento delle Aziende sanitarie locali e delle necessarie attività di monitoraggio e acquisizione dei dati per tenerlo aggiornato, rappresenta un dato di novità, volto a creare una sinergia tra esigenze di verifica a livello centrale dell’idoneità e adeguatezza dei dispositivi medici, a fini di tutela della salute, ed esigenze di contenimento della spesa sanitaria, allo scopo di garantire, tendenzialmente, il prodotto migliore al prezzo più conveniente.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare con la sentenza n. 111 del 2005, non appare dubbio che nel sistema di assistenza sanitaria – delineato dal legislatore nazionale fin dalla emanazione della legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale) – l’esigenza di assicurare la universalità e la completezza del sistema assistenziale nel nostro Paese si è scontrata, e si scontra ancora attualmente, con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario. Di qui la necessità di individuare strumenti che, pur nel rispetto di esigenze minime, di carattere primario e fondamentale, del settore sanitario, coinvolgenti il «nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana» (sentenza n. 509 del 2000), operino come limite oggettivo alla pienezza della tutela sanitaria degli utenti del servizio.

16.1.— Per cogliere, in particolare, la rilevanza, anche quanto ai profili inerenti alla complessiva spesa sanitaria, dei dispositivi medici, occorre ricordarne la definizione fissata dal decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46 (Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici).

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera a), del suddetto d.lgs. è «dispositivo medico: qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software informatico impiegato per il corretto funzionamento, e destinato dal fabbricante ad essere impiegato nell’uomo a scopo di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia; di diagnosi, controllo, terapia, attenuazione o compensazione di una ferita o di un handicap; di studio, sostituzione o modifica dell’anatomia o di un processo fisiologico; di intervento sul concepimento, il quale prodotto non eserciti l’azione principale, nel o sul corpo umano, cui è destinato, con mezzi farmacologici o immunologici né mediante processo metabolico ma la cui funzione possa essere coadiuvata da tali mezzi».

È, dunque, evidente, in rapporto alla ampiezza della definizione normativa dei dispositivi medici, quale forte incidenza abbia la spesa per la loro acquisizione ad opera delle strutture di sanità pubblica per i bilanci delle stesse. Di qui l’esigenza di un intervento normativo teso, da un lato, al contenimento della spesa sanitaria e, dall’altro, alla sua intrinseca razionalizzazione.

16.2.— Tanto premesso, si può passare all’esame delle singole censure formulate dalla Provincia autonoma di Bolzano.

16.3.— La Provincia ricorrente assume, innanzitutto, che il combinato disposto delle lettere a) e b) del comma in esame violerebbe l’art. 9, numero 10, dello statuto di autonomia che, come si è precisato, riserva alla potestà legislativa provinciale la materia «igiene e sanità, ivi compresa l’assistenza sanitaria e ospedaliera».

Il precetto in questione, che condiziona l’acquisto, l’utilizzazione o la dispensa dei dispositivi medici, nell’ambito del Servizio sanitario, all’inserimento degli stessi nel repertorio nazionale, sarebbe lesivo, in quanto di dettaglio, delle prerogative statutarie, mentre lo Stato potrebbe intervenire in materia solo adottando norme fondamentali di riforme economico-sociali o principi fondamentali.

16.4.— La questione non è fondata.

Va rilevato che, proprio in ragione del tenore della norma impugnata, che è stata prevista per il perseguimento delle indicate finalità di razionalizzazione degli acquisti e di contenimento della spesa sanitaria, la disposizione qui censurata investe due diversi ambiti materiali. Da un lato, essa costituisce espressione della funzione di coordinamento della finanza pubblica; dall’altro, afferisce alla tutela della salute, materie entrambe oggetto di potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Da ciò consegue che, vertendosi in materie di legislazione concorrente, lo Stato è legittimato a porre principi fondamentali, come tali vincolanti per le Regioni e per le Province autonome.

16.6.— Alla luce delle considerazioni che precedono, la normativa qui oggetto di impugnazione, in ragione delle finalità del previsto vincolo, riveste in via prevalente natura di principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica che, attraverso una razionalizzazione del sistema, tende ad un contenimento della spesa sanitaria. D’altronde, questa Corte ha già avuto modo di affermare, con riguardo a fattispecie per certi versi analoghe, che «non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti» (sentenza n. 36 del 2004; si veda, altresì, la sentenza n. 417 del 2005). Né è senza significato che, ai sensi delle stesse lettere a) e b), del medesimo comma 409, la classificazione dei dispositivi è approvata, e il repertorio generale è istituito, previo accordo, sancito dalla Conferenza Stato-Regioni, e dunque con un meccanismo idoneo a garantire il pieno coinvolgimento, sotto l’aspetto della leale collaborazione istituzionale, delle Regioni e delle Province autonome.

Pertanto, la norma impugnata, non solo perchè è espressione di potestà legislativa statale, ma anche perché risulta comunque inserita in un ambito che valorizza meccanismi di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, si sottrae alle censure di illegittimità costituzionale prospettate dalla ricorrente.

16.7.— Queste stesse considerazioni valgono a fugare il dubbio di costituzionalità, riferito specificamente ai numeri 1 e 2 della censurata lettera a), avanzato in relazione anche alla dedotta violazione della competenza provinciale in materia di ordinamento degli uffici.

17.— Le lettere d) ed e) del comma 409 sono, inoltre, sospettate di illegittimità costituzionale in quanto, in asserito contrasto con l’art. 75, primo comma, lettera g), e secondo comma, dello statuto di autonomia, non prevedono, in relazione ai prelievi disposti a carico delle aziende che producono o immettono in commercio dispositivi medici, la compartecipazione della Provincia al gettito nei limiti fissati dallo statuto stesso.

17.1.— La questione relativa alla lettera d) del suddetto comma 409 è inammissibile.

17.2.— La disposizione impugnata, a differenza di quanto previsto nel suo nuovo testo (quello risultante dalla legge finanziaria per il 2007 ed estraneo, per le ragioni già precisate, all’ambito del presente giudizio), lungi dallo stabilire vincoli di destinazione del gettito derivante dal contributo previsto a carico di coloro che producono o immettono in commercio dispositivi medici, disciplina soltanto la fase della entrata tributaria, ma non incide sulle modalità del successivo riparto del gettito, per cui la stessa non può ritenersi idonea a violare il parametro di cui all’art. 75, primo comma, lettera g), e secondo comma, dello statuto di autonomia. E risulta attinente ancora alla fase del prelievo, e non a quella della successiva utilizzazione, che – sulla base della originaria previsione – rimane sostanzialmente impregiudicata, anche la norma secondo la quale «i proventi derivanti da tali versamenti sono riassegnati, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sulle corrispondenti unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero della salute», senza alcuna indicazione circa la loro utilizzazione.

Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, deve concludersi che non sussiste un interesse giuridicamente rilevante della ricorrente ad ottenere la caducazione delle impugnate disposizioni contenute nella lettera d) del comma 409, nel suo testo originario.

17.3.— Infine, non è fondata la questione di costituzionalità proposta in ordine al comma 409, lettera e).

La prevista tariffa costituisce, infatti, semplice corrispettivo per l’erogazione di un servizio; corrispettivo che è privo, quindi, di carattere tributario data la sua natura di prezzo. Di conseguenza, non può trovare applicazione, nella specie, la citata disposizione dell’art. 75 dello statuto di autonomia.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimità costituzionale della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), promosse con i ricorsi indicati in epigrafe;

riuniti i giudizi, relativamente all’art. 1, commi 282, 283, 284 e 409 della legge n. 266 del 2005,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 282, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2006), limitatamente alle parole «sentite le associazioni a difesa dei consumatori e degli utenti, operanti sul proprio territorio e presenti nell’elenco previsto dall’articolo 137 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206»;

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 409, lettera d), della predetta legge n. 266 del 2005, promossa dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, numero 1; 9, numero 10; 16 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e all’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità), con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondate le ulteriori questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 282, della legge n. 266 del 2005, promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 9, numero 10; 16; 31; 49; 54, numeri 1, 2 e 3; 55, primo comma, del d.P.R. n. 670 del 1972, all’art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, e agli artt. 2, comma 1, e 4, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), con i ricorsi indicati in epigrafe;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 283 e 284, della legge n. 266 del 2005, promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in riferimento agli artt. 8, numeri 1 e 29; 9, numero 10; 16 del d.P.R. n. 670 del 1972, all’ art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, agli artt. 3 e 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992, all’art. 5, numero 16, della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), agli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione tra lo Stato e le Regioni, con i ricorsi indicati in epigrafe;

dichiara non fondate le ulteriori questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 409, della legge n. 266 del 2005, promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, numero 1; 9, numero 10; 16 e 75 del d.P.R. n. 670 del 1972 e all’art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Maria Rosaria FRUSCELLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'8 maggio 2007.