Sentenza n. 141 del 2007

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SENTENZA N. 141

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Franco                                 BILE                                                  Presidente

-  Giovanni Maria                   FLICK                                                             Giudice

-  Francesco                            AMIRANTE                                             “

-  Ugo                                     DE SIERVO                                             “

-  Romano                              VACCARELLA                                       “

-  Paolo                                   MADDALENA                                        “

-  Alfio                                   FINOCCHIARO                                      “

-  Alfonso                               QUARANTA                                            “

-  Franco                                 GALLO                                                     “

-  Luigi                                   MAZZELLA                                             “

-  Gaetano                              SILVESTRI                                              “

-  Sabino                                 CASSESE                                                 “

-  Maria Rita                           SAULLE                                                   “

-  Giuseppe                             TESAURO                                                “

-  Paolo Maria                         NAPOLITANO                                        “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi da 330 a 333 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Bolzano, e delle Regioni Piemonte, Campania ed Emilia-Romagna, notificati il 24 e 27 febbraio 2006, depositati in cancelleria il 2 e il 3 marzo 2006 ed iscritti ai nn. 33, 35, 36 e 39 del registro ricorsi 2006.

         Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

         udito nell’udienza pubblica del 20 marzo 2007 il Giudice relatore Romano Vaccarella;

         uditi gli avvocati Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano, Emiliano Amato per la Regione Piemonte, Vincenzo Cocozza per la Regione Campania, Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per la Regione Emilia-Romagna e gli avvocati dello Stato Franco Favara e Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

         1.– Con  ricorso (n. 33 del 2006) notificato il 24 febbraio 2006, la Provincia Autonoma di Bolzano promuove giudizio di legittimità costituzionale – per violazione dell’art. 8, n. 25, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Süd Tirol) e dell’art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento) – di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), tra cui l’articolo 1, commi 330, 331, 332 e 333, a norma dei quali: a) «al fine  di assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio-economico, è istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo, con una dotazione finanziaria di 1.140 milioni di euro per l’anno 2006, destinata alle finalità previste ai sensi della presente legge» (comma 330); b) «per ogni figlio nato ovvero adottato nell’anno 2005 è concesso un assegno pari ad euro 1.000» (comma 331); c) «il medesimo assegno di cui al comma 331 è concesso per ogni figlio nato nell'anno 2006, secondo o ulteriore per ordine di nascita, ovvero adottato» (comma 332); d) «il Ministero dell’economia e delle finanze comunica per iscritto, entro il 15 gennaio 2006, la sede dell’ufficio postale di zona presso il quale gli assegni possono essere riscossi con riferimento all’assegno di cui al comma 331 e, previa verifica dell’ordine di nascita, entro la fine del mese successivo a quello di nascita o di adozione con riferimento all’assegno di cui al comma 332. Gli assegni possono essere riscossi, in deroga ad ogni disposizione vigente in materia di minori, dall’esercente la potestà sui figli di cui ai commi 331 e 332, sempreché residente, cittadino italiano ovvero comunitario ed appartenente a un nucleo familiare con un reddito complessivo, riferito all’anno 2004 ai fini dell’assegno di cui al comma 331 e all’anno 2005 ai fini dell’assegno di cui al comma 332, non superiore ad euro 50.000. Per nucleo familiare s’intende quello di cui all’articolo 1 del D.M. 22 gennaio 1993 del Ministro della sanità, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 27 gennaio 1993. La condizione reddituale di cui al presente comma è autocertificata dall’esercente la potestà, all’atto della riscossione dell’assegno, mediante riempimento e sottoscrizione di apposita formula prestampata in calce alla comunicazione del Ministero dell’economia e delle finanze, da verificare da parte dell’Agenzia delle entrate secondo procedure definite convenzionalmente. Per l’attuazione del presente comma il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro si avvale di SOGEI Spa» (comma 333).

         La ricorrente ritiene che tale normativa, col disciplinare la suddetta prestazione e nel prevederne l’erogazione direttamente attraverso organi ed uffici dell’amministrazione statale, senza alcun coinvolgimento della Provincia, violi le competenze statutarie in materia di assistenza e beneficenza pubblica e le relative norme di attuazione, nonché la disposizione di cui all’art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 266 del 1992.

         Ad avviso della ricorrente, infatti, le erogazioni in questione hanno natura assistenziale e non già previdenziale e sono pertanto riconducibili alla previsione dell’art. 8, n. 25), dello statuto del Trentino-Alto Adige, che attribuisce alle Province autonome potestà legislativa primaria in materia di «assistenza e beneficenza pubblica», nel solco di quella giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 17 del 1995 e n. 31 del 1986) secondo cui l’art. 38 della Costituzione configura due modelli distinti, dei quali, l’uno, fondato sulla solidarietà collettiva, che garantisce ai cittadini, per il caso di accertate situazioni di bisogno, i mezzi necessari per vivere, e l’altro, suscettibile di realizzazione mediante strumenti mutualistico-assicurativi, che attribuisce ai lavoratori, prescindendo dallo stato di bisogno, la diversa e più elevata garanzia del diritto ai mezzi adeguati alle loro esigenze di vita.

         Una conferma di ciò starebbe nel fatto che, mentre l’art. 1 del d.P.R. 6 gennaio 1978, n. 58 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di previdenza e assicurazioni sociali), assegna alla Regione Trentino-Alto Adige, nell’esercizio delle attribuzioni di cui all’art. 6 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,  la facoltà di integrare la legislazione dello Stato e di costituire appositi istituti autonomi o di agevolarne l’istituzione «in materia di protezione dei lavoratori sia dipendenti che autonomi, nei casi di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria e maternità», e, cioè nella materia della previdenza sociale obbligatoria strettamente intesa, lo statuto riserva invece la materia dell’«assistenza sociale» alla potestà legislativa esclusiva delle Province autonome, come più volte ribadito dalla Corte costituzionale (sentenze n. 106 del 2005, n. 236 del 2003, n. 520 del 2000, n. 355 del 1992, nn. 75 e 36 del 1992, n. 532 del 1988, n. 139 del 1985 e n. 250 del 1974).

         La Provincia autonoma di Bolzano, pur ricordando che la più recente giurisprudenza costituzionale ha ricondotto alla materia della «previdenza sociale» di cui all’art. 117, comma secondo, lettera o), Cost. una disciplina statale analoga a quella oggi impugnata (sentenza n. 287 del 2004, ribadita, con riguardo ad una fattispecie diversa, dalla sentenza n. 423 del 2004), nondimeno osserva che si tratta di pronunce emesse nel quadro normativo novellato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la quale non altera, in base all’art. 10 del medesimo testo legislativo, l’assetto delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Provincia autonoma di Bolzano dallo statuto speciale del Trentino-Alto Adige. Ciò che sarebbe implicitamente confermato dall’art. 4, comma 1, del decreto ministeriale 28 novembre 2003 (Disposizioni attuative dell'art. 21 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, in merito alla corresponsione dell’assegno per ogni figlio secondo od ulteriore per ordine di nascita) il quale, in attuazione della disciplina legislativa oggetto della sentenza n. 287 del 2004, precisa che «l’assegno pari ad € 1.000 è concesso ed erogato, per gli aventi diritto residenti nei comuni delle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle province medesime secondo le norme dei rispettivi statuti».

         Osserva, infine, la ricorrente che se le norme di attuazione dello statuto per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di assistenza e beneficenza pubblica attribuiscono alle Province autonome  competenza esclusiva anche in materia di pensioni ed assegni a carattere continuativo in favore dei ciechi civili, dei sordomuti e degli invalidi civili (art. 4 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 469, recante «Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di assistenza e beneficenza pubblica»), a maggior ragione devono essere ricondotte alla previsione statutaria dell’art. 8, numero 25), le provvidenze disciplinate dalle norme impugnate delle quali, pertanto, è disposta e disciplinata illegittimamente la concessione anche ai nuclei familiari residenti in Provincia di Bolzano, senza prevedere alcun coinvolgimento degli organi e degli uffici provinciali.

         Ritiene peraltro la provincia che, anche ove fosse attuato il principio della leale collaborazione, esso andrebbe armonizzato con quello sancito dall’art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, il quale prevede che, «fermo restando quanto disposto dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, nelle materie di cui al comma 1 le amministrazioni statali, comprese quelle autonome, e gli enti dipendenti dallo Stato non possono disporre spese né concedere, direttamente o indirettamente, finanziamenti o contributi per attività nell’ambito del territorio regionale o provinciale», e pone pertanto il divieto dei vincoli di destinazione delle risorse previste da fondi statali,  coerentemente  con il principio che vieta trasferimenti finanziari dallo Stato agli enti territoriali con vincolo di destinazione nelle materia di competenza regionale e provinciale, ribadito in più occasioni dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 16 e 423 del 2004 e n. 370 del 2003).

         1.2.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale osserva che l’erogazione di un assegno una tantum per la nascita di un figlio è riconducibile, secondo l’insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 287 del 2004), ad un intervento in materia di «previdenza sociale» (assegnata dall’art. 117, comma secondo, lettera o, Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato); sicché non rileva, ai fini dell’applicazione dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, nessuna delle previsioni statutarie che attribuiscono alla provincia autonoma potestà legislativa in materia di assistenza e beneficenza pubblica.

         2.– Con tre distinti ricorsi (nn. 35, 36 e 39 del 2006), le Regioni Piemonte, Campania ed Emilia-Romagna promuovono giudizio di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), tra cui l’articolo 1, commi 330.

         2.1.– In particolare, la Regione Piemonte, con ricorso notificato il  24 marzo 2006 (n. 35 del 2006), censura l’istituzione, presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, del fondo per la realizzazione di interventi volti a sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio-economico, ritenendolo in contrasto con gli articoli 117, comma quarto, 118, 119 e 120 Cost.

         La ricorrente ritiene, infatti, che la creazione di un fondo diretto ad interventi gestiti esclusivamente da un organo statale invada la competenza legislativa esclusiva della Regione in materia di politiche sociali, soggiungendo che vi sarebbe una concreta limitazione degli ordinari finanziamenti destinati alle attività programmate dall’ente regionale, essendo stati contestualmente ridotti in modo considerevole i trasferimenti finanziari da parte dello Stato sul Fondo nazionale delle politiche sociali, cosicché si sarebbe verificato un effetto di sostituzione del nuovo fondo all’attività regionale in materia, con conseguente lesione delle prerogative degli enti regionali nelle loro funzioni e nelle corrispondenti risorse finanziarie.

         La Regione Piemonte ritiene inoltre che la norma impugnata violi il principio di leale collaborazione, non avendo previsto nessuna forma di partecipazione degli enti regionali all’individuazione, alla programmazione ed all’attuazione degli interventi finanziati con il fondo in questione.

         2.1.1.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale osserva, per un verso, che la previsione dell’art. 1, comma 330, rientra nella materia della «previdenza sociale», assegnata dall’art. 117, comma secondo, lettera o), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (come già stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 287 del 2004) e, per altro verso, che tale norma non detta alcuna regola circa i soggetti e gli organi competenti ad effettuare le scelte di spesa e le modalità delle erogazioni, per cui le censure formulate dalla ricorrente o hanno ad oggetto mere intenzioni del legislatore ovvero avrebbero dovuto avere ad oggetto norme ulteriori le quali, tuttavia, non risultano impugnate.

         2.2.– La Regione Campania, con ricorso notificato il 27 marzo 2006 (n. 36 del 2006), impugna l’art. 1, comma 330, della legge n. 266 del 2005 perché violativo degli articoli 114, 117, comma quarto, 118 e 119 Cost, nonché del principio di leale collaborazione e del canone della ragionevolezza, incidendo la previsione nel settore della politica sociale, di esclusiva competenza legislativa regionale, attraverso finanziamenti vincolati, più volte censurati dalla giurisprudenza costituzionale.

         2.2.1.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale osserva, in primo luogo, che le finalità del fondo sono individuate nei commi successivi al 330 che non risultano impugnati, e inoltre che «la costituzione di un fondo presso un ministero, di per sé svincolata dai criteri di utilizzazione, rientra evidentemente nel sistema contabile dello Stato, sul quale le Regioni non possono rivendicare competenze».

         2.3.– La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 27 febbraio 2006 (n. 39 del 2006), impugna l’art. 1, comma 330, della legge n. 266 del 2005 ritenendolo in contrasto – anche perché caratterizzato da una scrittura “in bianco” che non consente di individuare, neppure in linea di massima, la tipologia degli interventi a cui il fondo sarebbe destinato, nonché i criteri e le modalità di gestione – con l’art. 117, comma quarto, Cost., che assegna alla competenza legislativa esclusiva delle regioni la materia dei servizi e dell’assistenza sociale nella quale vanno iscritti gli interventi per il “sostegno alle famiglie” e la “solidarietà per lo sviluppo socio-economico”.

         La ricorrente ritiene infatti che lo Stato, intervenendo in una materia regionale per “chiamata in sussidiarietà”, avrebbe dovuto «percorrere la strada, costituzionalmente obbligata, di assegnare i finanziamenti al Fondo per le politiche sociali, e istituire una procedura di leale collaborazione» anziché prevedere «un fondo settoriale […] a destinazione vaga se non interamente franca […] e senza alcuna garanzia di partecipazione delle Regioni».

         2.3.1.– Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha svolto difese identiche a quelle spiegate nel ricorso n. 36 del 2006.

         3.– In prossimità dell’udienza la Provincia autonoma di Bolzano e le Regioni Campania ed Emilia-Romagna hanno depositato memorie.

         3.1.– In particolare, la Provincia autonoma di Bolzano, nel ribadire i motivi di ricorso – e, sopra tutto, che l’intervento statale in esame è inscrivibile nella materia della «assistenza e beneficenza pubblica» riservata dallo statuto alla competenza legislativa provinciale esclusiva – ha sottolineato l’improprietà del richiamo, effettuato dall’Avvocatura generale, all’art. 117, comma secondo, lettera o), Cost., tenuto conto che, proprio in base al costante orientamento della Corte costituzionale, le norme del titolo V della Costituzione, giusta il disposto dell’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, non si applicano alle regioni ad autonomia speciale se non per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle ad esse già attribuite, lasciando così immutato il sistema disegnato dai rispettivi statuti (sentenza n. 48 del 2003).

         3.2.– Anche la Regione Campania, nel ribadire quanto già dedotto nel ricorso introduttivo, ha ulteriormente richiamato la recente sentenza n. 118 del 2006 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma che, allo scopo di favorire l’accesso delle giovani coppie alla prima casa di abitazione, aveva istituito un apposito fondo ritenuto lesivo dell’autonomia finanziaria ed amministrativa delle regioni perché operante in materie nelle quali non è individuabile una specifica competenza statale.

         3.2.– Infine, la Regione Emilia-Romagna, nel censurare ancora una volta la previsione dell’«ennesimo fondo settoriale autonomo, gestito centralmente senza coinvolgimento alcuno delle Regioni», osserva che «il risvolto contabile della costituzione del fondo […] non vale a superare il rilievo che questa è comunque la previsione di un fondo al di fuori del Fondo per le politiche sociali, che incide sulla politica di settore con modalità e con una soluzione già ritenute» dalla Corte costituzionale non ammissibili.

         4.– Anche il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha depositato memoria in tutti i giudizi, articolando difese sostanzialmente unitarie.

         In particolare, con riguardo al comma 330, ha puntualizzato che il fondo in questione, istituito con una dotazione di 1140 milioni di euro, «non ha più alcuna valenza giuridico-contabile essendo stato – nel corso dell’iter parlamentare – svuotato» ed essendo «confluito in diverse destinazioni di spesa sociale, per cui il suo mantenimento è dovuto ad un mancato coordinamento del testo finale della legge».

         In ogni caso, ribadito che la previsione rientra nella materia del «sistema contabile dello Stato», l’Avvocatura generale ha puntualizzato che la norma, fissando la destinazione del fondo senza indicare alcuna norma procedimentale e di competenza, ha posto un limite allo Stato e non anche alle Regioni, per cui la dotazione del fondo potrebbe essere trasferita a queste ultime ed alle Province con una semplice indicazione dello scopo, senza vincoli e con la possibilità per esse di non assecondare gli obiettivi statali.

         Dei vincoli, semmai, potrebbero derivare solo dalle previsioni contenute nei successivi commi 331, 332 e 333 che, essendo stati impugnati dalla sola Provincia autonoma di Bolzano, rimarrebbero comunque fermi per le altre Regioni ricorrenti, le cui impugnative, pertanto, risultano infondate.

         In ogni caso, l’Avvocatura generale, soffermandosi sulla giurisprudenza costituzionale relativa a fondi statali per interventi in materie di legislazione regionale concorrente, ne ha sollecitato un riesame da parte della Corte al fine di consentire allo Stato la programmazione di una politica economica di sostegno, valida per l’intero territorio nazionale, quantomeno in tutti quei casi nei quali, risultando impossibile concedere dei benefici della stessa entità e nello stesso tempo ad opera di tutte le Regioni, emerge l’esigenza di operare una politica generale sul piano economico e sociale uniforme su tutto il territorio nazionale.

         In particolare, quanto ai commi 331, 332 e 333, la finalità di incentivare le famiglie ad avere figli, «superando i timori delle giovani coppie ad incrementare il nucleo familiare» – sostanziandosi in una misura diretta a superare difficoltà «in prospettiva» e non a rimuovere problemi «preesistenti» – risulterebbe più vicina alla materia della previdenza sociale piuttosto che a quella, riservata alla potestà legislativa esclusiva della Provincia di Bolzano, della beneficenza ed assistenza pubblica.

         L’Avvocatura generale osserva inoltre che, comunque, non verrebbe in rilievo il divieto discendente dal d.lgs. n. 266 del 1992, non trattandosi di «attività» svolte in ambito provinciale, atteso che, altrimenti, non potrebbe neppure essere disposto un rimborso di imposta a favore del cittadino della Provincia autonoma.

Considerato in diritto

         1.– La Provincia autonoma di Bolzano solleva questione di legittimità costituzionale – oltre che di altre norme della medesima legge, questioni che saranno oggetto di separate decisioni – dell’articolo 1, commi 330, 331, 332 e 333, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006), in quanto l’istituzione – al fine di assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio-economico – di un fondo presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (comma 330), e la concessione, per ogni figlio nato ovvero adottato nel 2005 (comma 331), ovvero per ogni figlio secondo od ulteriore per ordine di nascita, nato o adottato nel 2006 (comma 332), di un assegno pari a euro 1.000 da riscuotersi, dietro comunicazione del Ministero, presso un ufficio postale da parte dell’esercente la potestà genitoriale – residente, cittadino italiano ovvero comunitario – ed appartenente a nucleo familiare con reddito complessivo, riferito agli anni 2005 o 2006, non superiore ad euro 50.000 (comma 333), violerebbero l’art. 8, n. 25), dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige/SüdTirol e l’art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

         2.– Le Regioni Piemonte, Campania ed Emilia-Romagna sollevano questioni di legittimità costituzionale – oltre che di altre norme della medesima legge, questioni che saranno oggetto di separate decisioni – dell’articolo 1, comma 330, della legge n. 266 del 2005, in quanto la creazione di un fondo diretto ad interventi gestiti esclusivamente da un organo statale invaderebbe la competenza legislativa esclusiva regionale in materia di «politiche sociali», contestualmente sottraendo risorse agli ordinari finanziamenti destinati alle attività programmate dell’ente regionale mediante la considerevole riduzione dei trasferimenti finanziari da parte dello Stato sul Fondo nazionale delle politiche sociali, così violando l’art. 117, comma quarto, della Costituzione, nonché gli artt. 118, 119 e 120 Cost. e il principio di leale collaborazione (Regione Piemonte) e gli artt. 114, 118 e 119 Cost. (Regione Campania).

         3.– Va preliminarmente disposta la riunione delle cause proposte dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalle Regioni Piemonte, Campania ed Emilia-Romagna in quanto aventi un oggetto parzialmente comune (comma 330) ed implicanti la soluzione di questioni – ancorché riferite a parametri diversi – sostanzialmente analoghe.

         4.– La questione sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano (r.r. n. 33 del 2006) non è fondata.

         3.1.– La Provincia, impugnando sia il comma 330 (istitutivo del Fondo de quo) che i successivi commi 331, 332 e 333 (i quali prevedono un assegno in favore dei nuovi nati negli anni 2005 e 2006 e ne disciplinano l’erogazione), prospetta la questione di legittimità costituzionale nel senso che «le finalità previste ai sensi della presente legge» (comma 330) si identificherebbero con l’erogazione – disciplinata dai commi 331 e 332 – degli assegni per la nascita dei figli (dell’anno 2005) e di secondi o ulteriori figli (nell’anno 2006).

         Ad avviso della ricorrente, da un lato, le norme impugnate rientrerebbero nella materia della «assistenza e beneficenza pubblica», che lo statuto riserva alla sua potestà legislativa esclusiva e, dall’altro lato, la sentenza n. 287 del 2004 (la quale aveva ricondotto analogo intervento alla materia della «previdenza sociale»), non avrebbe alcun valore per la Provincia autonoma di Bolzano in quanto fondata sull’art. 117, comma secondo, lettera o), del nuovo Titolo V Cost., le cui norme, per l’espressa previsione dell’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), si applicano alle province autonome solo «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite».

         Aggiunge la Provincia che, anche ove fosse prevista una qualsiasi forma di collaborazione con gli enti locali, risulterebbe comunque violato l’art. 4, comma 1, delle norme di attuazione dello statuto, le quali escludono, nelle materie di competenza propria delle province autonome, che le amministrazioni statali possano disporre spese o concludere, direttamente o indirettamente, finanziamenti o contributi per attività nell’ambito del territorio regionale o provinciale.

         4.2.– In proposito deve osservarsi che, se è vero che questa Corte si è pronunciata, con la sentenza n. 287 del 2004, su un ricorso proposto da una Regione a statuto ordinario, è anche vero che le considerazioni svolte in quella decisione, e dirette alla riconduzione di analoga normativa alla materia della «previdenza sociale», si attagliano anche al caso in esame.

         In particolare, l’affermazione che le disposizioni allora scrutinate – sostanzialmente analoghe a quelle censurate dalla Provincia autonoma – non attenessero alla materia «assistenza» (riconducibile, si sosteneva, alla competenza regionale residuale) come valeva ad escludere la competenza regionale ai sensi dell’art. 117, comma quarto, Cost., così vale ad escludere la competenza della Provincia autonoma a norma dello statuto speciale, laddove questo esplicitamente si riferisce alla materia «assistenza e beneficenza pubblica».

         Le provvidenze previste dalle norme oggetto del ricorso della Provincia presentano le medesime caratteristiche – decisive, secondo la sentenza n. 287 del 2004, per affermarne la natura «previdenziale» – di essere temporanee, di avere carattere indennitario e di «prescindere da ogni situazione di bisogno, di disagio o di difficoltà economica». Ed è appena il caso di rilevare che, se il comma 333 prevede, per beneficiare della provvidenza, un “tetto” di reddito, tale circostanza non incide sulla caratteristica da ultimo indicata, atteso che tale “tetto” è individuato in una somma compatibile con l’assenza di «bisogno, disagio o difficoltà economica» e si risolve, in sostanza, in uno strumento di selezione dei destinatari di risorse comunque limitate.

         5.– Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni appena citate sono inammissibili per carenza di interesse.

         La disposizione censurata si limita ad indicare la somma (€ 1.140 milioni) con la quale si intende «assicurare la realizzazione di interventi volti al sostegno delle famiglie e della solidarietà per lo sviluppo socio-economico», riservando ad altre norme «della presente legge» la individuazione degli interventi concreti riconducibili alle «finalità» genericamente enunciate dal comma 330.

         Discende da ciò l’inidoneità di tale disposizione a ledere le competenze regionali, potendo la lesione derivare non già dall’enunciazione del proposito di destinare risorse per finalità indicate in modo così ampio e generico, bensì (eventualmente) dalle norme nelle quali quel proposito si concretizza, sia per entità delle risorse sia per modalità di intervento sia, ancora, per le materie direttamente e indirettamente implicate da tali interventi.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

         riservata a separati provvedimenti la decisione delle questioni sollevate, con i ricorsi indicati in epigrafe, relativamente ad altre disposizioni della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006);

         riunite le cause promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano e dalle Regioni Piemonte, Campania ed Emilia-Romagna;

         dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 330, 331, 332 e 333, della legge n. 266 del 2005 sollevata, in riferimento all’art. 8, n. 25, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Süd Tirol) ed all’art. 4, comma 3, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), dalla Provincia Autonoma di Bolzano con il ricorso in epigrafe;

         dichiara l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 330, della legge n. 266 del 2005 sollevate dalla Regione Piemonte, in riferimento agli artt. 117, comma quarto, 118, 119 e 120 della Costituzione, dalla Regione Campania, in riferimento agli artt. 114, 117, comma quarto, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento all’art. 117, comma quarto, della Costituzione, con i ricorsi in epigrafe.

            Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 aprile 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2007.