Ordinanza n. 31 del 2007

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ORDINANZA N. 31

ANNO 2007

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco                    BILE                      Presidente

- Giovanni Maria       FLICK                    Giudice

- Francesco               AMIRANTE               "

- Ugo                        DE SIERVO                "

- Romano                  VACCARELLA           "

- Paolo                      MADDALENA            "

- Alfio                      FINOCCHIARO          "

- Alfonso                  QUARANTA               "

- Franco                    GALLO                       "

- Luigi                      MAZZELLA                "

- Gaetano                  SILVESTRI                 "

- Sabino                    CASSESE                    "

- Maria Rita              SAULLE                     "

- Giuseppe                TESAURO                   "

- Paolo Maria            NAPOLITANO            "

ha pronunciato la seguente

                                                            ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), promosso con ordinanza del 9 marzo 2006 dal Tribunale di Bari sul ricorso proposto da Carlino Carrieri, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2006.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 gennaio 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano.

Ritenuto che il Tribunale di Bari, con ordinanza del 9 marzo 2006, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dell’art. 4, comma 4, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti);

che il giudizio a quo ha ad oggetto l’opposizione promossa da un avvocato del libero foro avverso il decreto con il quale la seconda sezione penale del Tribunale di Bari aveva dichiarato inammissibile la sua istanza di liquidazione dei compensi per l’attività prestata nell’interesse di un imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, in quanto non era stata autorizzata la sua nomina in sostituzione del precedente difensore;

che, come riferisce il giudice a quo, nell’ambito del procedimento penale n. 405/99, con provvedimento del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bari del 14 febbraio 2000, l’imputato A. A., difeso dall’avvocato di fiducia Elena Rucci, veniva ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Successivamente, in data 7 febbraio 2001, a seguito della rinuncia del precedente difensore di fiducia, l’imputato nominava in sostituzione l’avv. Carlino Carrieri. Questi, in data 20 febbraio 2003, chiedeva la liquidazione dei compensi per l’attività professionale espletata e la seconda sezione penale del Tribunale dichiarava inammissibile la relativa istanza con la seguente motivazione: «l’imputato procedeva a nominare nuovo difensore di fiducia… senza richiedere la necessaria autorizzazione al Giudice (art. 4, comma 4, legge n. 217/1990 vigente all’epoca)»;

che avverso tale provvedimento proponeva ricorso l’avv. Carrieri chiedendo al Tribunale, in via preliminare, di dichiarare rilevante e non manifestante infondata, con riferimento agli artt. 3, 24, secondo e terzo comma, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del comma 4 dell’art. 4 della legge n. 217 del 1990, nella parte in cui, nel testo allora vigente, prevedeva che la sostituzione del difensore di fiducia ad opera dell’imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato dovesse essere preventivamente autorizzata dal giudice procedente e, in via subordinata, previa declaratoria di inapplicabilità della medesima norma ai rapporti in corso alla data di entrata in vigore della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), di annullare il decreto del Giudice monocratico, seconda sezione penale, del 28 febbraio 2003, liquidando i compensi al difensore;

che il giudice a quo, respinta l’eccezione di illegittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 della Costituzione, non riscontrando alcuna limitazione del diritto di difesa, ha ritenuto, invece, la questione non manifestamente infondata in riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione;

che, secondo il giudice a quo, nonostante gli artt. 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione «tutelino i diritti dei soli lavoratori “subordinati”, in esecuzione del principio di eguaglianza, nonché (del) diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente, si rileva, comunque, una ingiustificata disparità di trattamento economico tra avvocati che esercitano il patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato ed avvocati di soggetti abbienti, (in quanto) il diritto alla retribuzione, costituzionalmente garantito, verrebbe violato dalla mancata autorizzazione prevista dalla citata norma della legge n. 217/1990»;

che, aggiunge il rimettente, il difensore iscritto nell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato e non «autorizzato dal giudice all’esercizio della propria attività subisce un grave pregiudizio dovuto alla decadenza del cliente dal beneficio. Infatti, le precarie condizioni economiche dell’assistito, già “attestate e certificate” dal provvedimento di ammissione al beneficio  stesso, manifestano ex ante una più che probabile insolvibilità dell’imputato e, quindi, una mancata retribuzione del difensore», mentre, nell’ipotesi di difensori di soggetti abbienti, l’alea della mancata retribuzione dell’attività professionale è pressoché inesistente, potendo il credito essere sempre recuperato coattivamente ed esecutivamente;

che, in punto di rilevanza, il giudice a quo si limita ad affermare che la questione è concreta e rilevante al fine di una corretta applicazione della norma della cui legittimità costituzionale dubita;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o infondata;

che, secondo l'Avvocatura, la sollevata questione sarebbe manifestamente inammissibile per omessa motivazione sulla sua effettiva rilevanza, a seguito dell’intervenuta abrogazione della norma denunciata, ad opera dell’art. 4 della legge n. 134 del 2001, nella parte in cui prevedeva l’autorizzazione del giudice alla sostituzione del difensore. Nell’ordinanza, infatti, non vi è alcuna motivazione sui possibili effetti espansivi dell’intervenuta abrogazione anche in relazione ai benefici concessi in precedenza, nonostante l’esplicita richiesta in tal senso del ricorrente;

che, inoltre, con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 35, primo comma, della Costituzione, la difesa erariale eccepisce l’inammissibilità della censura non avendo il giudice a quo esplicitato le ragioni del contrasto della norma denunciata con l’indicato parametro costituzionale;

che, nel merito, la difesa erariale ritiene la questione infondata;

che, in particolare, non sarebbe ravvisabile alcuna violazione del principio di ragionevolezza o di quello di eguaglianza nel subordinare la sostituzione del difensore di fiducia alla preventiva autorizzazione del giudice: la previsione dell’autorizzazione del giudice, infatti, era finalizzata ad assicurare che la scelta del nuovo difensore fosse effettuata nel rispetto dei requisiti soggettivi previsti dalla legge tra i quali, primo fra tutti, l’iscrizione del difensore all’albo degli avvocati del distretto di corte di appello del giudice del procedimento;

che, riguardo alla dedotta violazione dell’art. 36, primo comma, della Costituzione, l’Avvocatura dello Stato osserva che «l’ambito di applicazione di tale norma è generalmente circoscritto ai rapporti di lavoro subordinato o parasubordinato, con esclusione dei rapporti di prestazione d’opera professionale» e che la giurisprudenza costituzionale che ha ipotizzato, sia pure in astratto, la possibile estensione del principio della retribuzione adeguata e sufficiente ai rapporti di lavoro autonomo ha affermato che, in ogni caso, ai fini del controllo dell’osservanza dei principi di cui agli articoli 35 e 36 della Costituzione, va considerata l’attività complessiva del professionista e non i singoli rapporti e le singole prestazioni che la costituiscono;

che, infine, secondo l’Avvocatura, la norma censurata, nel testo originario, ricollegava la decadenza dal beneficio dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato ad una condotta imputabile alla parte, sicché l’ipotizzato pregiudizio economico sofferto dal difensore sarebbe da imputarsi alla sua inerzia, non avendo lo stesso verificato la presentazione da parte del suo assistito della richiesta di autorizzazione alla sostituzione del difensore di fiducia.

Considerato che il Tribunale di Bari dubita, in riferimento agli articoli 3, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), nella parte in cui, nel testo oggetto di censura, successivamente abrogato ad opera dell’art. 4 della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti),  prevede che, dopo il provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, «nella stessa fase o grado del giudizio il difensore può essere sostituito soltanto per giustificato motivo e previa autorizzazione del giudice che procede, ovvero, nelle ipotesi di cui all'articolo 1, comma 2, del giudice innanzi al quale pende il procedimento ovvero del giudice competente a conoscere del merito. La sostituzione non autorizzata comporta la cessazione degli effetti dell'ammissione al beneficio»;

che la questione è manifestamente inammissibile per inadeguata descrizione della fattispecie, non avendo il rimettente indicato in quale fase processuale è avvenuta la nomina del nuovo difensore, indicazione indispensabile ai fini della valutazione sulla rilevanza della questione sollevata, posto che la norma denunciata prevedeva la cessazione degli effetti dell’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato solo nel caso in cui la sostituzione del difensore fosse intervenuta nella stessa fase del giudizio;

che, infatti, il rimettente si limita a riferire: che la nomina del primo difensore è avvenuta nel corso dell’udienza preliminare, che in tale sede il giudice, con provvedimento del 14 febbraio 2000, ha ammesso l’imputato al patrocinio a spese dello Stato e che, successivamente, in data 7 febbraio 2001, l’imputato, a seguito della rinuncia del precedente difensore di fiducia, ha nominato in sostituzione altro difensore;

che, quindi, nell’ordinanza di rimessione non è indicato il momento processuale in cui la sostituzione del difensore è avvenuta, nonostante si possa dedurre che il procedimento si è articolato in più fasi, in quanto l’istanza di liquidazione dei compensi è stata presentata al giudice del dibattimento;

che l'insufficiente descrizione della fattispecie si risolve in carenza della motivazione sulla rilevanza della proposta questione, e, pertanto, nella sua manifesta inammissibilità (ex plurimis: ordinanza n. 319 del 2006);

che sussiste un ulteriore profilo di inammissibilità, segnalato anche dalla difesa erariale, non avendo il giudice rimettente precisato, nonostante l’eccezione in tal senso sollevata dall’interessato nel giudizio a quo, per quale ragione egli ritenga che trovi ancora applicazione, nella controversia al suo esame, una norma abrogata;

che tale omissione non consente di operare la necessaria verifica sulla perdurante rilevanza della sollevata questione che, pertanto, anche sotto questo profilo, va dichiarata manifestamente inammissibile (ex plurimis: ordinanza n. 48 del 2006).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 36, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Bari con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2007.

F.to:

Franco BILE, Presidente

Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 febbraio 2007.